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Senato: la minoranza promette battaglia … agli italiani

1 Ott

Oggi, su La7, Cesare Damiano ha chiarito che “non credo che una situazione di tal genere possa essere recuperata con i palliativi”; “dipende molto da quello che offre l’Italia in termini di risorse e di ripresa … quello he conta è che si pone un problema di credibilità del Paese e di lanciare un paino di riforme” aggiungeva Irene Tinagni.

Sono trascorsi quattro anni da quando Mario Monti promise all’Europa un piano di rientro in quattro e quattr’otto, rifiutandosi di fare una Patrimonale, bloccando il Welfare e, in pratica, raddoppiando le tasse.
E son trascorsi quattro anni da quando si iniziò – questo blog tra i primi – a paventare la recessione, la stagnazione e la deflazione che ne vennero.

Intanto, mentre stanno per arrivare le prime sanzioni UE per infrazione del deficit, sentiamo ancora in televisione ‘autorevoli esperti’ che ci raccontano che si tratta di una ‘fase’ … mentre lo scenario è fosco.

twitter_umori_italiani

L’economia reale, però, racconta tutt’altro:

  • la disoccupazione e la povertà sono in aumento da cinque anni e – in un paio d’anni – avremo ‘bruciato’ la generazione degli attuali ventenni
  • la spesa pubblica è ancora in crescita e i turn over pubblici restano bloccati per almeno altri cinque anni, grazie alle norme di Elsa Fornero sulle pensioni e al MEF che non vuole ripristinare il buco da 45 miliardi che creò nell’ex Inpdap
  • l’Istat che annuncia nel 2012 come iniquamente stiamo trattenendo al lavoro – pur con 30 e passa anni di contribuzione – centinaia di migliaia di lavoratori senior (over55) che sono in ‘condizioni di salute non buone’ mentre gli invalidi che risultano all’Inps sono praticamente la metà (in media) di quelli che Francia o Germania riconoscono e mentre i nostri media scatenano selvagge campagne contro i ‘falsi invalidi’, ovvero i soliti tot truffatori del sistema previdenziale che esistono dovunque. Intanto, almeno due milioni – tanti sarebbero in base alle medie UE – di disabili ‘sommersi’ attendono …
  • il valore delle case degli italiani è crollato di 500 miliardi di euro in pochi anni e c’è chi ha visto l’unico proprio investimento (il ‘mattone’) anche del 40%
  • lo sbilanciamento commerciale e tecnologico con la Germania è tale che – ad esempio – una Opel GTC usata del 2008 oggi vale quasi il 10% in più rispetto ad un paio di anni fa, mentre una Opel Corsa nuova costa quasi il 30% in più di una Seat Ibiza o di una Fiat Punto, mentre anni fa erano nella stessa fascia di prezzo
  • ogni anno in Italia si diploma il 21% dei diciottenni, mentre in Polonia i laureati sono al 43% ed entro sette anni in tutta Europa (eccetto che da noi) sarà così, come in tutta Europa (eccetto che da noi) le scuole sono linde, ben organizzate e soprattutto finanziate
  • solo per i TFR teniamo bloccati almeno 25 miliardi di euro per dare liquidità alle imprese, mentre potrebbero /dovrebbero andare in busta paga ai lavoratori, ovvero genererebbero consumi, ma non possono essere toccati perchè i sindacati dell’industria li hanno fatti reinvestire in fondi vari
  • la sovraspesa ‘fiscale’ per gas e luce che le famiglie povere devono affrontare equivale a meno della metà del bonus energetico che gli offriamo, serve in discreta parte per finanziare il fotovoltaico e a causa di questi ‘balzelli’ – rispetto ad un britannico – gli vengono sottratti almeno un mese di consumi alimentari

D’altra parte siamo il Paese di Pinocchio, che ammazza a scarpate chi potrebbe insegnargli qualcosa, che si affida al duopolio del Gatto e della Volpe per rimediare fregature a giorni alterni, ove l’umiltà e la pazienza di Geppetto si antepongono al giusto esercizio dei propri diritti, dove le istituzioni giudicano distrattamente e curano ancor peggio e dove – puntualmente – c’è qualcuno che promette il Paese del Bengodi a dei ciuchini ignoranti pronti a seguirlo … e dove l’unica brava persona (oltre alla Madonna – Fata Turchina) è quel Mangiafuoco circense apolide e burattinaio di professione …

Acclarato il perchè NON si studia Collodi (Carlo Lorenzini, 24 novembre 1826 – 26 ottobre 1890) nelle scuole superiori, mentre Pinocchio è forse il primo ‘personaggio italiano’ nel mondo, sarebbe bello capire chi sono gli elettori che si sentono rappresentati dalla minoranza del PD che ha creato e vuol mantenere il ‘declino italiano’, rallentando da oltre un anno gli interventi che erano urgenti già 5 anni fa.

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Lavoratori precoci: arriva lo sblocco definitivo?

10 Giu

Per lavoratore precoce si intende generalmente chi abbia corrisposto contributi previdenziali per almeno un anno prima del compimento del diciannovesimo.

Sostanzialmente, abbiamo tre grandi categorie: coloro che hanno iniziato presto per poca disposizione allo studio e hanno svolto lavori pesanti e umili, quelli che lo hanno fatto per problemi familiari e spesso sono riusciti a divenire quadri, quelli, infine, che precoci negli studi erano all’università a 17 anni e hanno trovato lavoro immediatamente.

