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L’Antimafia Day e l’immagine di Roma per Ignazio Marino

4 Set

Ignazio Marino: “Abbiamo cacciato i fascisti da Roma, faremo lo stesso con i mafiosi”.

Forse si confondeva con Napoli e le sue Quattro Giornate, precisando che i partenopei insorsero contro le deportazioni e contro la guerra, ma, soprattutto che a Napoli (non a Roma) ad essere cacciata fu la Wermacht (non solo le SS o quattro gatti di repubblichini).

Viceversa Roma con fascisti e nazisti ebbe un atteggiamento affatto ostile.

 Iniziò tutto con la Marcia su Roma e l’omicidio Matteotti, poi ci furono case popolari ed impieghi pubblici per tanti, poi, ancora, la visita di Hitler nel 1938 tra ali di folla esultante, infine la ‘Città Aperta’, la vergogna delle Fosse Ardeatine e della deportazione degli Ebrei ed, ancora dopo, il peccato mortale dell’assistenza ai nazisti in fuga verso il Sudamerica.
Anche negli Anni 60-70 la presenza di organizzazioni fasciste a Roma fu molto più significativa che altrove ed, ai giorni nostri, non è raro che gli ultrà ‘calcistici’ di estrema destra arricchiscano la cronaca nera, senza parlare di simboli, scritte e slogan nello stadio come sui muri della città.

Quanto alla Mafia e i comitati affaristico-politici, a Roma se ne parla almeno dal 1900 quando – riferendosi al ventennio precedente – l’onorevole Gaetano Mosca spiegò ai suoi colleghi che “le cosche compresero il gran partito che potevano trarre dalla loro partecipazione alle elezioni politiche e amministrative” e quella di ieri – 115 anni dopo – è “la prima grande manifestazione antimafia organizzata a Roma” (Matteo Orfini).ma – come riporta Repubblica – “nessun politico è intervenuto dal palco, a prendere la parola” …

Caro Sindaco, se Roma caccerà la mafia come ha cacciato i fascisti (e prim’ancora i corrotti), qui stiamo davvero freschi …

Demata

Meloni, Salvini, Tsipras, Saviano, Bersani: tutti contro Renzie?

2 Mar

Giorgia Meloni a Piazza del Popolo con Matteo Salvini dipinge la situazione in un attimo: “Renzi? Il figlio segreto di Wanna Marchi” … la battuta non è sua, credo di Gasparri o Cicchitto,  ma ‘calza bene’ e ‘spacca’.
Certo, è solo una battuta, ma racconta in un flash quale sia la ‘visione’ di tanti italiani sullo ‘status quo’ determinato dall’ex Presidente Giorgio Napolitano, prima con Monti e poi con Renzi.

Roberto Saviano dalla prima pagina di Repubblica lancia un “Non andate a votare” per le Primarie Pd in Campania. Le primarie Pd avrebbero dovuto essere strumento di apertura e partecipazione, ma così non è stato (vedi il caso Liguria). Queste elezioni saranno determinate da voti di scambio. Non legittimiamole, non andate a votare”.
Eccco cosa rimane della ‘gioiosa’ macchina elettorale di Romano Prodi e delle ‘mani pulite’ dopo venti anni di fusione a freddo tra democratici ‘cristiani’ e  riformisti ‘post comunisti’.

Nel complesso, un mondo ‘ribaltato’ rispetto all’immagine mediatica che ci propina un Matteo Renzi vincente e promettente e che evidenzia a caratteri cubitali “da Salvini offese a Fornero” …

Quanto al ministro Fornero e al direttore dell’Inps, Mastrapasqua, le offese quelle vere sono ben altre … basta frequentare qualche bar in prossimità di qualche grossa sede pubblica o qualche CAAF o sala d’attesa qualsiasi per sentirne di tutti i colori davvero da parte di … educati ed anziani dipendenti pubblici e privati.

A Piazza del Popolo erano proprio gli ‘antifascisti’ quei ‘fascisti’ che – occupando persino una chiesa – volevano impedire un comizio autorizzato di due partiti (Lega e Fratelli d’Italia), a loro avviso ‘fascisti’ ed ‘intolleranti xenofobi’, nonostante ad intervenire ci fossero parlamentari italiani ed europei ed un governatore regionale.

In Campania (ed in Italia tutta), deve essere Saviano a rivelare – dopo venti anni di Prodi(smo) e Veltroni(smo) con il noto D’Alema ed il ‘buon’ Fassino al fianco – che le Primarie, “sino a quando non esisteranno leggi in grado di governarle, saranno solo scorciatoie per gruppi di potere” … Liguria inclusa.

