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Decapitazioni: perchè? Cosa prescrive il Corano? Perchè Obama non attacca via terra?

7 Ott

“Quando, sul campo di battaglia, incontrerai i miscredenti, taglia loro via la testa fino a quando non li avrai completamente annientati. Dopo di che lega (i sopravvissuti) strettamente. In seguito liberateli graziosamente o in cambio di un riscatto, finché la guerra non abbia fine”. (Corano – Sura 47)

Questo è il versetto del Corano al quale si ispirano i combattenti islamici che – finora – hanno decapitato nemici, prigionieri e ostaggi.

Una norma che fa inorridire oggi gli occidentali, ma che all’epoca costituiva una ordinaria regola bellica:

  1. il nemico resistente veniva giustiziato
  2. il nemico in resa veniva imprigionato fino a fine della guerra
  3. il nemico con compiti di comando veniva liberato in cambio di un riscatto.

Una regola ‘integralista’ e ‘barbara’ che anche noi occidentali abbiamo osservato fino 150 anni fa nella Guerra di Secessione o Guerre Indiane, come fino a duecento anni fa se parliamo delle esecuzioni di piazza.

Il punto – in termini di interpetazione coranica – è che gli jihadisti stanno decapitando non solo i ‘soldati irakeni’ o le ‘spie del Mossad’. Perchè? Su cosa fondano tale ‘legittimità’ di esecuzione capitale contro civili inermi?

La risposta è semplice: ritengono che almeno una parte del nostro sistema culturale e di ‘diritti’ sia in realtà un’arma psichica di massa volta a manipolare le coscienze. Per loro – ma non per noi – le organizzazioni umanitarie, le agenzie d’informazione, alcuni diritti civili e, persino, le onlus di soccorso sanitario non sono altro che elementi di propaganda e di infiltrazione.

“I miscredenti seguono il falso, mentre i credenti seguono la verità [proveniente] dal loro Signore. Così Allah propone il loro esempio agli uomini“. (Corano – Sura 47)

Un reporter ‘pacifista’ o la testata che sbatte in prima pagina le condizioni in cui sono tenute le donne è un nemico, come lo è il volontario che si afferma come elemento carismatico di esempio laico o cristiano: lupi vestiti da agnelli, secondo l’Islam integrale.
Un punto di vista che – senza decapitazioni e spesso senza violenza alcuna – vediamo condiviso anche da una parte degli antagonisti o dei neonazisti se i reporter descrivono lo squadrismo o se i volontari predicanoo contro l’odio.

Ma non è solo questo il motivo di queste incalzanti decapitazioni.

Ve ne è uno ben peggiore: sgozzano per superare con l’orrore il silenzio cui erano stati finora relegati per nascondere gli errori di Obama in Medio Oriente oggi alla luce del sole e, anche, nel timore che potessero far proseliti o innescare le azioni di terrorismo.

L’intento del ‘sangue e orrore in prima pagina’ è chiaro: costringere gli USA ad accettare il ‘guanto di sfida’, inviando un enorme contingente di terra (non meno di 3-400.000 uomini) a combattere una guerra che si prevede sanguinosa e brutale come e più di tante precedenti.
Tanti ne serviranno, solo per parte statunitense, di soldati se nel 2004 gli USA – che potevano contare sull’appoggio della popolazione contro Saddam – inviarono un contingente di poco superiore ai 130.000 fanti in Irak e circa 60.000 ‘mercenari’ contractors che si rivelò dell tutto insufficiente: al 15 febbraio 2010 i morti in combatttimento erano oltre 5.000, circa 50.000 i feriti, almeno diecimila i suicidi.
Non è un caso che gli unici a combattere sul terreno contro IS siano i Peshmerga curdi, parola che indica letteralmente un combattente guerrigliero che intende battersi fino alla morte.

IS tutto questo lo sa bene e pian piano alza il tiro, mentre le sue milizie cercano di arrivare alle autostrade dell’oro nero che partono dall’Arabia e dal Mar Caspio e arrivano al Mediterraneo, ma questa è un’altra storia.

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Stato Islamico: perché gli USA di nuovo impreparati?

11 Set

La gestione di Obama delle politiche verso i paesi islamici e Israele trova origine in una chiara incapacità nell’interpretare  motivazioni, strategie e fenomeni. Molto più che durante la gestione di G.W. Bush.

L’elenco è lungo: la fuga dall’Iraq, il congedo dall’Afghanistan e dall’Asia centrale, le rivolte “secolari” (Day of Rage) in Nord Africa, il uprise islamica in Egitto e Libia (mentre nelle ‘francesi’ Algeria e Tunisia le cose andarono diversamente), la sconfitta della ambasciata a Bengasi, l’indebolimento di Assad in Siria con i cattivi risultati che conosciamo, l’ostracismo ingiustificato verso l’Iran (che come al solito si comporta in modo responsabile), la mano libera di Israele nei Territori palestinesi, la tardiva e insufficiente decisione di utilizzare i droni solo quando è stato alle porte di Baghdad e dopo aver lasciato loro di saccheggiare arsenali e le riserve auree delle banche, così come prendere il controllo delle miniere e pozzi di petrolio e oleodotti.
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Oil fields into action area of ISIS

Oil fields into action area of ISIS

Non è possibile che una tale serie di errori non sia dovuta solo all’incompetenza (affermata persino da Bill Clinton e Gore Vidal) e dobbiamo capire quale sia la fonte di tale ostinazione a ‘non fare nulla’, o quello che potrebbe essere il punto di vista di Barak Obama sulla religione e più in generale sul comportamento umano.