Essendo una categoria da tutelare, persino la riforma Fornero ha dovuto tenerne conto, stabilendo che  l’obbligo di pensione a 62 anni non si applicherà per questi lavoratori fino al 31 dicembre 2017, onde evitare l’incostituzionalità manifesta tenuto conto che dopo il 40esimo anno di lavoro stipendi e pensioni non crescono più.
Per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni d’età per altri tre anni varrà solo il requisito di 40 anni contributivi e non quello dell’età, con pensione decurtata dell’1% se hanno 61 anni, del 2% se intendono andare in pensione a 60 anni, del 4% a 59, del 6% a 58, dell’8% a 57, del 10% a 56 anni).

Tutto bene? No.

Purtroppo, oltre a passare la patata bollente al governo a seguire ‘entro il 2016’, l’azione di Monti, Fornero e Mastapasqua ha  partorito la solita incongrua corsa ad ostacoli con ‘effetto tappo’ per gli italiani e per l’economia.

Infatti, ci sono voluti due anni e una legge (L.125/2013) per chiarire che ai benefici sono ammessi solo i periodi derivanti “da sola contribuzione effettiva da lavoro e da contribuzione figurativa derivanti da astensione obbligatoria per maternita’, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia, per cassa integrazione guadagni ordinaria, per donazione di sangue e di emocomponenti (legge n. 219/05), per congedi parentali di maternita’ e paternita’ (Dlgs. 151/2001) nonche’ per congedi e permessi concessi ai sensi dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Rientrano, inoltre, nella valutazione: i periodi assicurativi derivanti da riscatto, secondo l’articolo 13 della legge 1338/1962 (contribuzione omessa e colpita dalla prescrizione): a)i periodi di effettiva contribuzione derivanti da totalizzazione estera; b) il congedo matrimoniale; c) le ferie; d) permessi retribuiti; e) i congedi e permessi per handicap (articolo 33 della legge 104/1992).

Non rilevano invece ai fini dell’esclusione delle penalità i periodi di cassa integrazione straordinaria e di mobilità, la maggiorazione da amianto, i contributi volontari, quelli per il riscatto del corso legale di laurea e i contributi figurativi per disoccupazione indennizzata.” (fonte Pensioni Oggi)

Una soluzione talmente iniqua, ma soprattutto traballante, che l’Inps, pur fornendo di solito informazioni chiare e ben raccolte, non riesce ad andare oltre le tre righe striminzite : “nel 2004 e nel 2005, l’età richiesta è di 56 anni per gli operai e i cosiddetti “precoci”, coloro cioè che possono vantare almeno un anno di contribuzione derivante da attività lavorativa prima del compimento del 19° anno di età. In alternativa, questi lavoratori possono ottenere la pensione di anzianità con 38 anni di contribuzione, indipendentemente dall’età.”
Tutto qui.
Infatti, in un regime contributivo, non dovrebbe esserci motivo legittimo per escludere chi abbia versato, per ricongiugersi, dei contributi volontari o figurativi per disoccupazione indennizzata, come quelli (solitamente esosi) per il riscatto del corso legale di laurea.
Come anche, il Welfare e l’Inps dovrebbero trovare una soluzione allo strumento della cassa integrazione che è tutt’oggi in uso e non determina contributi, seppur figurativi, come l’indennità di disoccupazione.
Si parla di turn over e di equità, ma soprattutto di legittimità dato che i contributi furono versati.
Ecco qualcosa su cui il governo Renzi potrebbe subito mettere a posto le cose: i precoci, tutti, vanno a casa per anzianità contributiva, non anagrafica.

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Cinque Stelle sulle pensioni: un ingenuo copia&incolla di idee

4 Giu

La proposta sulle pensioni delle 5S è poco conosciuta, ma merita davvero qualche approfondimento.

Deve esserci un (1.000 euro?) e un tetto massimo per tutti gli altri e nessun innalzamento dell’età pensionabile. In pensione si può andare a 60 anni, non possono esistere in questo momento diritti acquisiti.  Mettiamo un tetto massimo pensionistico a ogni italiano, ad esempio 2.500 euro, vietiamo il cumulo di pensioni,  diamo a ogni pensionato una pensione commisurata a quello che ha realmente versato. (da La posizione del M5S sulle Pensioni)

Iniziamo col dire che dare al pensionato in proporzione a quanto ha realmente versato è antitetico sia all’idea di ‘tetto’ sia a quella di ‘minimo’, se parliamo di pensioni.
Come anche è in relazione agli stipendi, caso mai, e per la rivalutazione nel tempo che si impongono tetti, non sulle rendite di quanto versato.

La questione viene posta, più in esteso, sul post di Beppe Grillo ‘In pensione a 70 anni‘, con alcuni passaggi emblematici.

o-GRILLONOMICS-BEPPE-GRILLO-PENSIONI-570Ma se una persona versa 1800 euro annui su uno stipendio da 19.000 per avere dopo quarant’anni 1.200 euro di pensione, quanto dovremmo rendere nello stesso tempo e con la stessa proporzione per chi versa 7.500 con uno stipendio da 50.000? Non meno di 3.000, figuriamoci i medici e i dirigenti amministrativi o gli universitari che vanno per i centomila.

