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Troppe sconfitte al Maradona: mancano San Paolo e la ‘vera’ fede partenopea

12 Apr

Il 4 dicembre 2020, il Comune di Napoli ha voluto intitolare a Diego Armando Maradona, morto pochi giorni prima, lo stadio dedicato a San Paolo nel 1963. E, se fu un caso (un caso?) che la SSC Napoli ritornò in Serie A nel 1964 dopo aver intitolato lo stadio al santo, oggi c’è che la squadra … aveva totalizzato 15 risultati utili nelle prime 16 partite del campionato in corso, con 6 vittorie e un pareggio in casa, dove era invitta, e … che da quando San Paolo ‘non va più allo stadio’ in casa sono 5 le sconfitte e solo 2 le vittorie.

Dunque, considerato che è San Gennaro il protettore della città, non San Paolo, e che – caso mai – la fascia di vice-santo toccherebbe a Santa Barbara, la statistica impone di cercare il nesso che lega San Paolo alle vittorie del Napoli, almeno secondo la scaramanzia.

05/12/21Atalanta2 – 3
12/12/21Empoli0 – 1
22/12/22Spezia0 – 1
23/01/22Salernitana4 – 1
12/02/22Inter1 – 1
06/03/22Milan0 – 1
19/03/22Udinese2 – 1
10/04/22Fiorentina2 – 3

I Dioscuri erano gli sportivi per antonomasia tra gli dei dell’Olimpo: ambedue spartani, marinai e argonauti, Castore era domatore di cavalli mentre Polluce si distingueva ottimamente nel pugilato. Preposti alla ‘cazzimma’, per i Romani che non avevano la dea Nike i Dioscuri erano anche i protettori della Vittoria, fin dal 495 a.C. nella battaglia del Lago Regillo.

E il nesso, come detto, c’è: San Paolo è direttamente collegato al culto spartano dei Dioscuri, cioè alle stesse origini della città e, collocata nel ‘ventre di Napoli’, c’è – in piazza San Gaetano a pochi passi dalla statua del Nilo – la basilica di San Paolo Maggiore, una basilica monumentale eretta sulle vestigia di una chiesa costruita alle spalle del cortile del tempio dei Dioscuri tra l’VIII e il IX secolo.

In questo tempio continuava la venerazione popolare per i Dioscuri Castore e Polluce, il cui culto risale agli albori dell’Europa, con omologhi tra i popoli scandinavi e sassoni. Le sue fondazioni risalgono al V secolo a. C. , quando la città si espanse dall’odierno Quartiere San Ferdinando alle colline dell’attuale Quartiere Porto, prendendo il nome di Neapolis.

Mille anni dopo, nel V secolo papa Gelasio I attestò la presenza di un culto di Castore e Polluce che la gente non voleva abbandonare e che – durante i secoli successivi – la Chiesa riuscì a sostituire con coppie di santi cristiani, come Pietro e Paolo. A destra la facciata del tempio nel 1688, quando venne distrutta da un terremoto.

Dunque, per chi ha una fede, c’è che senza San Paolo lo stadio ha perso anche la protezione dei Dioscuri, cioè il famoso spirito di resilienza partenopeo, la ‘cazzimma’.

L’infausta decisione fu presa dal sindaco De Magistris – tifoso dell’Inter – a pochi giorni dalle elezioni e con Maradona – purtroppo – su tutte le prime pagine.
Una scelta frettolosa seguendo il mood del momento per un uomo amato da tutti, ma anche un evasore fiscale (condonato) in Italia dal 1985 al 1990, che non ha voluto riconoscere il proprio figlio per quasi 30 anni, accusato più volte di violenza sulle donne, più e più volte riabilitato dalla cocaina.

