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Più Europa, ma quale?

2 Nov

“Come spiega lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, una società basata sulla competizione, il dogma liberista per eccellenza, premia i meno sensibili. Questo è il motivo principale per cui sempre più studi confermano che la società è governata da psicopatici, persone manipolatorie e senza scrupoli per definizione”. (Nicolas Micheletti, attivista per i diritti umani e animali)

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Paolo Crepet afferma che “la competizione non è per tutti e soprattutto non selezione i migliori, solo i meno sensibili”, con buona pace delle tradizionali espressioni anglofone “life is struggle” o ispaniche “viva la raza” eccetera eccetera.
Possibile che sia sbagliato di per se proprio quello che ci ha fatto evolvere da scimmie a uomini (la Competizione) e proprio quello che contraddistingue la Vita su questo pianeta (la Lotta per la Sopravvivenza) ?
Oppure è il ‘metodo’ (ognuno per se e dio per tutti) e non la ‘via’ (vinca il migliore, tutti partecipano) ad essere errato e deleterio?

Il problema, infatti, non è nella ‘Competizione’, ma nello ‘spirito’, nelle regole con cui si compete: «Un mercato è un sistema giuridico, in assenza del quale l’unica economia possibile è la rapina di strada».Questo probabilmente avrebbe risposto a Paolo Crepet l’economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk.

L’Uomo compete per natura. Il Mercato è il luogo dove l’appropriazione diventa scambio. Una questione non di Negotium, ma di Otium, dunque. 

Otium come la vita (ed una morale) esente da ogni tipo di impegno, vissuta nel Lusso e nel Successo, replica artificiale dei giorni beati che Virgilio descrisse nelle Georgiche. 
‘Successo’ generalmente inviso alla Morale Cattolica e ‘Lusso’, storicamente avversato dalla Etica Protestante.

Fu Adam Smith a ‘sdoganarli’, evitando di chiamarli «vizio» – sostituendoli con un concetto più neutro, l’amore di sé (Selflove) – come viceversa ancora ammetteva Bernard de Mandeville, vero ‘padre’ del liberismo come teoria economica-politica, che visse una generazione prima del filosofo ed economista scozzese.
«Frode lusso e orgoglio devono vivere, finché ne riceviamo i benefici: la fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi digerisce e prospera senza di essa?» «Per il vostro proprio piacere siate avidi, egoisti, spendaccioni quanto vi pare, così farete il meglio possibile per la prosperità della vostra nazione e il benessere dei vostri concittadini» (La favola delle api – Bernard de Mandeville)

Prima di Mandeville/Smith l’Etica calvinista della predestinazione spingeva ad accumulare ricchezze (ostentazione dell’elezione divina) ma senza gioirne (che si accentuerà con il puritanesimo): Successo senza Avidità. 
E visto come andavano le finanze vaticane o spagnole a quei tempi e del lusso che, però, veniva profuso, potremmo parlare – sul fronte della Morale cattolica – di Avidità senza Successo.  (cfr. Le Monde diplomatique 17/12/2017 La prosperità del vizio” Dany-Robert Dufour)

Un male che arriva da lontano, vecchio di millenni se Cicerone disse (Pro Murena 15): «Odit populus Romanus privatam luxuriam, publicam magnificentiam diligit ; non amat profusas epulas, sordis et inhumanitatem multo minus»
Una ‘orientalizzazione dei costumi’ – come studiammo in latino – che si propaga fino ai nostri giorni anche ‘grazie’ all’eresia di Callisto I, l’antipapa (avversato da Tertulliano e Ippolito Papa) che garantiva la comunione a coloro che avevano commesso peccati gravi persino come incesto, zoofilia e apostasia, in cambio di ‘sostanziose’ penitenze. Si distinse anche nella vendita dei loculi funebri, forse la prima speculazione immobiliare di Roma in assoluto.

Uno stile di vita che, però, non assurge a questione di dibattito se viene posta in una società dove non è importante essere prescelti da un dio o meritevoli di un paradiso/bengodi, bensì conta essere responsabili verso antenati e progenie come è importante “l’equilibrio tra le cose”.