Inoltre, sussiste un errore di fondo: l’ex Inpdap (pensioni dipendenti statali) non era insostenibile, anzi, le sue entrate erano sufficienti se non abbondanti, visto che con la Riforma degli Anni 90, si passò da una vita lavorativa media di 27 annu a 40 come tutti.
Piuttosto, non si comprende perchè le 5S e i Sindacati non si sollevino per il buco di decine di miliardi è causato – così sembra – da mancati versamenti datoriali, da anticipazioni alla Sanità, da assorbimenti di casse dirigenziali in rosso.

 o-BEPPE-GRILLO-PROPOSTA-SHOCK-570In pratica, si chiede di riportare l’Inps alla sua funzione originaria di Previdenza Sociale, sottointendendo il ritorno alle Casse previdenziali di comparto. All’Inps competerebbe anche il reddito di cittadinanza, per anziani non pensionabili e per chi in età da lavoro.
Perfetto.
Prima delle 5S c’ erano, però, vari esperti di settore e blogger a scriverlo, da anni.

Perchè non far riferimento agli ‘originali’, autoattribuendosi il carisma dell’Innovatore, invece che portare avanti un discorso rabberciato come quello di Giulia Sarti, deputata del M5s, che raccontava di 5.000 euro per tutti (link) e ha scatenato l’ilarità della Rete?

Forse perchè ci sono da spiegare due ‘amare questioni’, che i blogger e gli  esperti segnalano, ma Grillo e le sue 5S no:

  • In primis, quale privatizzazione delle Casse di comparto può essere possibile se lo Stato non provvede a ‘restituire’ all’ex Inpdap tra i 35 e i 50 miliardi per coprire il buco che ha creato?
  • Last but not least, riportando a contributivo coloro che hanno versato, per gran parte o toto, prima del 1980, le pensioni che ne vengono diventerebbero inferiori o prossime alla minima per gran parte degli ultrasettantenni.

Ci vuole, dunque, una patrimoniale – per sbloccare le pensioni e il turn over e per far ripartire le infrastrutture alleggerendo il debito.
Ma la patrimoniale a Beppe non piace, forse perchè lui – ma non noi – dichiarava nel 2005 un reddito di ‘soli’ 4.272.591 euro, ma da quando è in politica – guarda caso – è diventato zero.
Anche se dichiara di possedere Porsche, Chevrolet Blazer, Maserati, Ferrari, più un piccolo impero immobiliare e un bel tot di attività con il fratello. Anche se il suo blog è valutato tra i 25 più influenti del globo e frutta talmente tanto che nel 2006, Beppe dichiarava entrate reddituali per 69.784 dalla Casaleggio associati, l’agenzia che gestisce il suo blog.

L’impressione che ne viene fuori, dalle proposte di Beppe Grillo e le 5S, è quella di un discreto, ma dilettantesco patchwork delle migliori idee che altri hanno pubblicato in Rete.
Su questo blog – ad esempio, ma non è il solo – si parla dal 2007 di prepensionamenti e turn over pubblico, di ripristino delle originarie funzioni dell’Inps e  delle Casse (privatizzazione assicurativa), di denuncia delle pensioni d’oro e della voragine Inpdap, eccetera.

Quanto alle soluzioni, mi dispiace per le 5S, ma è difficile che quelle non sconvenienti per un ricco multimilionario coincidano – quando c’è da mettere mano al portafogli – con quelle di ha poco e nulla o campa di stipendio.

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Esodati e invalidi: perchè la Fornero-Monti è incostituzionale. Perchè Renzi deve riformarla con urgenza?

3 Giu

Mancato intervento sulle ‘pensioni d’oro, a fronte di uno sbilanciamento dei ‘computi Inps’ in sede di riforme contributive degli Anni ’90, di adeguamento all’Euro dei contributi pre-1980.
Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Norme sugli esodati a fronte di dati oggettivi che dimostravano l’impossibilità di essere riassorbiti dal mercato del lavoro.
Art. 4 – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Norme sul lavoro senza consultazione, di cui i singoli lavoratori ne accettano le modalità fissate tra associazioni datoriali e sindacali tramite un mero contratto individuale
Art. 24 – Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Norme ministeriali penalizzanti per lavoratori senior esodati o licenziati, norme Inps (ministero delle infrastrutture) penalizzanti per invalidi e familiari dei portatori di handicap, a fronte del 30% di lavoratori over50 in ‘condizioni di salute non buone’ (dati Istat 2012)
Art. 97 -(Testo applicabile fino all’esercizio finanziario relativo all’anno 2013) – I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Art. 38 – Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

Non a caso, la riforma Fornero delle pensioni prevedeva (ndr. evocava …) come “Principi”:

  • a) equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli;
  • b) flessibilità nell’accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa;
  • c) adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita; semplificazione, armonizzazione ed economicità dei profili di funzionamento delle diverse gestioni previdenziali.

Parole rimaste del tutto vuote: nessuna “equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi”, niente clausole derogative per le categorie più deboli, a partire dagli invalidi. Zero flessibilità, zero semplificazione, zero armonizzazione ed economicità.