Eppure, il Comune di Napoli volle che fosse “il suo tempio, lo stadio oggi San Paolo”, ma Diego non era un santo e neanche un dio o un nume protettore. Ma se Maradona è un mito e non affatto un esempio, adesso c’è Gaetano Manfredi, un ottimo ingegnere, che avrà notato il nesso ‘statistico’ tra resilienza dello stadio e la sua intitolazione e che come accademico ben sa che Napoli è un po’ come il Tibet: senza i suoi culti e le sue credenze non sarebbe quello che è.

Ridateci il San Paolo.

E, se c’è rispetto per Diego, facciamo in modo che vadano avanti il monumento da posizionare a Fuorigrotta, la riqualificazione dei campetti di calcio nelle periferie cittadine, l’intitolazione di via Emanuele De Deo (quella dei murales), le concessioni alla SSCN per il museo (di Maradona e della squadra) e tutte le belle cose raccontate ai tifosi e alla cittadinanza solo pochi mesi fa.

Demata

Serie A: valore e costo delle rose, chi vince e chi perde

7 Lug

La pandemia Covid-19 ha avuto un impatto importante sui valori dei calciatori in rosa nelle varie squadre e, secondo i dati forniti da Transfermarkt, tra le società calcistiche italiane oggi è il Lecce a ritrovarsi i costi per ingaggi più elevati in rapporto al valore della rosa (72,7%).

Seguono la Spal e poi la Juventus dopo 10 anni di presidenza Agnelli spenderebbe 294 milioni di euro l’anno per una rosa che vale ‘solo’ 621 milioni.
All’opposto, il lungimirante Napoli che all’inizio del campionato aveva a bilancio costi per ingaggi di  soli 103 milioni per una rosa che vale 535 milioni e l’Inter di Marotta e Conte che ne spende 139 per una rosa che ne vale 554.

Oppure la virtuosa Atalanta che spenderebbe solo 36 milioni per la sua rosa che ne vale 266, mentre il glorioso Milan è ben distante con una rosa da 334 milioni e stipendiata per 125.

Ed anche se andassimo al derby della Capitale, dove la Roma a stelle e strisce ha una rosa valutata a 385 milioni ‘contro’ una Lazio a tradizione italiana che ne vale 304, ma la prima spende quasi il doppio della seconda per gli ingaggi: 125 milioni giallorossi contro 72 albicelesti.

In parole povere, ecco trovate le cause del campionato declinante della Juventus, del Milan e della Roma, che hanno ed avranno maggiori difficoltà a rilanciarsi nell’emergenza Covid-19, senza riequilibrare il bilancio tra valori e costi.

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Demata

Sprechi del calcio, il caso F.C. Internazionale

30 Apr

Il gioco del calcio, ormai, appartiene al mondo dell’intrattenimento e non solo dello sport, ma anche della finanza. Dunque, finchè le cose vanno bene, transeat, ma se le cose vanno male e malissimo a Milano in casa dell’Inter, qualcosa da ridire c’è, specie se siamo in tempo di crisi e di lotta agli sprechi.

Tra l’altro, non è per fare facile demagogia, visto che la famiglia Moratti si distingue anche per le tante iniziative di beneficenza, ma c’è sempre da chiedersi quanto benessere e quanta occupazione creerebbero, se venissero investiti altrove, quei tot milioni che un Balotelli, Cavani o Messi guadagnano.

Infatti, come spiega Interlive.it, i cosiddetti ‘senatori‘ “hanno un peso notevole, ora più che mai, sul martoriato bilancio della società nerazzurra, che viaggia nel 2013 a circa 80 milioni di passivo”

Ad esempio, Walter Samuel, 35 anni o Cristian Chivu, 31 anno, ambedue  con un corrispettivo di  2,5 milioni netti tra contratto e stipendio, mentre il trentunenne nazionale italiano Andrea Barzagli della Juventus F.C. ne guadagna circa la metà.  Oppure il trentacinquenne  Dejan Stankovic, 3,5 milioni netti ed il trentaduenne Esteban Cambiasso, 4 milioni netti, quasi il doppio di quanto prevede contratto (senza bonus) e stipendio di Marek Hamsik della S.S.C. Napoli.
Il trentanovenne Javier Zanetti, 2 milioni netti, ed il trentunenne Gaby Mudingayi, 1,5 milioni, mentre nella S.S.C. Napoli per un ruolo simile Camilo Zuniga, 27 anni, percepisce circa 700.000 euro e Antonio Nocerino dell’A.C. Milan, ventotto anni e 1,5 milioni netti annui.

