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I rifugiati, l’Europa e l’isolamento italiano

28 Gen

La Svezia si avvia ad espellere ‘fino ad 80.000’ rifugiati, cioè la metà dei 163 mila richiedenti asilo che ha accolto nel solo 2015, e i controlli alle frontiere sono stati reintrodotti in Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia.

Al di là della Fortezza Europa e/o delle cospirazioni vere o presunte di turno, quello che è accaduto, sta accadendo e accadrà sul fronte dell’accoglienza coinvolge direttamente la credibilità italiana.

Infatti, fino all’arrivo di Matteo Renzi, solo l’Italia andava per mare praticamente a raccogliere i barconi dei migranti e accettava di verificare adeguatamente lo status di rifugiato tot tempo dopo l’accoglimento.
Poi, la politica dell’accoglienza italiana venne adottata dal resto dell’Europa e nel giro di pochi mesi i nostri cugini d’Oltralpe si sono trovati strade e stazioni piene financo in Norvegia con un mare di problemi … nonostante loro di stranieri in vent’anni ne avessero già accolti molti più di noi …

L’uomo della strada e l’uomo della City mitteleuropei non dimenticano questi dettagli, specialmente se dai loro media vengono a sapere che noi li accogliamo tutti ‘che tanto poi vanno altrove’. Oppure che dietro l’arrivo dei clandestini sotto casa loro ci sono i demoni scafisti trafficanti di uomini ma anche certe onlus che con i soldi pubblici danno aiuto anche agli irregolari o agli espulsi.

Sarà per questo che d’improvviso Renzi, il governo e quant’altro sono spariti dalle prime pagine? O forse sono bastati i commenti di Juncker sulle rassicurazioni italiane riguardo la bontà della Riforma Fornero così com’è?

Demata

Milleproroghe? No, grazie …

18 Feb

Era il 2005 quando tra mille polemiche vide alla luce il primo ‘decreto Milleproroghe’, necessario a prorogare norme non convertite in legge o emanare disposizioni urgenti per materie in cui non si è pervenuti a legge organica.

Questo strumento, nato come misura eccezionale perchè la consueta finanziaria di Natale non era pervenuta ad accordo, è stato riproposto in tutti gli anni a seguire, eccetto che nel 2012, quando il governo Monti anticipò le mosse con la stangata di Natale.

E c’è passato di tutto nei decreti Milleproroghe …

Ad esempio, le micidiali – come oggi sappiamo bene – normative sulle discariche del 2006 o le deroghe nel settore delle infrastrutture e dei trasporti e la modifica del patto di spesa sanitaria delle Regioni del 2007.
Del 2008 ricordiamo l’ulteriore slittamento del termine entro il quale effettuare le assunzioni di personale pubblico già programmate per l’anno 2008 e la liberalizzazione del telemarketing tramite l’autorizzazione alle chiamate pubblicitarie anche senza il consenso dell’utente.
Peggio ancora il 2009, quando si cancella la norma sugli edifici ecologici e si concede alle aziende la possibilità di usare, per la propria attività promozionale, le banche dati tratte dai vecchi elenchi telefonici.

Per non parlare dell’eterna proroga del commissario per il terremoto dell’Irpinia del 1980 e quella del commissario ai rifiuti di Palermo …

Queste le perle – solo alcune – inserite in un ammasso di regole e regolette, condite con disposizioni di spesa, che spesso non potrebbero essere approvate tout court se rese leggi a pieno titolo.
Nel caso del Milleproroghe in corso di approvazione, ad esempio, la proroga nella messa in opera del sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri), per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, e per i Comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della Campania che diventerà operativo tra un anno e non tra un mese.
Il tutto mentre non si comprende perchè il Sistri non debba funzionare su tutto il Paese, visto che i rifiuti in Campania sono arrivati da altre regioni.