La formazione religiosa di Barack Obama è variegata: sua madre viene da una famiglia di cristiani non praticanti; suo padre era un musulmano, ma era ateo al momento della sua nascita, il suo patrigno era musulmano, ma animista aperto e le credenze indù.

Da bambino, Obama studiò per due anni in una scuola musulmana e poi altri due in una scuola cattolica.
Come scrive nel suo libro ‘The Audacity of Hope’: “Per mia madre, la religione organizzata troppo spesso nasconde una chiusura mentale nelle vesti di pietà, crudeltà e oppressione sotto il mantello della giustizia. Tuttavia, nella sua mente, una conoscenza pratica delle grandi religioni del mondo era una parte necessaria di qualsiasi formazione. Nella nostra famiglia la Bibbia, il Corano e la Bhagavad Gita stavano sullo scaffale accanto a libri di mitologia greca, nordica e africana.
Insomma, mia madre vedeva la religione attraverso gli occhi dell’antropologo: era un fenomeno da trattare con un rispetto adeguato, ma anche con un certo distacco. “

Secondo Barack Obama, la fede religiosa deve essere utilizzata per “affrontare i problemi morali”, ma non deve “dividere la nazione” e troppo spesso i leader religiosi usano la fede per “sfruttare ciò che ci divide”, dicendo che le uniche questioni che contano sono l’aborto, il matrimonio gay , le scuole di preghiera e il ‘disegno intelligente’.
Ma – aggiungerebbe qualcuno – di cosa mai le religioni dovrebbero occuparsi se non del matrimonio, della preghiera, dell’educazione e degli stili di vita?

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Così, quando Barack Obama ha abbandonato questo scetticismo per essere battezzato da adulto, ha preferito la Trinity United Church of Christ, una piccola organizzazione religiosa che come i Battisti enfatizza la libertà della coscienza individuale rispetto all’autorità gerarchica e il libero rapporto personale con il testo biblico.
Questa “libertà individuale” sull’ adesione a dottrina e teologia – per Barak Obama – è ben chiarita in un discorso del 2007 per le United Church of Iowa: “…  i cosiddetti leader della destra cristiana sono fin troppo ansiosi di sfruttare ciò che ci divide. Io … non so che Bibbia che stanno leggendo. Ma non coincide con la mia versione. ”
Obama ha creato una sua versione della Bibbia? Esiste una parte che gli piace ed un’altra no? E come superare le divisioni, come lui chiede e afferma, se non si è disposti a confrontare diverse versioni?

La questione non è (solo) religiosa, ma politica: è molto difficile capire il contesto del Medio Oriente e in Europa, se si è stati educati a credere che la religione ‘troppo spesso rappresenta una chiusura mentale’ e si segue un Gesù personale.

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Non è un approccio – un metodo di interpretazione della realtà – esclusivo di Barak Obama e il Partito Democratico: lo troviamo anche in Europa sulla riva sinistra della Senna a Parigi o del Tevere a Roma.

L’idea (sbagliata) che l’evoluzione umana e il progresso possano essere sinonimi o che le guerre di liberazione sono sempre ‘sante’ o che una fase di caos sociale deve inevitabilmente portare ad un ordine ‘migliore’ di quella precedente. Oppure che il motore delle relazioni umane è il profitto ed i consumi e non gli affetti personali / privati, come anche che possiamo proteggere i bambini senza prima proteggere la famiglia e la genitorialità ed intervenire sui nostri media.

Purtroppo, il Progresso non ha nulla a che vedere con altro che l’aumento della propaganda e dei consumi, del lavoro quotidiano, dell’inquinamento ambientale e … dell’aspettativa in vita e conseguente crescita demografica incontrollata, che a sua volta comporta inevitabilmente tensioni sociali, epidemie, guerre.

Progress

Negli Stati Uniti d’America, due anni fa, Eastwood ha criticato Obama (“un corpo con un sorriso dietro”) per la sua gestione del conflitto in Iraq, la guerra in Afghanistan, la chiusura del carcere militare di Guantanamo Bay.
Mitt Romney  – durante la Campagn presidenziale nel 2012 – ha ricordato agli americani che: “Barack Obama aveva promesso di salvare il pianeta, io prometto di aiutare voi e le vostre famiglie?”
Aiutare voi e le vostre famiglie, come partiti di destra europei come l’Islam … e come un corretto rapporto tra istituzioni e cittadini dovrebbe implicare ab origine.