Il trentatreenne Diego Milito, 5 milioni netti, ed il trentunenne Rodrigo Palacio, 2,5 milioni netti, a fronte di ventisettenne Edinson Cavani che percepisce un ingaggio netto (da qualche mese) di 3 milioni di euro ed il  ventenne Stephan El Shaarawy arriva a stento al milione netto. Od Antonio Cassano, 31 anni e 2,7 milioni netti, mentre il ventisettenne Hernanes della S.S. Lazio ne percepisce 1,5 netti ed il ventunenne della A.S. Roma Eric Lamela supera di poco i due milioni netti.

Secondo le tradizionali stime della Gazzetta dello Sport, l’A.C. Milan spenderebbe in ingaggi 120 milioni di euro all’anno, la Juventus 115 milioni, la F.C. Internazionale 100 milioni tondi, l’A.S. Roma 95 milioni, la S.S. Lazio 66 milioni, la S.S.C. Napoli “soltanto” 53 milioni di euro.

Non esistono motivi per pensare che la squadra del Presidente Moratti non abbia le risorse finanziarie e gli incentivi per ottenere risultati superiori alla S.S.C. Napoli, come va sottolineato che quasi tutti i calciatori dell’Inter menzionati sono attualmente infortunati.

 E non esistono dubbi che gran parte di quei milioni spesi dalla F.C. Internazionale si trasformino, nella sostanza, in rimesse all’estero e in tasse per lo Stato. Forse qualche bibita o qualche autovettura in più vendute da qualche sponsor o la fortuna di qualche fabbrica di gadget ed abbigliamento sportivo, sempre che il tutto non sia stato prodotto all’estero, questa forse la ricaduta industriale ed occupazionale di tanta spesa.

Ovviamente, non l’Italia non può pensare di contingentare i compensi dei calciatori, che troverebbero all’estero generosi ‘mecenati’, ma qualcosa dovrebbe essere fatto per evitare disastrose situazioni – come quella della F.C. Internazionale oggi, della A.S. Roma ieri, della S.S. Lazio l’altro ieri e della S.S.C. Napoli ancor prima – e per garantire che una grande parte di questi compensi non finisca lontano dal cuore dei tifosi e dei consumatori italiani.
Non per motivi etici, ma per valutazioni concrete come la necessità di sostenere il così detto ‘movimento calcistico’ – che sta tenendo tanti giovani lontani da stili di vita insalubri o sterilmente ribellistici – o come e come quella di sostenere gli investimenti che generino maggiore occupazione e produttività nel Paese.
O come l’esigenza di una maggiore responsabilizzazione dei manager che supportano i presidenti delle società di calcio, non sempre esperti o fortunati nelle scelte, se vogliamo che investitori stranieri vengano in Italia a spendere i loro soldi in stadi e risistemazioni urbane?

Nel caso del F.C. Internazionale parliamo di decine di milioni che alla città di Milano non donano altro che un deludente risultato calcistico e un gettito fiscale apparentemente lucrativo, vista l’aliquota iperbolica, ma infimo se quei milioni di moltiplicassero mentre circolano.
E non è l’unico caso.