La Terza Via? «Ama la patria, non danneggiarla. Servi il popolo, non tradirlo. Sostieni la scienza, non essere ignorante. Lavora duro, non essere pigro. Siate uniti e aiutatevi, non cercate vantaggi a spese degli altri. Siate onesti, non avidi di profitto. Siate disciplinati e rispettosi delle leggi, non caotici e anarchici. Vivete semplicemente, non nel lusso.»(Otto cose da fare, otto da non fare – Hu Jintao)

Frasi dette da un socialista cinese molto liberale, ma potevano essere pronunciate già 2000 anni fa da un qualunque europeo di quelli che davano ai lupi di Odino il nome di Geri e Freki (dal norreno “avaro” e “ingordo”).
Il monito viene da lontano.

Europa significa anche questo: competere lealmente, decidere insieme, vivere con sobrietà.
L’alternativa è quella di una società dove la rapina di strada e la rendita di posizione sono ‘il Mercato’.

Demata

Cattolicesimo e corruzione nel III Millennio

21 Ago

L’assioma Cattolicesimo – Corruzione è una questione di antica ed antichissima data, fin dal lontano 217 d.C. quando venne eletto papa Callisto I.

Sant’Ippolito racconta che era schiavo e malversatore del denaro del suo padrone Carpoforo. Fuggì e, riacciuffato, venendo condannato alla macina e poi  alle miniere in Sardegna nel 186-189 circa. Graziato per intervento di una delle prostitute di Commodo, sotto  Papa Zefirino, Callisto fu richiamato e organizzò il primo cimitero della Chiesa, con loculi aa pagamento e una catacomba privata.
La sua decisione di concedere la comunione a coloro che avevano commesso spergiuro, adulterio e fornicazione causò il primo scisma della Chiesa con l’antipapa Ippolito appoggiato da Tertulliano, autorevole Pater Ecclesiae.

In questi due millenni, il Vaticano è incappato tante e troppe volte nella corruzione e nell’avidità. Ce lo narrano le eresie di Ario come la Riforma di Lutero o l’Evangelismo di Calvino, passando per laide storie di piccineria e malaffare raccontate da Pasquino ed altri ancora.
Poi, nel 1871, arrivano le Guarentigie, le obbligazioni italiani per i danni di guerra, l’enorme speculazione edilizia nella valle del Tevere, trasferita dal demanio vaticano ai nepoti vari dei papi e dei cardinali.

Infine la Guerra Fredda e la totale indifferenza di parrochi, vescovi e banchieri su CHI fossero personaggi del calibro di Lucky Luciano, purchè anticomunisti e cattolici praticanti.
Siamo arrivati ad oggi e prendiamo atto che sono circa venti anni che troviamo persino i Francescani coinvolti in strani affari, come per l’elezione del democristiano Gava o per la vicenda di Medjugorie.

Ed assistiamo come se nulla fosse a vicende come quella del San Raffaele a Milano o dell’Ifo a Roma. Per non parlare dei troppi religiosi fermati nel tempo agli aereoporti con valigette zeppe di denaro o dello IOR, che proprio non riusciva a diventare trasparente.
Oppure il volere un Giubileo a tutti i costi – con Roma che intanto è implosa – pur di far arrivare all’indebitatissima capitale 500 milioni di euro e, soprattutto, tenuto conto che … almeno il 40% della ricettività alberghiera è dei preti e manco pagano i tributi.

Pecunia non olet, oggi come ai tempi di Zefirino e Callisto I, ma – se fino a ieri quello che è successo con il funerale hollywodiano del ‘Re di Roma’ accadeva in Calabria, in Messico, in Sudamerica – da oggi non c’è verso che tenga: il problema è anche nella Diocesi di Roma …. il cui vescovo è proprio Papa Bergoglio.

Nel III Millennio qualunque forma di corruzione equivale ad avere un trojan nel sistema di governance e la riluttanza a sanzionare è la via (aperta) che il virus segue per ramificarsi: perché un’organizzazione criminale non dovrebbe approfittarsene?

Demata