Nonostante la questione si trascini da anni, con centinaia di migliaia di anziani senza reddito e senza lavoro e con forse un milione di lavoratori senior in condizioni di salute ‘non buone’, la Corte Costuzionale è stata coinvolta solo sei mesi fa e per questioni inerenti la disparità procedurale tra regione e regione.
Non è una questione di ‘ostilità di casta’, visto che tra le pensioni d’oro ci sono anche quelle di tutti i soggetti che potrebbero intervenire. Il vero problema è che Mario Monti riuscè ad inserire in Costituzione che “le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”).
Il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione?
Demandate ai “pubblici uffici”: una questione di management e non di governance.
Per inciso, ecco uno dei risultati del Fiscal Compact ed ecco perchè serve un Senato con funzioni revisorie ‘rapide’ (e non legislative come oggi): la Corte Costituzionale va in stallo se le leggi ‘impeacciate’ assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico

Dunque, dovranno essere Matteo Renzi e il Parlamento a dover intervenire per gli esodati e per chi – spesso malato – non trova flessibilità pur avendo 35-40 anni di contribuzioni, per i disoccupati a 60 anni ma pensionabili a 67, per i giovani che non lavorano e per i meno giovani che non fanno mai carriera.
Specie se i ‘danni collaterali’ si estenderebbero almeno fino al 2017, se non si fa una correzione della ‘lotteria Inps’ ora, in sede di documento finanziario estivo.
Specialmente se basterebbe rivalutare le pensioni d’oro per quanto relativo il passaggio all’euro dei contributi pre-1980 e reintegrare il buco ex Inpdap di decine di miliardi, causato – così sembra – da mancati versamenti datoriali, da anticipazioni alla Sanità, da assobimenti di casse dirigenziali in rosso.

E’ un principio fondalmentale della Repubblica Italiana richiedere l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale: esattamente il contrario di quanto accaduto a esodati, licenziati, lavoratori seriamente malati e … pensionati d’oro.

L’unica cosa che serve all’Italia per ripartire dai giovani e meno giovani è porre nuove regole contrattuali e pensionistiche, funzionali all’economia e al lavoro, cioè sistemare i conti Inps, di cui a breve le inchieste dovrebbero depositare i primi dati e misfatti.
Un enorme piano triennale di prepensionamento per chi ha più di 60 anni o almeno 30 anni di contriuti e, invecchiando, ha sviluppato patologie disfunzionalizzanti. Oltre ad un tetto per le pensioni, che non possano almeno superare il reddito entry level di quella tipologia di lavoro, come spesso accade per le pensioni superiori ai 2000 euro lordi.

Servirebbe del conquibus. Una Patrimoniale?

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Ripresa: l’Italia arranca. Perchè?

16 Mag

Come volevasi dimostrare, l’Italia non s’è ripresa. Era facile prevederlo se i dati positivi enunciati dagli analisti si mantengono allo 0,1%, cioè ampiamente entro il margine di errore del metodo di calcolo.
E’ per questo che una parte degli analisti e dei politici si mostrano tranquilli ed è nella speranza di un ulteriore sbilanciamento che speculatori finanziari e opportunisti politici si agitano più del dovuto.

Quali le cause?

Al primo posto, c’è certamente la Politica, che non da alcuna garanzia essendo Matteo Renzi stretto tra Grillo e Berlusconi, due miliardari dello show business che guidano partiti con percentuali a due cifre.
Due ‘signor no’, che nell’ultimo anno sono riusciti almeno a raddoppiare l’iter di approvazione di leggi anche urgenti per motivi di lotta politica, se non ad personam.

All’estero se ne sono accorti, ma prima hanno fatto le nostre aziende sia delocalizzando sia perdendo mercati.

A pari merito con la Politica, abbiamo i Media che diffondono una debordante informazione pseudopolitica, fatta di notizie spot e di dibattiti, più tanta cronaca giudiziaria, ma raramente di approfondimenti e di indagini giornalistiche. Allo stesso tempo la RAI televisione ‘commerciale’ di Stato solo da qualche tempo si è resa conto di quali danni si arrechino al Paese – pur di fare share – andando avanti con i ‘comici’ a reti unificate per anni e anni.

Difficile legiferare in queste condizioni, con in Paese trasformato in un bar dello sport.

A stretto ridosso della Politica e dei Media, troviamo i Sindacati – in particolare quelli dei lavoratori publici – che in questi anni di crisi e sbandamento non hanno tirato fuori una proposta una da condividere. Anzi, si sono ben impegnati nel bloccare ogni innovazione nei contratti (il caso del Colosseo chiuso docet) e nel salvaguardare le insostenibili pensioni dei propri iscritti con esodati e giovani per strada.

Al di fuori del mattone (leggasi stadi di calcio) e delle speculazioni finanziarie (leggasi scandalo del fotovoltaico) chi mai verrebbe a metter soldi in un paese dove i sindacati sono così retrogradi?

E ben posizionata nel disastro c’è la nostra Capitale, che è lo specchio agli occhi del mondo. O, meglio, le nostre capitali, le nostre vetrine: la Milano ha l’Expo degli scandali e Napoli che pubblicizziamo con Gomorra, mentre Torino è nota per i NoTav e le nostalgie metalmeccaniche della Fiom.

Perchè mai dovrebbe andar bene il made in Italy se Roma è un suk dove si spara sempre più spesso, quando non è sede di ‘tensioni e scontri’ con strade dissestate e mezzi pubbblici traballanti?

Infine, solo alla fine, c’è la lentezza con cui i nostri anziani e giovani analisti stanno prendendo atto che è impossibile evitare il nodo del risanamento dell’ex Inpdap e della dismissione del settore prettamente assicurativo dell’Inps, come anche il nodo dei costi standard per sanità, istruzione e università è inderogabile, Fiscal Compact o meno che sia.
Non piace ai sindacati, che uscirebbero da tanti CdA di enti, e non piace a Roma che perderebbe lavoro e PIL a causa del decentramento e dei risparmi sulla spesa pubblica, non piace a chi si oppone al pareggio di bilancio che è dall’ex Inpdap che nei decenni sono usciti miliardi e miliardi per ‘risanare’ tante marachelle.