O che non riuscirebbero a sopravvivere al battage mediatico, se discusse in Parlamento, come ad esempio gli sfratti per «morosità incolpevole» di persone (famiglie) che hanno perso il lavoro ‘ope legis’ senza un corrispettivo aiuto sociale, come nel caso degli esodati.
Piove sul bagnato, raining stones …

A cosa serve il Milleproroghe?
Ad avere la prova documentale dell’incapacità a governare in modo organico.
Altro che Spending Review triennale (quella vera e non quella di Mario Monti) altro che programma di governo e di riforme.

Ecco qualcosa che potrebbe prometterci Matteo Renzi: mai più Milleproroghe. Le cose vanno fatte per tempo.

originale postato su demata

Stefano Cucchi, le colpe di tutti

7 Giu

Stefano Cucchi – in data giovedì 15 ottobre 2009, verso le ore 23.30 – viene fermato dai carabinieri nel parco degli Acquedotti, a Roma, e trovato in possesso di un modesto quantitativo di droga, una ventina di grammi di cocaina e hashish in tutto.

Incredibile a dirsi, ma Stefano Cucchi – tossicodipendente ed epilettico con qualche spicciolo di droga in tasca – viene sottoposto a “custodia cautelare in carcere”, che è la forma più intensa di privazione della libertà personale in tema di misure cautelari.
Una misura, prevista dall’art. 275 del Codice di Procedure Penale, da applicare solamente quando ogni altra misura risulti inadeguata, ovvero solo in tre casi, cioè pericolo di fuga e conseguente sottrazione al processo ed alla eventuale pena, pericolo di reiterazione del reato e pericolo di turbamento delle indagini.

Al momento dell’arresto, il giovane non aveva alcun trauma fisico e pesava 43 chilogrammi per 176 cm di altezz, ma, il giorno dopo,16 ottobre, quando viene processato per direttissima, aveva difficoltà a camminare e a parlare e mostrava inoltre evidenti ematomi agli occhi.
Nonostante la modesta quantità di stupefacenti in suo possesso, la lunga storia di tossicodipendenza, l’epilessia, la denutrizione, il giudice stabilisce una nuova udienza da celebrare qualche settimana dopo e che Stefano Cucchi rimanesse per tutto questo tempo in custodia cautelare nel carcere romano di Regina Coeli.
C’era il sospetto che fosse uno spacciatore, come poi confermatosi grazie alla collaborazione dei genitori, che – dopo la morte del figlio – scoprono e consegnano 925 grammi di hashish e 133 grammi di cocaina, nascosti da Stefano Cucchi in una proprietà di famiglia.

Una scelta, quella della privazione della libertà, decisamente infausta, visto che già dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente e viene visitato presso l’ambulatorio del palazzo di Giustizia, dove gli vengono riscontrate “lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente” e dove Stefano dichiara “lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori”. Anche all’arrivo in carcere viene sottoposto a visita medica che evidenzia “ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione”.
Trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per effettuare ulteriori controlli, viene refertato per lesioni ed ecchimosi alle gambe, all’addome, al torace e al viso, una frattura della mascella,  un’emorragia alla vescica ed  due fratture alla colonna vertebrale.

Un quadro clinico gravissimo ed eloquente per il quale i sanitari chiedono il ricovero che però viene rifiutato dal giovane stesso, che nega di essere stato picchiato.
Stranamente, con una tale prognosi e l’evidenza biomedica di un brutale pestaggio nessuno dei sanitari intervenuti (in tribunale, nel carcere di Regina Coeli, nell’ospedale Fatebenefratelli) sente il dovere di segnalare al drappello ospedaliero ed a un magistrato la cosa, come accadrebbe, viceversa, se a presentarsi al Pronto Soccorso fosse – massacrato e reticente – un qualunque cittadino.

Stefano Cucchi, con un’emorragia alla vescica e due vertebre fratturate, ritorna in carcere. Il giorno dopo, 17 ottobre,  viene nuovamente visitato da due medici di Regina Coeli, trasferito al Fatebenefratelli e poi, all’ospedale Sandro Pertini, nel padiglione destinato ai detenuti.
Lì trascorre altri tre giorni in agonia, arrivando a pesare 37 chili, ai familiari vengono negate visite e notizie, muore ‘per cause naturali’ il 22 ottobre 2009.

