Le indagini avviate dalla procura di Lecce hanno accertato che il detenuto romeno Popo Virgil Cristria, di 38 anni da Bucarest, è morto per malnutrizione dopo 54 giorni di sciopero della fame.
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha avviato un’ispezione sul carcere di Lecce e sono 15 le persone indagate.
L’uomo era stato trasferito da pochi mesi nel carcere di Lecce, proveniente da Benevento, dove aveva iniziato uno sciopero della fame per ottenere una revisione delle sue condanne.
Infatti, era stato condannato a 18 anni di reclusione per un cumulo di pene, correlati a reati minori, commessi soprattutto per assicurarsi la sopravvivenza in una vita misera, fatta di espedienti.
«Il magistrato mi deve ascoltare e lui mi deve liberare – ricorda Sandro Rima, dirigente sanitario della casa circondariale – Una volta, ha preso l’ago della flebo che gli era stata somministrata per tentare di dargli un pò di forze e se lo è strappato dal braccio. Rifiutava il cibo in maniera categorica, voleva parlare con il magistrato. Questa era la frase che ripeteva sempre. Abbiamo tentato tutti di dissuaderlo, ma inutilmente. Era intenzionato a continuare nella sua protesta fino in fondo».
Fino in fondo, per la sua libertà, Popo Virgil Cristria ci è andato. E che, prima o poi, un fatto del genere – un ‘suicidio’ – dovesse accadere era nei numeri che ci raccontano il sovraffolamento ed i noti studi sui topi messi in gabbia.
Quello che non è chiaro è perchè, con una condanna per cumulo di pene a 18 anni di reclusione, non gli sia stata comminata anche l’espulsione, in modo da far scattare l’Accordo italo-rumeno sul trasferimento delle persone condannate e permettergli di essere trasferito nel suo paese per la detenzione.
Un problema, quello della disapplicazione di un trattato, grazie al “cavillo dell’espulsione”. che non riguarda solo Popo Virgil Cristria e la sua triste fine.
Molti altri detenuti stranieri non dovrebbero trovarsi nelle nostre carceri in base alla Convenzione del Consiglio d’Europa sul trasferimento delle persone condannate, del 1983, che ha “lo scopo principale – come recita un testo pubblicato dalla Camera dei Deputati – di favorire il reinserimento sociale dei condannati, permettendo a uno straniero detenuto di scontare la pena nel Paese d’origine”.
Ed a Lecce, nel carcere di Lecce, ci sono “30 o forse 40 detenuti in sciopero della fame: c’è chi protesta perchè vuole essere trasferito, chi si dichiara innocente, quasi tutti sono stranieri” come precisa Giuseppe Renna, vicedirettore dell’istituto di pena. “Aveva un passato pesante a livello detentivo- aggiunge – perché non si è mai adattato in nessun istituto. Qui dentro, come accade in tutti gli istituti d’Italia ci sono numerosi detenuti anche di carattere psichiatrico che andrebbero seguiti da strutture idonee”.
Cosa aspettiamo a far valere i trattati internazionali, adeguando anche codice e sentenze se serve, e svuotiamo le nostre carceri almeno di quei detenuti stanieri che non abbiano mai avuto un radicamento, legale ed operoso, nel nostro paese per cui aver diritto a permanere, seppur detenuti?
E cosa aspettiamo, inoltre, per cambiare qualcosa nella nostra informazione se accade che un letale sciopero della fame sia stato dimenticato per due mesi e che analoghi scioperi sembra siano all’ordine del giorno e nessuno ne parla?
originale postato su demata
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