E anche in questo – oggi possiamo dire – Obama ha fallito: niente nuovi posti di lavoro e, se non fosse stato per la Fiat a Detroit, neanche quelli che di oggi. Lo spionaggio domestico dei cittadini è aumentato, così come lo sono le tasse imposte sulla classe media. Nel frattempo, Californa e Nevada sono quasi a maggioranza ispanica, mentre i cittadini degli Stati del Middle West e del Sud – che è la ‘vera’ America – hanno quasi nessuna influenza sulla elezione del Presidente e sulle politiche federali.

Oggi, a due mesi dalle mid term del Senato – che andranno prevedibilmente ai Repubblicani come lo fu il Congresso già 4 anni fa – Barak Obama decide di inviare un battaglione di consiglieri militari in Irak e annucia una campagna intensiva di bombardamenti su un territorio dove ribelli e popolazione civile si integrano ..  come Kennedy in Vietnam.

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Obama e l’ultima Guerra Mondiale

11 Set

Molti credono, in Italia, che Barak Obama sia stato l’artefice del ritiro USA dall’Irak, che abbia lavorato per la pace e che sia amato dai suoi elettori. In realtà,  il ritiro e i tempi furono fissati da George W. Bush, l’islamismo integrale si è notevolmente rafforzato militarmente e territorialmente, gli statunitensi hanno ormai voltato le spalle a Mr. President e le prossime mid-term al Senato si preannunciano una debacle, come quelle della Camera dove i Repubblicani sono in maggioranza già da quattro anni.

Un vero e proprio disastro che adesso prende forma tra Irak e Siria, dove l’Islamic State ha radunato una vera e propria armata d’altri tempi – dai venti ai trenta battaglioni almeno con oltre 50.000 effettivi, armamento Nato e difesa antiaerea – che è già pervenuta al controllo dei campi minerari e petroliferi di Mosul, Kirkuk e Samarra e che da due mesi sta tentando di occupare stabilmente la diga di Haditha e di lì controllare l’oleodotto che va dal Golfo Persico al Mediterraneo.

Qualcosa che si sarebbe potuto evitare se, ad esempio, Obama non avesse messo in libertà centinaia di terroristi detenuti a Gauntanamo che hanno operato da reclutatori e strateghi per la nuova Jihad. Oppure il ritiro  inopportuno della ‘forza di transizione’ USA nel 2011 (40.000 effettivi) mentre corruzione e nepotismi estromettevano dall’esercito irakeno i migliori ufficiali, oggi operativi con Islamic State.

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Sempre ad Obama fanno ascritti i black out, i tentennamenti e la manifesta incapacità che portarono all’odissea egiziana (dove i movimenti laici sono stati facilmente sopraffatti da quelli islamisti) o quella libica, dove ancora oggi si combatte asparamente e dove non è affatto chiaro quale sia la presenza integralista, certamente forte. O Boko Haram in Nigeria che può permettersi di rapire migliaia di ragazze senza che accada praticamente nulla.

Per non parlare del maldestro tentativo di sostituire in Siria il presidente Assad – filorusso – con un ‘moderato’, filoamericano e vicino alla potente famiglia Hazzim, che ha creato il vuoto necessario ai Jihadisti irakeni e arabi di creare una prima retrovia.
O dell’agghiacciante silenzio USA quando Israele ha scatenando l’inferno a Gaza, paralizzando e rinviando di almeno due mesi qualsiasi ipotesi di intervento internazionale in Irak, di cui si è approfittato Islamic State con l’offensiva di Mossul.

Oppure la buffa idea di Mr. President di una crociata internazionale in Siria – lo scorso anno – per aiutare i ‘ribelli’ contro il ‘criminale di guerra’ Assad – con tanto di prove false – che diede avvio alle tensioni con Putin (i russi hanno una base navale in Siria) e da cui fu dissuaso solo dopo un appello del Papa.
Le disastrose ingerenze in Ucraina che hanno fatto da pretesto per un utilitaristico embargo antirusso e da scintilla per l’apertura di un fronte bellico in Europa, oltre a causare la frattura di un fronte occidentale contro l’espansione jihadista sulle rive del Mar Caspio e del Mediterraneo.

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Tanti anni fa, era la Gran Bretagna – con il suo esercito e il suo Commonwealth – a dominare il mondo e fu un indeciso e incapace Lord Chamberlain a consentire l’ascesa di Hitler e di Stalin, che cosparsero l’Europa di odio, tombe e macerie.  All’epoca gli USA erano isolazionisti come oggi la Cina Popolare e, accumulate sufficienti risorse, intervennero quando i vari contendenti erano sfiniti, riarmarono i russi trasformandoli in una potenza militare per evitare troppi morti americani, cancellarono intere città tedesche con bombardamenti a tappeto e assunsero il controllo del mondo.

Oggi, ingenuamente, Mr. President vuole annientare una vera e propria armata di terra con bombardamenti intensivi persino in Siria, senza considerare che domani o dopodomani, inevitabilmente, le bombe colpiranno donne e bambini, portando acqua al mulino della Jihad ed aggravando la frattura con Putin, mentre gli unici avalli arrivano dai burned Cameron e Hollande.

E, come tutti sanno, la Storia spesso si ripete.

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Islamic State: why USA were (again) caught unprepared?