Come si esce da una stagnazione che più non è, visto che l’inflazione si sente e come ma la produttività cala? Non di certo risparmiando 10 milioni di compensi per i parlamentari o portando la leva fiscale al 44% o chissà dove per salvare le banche.

Dovremmo avviare gli Eurobond al più presto possibile, trasferendo all’Europa almeno metà dei nostri debiti, ed alleggerire drasticamente la spesa pubblica statale per sedi e personale, tanto – grazie ai sindacati del comparto – a gran parte di quello che arriva ai cittadini provvedono i servizi esternalizzati d’informatica, del sociale, di manutenzione, formazione tecnica e professionale, eccetera …

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Pensioni: i dati Istat e … le vergogne dell’Inps

3 Apr

Ieri, La Repubblica dava ‘finalmente’ risalto ai dati sulle pensioni italiane secondo l’Istat. Finalmente, perchè poteva farlo già due anni fa, in base ai dati del 2010 che erano sostanzialmente conformi a quelli recenti.

Pensioni: dati Istat per il 2010

 

Cosa raccontavano i dati?

Innanzitutto, che in Italia c’erano un paio di milioni di invalidi che se la passavano abbastanza male, visto che le ‘pensioni’ al di sotto dei 500 euro mensili riguardano prevalentemente loro. Persone bisognose che avrebbero diritto ad un ‘salario minimo’ e che vengono bistrattate in nome di quel 0,1% – od anche meno secondo i dati ufficiali dell’INPS – che i media chiamano ‘falsi invalidi’.
Due milioni di persone che si arrangiano con poche centinaia di euro e che non fanno notizia.

Altri sette milioni, praticamente la metà dei pensionati, viveva con un reddito netto inferiore ai 1.250 euro mensili, praticamente alle soglie di un ‘salario minimo’, ma evidentemente tanto è che ha versato e accantonato con un lavoro medio-basso.
Altri cinque milioni di italiani se la cavavano meglio, con pensioni che vanno dai 1250 ai 2500 mensili, e corrispondono più o meno esattaamente alle categorie che hanno versato notevoli oneri contributivi per via dei lavori e delle professioni svolte di livello medio-alto.

Infine, scopriamo che c’erano 776.609 italiani che vivono nel lusso, nonostante la Crisi, percependo pensioni di almeno 3.000 euro mensili, per le quali è abbastanza difficile supporre che siano stati versati gli stessi contributi che stanno versando le generazioni attualmente al lavoro.

I dati Istat 2012 – riportati ‘finalmente’ da La Repubblica, ma non ancora dal Corriere della Sera – confermano una situazione pressochè identica, se non ancor più grave visto che i neopensionati di quest’anno sono più anziani dei loro omologhi già a riposo, ma percepiranno pensioni più basse pur avendo versato per almeno 10 anni contributi in euro anzichè lire …

Dati Istat 2012 - Pensioni N.B. La spesa per pensioni di invalidità è di circa 11 mld annui, di cui tutta la fascia '< 500' e una piccola parte della fascia '500 - 1000'

Dati Istat 2012 – Pensioni
N.B. La spesa per pensioni di invalidità è di circa 11 mld annui, di cui tutta la fascia ‘< 500’ e una piccola parte della fascia ‘500 – 1000’

 

Dati Istat 2012 - Pensioni

Dati Istat 2012 – Pensioni

Cosa confermano i ‘nuovi’ dati Istat?

Che il sistema è squilibrato per diversi motivi:

  1. l’ampia presenza di pensionati – oltre la metà – che hanno versato  contributi esiziali in lire e che oggi – come da dieci anni – godono di pensioni rivaluate in euro;
  2. le due fasce pensionistiche apicali i cui benefit mensili – contribuiti in lire e percepiti in base all’ultima retribuzione, che superano addirittura i dorati vitalizi dei parlamentari;
  3. il costo sociale della ‘disabilità funzionale’ che dovrebbe essere la mission primaria dell’INPS e che viene scaricato sul mondo produttivo e sulle famiglie, visto che in Italia sono solo 3,5 i milioni di disabili in carico al sistema previdenziale, mentre in Germania sono ben otto milioni.
Fonte Messaggero Veneto - L'Espresso

Fonte Messaggero Veneto – L’Espresso

Le economie per l’INPS derivanti da un tetto per le pensioni apicali equivarrebbero all’intero importo speso per i disabili (circa 10 miliardi annui) e, se un tetto fosse stato applicato a partire dall’introduzione dell’Euro, l’Italia avrebbe potuto evitare la vergogna degli esodati e permettersi un sistema pensionistico ‘scalare’ dopo 35 anni di contribuzione, come in Germania, dove – è bene saperlo – ad opporsi sono stati proprio i senatori nominati tramite i Lander dai sindacati.
E, senza dimenticare i 30-35 miliardi di contributi dei lavoratori ex Inpdap ‘defluiti’ verso il sistema sanitario e il MEF senza ritorno, c’è (e c’era) da affrontare la questione di una rivalutazione un po’ più oculata delle pensioni in lire allorchè rivalutate in Euro, visto che l’aspettativa in vita mostra trend incrementali.

Non è un caso che da anni, sempre più spesso, qualche politico ci ricorda nei talk show che il vero problema non è nelle loro prebende, ma nella spesa di personale (e pensionistica) per le posizioni apicali della PA.