Se a Roma gli iscritti sono davvero nel novero delle migliaia e alle primarie votavano a centinaia di migliaia, di quale ‘democrazia’ e di quale ‘base elettorale’ stiamo parlando?
Se l’Europa on Tsipras (N.B. alleato con la destra popolare) abbozza e con Renzie (N.B. alleato con la destra affaristica) pretende, se il Jobs Act è partorito da un dirigente di una azienda condannata per lavoro nero, se il Sole24Ore racconta, chiede e ribadisce su ‘chi controlla il controllore’ ovvero Bankitalia, se Matteo S. spacca in televisione come fosse Zorro e Matteo R. fa la figura del fratello bugiardo come Gollum rispetto a Frodo, se sulla Libia e Is cosa aspettiamo – il fuoco in casa – prima di decidere quel che è ormai per tutti ovvio, se persino Bersani non ne può più delle promesse mancate del suo segretario, se con l’età pensionabile arrivata ormai a 68 anni si possa derogare ancora agli errori madornali fatti, se … tanti se, troppi se …

Se si votasse domani?

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Alba Dorata: rischi per l’Italia?

4 Nov

In Grecia sale la tensione, dopo l’attentato alla sede di Alba Dorata, con due morti e diversi feriti, che fa seguito ad attentati a giornalisti e uffici avvenuti nel 2013. Una tentata strage attuata proprio mentre la Grecia cercava di fare piazza pulita dei suoi neonazisti e con il solo scopo di gettare in paese nel caos e non per ‘vendetta’, visto che l’omicidio del rapper antifascista era scaturito da una lite da bar e non da un complotto.

In una sua lunga disanima, Harry van Versendaal – noto editorialista della versione inglese del quotidiano greco I Kathimerini – invita non solo la Destra neonazista, ma anche la Sinistra antagonista a “sviluppare una comprensione più inclusiva della violenza, condannandola in ogni sua forma: sia essa razziale, sessuale o politica“.

Un invito che andrebbe esteso anche all’Italia, dove i nostri media in questi anni ci hanno poco o punto informati sull’escalation anarco-insurrezionalista e della sinistra radicale, cui fanno da contraltare (come a Weimar) i neonazisti di Alba Dorata.

Intanto, in Italia non possiamo di certo dire che stiamo al sicuro da rischi simili, ma, nel nostro caso,  di neonazisti o neofascisti non è che se ne vedano tanti come in Grecia. Anzi, all’ennesimo anniversario mussoliniano c’erano forse 5.000 nostalgici.

E’ la minaccia anarco-insurrezionalista che rimane «estesa e multiforme», in grado di tradursi in una «gamma di interventi» che può comprendere anche «attentati spettacolari», questo il report dei servizi segreti nella Relazione annuale consegnata al Parlamento nel marzo 2013.
La sola nDrangheta, secondo il rapporto Eurispes 2008, avrebbe un giro d’affari di 44 miliardi di euro annui e potremmo stimare in almeno 150 miliardi annui il PIL (ndr. attivo o passivo?) derivante da attività crimine organizzato. Il disastro ambientale campano, le fabbrichette della moda o le rivolte degli immigrati schiavizzati comprovano una dimensione ‘messicana’ dei rapporti tra governance nazionale, sistema produttivo e cartelli locali.

La nostra governance – a differenza di quella spagnola – non è riuscita a far altro che congelare il debito interno e quello estero, mentre il Parlamento è in ostaggio di una legge elettorale indecente e di un’informazione pubblica che Freedom House nel suo report annuale considera ‘semilibera’, collocandoci alla stregua degli stati ex-satellite dell’URSS (Ungheria, Romania, Bulgaria, Serbia eccetera) o delle traballanti repubbliche africane (Egitto, Tunisia, Benin, Namibia eccetera).

Indice di Competitività UE 2013

Aggiungiamo che un malgoverno durato 150 anni ha ormai creato e sigillato tre aree geografiche ben distinte: un Settentrione con una produttività paragonabile a quella tedesca, un Meridione ormai ridotto a vicereame ispanico (come il Messico, Columbia e quant’altri), un Centro che sopravvive – oggi come ieri – di speculazioni finanziarie e immobiliari in nome del ‘paesaggio italiano’ e della ‘bona fidae’.

