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Roma: il conto (salato) degli elettori e della finanza

29 Ago

L’avventura di Ignazio Marino sindaco di Roma iniziò nel 2013: si era ad aprile e si erano appena concluse tra le polemiche le Primarie che gli avevano permesso di diventare candidato del Pd, con quasi 100.000 votanti ed i ‘cavalli di razza’ Gentiloni e Sassoli surclassati.

In quell’occasione, Antonio Funiciello, portavoce del comitato “Gentiloni per Roma” denunciava che: “stanno arrivando al comitato numerosissime telefonate e segnalazioni di irregolarità e disservizi nei seggi elettorali. Invito tutti a vigilare affinché il voto si svolga in maniera regolare. Sarebbe davvero grave se una giornata di democrazia come quella di oggi venisse funestata da vicende poco chiare”. (Fatto Quotidiano – 7 aprile 2013)

E la renziana Cristiana Alicata – blogger membro della direzione regionale del Pd Lazio – ebbe a scrivere su Facebook: “Le solite incredibili file di Rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica” e “Sono voti comprati. Punto. Chi lo nega è complice dello sfruttamento della povertà che fa il clientelismo in politica”. (Repubblica – 7 aprile 2013)

Con l’emergere di Mafia Capitale, il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia denunciò: “Nel Pd a livello locale e parlo di Roma facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”. Così sul territorio si muovevano le truppe cammellate dei ras locali che muovevano persone, voti e tessere. C’era anche un tariffario: 10 euro per un voto al proprio candidato di fiducia, 20 per la tessera. Tessera che a volte veniva assegnata anche all’insaputa dei malcapitati. (Huffington Post – 11 dicembre 2014)

“Pacchetti di tessere comprate in bianco dai capibastone e restituite compilate, come e da chi però non si sa. Code di extracomunitari ai seggi delle primarie. Pulmini di anziani prelevati dai centri ricreativi e ricompensati con buste alimentari. Soldi distribuiti fuori dai circoli per incentivare il voto.” Tutti episodi che «sono stati però ignorati dal Pd cittadino, che ha convalidato quel voto e non ha mai preso provvedimenti disciplinari, anzi» – Andrea Sgrulletti, ex segretario pd di Tor Bella Monaca – «Noi che abbiamo denunciato siamo finiti sul banco degli imputati e io stesso ho rischiato l’espulsione dal Pd». (Repubblica – 11 dicembre 2014)

Facendo la conta dei primi nomi coinvolti dalle prime indagini di Mafia Capitale troviamo Mirko Coratti (presidente del Consiglio comunale di Roma), Daniele Ozzimo (assessore alla Casa), Micaela Campana (responsabile welfare nella segreteria del partito), Pierpaolo Pedetti (presidente della commissione Patrimonio in Campidoglio), Andrea Tassone (presidente del Municipio X), Franco Figurelli (segreteria di Coratti), Luca Odevaine (ex vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, inserito nel Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno), Maurizio Venafro, Regione Lazio, Massimo Caprari (consigliere di Centro Democratico, nella maggioranza del sindaco Marino), Daniele Magrini (dirigente della Regione Lazio, responsabile del dipartimento Politiche sociali). (Fatto Quotidiano – 6 aprile 2015)

E da circa un mese, l’opinione pubblica ha avuto conferma che “sono , i circoli “dannosi” del Pd romano identificati dalla Oggi, la relazione di Fabrizio Barca, incaricato dal commissario Matteo Orfini di condurre la mappatura nella Capitale dopo lo scandalo delle tessere false, conferma che 27 circoli , sui 108 esistenti, “bloccano il confronto sui contenuti, premiano la fedeltà di filiera, emarginano gli innovatori”, altri 17 sono i cosiddetti “di inerzia”, mentre addirittura 2 sono definiti “presidio chiuso”, ovvero “circoli segnati da forte degrado sociale ed istituzionale”. “In particolare si registrano “irregolarità” di iscrizioni in corrispondenza di votazioni o congressi. Inoltre il “38,3% degli iscritti non frequentano il circolo”. (TGcom24 – 15 luglio 2015)

Gli appelli del Comitato Gentiloni e le denunce della renziana Cristiana Alicata di quell’aprile 2013 erano fondati. Inoltre, le siste che sostenevano Ignazio Marino come sindaco raccoglievano solo 512.720 voti su 2.359.119  elettori e di questi  solo il 15,9% era ‘solo sindaco’: parlare di voto ‘popolare’ è un’iperbole, mentre è quasi atto dovuto lagnare un difetto di democrazia (viste specialmente le primarie, ma anche arresti e defezioni /incompatibilità successivi).