E’ costituzionale mettere un tetto o, almeno, ricomputare con un minimo di buon senso il passaggio da lire ad euro per chi era già in pensione dieci anni fa?
Non lo sappiamo.

Di sicuro, però, la questione non è irrilevante e c’è uno strumento che può darci un’idea indicativa delle cose: la ‘rivalutazione monetaria’, che obbedisce a parametri abbastanza precisi, come il ‘costo della vita’.

Rivalutazione monetaria 50mila lire annue 1964-2014

Rivalutazione monetaria al 2014 di versamenti annui di 50.000 lire nel 1964

Rivalutazione monetaria al 2014 di versamenti annui di 50.000 lire nel 1964

Rivalutazione monetaria al 2014 di versamenti annui di 500.000 lire nel 1980

In due parole, mentre quanto contribuito a partire dalla fine degli Anni ’70 da un lavoratore ‘diplomato’ in realtà corrisponde ad una ragionevole quota contributiva odierna, i versamenti antecedenti al boom dell’inflazione della stessa tipologia di lavoratori non sono neanche lontanamente paragonabili (e sostenibili) alla rivalutazione ottenuta.

Anche per questo tanta parte delle nostre pensioni somiglia ad un assegno sociale.
Ma se almeno 3,9 milioni di pensionati (24%) ha versato due terzi della propria contribuzione prima del 1975 ed un numero pressochè equivalente entro il 1980 … qualcosa da ‘rivedere’ c’è, specialmente se dovesse trattarsi di pensioni superiori ai 1.500 euro mensili.
E soprattutto se il problema viene scaricato su chi doveva andare in pensione adesso, avendo contribuito a sufficienza, e su chi doveva iniziare a contribuire già dieci anni fa, ma, pur avendo ormai prole, non ha ancora un posto ‘fisso’, affossando dalle fondamenta le tutele previdenziali di un futuro ormai fattosi presente.

Il tutto mentre tanti nostri disabili vivono in una situazione di ampio non riconoscimento, ovvero di abbandono, come comprovano sia i dati tedeschi su previdenza e disabili, con sussidi e tutele riconosciuti al 10%  della popolazione totale e non ad un mero 6% come da noi, sia i dati italiani sul disastro dei malati cronici, con stime di oltre un milione di malati rari addirittura non afferenti a strutture.

Perchè raccontare tutto questo?
Perchè adesso sappiamo di quali pensioni da tagliare e di quali da estendere stiamo parlando.
Specialmente, se proprio nel giorno in cui l’Istat ha comunicato i presenti dati sulla spesa pensionistica nel 2012, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dichiara che “le pensioni non si toccano. Lo ha già detto il premier Renzi” …

Leggi INPS, un colossale e iniquo colabrodo

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Esodati e non solo: ma quanti sono?

21 Mar

Quanti possano essere gli esodati in Italia non lo sa nessuno.

Incredibile, ma vero, nessuno lo sa e nessuno lo vuol sapere, dato che sarebbe uno scandalo degno dei peggiori disastri, quelli che segnano le nazioni per generazioni, come accadde per la Compagnie des chemins de fer o la Banca Romana.

Volendo fare il punto sulla situazione, ricordiamo che:

  1. dicembre 2011 – i ministri del Lavoro (Elsa Fornero) e dell’Economia (Mario Monti) individuano in 65.000 gli esodati da considerare ‘lavoratori salvaguardati’;
  2. aprile 2012 – l’INPS annuncia che gli esodati sono 120.000;
  3. giugno 2012 – l’INPS porta il numero degli esodati a 390.000;
  4. giugno 2013 – i dati Istat evidenziano l’esistenza di almeno un milione di disoccupati, cassaintegrati e precari di età superiore ai 54 anni.
  5. dicembre 2013 – i dati Istat evidenziano un 30% di lavoratori senior non in buone condizioni di salute, mentre i dati INPS denunciano un numero di falsi invalidi nell’ordine dello 0,04% del totale e i dati UE evidenziano che in Germania è riconosciuta (e sussidiata) l’invalidità al 10% della popolazione, mentre in Italia a stento si raggiunge il 6%
  6. fine 2013 /inizi 2014 – diverse fonti giornalistiche confermano un overflow di almeno 6 miliardi di euro per le pensioni apicali maturate antecedentemente all’introduzione del sistema contributivo. I soldi, dunque, ci sarebbero.

In pratica, parliamo di quasi la metà dei nostri signori di mezza età che o non lavora o vive nell’incubo di perdere il lavoro o deve arrancare (ndr. senza darlo troppo a vedere, che i malati sono invisi nel nostro paese) fino ad una pensione sempre più lontana.
Il tutto, mentre scopriamo del saccheggio dell’Inpdap e mentre oscure cantilene convincono i giovani che la pensione è un’opzione e li rassicurano con polizze che non garantiranno neanche i soldi messi sotto il materasso.

In pratica, paghiamo le pensioni d’oro mai contribuite a pieno a spese delle pensioni (contributive da 20 anni) degli esodati e di chi verrà dopo. I padri che si nutrono dei propri figli.

I sindacati? Il 65% degli iscritti sono già pensionati e, comunque, ci sono anche loro nei CdA di Inps, Enti, Espero e chissà cos’altro ancora.

E così, mentre i danni prodotti al tessuto sociale italiano (e all’economia) sono all’incasso da anni e, dunque, sotto gli occhi di chiunque vuol vedere, il neoministro Giovannini – che dovrebbe occuparsi del lavoro e delle pensioni, mica di finanza e titoli di Stato – se ne viene con “bisogna stare estremamente attenti a toccare una riforma che sta producendo effetti voluti perché l’instabilità delle norme non è amata dagli investitori”.