PIL pro capite UE 2009
Tenuto conto dell’irriducibilità di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi nell’anteporre una visione personale all’interesse generale, oggi, come durante la Guerra Fredda, l’Italia sta andando a porsi al centro di una serie di ‘affari internazionali’, di cui un ‘assaggio’ sono state le montagne russe dello spread del 2011.

Dunque, se la Grecia prendesse fuoco, l’Italia potrebbe non esserne esente.

In assenza di un sufficiente numero di ‘fascisti’, per ora, la furia del ‘tanto peggio tanto meglio’ non avrebbe che prendersela con le istituzioni – che non sono nè i partiti nè gli speculatori – e con chi le difende, a danno di gran parte della popolazione, che è ‘moderata’, ‘conformista’, ‘populista’ …

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Cobas + NO Tav = quattro gatti? Forse si, forse no

21 Ott

La Repubblica riportava “circa 20 mila partecipanti alla manifestazione indetta dai Cobas e dai Sindacati di Base”, di venerdì 27 ottobre. Il giorno dopo – per il corteo di NoTav, NoMuos, Migranti, Movimenti per la Casa e Antagonisti in lotta contro l’Austerity e la Precarietà – “secondo gli organizzatori, sono 70mila i partecipanti alla manifestazione” (L’Unità).

la casa si prende Roma No Tav foto Tiscali

Foto di Tiscali

Lasciamo perdere se quello che chiedono sia o non sia legittimo in un paese democratico, come anche se si condividono o meno le idee o le opinioni. Sono molti o sono pochi?
La risposta è nei numeri.

Secondo i Cobas, oltre ai 20.000 manifestanti di Roma, si sono contati “molte centinaia di migliaia di scioperanti, nella scuola, sanità, pubblico impiego, Telecom, trasporti urbani, principali fabbriche a partire dal gruppo Fiat, trasporto aereo e controllori di volo”. Il personale della scuola conta almeno un milione di dipendenti, come anche il settore sanitario, ed in totale i dipendenti pubblici in Italia superano i 3 milioni di unità. Poi, c’è un altro milione e mezzo di addetti del settore industriale e tot altre centinaia di migliaia di addetti dei settori minori.
Alla fine dei conti della serva, viene fuori che parliamo di almeno 4 milioni di lavoratori e che – se anche gli scioperanti fossero stati 4-6 centinaia di migliaia – staremmo parlando forse del 10-15% del totale, forse qualcosa in meno. Comunque una piccola minoranza, non il 30-40%.

Uno su dieci o poco più, come il 6% di elettori votanti ed il 4% degli astenuti alle elezioni, su una base del 100% degli elettori: praticamente tanti quanti la Sinistra ‘radicale’ ha sempre potuto contare in Italia negli ultimi 30 anni. Paradossalmente, oltre alla proporzione pressochè costante nel tempo, sono i pronipoti di quel sindacalismo rivoluzionario e di quell’azione diretta che furono padre e madre del Fascismo delle origini ed i discendenti di quel Giacobinismo libertario che confluì nel Terrore totalitario di Robespierre.

Una componente statica delle nazioni figlie della Rivoluzione Francese (Francia, Italia, Messico, eccetera), che non impara dai propri errori? Forse si, forse no?
Certamente, i movimenti attuali sembrano rappresentare più una reazione al cambiamento, che una spinta alla pacificazione e al rinnovamento contro il declino ed il degrado.

Ritornando al corteo di sabato, tenuto conto che di adesioni da parte di organizzazioni e comitati ve ne erano in abbondanza, specie tra i ‘movimenti’ capitolini, 70.000 sembrano davvero pochi.
Specialmente se in Italia i migranti sono circa 5 milioni, i disoccupati quasi 6 milioni, i giovani senza lavoro oltre 900.000, le donne non occupate almeno al 50%.
O se, la sera prima, allo Stadio Olimpico ve ne erano quasi altrettante a tifare per una squadra di calcio, una volta tanto senza tafferugli.

Riflessioni romane, che circolano da anni nel borbottio del popolino e che da due o tre anni stanno prendendo una forma concreta: quale è il costo – per Roma e i romani – su un PIL che alla fine dell’anno dovrà pur tener conto di questa ‘due giorni’  di blocco e rallentamenti, sia per gli scioperanti, sia per le manifestazioni ed i voli, sia per quanti non sono andati a lavoro perchè ‘de facto’ impediti (traffico, trasporti, figli piccoli), sia per gli ‘accampamenti’ nel bel mezzo di una città che vive anche di turismo.