25 Ago

Obama’s management of policies towards the Islamic countries and Israel – if might seem like a new American isolationism, until last year – could be affected by a very clear inability to understand the motivations, strategies and phenomena. Much more than during the management of G. W. Bush.

The list is long: the Escape from Iraq, the leave from Afghanistan and Central Asia, the ‘secular’ uprisings  (Day of Rage) in North Africa, the Islamic uprise in Egypt and Libya (as in ‘French’ Algeria and Tunisia things are different), the defeat of the embassy in Benghazi, the weakening of Assad in Syria with the bad results that we know, the unjustified ostracism toward Iran (which as usual is behaving responsibly), the free hand of Israel in the Palestinian Territories and, today, the decision to use drones only when IS was at the gates of Baghdad and after having left them to pillage arsenals and gold reserves of the banks, as well as take control of mines and oil wells or pipelines.

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It is not possible that such a series of errors is due to incompetence, we have to understand what the source of that stubbornness to ‘do nothing’, or what could be the point of view of Barak Obama on religion and more generally what do our decision maker study and /or mind on human behaviour.

We all remeber that Barack Obama’s religious background is variegated: his mother was raised by non-practicing Christians; his father was raised a Muslim but was an atheist at the time he was born, his step-father was also Muslim, but open animist and Hindu beliefs.

As a child, Obama studied for two years at one Muslim school and then two years at a Catholic school.
As he writes in his book ‘The Audacity of Hope’: “For my mother, organized religion too often dressed up closed-mindedness in the garb of piety, cruelty and oppression in the cloak of righteousness. However, in her mind, a working knowledge of the world’s great religions was a necessary part of any well-rounded education. In our household the Bible, the Koran, and the Bhagavad Gita sat on the shelf alongside books of Greek and Norse and African mythology.
In sum, my mother viewed religion through the eyes of the anthropologist; it was a phenomenon to be treated with a suitable respect, but with a suitable detachment as well.”

According to Barack Obama, religious faith must be used to “tackle moral problems” but not “divide the nation” and too often religious leaders use faith to “exploit what divides us” by saying that the only issues that matter are abortion, gay marriage, school prayer, and intelligent design.
Of what religions should deal if not with marriage, prayer, education and lifestyles?

So, when Barack Obama abandoned this skepticism to be baptized as an adult, he preferred the Trinity United Church of Christ, a little ‘like Baptist’ religious organization that emphasizes the freedom of the individual conscience over adherence to creeds of hierarchical authority.
Where this “individual freedom” over adherence to creeds of theologists – for Barak Obama – is well cleared in a 2007 speech to United Church of Christ’s Iowa conference: “...somehow, somewhere along the way, faith stopped being used to bring us together and started being used to drive us apart. It got hijacked. Part of it is because the so-called leaders of the Christian right are all too eager to exploit what divides us. … I don’t know what Bible they’re reading. But it didn’t jibe with my version.”
Has Obama created an his own version of the Bible, according to what agrees with what is written there?  Have a true believer to trust in the whole ‘Book of God’ (Bible, Gospel, Qur’an, Sutras, Bagavagita etc) or just in the part that he likes? And how to overcome divisions if you are not willing to jibe and to compare different versions?

The question is not (only) religious, but politic (that is more general than the one Mr. President): it is very difficult to understand the context of the Middle East and Europe, if you’ve been brought up to believe that organized religion ‘too often dressed up closed-mindedness’ and you follow a personal Jesus, without even being available to jibe your (own) version.
It is not an approach – a method of interpretation of reality – exclusive of Barak Obama and the Democratic Party: we find it also in Europe on the left bank of the Seine in Paris or of the Tiber in Rome.

The idea (wrong) that evolution and progress can be synonyms or that the wars of liberation are ‘holy’ or that a phase of social chaos must inevitably lead to an order ‘better’ than the previous one, or that the engine of human relations is profit and not the personal /private affections. That we can protect children without first protecting the family and the parenting.

Progress

What is wrong?

Certainly not the idea that men can join into a unique human project, regardless of the religion or the moral and social ideas that they have.
What does not work is – as mentioned – is the very nineteenth century approach to ‘what is the Man’ and how it can be managed at best.

As example, the idea that a peaceful and ‘wealthy’ society can put in place a “natural selection” of a progressive human race, as any organisms interacting with their environment.

This, in a nutshell, the ‘analogic’ idea that came to life in the many last century theories about the social causes of crime trends. Today, even for years, we know that – in reality – a part of us have genes that make them intolerant of the rhythms and lifestyles of our industrial-commercial society, as we know that our media – saturated with sex and violence – and the ‘education in the family – often distracted or inadequate – are the primary causes far more the social /economic status of individuals.

Disappointing hypothesis  – that have raged for nearly two centuries – if we can not pay pensions without imperialism, and if at least two generations Muslims give birth three times as many children as we ‘Caucasians’ do. Islam developes a social system more adaptive than ours, if we have to stay on those last century theories

What to do, then, if you believe that the ‘equal opportunities’ are the key requirement to create a social habitat that allows the best men (peaceful, syncretic and collaborative) to evolve preferentially on the ‘worst’ (violent, integralist and macho)?
Isolate the ‘infected’ area and wait for each other’s throats … is an old political practice.
It was – for example – the choice of Reagan, not shared by George Bush senior, to prefer the demagogue Yeltsin to the political Gorbachev , when the USSR fell apart. Well lucky for a decade, embarrassing – having regard to expolit mafia-business – for another ten, and, today, here again the fearsome Russian fleet and here again the ancestral relationship between the people and the soldiers.