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UEFA: pochi e vecchi i calciatori italiani

5 Gen

Arrivano dal Brasile i calciatori preferiti dalle squadre impegnate nella UEFA Champions League e nella Europa League.
Ben 152 carioca con 648 presenze per un totale di oltre 47.000 minuti giocati, seguiti dai francesi (136 con 491 presenze e 34.000 minuti di gioco) e dagli spagnoli con 131 calciatori e 532 presenze con 38.000 minuti giocati.
Seguono la Germania ed i Paesi Bassi, con una novantina di professionisti del pallone, l’Inghilterra con i suoi 83 players, il Portogallo (76), l’Argentina (72) ed, infine, al nono posto, l’Italia, con i suoi 71 calciatori per 270 presenze e 19.000 minuti giocati.

europa calciatori per nazione

Dunque, c’è poco da dire: il calcio italiano langue davvero, se persino Francia ed Olanda possono annoverare più calciatori di noi tra le fila delle squadre che rappresentano l’elite del calcio europeo moderno.

Sempre guardando all’Europa, tra le squadre più vecchie troviamo l’Inter dei preliminari, la Lazio del pareggio contro il Panaithinaikos Aten, la Juventus vincente a Londra contro il Chelsea.
Mentre, a fronte di ben nove spagnoli, tra i 45 calciatori utilizzati da squadre europee e maggiormente valutati sul mercato non c’è nessun italiano.

La causa, lo sappiamo tutti, è nella scarsa capacità di investire sui giovani, un male profondo e millenario del nostro paese, che si riflette anche sul calcio nostrano, decurtandone valori e prospettive.

Un calcio improduttivo, se non sviluppa campioni – ovvero immagine, introiti, successi – e che sopravvive tra introiti televisivi garantiti per legge e speculazioni immobiliari di belle speranze.
Anche in questo caso, è una questione tutta italiota, come la prebenda oggi e la gallina domani o l’investire sul mattone come se il cemento fosse davvero oro.
Non a caso, sono stati personaggi come Vujadin Boškov o Zdenek Zeman a lavorare sui giovani, valorizzando campioni, dimenticati, se non esclusi, dal calcio che conta.

Considerata l’affezione italica per il Dio Eupalla e l’importanza che gli italiani danno alle vicende calcistiche, potremmo quasi azzardare che un qualsiasi governo, presente o futuro, che volesse dare un segnale di rinnovamento e rigore, potrebbe agevolmente iniziare dal calcio.
Anche perchè qualcosa deve cambiare e subito, se vogliamo che il calcio non sia strangolato dai mercati come le nostre finanze, tra il miliardo di euro di concessioni televisive, garantito per legge solo fino al 2015, il fair play finanziario di Platini, che cancellerà ‘certi mecenatismi’ e ‘certi bilanci societari’, e gli stadi che vanno al più presto rinnovati ed ammodernati.

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A chi non conviene il Fair Play finanziario?

18 Giu

Ormai, l’Europa del calcio è entrata nell’Era del Fair Play finanziario, fosse solo per difendere quel che resta dello sport, che rischia di cedere sotto l’assalto delle centinaia di milioni di dollari che nababbi del petrolio e speculatori finanziari stanno già versando nelle casse di noti club.

Sono sotto gli occhi di tutti le ‘campagne acquisti’ del Paris Saint Germain e del Manchester City, del Chelsea e del Manchester United, come del Real Madrid o del Bayern Monaco. Squadre che somigliano, ormai, più agli Harlem Globetrotter che ad altro, come quel ‘vecchio guarriero’ di Drogba ha dimostrato alle attonite od esaltate platee dei football fans in Coppa dei Campioni.

Fenomeni eclatanti per le vistose spese, che falsano campionati nazionali e coppe internazionali, visto che ‘dette spese’ non rispondono spessissimo ad una effettiva differenza di valori in campo.

Campionati falsati anche da spese ugualmente ingenti – ma meno vistose in quanto ‘passivi’ – come quello italiano, ad esempio, se si vuole considerare il rapporto sui bilanci societari delle Società Calcistiche che La Gazzetta dello Sport redige annualmente e ripubblicata da tuttonapoli.net.

A far due conti della serva, c’è da restare stupefatti, se tifosi delle tre ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter), da sollevarsi indignati, se tifosi delle altre squadre di calcio, e da restarci secchi per la depressione, se si è dei cittadini normali.