Foto da Libero

E, messo che il PIL della Provincia di Roma sia nell’ordine dei 300 milioni di euro per giornata lavorativa, possiamo ipotizzare che – se le manifestazioni si fossero svolte al Circo Massimo e solo lì – oggi avremmo qualche milionata di euro in movimento in più nella nostra Capitale e nelle vessate casse dello Stato?

Quanti blocchi semigeneralizzati possa permettersi Roma, mentre cerca di risollevarsi dal declino generale e dalla sua già asfittica mobilità, è una questione che riguarda tutti.
Come è di tutti la spesa pubblica extra necessaria a proteggere diversi edifici pubblici della Capitale e pagare straordinari alle forze dell’ordine, oltre che i soldi che i contribuenti romani, per tramite del Comune, si troveranno in conto spese per pagare i danni (fortunatamente limitati) ad inermi cassonetti, ignare palettature dei marciapiedi e innocue pavimentazioni stradali.

Allo stesso modo, sono di tutti le sacrosante istanze di riconoscimento dei diritti civili dei migranti, come lo sono quelle di tanti giovani e ormai ex giovani laureati ancora ridotti alla precarietà e quelle delle giovani coppie con figli che non sanno come tirare avanti, tra disoccupazione e affitti da pagare.

Questioni, però, che andrebbero meglio poste, se ai migranti serve innanzitutto una legge elettorale ed ai senza casa necessitano meno assistenzialismo (la botte è vuota …) e più poltiche locali del lavoro.
Come se ai laureati e ai giovani servisse da decenni un  mercato del lavoro ed un sistema delle carriere che non può di certo arrivare dal MIUR o dall’INPS o dalle ASL o dall’INA, che sono imperniati su concezioni strutturali di fascista memoria.

Come se sia proponibile a chi manifesta perchè non ha lavoro, casa e futuro di associarsi a chi chiede un aumento della spesa pubblica, scioperando perchè si aumenti il magro stipendio dei docenti, a parità di servizio, di ben 300 euro netti (circa 450 euro lordi) pro capite, come chiedono i Cobas, che – essendo i docenti circa 800.000) – fanno oltre 350 milioni di spesa pubblica extra all’anno con la situazione finanziaria che c’è e la Merkel che, rieletta, ricomincia ad incalzare.

O come se ieri, a Roma, non avessero manifestato insieme, sotto il MInistero delle Infrastrutture, sia quelli che – No Tav, No Muos, No gasodotto /inceneritore/discarica/eccetera – non vogliono certe infrastrutture nel proprio territorio sia gli altri che protestavano per la disoccupazione e la precarietà derivante dai tagli fatti ai già pochi interventi infrastrutturali previsti …

Poche noci nel sacco fan tanto rumore e l’arcobaleno è di mille colori non sempre l’un l’altro complementari, ma i nodi al pettine – sia da un lato che dall’altro – restano, specie se l’Italia è non va nè di quà nè di là e la Capitale bloccata con gli Svevi alle porte.

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Riportate a casa i marò

27 Mar

In una Camera che accoglieva con una certa indifferenza o sorpresa le polemiche dimissioni del Ministro degli Esteri Giulio Terzi, date al termine di un’audizione, per pochi attimi si è udito il grido dolente di Vania Girone, moglie di Salvatore, uno dei fucilieri di Marina riconsegnati alle carceri indiane: «riportate a casa mio marito».
«Non possiamo abbandonarli», dirà ai cronisti Franca Latorre, sorella dell’altro marò, il pugliese Massimiliano.

Una situazione paradossale, se non fosse tragica e caotica, con il ‘solito’ Mario Monti colto da «stupore», dato che Giulio Terzi non gli aveva preannunciato «le sue intenzioni, benchè in mattinata si fosse tenuta presso la presidenza del Consiglio. In Mario Monti che non sorprende più nessuno nel tenere a precisare che  «le valutazioni espresse alla Camera dal ministro Terzi non sono condivise dal Governo».
Un Premier che non sa cosa frulla nella testa del suo Governo? A quanto pare si.

Una situazione tragica e caotica che vede la stessa BBC esprimere perplessità su tutto il comportamento italiano in generale, riportando alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane e non fuori giurisdizione come sostiene la ‘versione’ italiana;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • la vicenda dei marò, fin troppo procastinatasi, si è ormai intrecciata, specie sui tabloid indiani, con una denuncia per complotto e frode che la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato contro Agusta Westland (Finmeccanica) nelle indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri.