Same story for Obama in Irak or Lybia or Afghanistan … and we can see the results: the heads of so many innocent people sent through social networks to our decision-makers look like too much at the head of pig or horse mobsters everywhere left on the doorstep of those who wish to intimidate.

Oil fields into action area of ISIS

Oil fields into action area of ISIS

About the primary causes of crime trends, what is the role of religion and where are ‘civilization and education’, if USA and Europe fail to ensure to their families a society where children are not exposed to violence, sex and familiar abuses as in ours?
Who of us can mind the seeds of a citizen coming from a state where family, old people and children are preserved? Or about movidas, just a river of alcool and – not infrequently – public sex … or corruption, which we exported before and now returns to us magnified by revolving doors and narco-mafia-terror recycled funds. Or  the maze of enormous public agencies created to ‘facilitate’ the democratic participation  and … not rarely do not facilitate anything than corruption and expenses.

In Europe, where these ideas were born and applyed, many citizens are going to vote extreme right parties, in name of the ‘people’ (volk) and of the ‘territory’ (sippe) … as the Indoeuropeans did until a pair of hundred years, maybe minus …   in name of some ‘equal opportunities’ and of an ‘inner but cooperative’ system.

In USA, it is not much time from the success of Clin Eastwood film ‘Gran Torino’ and the debats on the desirability of  ‘old school’ education for our young people. As, two years ago, when Eastwood criticized Obama (“a body with a grin behind”) for his handling of the conflict in Iraq, the war in Afghanistan, the closure of the military prison at Guantanamo Bay, from which a lot of tenacious Jihadist punctually re-come in fight as  in Syria-Irak.
A very ironic speech, in which Eastwood for about a quarter of an hour has “exchanged” words with an empty chair, pretending that there was a sitting President Obama. A return response to Obama via Twitter: “This seat’s taken” …
But can a seat be considered taken if the person who is sitting is also reluctant to make decisions? Or  withdraws its troops and leave prisoners then allows its allies to arm them?

Was just demagogy if Mitt Romney said – during the Presidential Campagn in 2012: “Barack Obama had promised to save the planet, I promise to help you and your families‘? Or is this the real need of the common people in a ‘equal opportunities machine’ where richs become richest and middle class poorest?
I promise to help you and your families‘, as European Right Parties as Islam … as a correct relationship between institutions and citizens
should be.

And in this – today we can say – Obama has failed: nothing new jobs and, if it was not for Fiat in Detroit, not even those. The domestic spying of citizens has increased, as are the taxes imposed on the middle class. Meanwhile, the Californa and Nevada are almost a Hispanic majority, while the citizens of the states of the Middle West and South – that is the ‘real’ Americans – have almost no influence on the election of the President and federal policies. Last years he started a collision route with Putin, because the White House was firmly oriented to support rebels against the Syrian government …

Not only welfare, entertainment and subsidies or renevues: people needs to have education and job opportunities in the place where they were born and according to own talent. Stay home and make yourself useful to your people, what better?

A weak military strategy and absent (or fool) foreign policy now will force the United States to put in place more men and resources, while the relationships with Saudi e Israel have to change because of what is happening in Syria and Iraq.
By the way Obama is due not necessarily intervene until IS was about to take possession of the dam that feeds Baghdad and … in the vicinity of the pipeline that starts from Saudi Arabia and to the Mediterranean.

ISIS Area activity Syria Irak

If, after years of low-profile foreign, was just the first African-American president and the pacifist to trigger World War III – as Pope Francis announced in Korea days ago – not merely a historical nemesis, like Arthur Neville Chamberlain, the British prime minister known for the so-called strategy of appeasement towards Hitler and the intervent in France with a crushing defeat in 1940.

Meanwhile, the stock market rises and the dollar too, Germany talks with Putin, Britain is tired of the mess done by the United States in ‘her own’ Commonwealth, France and Italy – in tow to Obama’s party –  fail again to recover, within a few years there will be elections for Obama, Hollande or Renzi and … I would go very well with the Barak’s mom ideas, but international politics can not afford prejudices or amnesias.

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Strage ad Oakland. Il movente? Rivalsa …

3 Apr

Sette morti, tre feriti gravi: ecco l’ennesima strage, questa volta all’interno di una università statunitense, la Oikos University, una piccola università  d’ispirazione cristiana  ad Oakland, in California.

Come al solito, nelle cronache, troviamo la definizione di “folle”, come in altri casi abbiamo letto le parole “islamico” o “anarchico”. E come al solito, accade che nessuno si interroghi – analisti, politici, militari e giornalisti – sul nuovo corso del terrorismo, iniziatosi nel 1995 con il massacro di Oklahoma City in cui venne demolito, con un “camion bomba”, l’edificio federale Alfred P. Murrah, sede dell’FBI, in cui morirono 168 persone e se ne ferirono oltre 800.