A parte la questione se e chi “non poteva non sapere”, in questi due anni Ignazio Marino, con la ‘sinistra’ che lo sostiene, non ha voluto confrontarsi con l’evidenza che la sua stessa candidatura a sindaco (come in parte quella di Zingaretti in Regione) si fondarono sulle Primarie e sulle Sezioni del PD di cui sopra.

La soluzione è tutta un equivoco, visto che si evita il commissariamento per mafia del comune di Roma, ma si commissaria il Sindaco, delimitandone l’ambito a “traffico e decoro” (polizia municipale,  viabilità e giardini, forse la raccolta rifiuti e i trasporti Atac e Metro, eccetera).

“Il Consiglio dei ministri non ha avuto il coraggio di dire a chi fa politica perché ci crede o perché c’è costretto: signori, state uccidendo Roma … si scende dal carro e fine della giostra, tutti a casa. … Decisione complessa ma doverosa, in linea con la dignità smarrita della politica, messa da canto e sacrificata sull’altare del chissà chi vincerà a Roma se cacciamo adesso Marino e andiamo presto ad elezioni anticipate.”

“Gli impegni, le decisioni, i programmi e in qualche caso anche il personale politico per governare bene Roma dovevano essere di ben altra fattura. Così non è stato. E questa volta, persi tutti i treni possibili, i romani si preparano a presentare il loro conto. Che sarà salatissimo.” (Repubblica – 29 agosto 2015)

Un conto che si prevede salato anche a livello nazionale, se Roma e il Governo Renzi non sapranno dimostrare che la Capitale è la prima a rispettare le leggi che emana.
Forse è pretendere troppo, c’è già chi parla di ‘questione culturale’, ma chi vuole raccogliere e rappresentare il voto ‘popolare’ – come Sinistra  e sindacati reclamano – dovrà vedersela con i tanti cittadini che in questi anni recenti si son trovati in situazioni anche drammatiche a causa di sprechi, ruberie, disservizi, impunità mentre piovevano tasse, tagli, licenziamenti. 

A proposito, quanto ci costa la situazione di Roma in termini di spread dei nostri buoni /titoli, ad esempio, o di capacità di ripresa del Bel Paese o di efficienza finanziaria degli enti a controllo pubblico?

Sapientemente Alfano e il Centrodestra prendono progressivamente le distanze ed, a questo punto – per Roma, per il Partito e per l’Italia – dovrebbe essere il sindaco ad avere un colpo di umiltà” … “Pensate quale dignità se avesse detto: mi arrendo, rimetto il governo di una città che non sono riuscito a capire, con la quale non c’è mai stato un vero feeling. Applausi e onore delle armi.” (Repubblica – 29 agosto 2015)

E chissà che Piazza Affari non risalga persino di qualche punto …
Demata

Roma e l’ineffabile assenza del sindaco Marino

24 Ago

Ignazio Marino è divenuto sindaco di Roma Capitale nel giugno 2013.

Nel dicembre 2013, quando c’era la ressa per chiudere il bilanci comunali e delle controllate, era in Turchia.
Nel gennaio 2014, mentre Roma soccombeva tra scioperi dei comunali e nubifragi era in Svizzera.
Anche a marzo ed aprile 2014 con gli scioperi che proseguivano e i trasporti in tilt era in Arabia Saudita o a Parigi.
Ad aprile 2014 era a Madrid, con Roma sotto scaccco per gi scioperi e mentre si dimetteva l’assessore al bilancio, Daniela Morgante, dopo ripetute divergenze.
Tra agosto e settembre 2014 era a Londra e poi a San Francisco, ma nel frattempo riteneva necessario nominare 28 nuovi dirigenti, con Roma Capitale che ne aveva già a disposizione quasi 250.

Poi, a dicembre 2014, scoppia lo scandalo di Mafia Capitale con gli arresti di Carminati e Buzzi, più tanti politici e funzionari locali ed inizia a paventarsi lo scioglimento del comune per mafia.

Da allora Ignazio Marino è stato più presente a Roma, ma proprio per questo le cose sono andate ancora peggio, perdendo progressivamente una parte significativa degli assessori che lui stesso aveva chiamato a se.
Intanto, la decisione di commissariare Roma (ed il Giubileo 2015) veniva rimandata a fine agosto e questo avrebbe dovuto motivare maggiormente il sindaco.
Invece il 28 luglio Marino nomina i nuovi assessori, tra cui due parlamentari, ma trattenendo diverse deleghe strategiche, tra cui quella del municipio commissariato di Ostia, e poco dopo parte, nonostante il Giubileo sia alle porte e la città in ginocchio.