Il ministro alla Difesa, ammiraglio Di Paola, ha voluto precisare: «Non abbandonderò la nave in difficoltà con Massimiliano e Salvatore a bordo fino all’ultimo giorno di governo, verrei meno al senso del dovere delle istituzioni che ho sempre servito e alle scelte del governo che ho condiviso».

Ma qui la faccenda si complica. Infatti, agli occhi degli indiani, il fatto che la Procura Militare abbia avviato un’indagine per violata consegna e dispersione di armamento militare verso i due marò appare decisamente tardivo e, soprattutto, insufficiente, visto che ai due reati in ipotesi si poteva anche aggiungere qualche altra cosa, come l’omicidio colposo.
Un percorso che avrebbe, col senno di poi, certamente avvantaggiato di due fucilieri.

Infatti se, per l’art. 44 del Codice Penale Militare di Pace, “non è punibile il militare, che ha commesso un fatto costituente reato, per esservi stato costretto dalla necessità di impedire fatti tali da compromettere la sicurezza della nave”, è anche vero che per l’articolo successivo (45), “quando si eccedono colposamente i limiti imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo.”

Dunque, se fin dal primo giorno di rimpatrio dei due marò si fosse cambiata linea difensiva ed aperta un’indagine per mancata consegna e dispersione di armamento militare, andando a dimostrare l’eccesso colposo, sarebbe stato possibile detenere i due fucilieri, processarli per omicidio colposo e condannarli ad una pena mite (la reclusione va da sei mesi a cinque anni), che, sommando la detenzione indiana ed un po’ d’attesa di giudizio, si sarebbe trasformata in un rilascio.
Nel frattempo, un equo e congruo indennizzo alle famiglie dei pescatori morti ed alla loro comunità avrebbe aiutato a riassorbire rancori e pretese.

Una vicenda, agli occhi degli inglesi, politicamente maldestra fin dall’inizio, quando ritardi, sottovalutazioni e pressappochismo portarono all’attracco della petroliera in India con tanto di marò a bordo, a disposizione della polizia del Kerala ben pronta ad arrestarli.

Una sottovalutazione che potrebbe costare molti anni di carcere ai due militari italiani e solo una costante e capillare azione diplomatica e legale potrà, ormai, garantire che vengano scontati in Italia.

Giulio Terzi ha espresso «la propria riserva per la repentina decisione del loro ritrasferimento in India, la mia voce è rimasta inascoltata. Finalmente avevamo in patria i due fucilieri di marina. Mi dimetto perchè per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l’onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perchè solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie».

Ed allora chi ha deciso tutto e chi deciso cosa in questa vicenda?
C’è Roberto Formigoni a twittare: «Il governo chiarisca chi ha voluto rimandare i marò in India». Ma gli oltre 101 eletti del Movimento Cinque Stelle non hanno nulla da dire? Che ‘tutto taccia’ era prevedibile, ma, se non anche di questo, di cosa altro mai pensavano di doversi occupare?

Riportiamo a casa i nostri marò e basta figuracce ed ipocrisie, ingenuità ed incertezze: la nostra diplomazia non può permetterselo, ma soprattutto non può permettersele la nostra Marina: annunciando le dimissioni in piena seduta della Camera, Giulio Terzi – nel bene e nel male – ha passato il testimone al Parlamento ed al Presidente della Camera, non al Governo Monti.

Il nostro paese – già molti mesì fa, quando la Ferrari corse in India esibendo la bandiera della Marina Italiana – avrebbe dovuto impegnarsi a dimostrare l’innocenza dei nostri fucilieri o, quanto meno, la loro non intenzionalità nell’uccisione dei due pescatori indiani.

Ed invece ancora si sostiene che le raffiche furono sparate a vuoto …

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The Italian Job: notizie dai giornali indiani

15 Mar

Dalla vicenda dei marò Massimilian Latorre e Salvatore Girone, l’Italia ne sta venendo fuori nel peggiore dei modi e vale la pena che le sue aziende inizino a prepararsi alle conseguenze del duro contraccolpo in termini di credibilità internazionale, di peso politico in Europa ed ai G8 e di speculazione finanziria ‘ostile’.

Infatti, come riporta la BBC, il ministro degli Esteri indiano ha ben chiarito in quali termini, nell’attuale e nel futuro, si manterranno i rapporti con il nostro Paese: “l’India si aspetta che la Repubblica d’Italia  mantenga l’impegno sottoscritto di onorare il termine ordinativo dato ad essa dalla Corte Suprema, come qualunque altra nazione che voglia considerarsi uno Stato di diritto“.