Quali erano gli effetti ‘voluti’, visto che il discorso di insediamento di Mario Monti in Senato andava da tutt’altra parte?
E perchè nelle Spending Review il buco creato nell’ex Inpdap non viene notificato, mentre il Sole24ore ne racconta da tempo? Quanto devono lo Stato o il Servizio Sanitario, che ha fruito di tanti ‘anticipi’, ai lavoratori pubblici italiani  (ndr. sono 20 anni che il sistema è contributivo …) che hanno versato le loro quote?

Siamo sicuri che non avrebbero ‘di per se’ diritto a 800-1000 euro al mese un operaio, un infermiere, un’impiegata che hanno lavorato 30-35 anni versando contributi previdenziali e sanitari spesso superiori a quelli dei loro omologhi tedeschi o statunitensi?

E, ritornando al ministro Giovannini, quanto sarebbero ben rassicurati gli investitori, i lavoratori e gli elettori, se il governo Renzi si decidesse fare marcia indietro (dopo 20 o 30 anni) e riportasse l’INPS allo status di ‘previdenza sociale’ e le ‘casse’ dei singoli comparti a vere assicurazioni sotto controllo pubblico?
Proprio come era una volta, quando c’erano le mutue, ma con i sistemi di controllo moderni.

Se mancano i soldi delle pensioni (non quelle della Fornero, ma quelle di Damiano) e se la Sanità da Firenze a scendere è un disastro, è evidente che qualcuno ha fatto il furbo e qualcun altro era un incompetente.
Sono venti anni che i lavoratori italiani accantonano le proprie pensioni con un sistema conttributivo e che il costo individuale della sanità è ben superiore a quanto richiede una buona assicurazione nordamericana o tedesca.

E dovrebbero spiegarci perchè, mentre si costringe Roma Capitale a privatizzare le aziende e gli enti in perdita, nella stessa Roma non si inizi almeno a porre rimedio alla folle idea di creare un’ente di Stato monopolista nel settore assicurativo e allo stesso tempo dominus del Welfare, finito poi per farsi volano di spregiudicate (come stiamo scoprendo) operazioni di finanza pubblica.

A proposito. La Costituzione e/o i trattati UE consentono l’esistenza di un INPS come è l’INPS oggi?

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Buoni pasto: statali a digiuno

27 Giu

Enrico Bondi, superconsulente del governo sulla spesa pubblica ha individuato uno spreco: i buoni pasto dei dipendenti dello Stato. La spending review taglia il valore dei ticket ristorante per gli statali dagli attuali 7 a 5, 20 euro.

Sono colpiti dal taglio quasi di mezzo milione di lavoratori, tra ministeri ed enti romani più le amministrazioni periferiche provinciali, che – nei due giorni di orario prolungato al pomeriggio – consumano circa 100 buoni pasto annui.

Parliamo, dunque, di un’economia nell’ordine dei 100 milioni annui, per lo Stato, e di una ‘perdita’ per i lavoratori di una trentina di euro al mese, se non vorranno davvero tirare la cinghia o, meglio, portarsi ‘pane e companatico’ da casa.

E qui viene il bello, dato che le aziende hanno il dovere di rendere disponibili dei locali consoni per il consumo dei pasti (anche quelli da casa) da parte dei lavoratori. Tra le ‘aziende’ annoveriamo anche il nostro apparato statale, se lo si considera come datore di lavoro.

Tagliare il buono pasto agli statali comporta un’economia di 100 milioni. Quanto costa, piuttosto, fornire locali consoni ed inventarsi una politica di gestione del personale che a Roma non è di casa oppure, peggio ancora, dover far funzionare lo Stato con tutti gli ingranaggi che brontolano e cigolano più di prima?

E come non chiedersi cosa accadrà nella Capitale, dove una buona parte di questi ticket restaurant vengono spesi in baretti, rosticcerie e ristorantini, che da settembre dovranno fronteggiare minori introiti generali per decine e decine di milioni annui?

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Monti Bis? Un governo balneare

27 Giu

Era evidente da gennaio scorso che questo governo non poteva arrivare a settembre. Lo era per il semplice motivo che i ‘conti’ di Mario Monti non tornavano dato che il ‘metodo’ consisteva nel dragare le risorse ed i benefit dei lavoratori dipendenti per trovare i quattrini per risollevare Finmeccanica, Unicredit e Monte Paschi.

Una ‘mossa’ ormai sotto gli occhi di tutti – dopo sei mesi circa – perchè comprovata da fatti: le garanzie date agli USA di mantenere gli ordinativi di F-35 Alenia-Finmeccanica, nonostante in Italia si fosse annunciata la riduzione, l’esborso prossimo futuro di due miliardi per salvare Monte Paschi di Siena, i titoli di Stato venduti al 7% di interesse in modo che tra 2-3 anni Unicredit sarà di nuovo ‘in sella’, il rifiuto – anche dinanzi a proposte di legge presentate in Parlamento – di intaccare o quantomeno contingentare le ‘pensioni d’oro’.

Nessun governo può sopravvivere a sei mesi di iniquità palesi e ribadite, mezze verità puntualmente rinnegate, promesse al vento come fossero coriandoli, conti che non tornano che fanno seguito ad annunci strabilianti, conflitti di interessi talmente diffusi da lasciar pensare, ormai, che il ‘potere’, in Italia, sia una questione meramente ‘etnica’.