Un attentato avvenuto  sei anni prima dell’abbattimento delle Torri Gemelle, che ha visto l’uso di tattiche ed “armi” non convenzionali, che era mirato non alla semlice strage, ma alla disarticolazione di una leadership (FBI), che venne eseguito da due sole persone (Timothy McVeigh e Terry Nichols), politicizzate ma prive di contatti o collegamenti, che aveva come movente la “rivalsa” (in ingl: revenge) e non un mondo migliore.

Un attentato cui fece seguito quello delle Twin Towers, attuato da una cellula jihadista, collegata al network Al Qaeda di cui l’emiro Osama Bin Laden era uno dei fondatori. Anche in questo caso parliamo di tattiche ed “armi” non convenzionali, non di una semlice strage, ma della disarticolazione di una leadership (Wall Street), un attacco eseguito da poche persone, politicizzate ma prive di contatti o collegamenti sul posto, che aveva come movente la “rivalsa” e non un mondo migliore.

Nella confusione e nello shock collettivo seguito all’11 settembre, George Walker Bush ed i suoi consiglieri trovarono utile affermare qualche mezza verità ed un paio di grosse bugie pur di nascondere una realtà ben più complessa, ma anche relativamente semplice.

Nacque il teorema della “guerra asimmetrica” e dei “combattenti non belligeranti”, in cui degli “stati canaglia” finanziavano delle “cellule terroristiche”, motivate da una fede corrotta o da fame di denaro. In realtà, gli “stati canaglia” non c’erano (salvo forse l’Afganistan del Mullah Omar), la “guerra asimmetrica” non esisteva, se non nella quantità di missili e bombardieri in dotazione alla USAF, i “combattenti non belligeranti” erano spesso degli “insorgenti”, le “cellule terroristiche” erano motivate dalla “revenge” e non solo e semplicemente dalla “fede corrotta”.

Così andando le cose, specialmente per colpa di un sistema mediatico che raramente riesce a contraddirre, con propri studi, le informazioni “official”, accadde che iniziasse la “War on Terror” che ancora oggi coinvolge le forze armate di mezzo mondo contro un nemico invisibile e largamente inesistente, come comprovano le statistiche decennali relative a complotti ed attentati attuati o sventati che vedono all’opera singoli o pochi individui, solitamente “pazzi”.

Non a caso le misure “antiterrorismo”, messe finora in atto, poco hanno a che vedere con l’attentato del kamikaze isolato ed a nulla servono se ad agire è un network (islamico o narcomafioso che sia), ma che tanto servono a prevenire il terrorismo interno, quello spontaneo, quello dei cittadini che “impazziscono”.

Ed, infatti, nonostante si sia ingigantito il controllo sulle armi, sui prodotti chimici di base, sulle transazioni di denaro, su determinati ambienti e persone, solo in Europa ci ritroviamo, nel giro di un anno o poco meno, con i roghi di Atene e le persone bruciate vive dai Black Blocks, il massacro di Utoya attuato da Brevik, la mattanza di Tolosa, attuata da Mohammed Merah, la ripresa del terrorismo “endemico” in Italia, tra pacchi bomba, sabotaggi e pistolettate, l’eccidio (ormai trimestrale o quasi) in un campus universitario.

Tutti attentati condotti con tattiche ed “armi” modeste o non convenzionali, finalizzati alla disarticolazione di una leadership o di un gruppo preciso, eseguiti da singoli individui, politicizzati ma aventi come movente la “rivalsa”.

Dunque, si sbaglia chiunque pensi che la fine delle ideologie coincida con una periodo di “pace” sociale, come si sbaglia chi pensa che per far risorgere il terrorismo serva una “organizzazione”.

Analizzando i tanti atti di “terrore” avvenuti nella Storia, raramente ci troviamo dinanzi ad individui ben collegati o parte di una organizzazione, un aspetto che prende forma solo nel Novecento con le organizzazioni paramilitari marxiste-leniniste o con i movimenti nazionalistici come l’IRA irlandese, l’ETA basca, la Banda Stern israeliana, Al Hamas palestinese.

Gli atti terroristici sono azioni condotte da pochi, se non singoli, individui o da organizzazioni o network con forti connotazioni settarie, un po’ come la Congrega degli Hashassin di un migliaio di anni fa, ai quali vanno ad aggiungersi gli attentati condotti da o per conto di uno dei tanti cartelli narcomafiosi operanti nel mondo.

D’altra parte cosa aspettarsi dal Liberismo, se, finite le ideologie e trasformati i partiti in grosse ammucchiate, non resta solo l’antipolitica, così “utile” per chi, come i poteri finanziari, necessita del “divide et impera” per condurre i propri giochi.

Riemerge con imperio il “prepolitico”, come i Communards antropofagi del 1848 parigino, le bande armate come quella di Bonnot o di Pancho Villa, gli atti isolati come quello di Apple ad Odessa, i regicidi come quello di Umberto I di Savoia ucciso dal meridionale Gaetano Bresci, quarante anni dopo l’annessione delle Due Sicilie.