E’ stato solo a seguito di questo impegno sottoscritto (ndr. dal nostro ambasciatore Daniele Mancini), che la Corte Suprema ha consentito ai due marines di viaggiare e rimanere in Italia per un periodo di quattro settimane e tornare in India sotto la cura, la supervisione e il controllo della Repubblica Italiana.

Rincara la dose Rajiv Pratap Rudy, un portavoce del principale partito di opposizione Bharatiya Janata Party, affermando che “questo è un tradimento ed un bluff da parte del governo italiano. Si tratta di una violazione di fiducia tra due nazioni sovrane e l’atto è del tutto inaccettabile“.

Queste le notizie riportate dalla BBC che riprende i giornali indiani, come quelli di seguito:

  • The Hindu:  il rifiuto dell’Italia per la restituzione Massimilian Latorre e Salvatore Girone “può far vincere al nuovo governo italiano punti sporchi in casa propria, ma è un  comportamento disdicevole per una nazione responsabile” e che il governo indiano è troppo “esposto per lasciarsi prendere in giro così facilmente da un governo straniero“.
  • The Times of India:  “livello spaventoso di ingenuità da parte delle istituzioni indiane nel consentire ai marines di andare, nella convinzione che gli italiani avrebbero poi voluto mandarli indietro. Nel caso in cui c’è poco che New Delhi può fare ora. Nella migliore delle ipotesi si può fare una manifestazione di rabbia diplomatica ed espellere l’ambasciatore italiano, ma tutto ciò ben poco servirebbe alla causa della giustizia per i pescatori“.
  • Mint Newspaper:  “l’episodio verrà ricordato come una macchia nera nella storia del diritto dell’India: i diritti dei due stranieri erano più importanti quelle dei poveri pescatori, il cui unico obiettivo era quello di guadagnar da vivere per le proprie famiglie“.
  • The Indian Express: l’India starebbe valutando “dure opzioni diplomatiche, tra cui la rottura delle relazioni e l’interruzione dei rapporti commerciali“.
  • Hindustan Times: “se l’India vuole davvero essere una superpotenza regionale, non può essere colta alla sprovvista da un paese che negli ultimi tempi non è stato solo travolto da una crisi economica, ma si è anche dimostrato politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni“.

Questa, dunque, la situazione di un continente, quello indiano, dove vivono oltre un miliardo di persone e questo è quanto leggono i traders della Borsa di Londra.

A buona connotazione è utile sapere che, consultando le cronache anglofone, emergono alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • da ieri l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, Daniele Mancini, è sotto arresto – invitato a non allontanarsi dalla propria residenza – al posto dei due marò, che, prevedibilmente, avrebbero ricevuto una condanna da scontare in Italia, ovvero a piede libero in attesa di ricorso;
  • la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato, l’altro ieri, una denuncia per complotto e frode, nell’intento di approfondire le indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland (Finmeccanica).

The Hindu, principale organo d’informazione indiano, racconta di “Finmeccanica, che ha una presenza abbastanza grande in India, in diversi progetti di difesa tra cui quello per la prima portaerei in corso a Kochi, è probabile che questo induca il governo ad un approccio ‘morbido’ nei suoi rapporti con l’Italia.”

Secondo l’ammiraglio Uday Bhaskar, autorevole analista della Difesa indiana, “il rifiuto dell’Italia di mandare indietro due dei suoi marines, sotto processo in India per aver ucciso due pescatori indiani fuori Kerala, e l’indagine di CBI sul gigante della difesa (ndr. Finmeccanica) e la sua controllata AgustaWestland avrebbero un impatto politico a lungo termine con un’elevata posta in gioco. Il governo italiano deve avere fatto i suoi calcoli e studiato la situazione prima di rinnegare la sua promessa di mandare indietro i marines per essere processato in India. Il CBI, che ha inviato un team di invastigatori, lo scorso mese, a Milano, in relazione con le indagini sullo scandalo per corruzione nell’acquisto degli elicotteri, è probabile che ponga ostacoli pretendendo l’aiuto delle autorità italiane di andare avanti con la sua indagine“.