Basti dire che Juventus, Milan ed Inter vanterebbero ‘perdite’ sul rendimento netto di circa 250 milioni di euro, ovvero l’80% del ‘buco’ complessivo della Serie A.

E, dunque, se volessimo pensare ad una ‘classifica avulsa’, che tenga conto della effettiva disponibilità finanziaria delle società di calcio – e non dei giocatori comprati e pagati con ‘le cambiali’ – questo sarebbe il quadro.

Se i tifosi di Udinese, Napoli, Lazio, Roma, Parma, Lecce, Novara potrebbero gridare allo scandalo, ben altro che di uno scandalo dovrebbe parlarsi, se volessimo discutere di bilanci societari, di sostenibilità del ‘calcio moderno’, di  diritti televisivi e di distribuzione dei proventi, di stadi nuovi e sicuri.

Infatti, il budget velleitario e catastrofico delle nostrè ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter) ingessa definitivamente il ‘sistema calcio’, già soffocato dall’elevata leva fiscale sui compensi dei calciatori, che rende impossibile dotarsi di giocatori affermati se non sperperando enormi somme: ogni cambiamento sarebbe disastroso per dei brand che tanto sono quotati quanto sono in rosso.

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Una situazione che non può continuare così, bloccando le nuove norme sugli stadi di calcio e congelando i diritti televisivi a favore dei soliti noti, mentre il sistema fa acqua da tutte le parti.

Parlare di gestioni disastrose è un eufemismo, dunque.

Ma quel che è peggio, per chi ama lo sport, è che potrebbe davvero diventare grottesco – di fronte al persistere di questi numeri – parlare, per il futuro, di ‘campionati regolari’.

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Sport disonorato, un calcio da cambiare

20 Dic

Dopo la tentata fuga, in mutande, di Cristiano Doni, ex nazionale e bandiera del calcio bergamasco, arrivano gli interrogatori di Alessandro Zamperini e Filippo Carobbio, due dei 17 arrestati nell’inchiesta della procura di Cremona, riguardanti le partite  di Coppa Italia Gubbio-Cesena e Siena-Piacenza del 2011 ed Ancona-Grosseto, Grosseto-Mantova, Grosseto-Reggina e Grosseto-Empoli.

Accuse che arrivano fino alla composizione della Serie A attuale, visto che l’ordinanza dei magistrati recita: «In particolare Doni Cristiano, agendo anche per conto di imprecisati dirigenti dell’Atalanta, che aspirava alla promozione in A, interferiva o cercava di interferire, con interventi anche corruttivi, anche al fine di procurarsi illegittimamente i proventi delle scommesse, sui risultati di molteplici partite della sua squadra».

Per non parlare di “due partite del Bologna e due del Genoa”, come scrive Repubblica.

Non solo calciatori ed addetti ai lavori disposti a vendersi per pochi spiccioli, se si pensa a quanto guadagnano, ma anche criminali internazionali, come il cinese Eng Tan Seet ed i suoi due collaboratori che portavano in Italia il denaro destinato all’affare, consegnandolo al gruppo degli “zingari”, che provvedevano, poi, a contattare i calciatori. Per una partita truccata, le vincite potevano arrivare anche al milione e mezzo.

Ed anche storie incredibili, paradossali, da bar dello sport.

Come quella di Marco Pirani, dentista, che forniva le ricette per il tranquillante che l’ex portiere della Cremonese doveva somministrare, a loro insaputa, ad altri calciatori e che, riguardo Padova-Atalanta, garantisce la combine: «…è un discorso tra società».

Oppure Massimo Erodiani, tabaccaio, che, parlando di Siena-Sassuolo, afferma: : «E’ al mille per mille e poi ti dico di più… questo forse ne sarà una di quelle ma il Siena ha pagato già… io so che il Siena pure ha dato già i soldi… a…a… ad altri del Sassuolo… quindi giocheranno tutti a perderla …».