La sete di “rivalsa”, figlia dell’esasperazione e nipote dell’esclusione, è la “dea” che guida la mano di un attentatore, non le “ideologie”, come tanti, molto speranzosamente, vorrebbero credere.

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Cedere le Terre di Stato: una bella idea da verificare

22 Ott

Si inizia a parlare, finalmente, di agricoltura. Si parte dalle cosiddette “terre di Stato”, ovvero dei 338.127,51 ettari di terreno coltivabile, in termini tecnici Sau, che attualmente sono di proprietà dello Stato e sono sottoutilizzati.

“La Coldiretti ha presentato una proposta: vendete questa terra ai contadini, servirà anche a permettere l’accesso alle campagne a nuovi agricoltori, soprattutto giovani. E lo Stato, in cambio, incasserebbe una bella cifra: 6 miliardi e 221 milioni di euro.”

Lo riporta La Repubblica, confermando, stranamente sottolineature,  il “si può fare” del ministro Romano, proprio quello quello indagato per mafia, che passando dall’opposizione al PdL salvò Berlusconi tempo fa. Strano vero?

350mila ettari ceduti ad imprese in grado di investire ed essere produttive per di difendere l’occupazione ed il made in Italy o dispersi tra una miriade (centomila o quanti?) di “contadini”, “nuovi agricoltori”, “soprattutto giovani” che vivranno di sussidi e marachelle in balia dei soliti prepotenti?

L’idea di “incassare 6 miliardi e rotti di Euro” è allettante per l’Italia e per l’Europa, ma siamo sicuri che il “sistema agroalimentare”, nel tempo, non ci verrebbe a costare di più, se la cessione dovesse attuarsi senza intervenire complessivamente sull’agricoltura, sulle aziende agricole e sui sussidi, sulle leggi che normano il settore, sul necessario protezionismo che l’UE dovrà attuare a fronte di un’enorme immissione sul mercato di terreni coltivabili?

Quali aiuti ed incentivi risulteranno “sani” e quali “perversi”? Come reagiranno i mercati ed i prezzi? Quali studi di settore? Oppure ritorneremo alla mera sussistenza col pretesto di “aiutare i giovani”? Ed il rischio del riciclaggio e delle mafie?

Le prospettive, infatti, possono essere piuttosto lusinghiere od affatto, a seconda di quale impianto normativo dovesse accogliere, strutturare e rilanciare l’ingigantito sistema agroalimentare italiano che, a dire il vero, aspetta ancora le riforme promesse da Garibaldi per sollevare i Siciliani.

Basti dire che, oggi, l’agricoltura contribuisce al PIL nazionale per il solo 4% e che, con l’attuale livello di produttività, liberare 350.000 ettari significherebbe creare un ulteriore esercito di sussidiati e di sfruttati, dalle quote latte alle coop, ai consorzi ed alle “aziende familiari”, dai mercati all’ingrosso al lavoro nero dei migranti ed il caporalato.

Si pensi, ad esempio, ad una famiglia di un piccolo proprietario di 20 ettari coltivabili, che ne affitta la parte eccedente a quella per rientrare nei limiti della conduzione familiare per poi incassare ogni genere di sussidio … coltivando poco e nulla di quello che possiede. Oppure alle Coop, che a vedere l’elenco dei soci si capisce subito di trovarsi dinanzi ad una azienda di famiglia di medie dimensioni. Od, infine, alla frutta che troviamo ormai in tutti i supermercati, che è stata palesemente colta ben prima della completa maturazione e non se ne spiega il motivo, se non in una pessima distribuzione, visto che i campi da cui proviene sono spesso a meno di duecento chilometri. Per non parlare di quanto ci costano le calamità naturali a causa della scarsa consutudine a stipulare polizze assicurative. Sono tutti elementi che strutture come il MEF, Bankitalia o ISTAT, ma anche l’UE, possono, anche celermente, misurare o comunque stimare, sempre che non ne siano già in possesso.

La cessione delle terre di Stato è talmente massiva da richiedere una propedeutica riforma del sistema agroalimentare italiano.

Il modello a cui far riferimento, almeno in termini di mercato, è quello californiano, con coltivazioni al possibile estensive e sempre di buona qualità, strutture aziendali fortemente finalizzate al marketing e leggi che facilitano, ad esempio, i permessi da frontalieri per i messicani che lavorano nei campi.

La proposta di Coldiretti va ri-letta, dunque, in un’ottica che faciliti la concentrazione sia per una migliore produttività delle coltivazioni o per ottenere una maggiore e più stabile penetrazione nei marcati esteri, sia per avere quella forza contrattuale necessaria per contrastare le lobby che controllano i mercati logistici e per riassorbire i danni di calamità e crisi di mercato.

Quanto alla cessione delle “terre di Stato”, è opportuno che si obblighino  i privati ad investire in funzione degli incentivi statali ottenuti e che i controlli siano rigidi, se si vuole evitare non solo lo spadroneggiare delle mafie , gli sgravi per le holding cooperative od il sacco dei sussidi per l’agricoltura, per non parlare di potenziali nuove cementificazioni, ma soprattutto evitare lo sfruttamento di giovani ed immigrati, che possono essere tutelati solo da una norma che reintroduca la mezzadria, semplifichi i contratti “a giornata” e democratizzi associazioni, consorzi e sindacati.