Gli investigatori indiani accusano due intermediari di aver pagato tangenti per la compravendita di 12 elicotteri a favore di AgustaWestland, in un paese dove di recente è stata adottata la linea dura chiesta dal ministro della Difesa AK Antony: inserire in una “lista nera” qualsiasi società che viola le leggi anti-corruzione. Non a caso il Ministero della Difesa ha chiesto al nuovo CEO di Finmeccanica, Alessandro Pansa, “qualsiasi informazione che potrebbe essere in grado di fornire su transazioni sospette“.

The Hindu precisa anche che “la presenza di Finmeccanica in India risale ai primi anni 1970, quando il gruppo ha fornito 41 elicotteri Sea King della Marina Militare indiana. Il gruppo ha un tie-up per i progetti chiave con le industrie partner BHEL, BEL, Bharat Dynamics Limited, HAL e Tata Sons.

Finmeccanica e le società controllate hanno contratti per il valore di migliaia di milioni di rupie da parte del governo indiano e hanno una presenza enorme in molti settori. Queste aziende sono SELEX Galileo, Ansaldo STS e AgustaWestland.
Ansaldo STS è una società tecnologica multinazionale che produce sistemi di segnalamento e automazione per l’utilizzo da parte degli operatori ferroviari e di trasporto rapido. Ansaldo STS ha sede a Genova, in Italia, e Finmeccanica ha un 40 per cento delle azioni della società. L’azienda ha 240 dipendenti in India e, secondo fonti del settore, occupa un’importante quota di mercato nel mercato del segnalamento ferroviario.
SELEX ES fornisce sistemi di navigazione e di comunicazione per le principali piattaforme avioniche indiane dal 1995 e ATC sistemi VHF per la Airports Authority of India e i radar di precisione per l’aeronautica militare indiana dal 2001.
Nei sistemi di difesa, OTO Melara, altra società del gruppo, ha fornito armamenti di grosso calibro ed unità navali medie e piccole alla Marina Militare indiana.

E questo è quanto afferma la brochure “Finmeccanica & India, in the spirit of partnership”: “l’India è un paese di fondamentale importanza per Finmeccanica. La crescita economica sostenibile, i crescenti investimenti per la difesa, la sicurezza e le infrastrutture, la grande base industriale e la forza lavoro qualificata hanno favorito la presenza di Finmeccanica e gli investimenti con una visione a lungo termine. Per i prossimi anni, le nostre operazioni in India saranno destinate a migliorare la nostra presenza e aumentare la nostra reputazione come un partner solido e affidabile.

Dunque, è ben chiaro quale enorme pasticcio stia combinando la nostra Casta – politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni, come afferma Hindustan Times – a danno del nostro ‘complesso industrial-militare’, distruggendo una presenza ed una friendship nel continente indiano ormai consolidate e creando tutte le premesse per la frammentazione di un importante patrimonio pubblico (Finmeccanica e non solo), cui non potrà far altro che seguire un’instabilità finanziaria ed una minore occupazione nel lungo periodo.

My compliments: it’s another Italian job.

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Marò in India verso la scarcerazione?

17 Mag

Anche oggi, Roma, ormai in piena campagna elettorale, in rossi, neri, bianchi e gente comune.
Il “pretesto” di oggi è la polemica intorno l’iniziativa dei consiglieri del Pdl di indossare in aula delle magliette con le foto dei due fucilieri della Marina Militare detenuti in India.

Il problema, secondo la presidente della Commissione delle Elette di Roma Capitale, Monica Cirinnà, è stato che ” in apertura di seduta dell’Assemblea capitolina gli uffici di Presidenza hanno distribuito una maglietta nera raffigurante i due marò detenuti in India. Oltre a chiedere la sottoscrizione al momento del ritiro della t-shirt, ai consiglieri presenti è stato chiesto di indossarla al momento dell’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ritengo questa iniziativa del tutto sbagliata, indebita, non concordata in conferenza dei capogruppo e soprattutto un uso improprio dell’istituzione da parte del presidente Pomarici il quale lui stesso ha indossato la maglietta distribuita”.

Ugo Cassone, consigliere Pdl di Roma Capitale, parla di “stupefacente reazione antitaliana”, affermando che “è inaccettabile che, invece di aderire spontaneamente alla simbolica manifestazione l’opposizione abbia indegnamente sollevato per questa occasione questioni procedurali e di regolamento, indicative solo del suo atteggiamento ostile e per niente patriottico”.

Un po’ come a Costantinopoli, quando erano in assise per determinare il sesso degli angeli, mentre le mura cadevano sotto l’assedio dei turchi.