Ed anche qualche vero sportivo, che non c’è stato, come Simone Farina, 29 anni detto “la Bestia”, terzino del Gubbio da cinque stagioni, che, il 29 settembre scorso, dopo l’ennesima avance di Alessandro Zamperini, denuncia tutto, prima, alla giustizia sportiva e, poi, al procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino.

Un caso isolato, per ora, e non a caso il magistrato inquirente lancia un appello: «Spero che altri giocatori seguano il suo esempio e ci aiutino a capire come funziona il sistema delle scommesse e della corruzione nel mondo del calcio».

Un mondo, quello del calcio, che va scandagliato e cambiato, visto che «questa è un’altra pagina che non onora di certo lo sport italiano», come lamenta il presidente del Coni Petrucci, denunciando che : «Siamo tutti turbati, ma anche le leghe devono esserlo. La Lega di A ha fatto un incontro, ieri sera, e nessuna parola è stata detta su quello che accaduto, parlano solo di divisioni di soldi».

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Campionato di calcio in sciopero: i motivi

25 Ago

E’ ormai agli sgoccioli la trattativa riguardante il contratto dei calciatori.

Uno sterile e controproducente sciopero sembra essere l’unico e già previsto esito del braccio di ferro, ingaggiato con le imprese del calcio italiano riunite nella Lega Calcio,  dall’ex-romanista, Damiano Tommasi, avanzando pretese indecenti, specie in tempo di crisi e di eurotasse, a favore dell’ennesima casta d’Italia.

Un piccolo esercito di fortunati e fortunatissimi ventenni, dai pochi ultra milionari, scendendo ai “mono”milionari fino a quelli, fuori rosa nelle serie minori, che dovrebbero rendersi conto che lo sport non fa per loro …

Queste le proposte della Lega Calcio e le richieste dell’AIC, in verde o rosso le ipotesi condivisibile e quelle no.

Le soluzioni della FGCI, Federazione Italiana Giuoco Calcio?  Per ora nessuna.

Eppure, sarebbe bastato che Abete si fosse espresso su qualcuno dei (sacrosanti) punti proposti dalla Lega Calcio, visto che i calciatori, sia per la fortuna a loro riservata dal destino sia perchè atleti e sportivi, dovrebbero dare l’esempio ed accettare regole e sanzioni.

Punto

Lega Calcio

Associazione italiana Calciatori

FLESSIBILITÁ DEL CONTRATTO Flessibilità contrattuale in base ai risultati. Emolumenti garantiti almeno al 50%
LAVORO IN ESCLUSIVA Divieto di ulteriore attività lavorativa senza l’autorizzazione della società, inclusi i contratti pubblcitari Il calciatore (n.b. lavoratore dipendente) è libero di fare altre attività lavorative nel tempo libero
COMPORTAMENTO Codici di condotta ed etica in campo, in ambito societario e fuori, nella vita privata Massima libertà di comportamento
CURE MEDICHE Gli atleti (ndr. lavoratori dipendenti) siano curati solo da medici di fiducia delle società. I giocatori siano liberi di scegliere da chi farsi curare con spese a carico della società.
SANZIONI Sanzioni automatiche per le irregolarità degli atleti Ogni singolo caso sia analizzato dal Collegio Arbitrale
COLLEGIO ARBITRALE Presieduto da un personaggio esterno al mondo del calcio, ad esempio un magistrato in pensione Designazione di un tesserato
PREPARAZIONE E ALLENAMENTO Diritto per l’allenatore di dividere la rosa in più gruppi per l’allenamento Tutti i calciatori si allenano in un solo gruppo, inclusi i fuori rosa, a prescindere dalle scelte dell’allenatore
RIFIUTO DI TRASFERIMENTO Penale (ultimo anno di ingaggio decurtato del 50%), se un giocatore si oppone al trasferimento ad altro club, a parità di stipendio e visibilità Diritto a rifiutare il transfer