Ed, infatti, da un mesetto ci ritroviamo con la Fornero (finalmente) all’angolo, dopo 3 mesi di welfare all’incontrario, con Corrado Passera che è riuscito solo a salvare le banche, ma al prezzo di affossare le aziende, con Mario Monti che, da ‘salvatore dell’Euro’ e fido scherano della Merkel, è, ormai, quasi indicato come uno dei principali ‘untori’ della Crisi al pari, per l’appunto, della Merkel.

Così andando le cose, accade che – fulmine a ciel sereno a voler seguire i media nostrani – Pierferdinando Casini annunci, proprio ieri, “temo la follia del voto anticipato” e che si faccia promotore – a stretto giro con Mario Monti – di «passare da un governo tecnico ad un governo con connotazioni politiche che unisca le forze migliori del Paese».

«È evidente per tutti quelli che mi hanno ascoltato che la “svolta” dal governo tecnico ad uno politico è riferita al passaggio elettorale del 2013, qualsiasi altra interpretazione è frutto di fantasia».

Finalmente … potevamo dirlo (e farlo) almeno un mese fa, quando questo blog scriveva che ‘al di là dell’analisi generale del voto alle amministrative, dopo i ballottaggi, alcuni dettagli sono da considerarsi, specie in luce di una riforma elettorale tutta da farsi e da “inventarsi”.

Dettagli, forse, non tutti determinanti dei quali, però, sarà bene tener conto, se vogliamo evitare qualche altro “svarione” al nostro già danneggiato paese. … … Difficile pensare che alle prossime elezioni si possa andare a votare con un Partito Democratico rappresentato da SEL, con l’IDV che sembra poter diventare la prima forza “a Sud”, un Centrodestra inesistente, l’UDC che è disponibile a qualunque alleanza, i Grillini in parlamento senza un programma nazionale e “soli contro tutti”.

E difficile pensare che le cose possano andar meglio, senza un rimpasto del governo Monti, che rimetta la politica al suo posto, ed un salto di qualità del Parlamento, nell’abolizione delle provincie e dei troppi privilegi. … L’Eurozona? Ci pensino Francia e Germania.”

Oppure, il 2 giugno scorso, quando – a proposito del DEF e della politica econmomica di Monti, Passera e Fornero – che si ricordava che  “è la realtà dei fatti a dirci che il barile è raschiato e va a finire questa cleptocrazia iniziata 150 anni fa con il saccheggio del Triveneto e delle Due Sicilie e con ‘l’acquisizione’ del patrimonio clericale.

Cosa ne sarà è difficile dirlo, visto il senso di ‘irresponsabilità’ verso la Nazione che questa gerontocrazia all’ultima spiaggia sta dimostrando. L’unica cosa certa è che, con gente così al potere, non lasciamo spazio che agli speculatori ed agli usurai. Quale pazzo, ma onesto investitore giocherebbe le sue fiches sull’Italia?”

Ormai, la frittata è fatta.

Non resta che iniziare a ricompattare o ridisegnare gli schieramenti partitici. O si trova il modo per stilare un ‘Documento Economia e Finanza’ (DEF) che permetta alle attuali forze parlamentari di andare al voto raccogliendo almeno il 30-40% del consenso dell’elettorato – questo è il dato se si tiene conto dell’enorme astensionismo alle Amministrative – oppure si va a votare a settembre, prima che la disaffezione degli italiani peggiori ancora.

Finora, erano solo ‘i mercati’ che vogliono garanzie future di stabilità, il ‘solito’, irruento Berlusconi e l’isolato Fassina a premere. Adesso, c’è anche Casini e, probabilmente, una bella fetta di potere romano, visto che Roma senza finanziamenti pubblici non ha le basi economiche per esistere.

Dunque, qualcosa accadrà ed – a consultare il calendario – appare probabile che potrebbe andare come da tradizione: ricorrere alla formula di un governo ‘balneare’.

Un governo che, in tre mesi, trovi il modo di allargare perigliosamente i cordoni della borsa per riconquistare consensi, per poi portarci alle elezioni confidando che il numero di clientes sia superiore al numero degli astenuti.

Di questo si tratta: Mario Monti ha appena compiuto la sua missione, con la consegna del primo F-35 ed il salvataggio di Monte Paschi,  dopo l’attacco ai diritti dei lavoratori dipendenti (welfare, pensioni, tasse), la blindatura della Casta, il drenaggio delle risorse private degli italiani ed il Fiscal Compact che subordina il nostro Parlamento agli accordi di bilancio dell’Eurozona.

L’alternativa è non votare l’ultimo salasso che i Professori vogliono appiopparci – nel nome di Merkel e del Grande Capitale, mica del popolo italiano – ed andare alle urne a settembre, visto che il PdL sembra non ricordare di avere, praticamente da solo, la maggioranza alla Camera.

Tanto … già ‘si sa’ che PD, SEL e IdV dilagheranno alle prossime elezioni, che il Sud è con loro, che gli astenuti ritorneranno all’ovile, che Silvio Berlusconi è estinto, che il PdL è alla cannibalizzazione, che il Centrodestra è allo sbando … .
Ma se fosse vero, saremmo già andati a votare da un pezzo.

Leggi anche DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano

Il barile è raschiato. La cleptocrazia andrà a finire?

Amministrative: i segnali sono nei dettagli

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