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Steve Jobs, l’uomo che creò il pc

6 Ott

Nel 1976 Steve Jobs e Steve Wozniak crearono in un garage la scheda madre del computer Apple I, che conteneva circa 30 chip. Per ottenere un computer funzionante bisogna aggiungervi un involucro (solitamente in legno), l’alimentatore, la tastiera e il display. Era possibile anche l’archiviazione dei dati grazie ad un’interfaccia per cassette del costo di 75 dollari.
L’anno dopo, nel giugno 1977, nasceva il mitico Apple II con 48KB di RAM, 8 alloggiamenti di espansione, linguaggio BASIC residente, monitor a 6/15 colori, due drive per floppy disk da 5″ 1/4 ed il primo hard disk della storia. Nel 1979, l’Apple II plus veniva venduto a poco più di mille dollari.

Per comprendere quale fosse l’innovazione, basti pensare che il più piccolo PC IBM (il 5150 prodotto solo nel 1981) costava 3.000 dollari, la capacità di elaborazione bassa, richiedeva ancora le costosissime memorie di massa o le unità a nastro esterne, oltre ad avere una scarsa espandibilità e una ancor minore adattabilità ad altri sistemi.
Nel 1982 l’Apple II venne nominato “Man of the Year” dal periodico Time.

Il 24 gennaio 1984 Apple Computer presentò un’altra innovazione: il MacIntosh II, che aveva modem, mouse ed una interfaccia grafica, ovvero il Windows creato da Bill Gates, che poi “tradirà” Jobs e Wozniak creando l’adattamento del Windows che conosciamo oggi e che “gira” sui discendenti dei personal computer IBM.
Ne nacque una causa miliardaria che Stece Jobs vinse, anche perchè per usare il Windows era necessario il mouse e quello era interamente targato Apple.

Senza Steve Jobs e Steve Wozniak oggi non avremmo il mondo in cui viviamo che è possibile solo perchè tre ragazzi figli di immigrati (Jobs, Wozniak e Gates) s’erano messi in testa di battere la più importante corporation di tutti i tempi, la Industry Business Machines, nata dalla Texas Instruments e progenitrice dell’Intel, che aveva il monopolio mondiale, venduto a carissimo prezzo, dell’informatica.
Pochi anni dopo arrivarono anche le schede audio commerciali, basate sulle Blue Box progettate dagli hacker del Kaos Club di Amburgo per azzerare gli “scatti” di una telefonata, ma questa è un’altra storia.

Non so se Steve Jobs lascia un mondo migliore o peggiore dopo il suo passaggio terreno, quello dipende da tutti noi. E’ però evidente che non avrebbe potuto fare quello che ha fatto se non fosse vissuto in un paese, certamente business oriented, ma libero e liberale.
Quanto alla Storia,  è innegabile che Jobs, Wozniak e Gates hanno avuto un effetto sul destino dell’Homo Sapiens Sapiens paragonabile all’invezione della ruota.

Buon ritorno a casa, Steve.

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Google inventa l’automobile senza pilota

13 Mag

Google è riuscita a progettare, costruire e testare auto intelligenti grazie a una laboriosa integrazione di gps, radar, sensori e centraline, impiantati su quattro Toyota Prius ibride e due Audi TT.

Quanto intelligenti?

Abbastanza da viaggiare per 224 mila chilometri sulle strade della California senza un guidatore attivo, anche in strade ed autostrade densamente trafficate o “difficili”, come la Lombard Street, una delle vie più tortuose di San Francisco.

Un successo, per ora sperimentale, che ha indotto Google a chiedere allo stato del Nevada  l’autorizzazione a circolare per le sue auto senza pilota. Infatti, la casa di Mountain View ha ingaggiato David Goldwater, un lobbista con sede a Las Vegas, per promuovere un emendamento alla legge per estendere alle “autovetture autonome” le licenze per le auto elettriche, che dovrebbero arrivare al voto prima sessione della legislatura scade nel mese di giugno.

Ryan Calo, esperto del Center for Internet and Society della Stanford Law School, ha dichiarato che “si riconosce la necessità di creare un processo per testare (ndr. negli usi comuni) questi veicoli e mettere da parte una zona del Nevada dove il test può avere luogo.”

Ed infatti, molti funzionari del traffico e della logistica sono consapevoli che la tecnologia sta avanzando molto rapidamente e sono necessarie nuove leggi, visto che le attuali risalgono anche ai tempi delle carrozze e delle biciclette.

Il Nevada è solo il primo territorio a prendere in considerazione la distribuzione commerciale di una generazione di veicoli che possono ritornare al parcheggio da soli, eseguire consegne automatiche o persino funzionare come taxi automatizzati, per non parlare della logistica su gomma dato che i TIR potranno viaggiare senza soste e con elevata ottimizzazione.

Arrivano tempi duri per padroncini e tassisti.