Possiamo tutti immaginare il profondo scoramento che potrebbe cogliere, dinanzi a tale “veemente polemica”, non solo i nostri marò ed i loro colleghi o familiari, ma tutti i nostri concittadini che, per lavoro, sono andati per mare e per terra in terra straniera.

La buona notizia è che le autorità dello stato indiano del Kerala hanno disposto il trasferimento, tra 20 giorni, dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dal carcere di Trivandrum ad un’altra struttura della città.

La Corte Suprema Indiana, infatti, aveva, nei giorni scorsi, invitato le autorità locali a dare seguito all’impegno di trasferire i militari italiani in una struttura diversa dal carcere, in risposta ad una petizione del procuratore generale aggiunto, Harin P. Raval,  “perchè lo Stato del Kerala non ha giurisdizione, essendo l’incidente avvenuto in alto mare dove la competenza è dell’Unione Indiana e non dei singoli stati.”

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Marò, la tensione sale

6 Mar

Le sorti dei due marinai del reggimento San Marco sembrano prendere una piega sempre peggiore, anche e soprattutto a causa del poco pragmatismo e della scarsa incisività del personale diplomatico scelto dall’attuale governo per gestire la vicenda.

Ieri sono sono stati condannati a tre mesi di arresti preventivi, da trascorrere in un carcere comune a Trivandrum, e solo in extremis si è potuto ottenere che i due marines mantengano la divisa militare e stiano in una piccola struttura separata all’interno del centro di detenzione.

La sorte dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, è dunque la peggiore possibile, rispetto allo scenario iniziale, quando sarebbe, forse, bastato pagare 200.000 Euro di “risarcimento” a dei poveri pescatori, di fede cattolica tra l’altro, e quando, comunque, non andavano assolutamente consegnati i militari alle forze dell’ordine indiane.

Intanto, l’azione diplomatica “che conta” parte in forte ritardo e l’iniziativa deve prenderla il presidente della Camera Gianfranco Fini, in visita a Washington, coinvolgendo il segretario di Stato alla Sicurezza nazionale Janet Napolitano e l’ex Speaker del Congresso, Nancy Pelosi.

Infatti, è l’ambasciatore italiano negli Usa Claudio Bisogniero, con Gianfranco Fini in tutti i suoi appuntamenti istituzionali a Washington, a chiarire che sono emersi “due significativi punti di convergenza” : “La determinazione a proteggere in ogni modo i militari impegnati in queste difficili operazioni” e “la preoccupazione per azioni che, come quelle dell’India, potrebbero indebolire gli sforzi della comunita’ internazionale contro la pirateria”.

Come se non bastasse questo a confermare che “qualcosa di più” andava fatto, questa mattina, a Roma, diverse centinaia di giovani hanno manifestato, in più riprese, sotto l’Ambasciata Indiana, la propria indiganzione per la detenzione dei due marinai italiani.

Cosa pensare se il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore indiano , solo dopo tali fatti e dopo tanti giorni, per ribadire soltanto che nei confronti dei due marò italiani sono state messe in atto ”misure inaccettabili” e per definire  ”non soddisfacenti” le condizioni della loro detenzione.

Per non parlare di Staffan De Mistura, l’inviato del Minstero degli Affari Esteri sul posto, che, da buon diplomatico ed in un momento così, precisa cripticamente che andrebbe fatta un’inchiesta in Italia sulla decisione di far sbarcare i marò presa dal Console Generale Giampaolo Cutillo: “Sono arrivato il 22, quindi a cose fatte …  Qualunque sia stato il motivo della decisione, confermo che andrebbe fatta una bella inchiesta su questo.”

Intanto, la stampa indiana esulta per la “fermezza del proprio governo”, ma non solo.

Secondo le fonti locali, la polizia aveva chiesto la custodia di tutti e sei i marò membri dell’equipaggio della Enrica Lexie, che vede imbarcati ben 19 marinai di nazionalità indiana, e che “se necessario si aggiungeranno altri dopo aver interrogato gli arrestati”, come precisato da alti funzionari della polizia, a quanto pare piuttosto irritati dai “cavilli diplomatici”, che la stampa indiana descrive come “tattiche dilatorie delle autorità italiane che mostrano i motivi inconsistenti”.

Il tutto mentre sia il ministro degli interni sia quello degli esteri del Kerala, oltre al primo ministro Oommen Chandy,  insistono nel parlare di “assassinio a sangue freddo”.

Andiamo bene …

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originale postato su demata