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Infatti, l’Osservatore Romano saluta il ‘nuovo corso’ scrivendo che “dopo Mafia capitale, la crisi dell’Ama e dell’Atac, gli scandali che hanno colpito la pubblica amministrazione, come testimoniato anche dalla relazione del prefetto Gabrielli, e il cambio della terza giunta comunale in poco più di un anno e mezzo, Roma è ormai un caso politico”.
E anche con il funerale hollywoodiano dei Casamonica a Ferragosto su tutti i media mondiali … Ignazio Marino non rientra al suo posto come qualunque manager in un caso simile farebbe e Il Messaggero riporta che “fare le valigie a poche settimane dall’avvio del Giubileo e solo dopo poche ore dal varo della nuova giunta comunale, fa storcere il naso a Matteo Renzi”.

Ignazio Marino sarà in ferie fino ai primi di settembre, cioè anche il 28 agosto, quando il Governo dovrà per lo meno commissariare due municipi ed autorizzare provvedimenti di rimozione di dirigenti e funzionari, se non sciogliere tutto il Consiglio e mettere Roma nelle mani del Prefetto.

Ovvio che sarebbe essenziale che Roma avesse il sindaco al proprio posto almeno a partire dal giorno dopo, quando ci sarà da gestire il ‘terremoto’ dell’apparato comunale, evitando che ‘la cura uccida il cavallo’.
Ma lui ha già deciso di non esserci.

Roma è ormai un caso politico.

Demata

Cattolicesimo e corruzione nel III Millennio

21 Ago

L’assioma Cattolicesimo – Corruzione è una questione di antica ed antichissima data, fin dal lontano 217 d.C. quando venne eletto papa Callisto I.

Sant’Ippolito racconta che era schiavo e malversatore del denaro del suo padrone Carpoforo. Fuggì e, riacciuffato, venendo condannato alla macina e poi  alle miniere in Sardegna nel 186-189 circa. Graziato per intervento di una delle prostitute di Commodo, sotto  Papa Zefirino, Callisto fu richiamato e organizzò il primo cimitero della Chiesa, con loculi aa pagamento e una catacomba privata.
La sua decisione di concedere la comunione a coloro che avevano commesso spergiuro, adulterio e fornicazione causò il primo scisma della Chiesa con l’antipapa Ippolito appoggiato da Tertulliano, autorevole Pater Ecclesiae.

In questi due millenni, il Vaticano è incappato tante e troppe volte nella corruzione e nell’avidità. Ce lo narrano le eresie di Ario come la Riforma di Lutero o l’Evangelismo di Calvino, passando per laide storie di piccineria e malaffare raccontate da Pasquino ed altri ancora.
Poi, nel 1871, arrivano le Guarentigie, le obbligazioni italiani per i danni di guerra, l’enorme speculazione edilizia nella valle del Tevere, trasferita dal demanio vaticano ai nepoti vari dei papi e dei cardinali.

Infine la Guerra Fredda e la totale indifferenza di parrochi, vescovi e banchieri su CHI fossero personaggi del calibro di Lucky Luciano, purchè anticomunisti e cattolici praticanti.
Siamo arrivati ad oggi e prendiamo atto che sono circa venti anni che troviamo persino i Francescani coinvolti in strani affari, come per l’elezione del democristiano Gava o per la vicenda di Medjugorie.

Ed assistiamo come se nulla fosse a vicende come quella del San Raffaele a Milano o dell’Ifo a Roma. Per non parlare dei troppi religiosi fermati nel tempo agli aereoporti con valigette zeppe di denaro o dello IOR, che proprio non riusciva a diventare trasparente.
Oppure il volere un Giubileo a tutti i costi – con Roma che intanto è implosa – pur di far arrivare all’indebitatissima capitale 500 milioni di euro e, soprattutto, tenuto conto che … almeno il 40% della ricettività alberghiera è dei preti e manco pagano i tributi.

Pecunia non olet, oggi come ai tempi di Zefirino e Callisto I, ma – se fino a ieri quello che è successo con il funerale hollywodiano del ‘Re di Roma’ accadeva in Calabria, in Messico, in Sudamerica – da oggi non c’è verso che tenga: il problema è anche nella Diocesi di Roma …. il cui vescovo è proprio Papa Bergoglio.

Nel III Millennio qualunque forma di corruzione equivale ad avere un trojan nel sistema di governance e la riluttanza a sanzionare è la via (aperta) che il virus segue per ramificarsi: perché un’organizzazione criminale non dovrebbe approfittarsene?

Demata