Durante le indagini circa le cause della morte, ottenute con grande fatica dalla famiglia anche grazie ad un forte coinvogimento popolare, diversi testimoni confermarono il pestaggio da parte di agenti della polizia penitenziaria. Un testimone ghanese e la detenuta Annamaria Costanzo dichiararono che Stefano Cucchi gli aveva detto d’essere stato picchiato, il detenuto Marco Fabrizi ebbe conferma delle percosse da un agente,  Silvana Cappuccio vide personalmente gli agenti picchiare Cucchi con violenza (fonte Il Messaggero).

“Pestato nei sotterranei del tribunale. Nel corridoio delle celle di sicurezza, prima dell’udienza. Stefano Cucchi è stato scaraventato a terra e, quando era senza difese, colpito con calci e pugni”. L’omicidio preterintenzionale viene contestato a Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici, sospettati dell’aggressione.  (fonte La Repubblica)

Traumi conseguenti alle percosse, che da soli non avrebbero, però, potuto provocare la morte di Stefano Cucchi. Per i quali non si aprono indagini immediate, nè in tribunale quando Cucchi si presenta in quelle condizioni, nè dopo quando rimbalza tra Fatebenefratelli e carcere, informando un magistrato.
Ed infatti, oltre agli agenti di polizia penitenziaria, vengono indagati i medici Aldo Fierro, Stefania Corbi e Rosita Caponnetti che non avrebbero curato adeguatamente il giovane.

Stefano Cucchi muore per il digiuno, la mancata assistenza medica, i danni al fegato e l’emorragia alla vescica che impediva la minzione del giovane (alla morte aveva una vescica che conteneva ben 1400 cc di urina, con risalita del fondo vescicale e compressione delle strutture addominali e toraciche). Determinante fu l’ipoglicemia in cui i medici lo avevano lasciato e tale condizione si sarebbe potuta scongiurare mediante la semplice assunzione di zuccheri.

Un pestaggio in carcere non dovrebbe, ma può accadere, visto che si accomunano uomini privi di libertà con altri dotati di potere assoluto. Che si infierisca con brutalità su un tossicodipendente, epilettico e denutrito è un abominio, non a caso il ministro La Russa espresse “sollievo per i militari mai coinvolti”, riferendosi ai carabinieri che avevano arrestato Stefano Cucchi.

Ma è davvero mostruoso che un malato trascorra la propria agonia in una corsia, dove dovrebbe essere monitorato, nutrito, curato, tutelato senza che nulla di tutto questo accada.
Una colpa gravissima che ricade tutta sui medici preposti e giustamente condannati in prima udienza per omicidio colposo.
Gli agenti di polizia penitenziaria sono stati assolti – in primo grado – dall’accusa di lesioni personali e abuso di autorità con la formula che richiama la vecchia insufficienza di prove.

“Nonostante siano passati 25 anni da quando il nostro Paese ha ratificato la Convenzione Onu contro la tortura e altre pene e trattamenti… inumani e degradanti, ancora nell’ordinamento italiano non è stato introdotto un reato specifico, come richiesto dalla Convenzione, che la sanzioni”. (Irene Testa, segretario dell’associazione radicale Detenuto Ignoto).

Un vuoto legislativo che ci «colloca agli ultimi posti in Europa» denuncia Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura. Un buco nero tornato alla ribalta dopo che i pm che indagano sui fatti di Bolzaneto legati al G8 di Genova sono stati costretti a contestare agli indagati solo l’abuso di ufficio. (fonte Corsera)
Una ‘problematica’ che si ripresenta, tra i tanti,  per Stefano Cucchi e per Federico Aldrovandi, per Giuseppe Uva (Varese), per Aldo Bianzino (Perugia), per Marcello Lonzi (Livorno), per Stefano Guidotti (Rebibbia), per Mauro Fedele (Cuneo), per Marco De Simone (Rebibbia), per Marcello Lonzi (Livorno), Habteab Eyasu (Civitavecchia), Manuel Eliantonio (Genova),  Gianluca Frani (Bari), Sotaj Satoj (Lecce), Maria Laurence Savy (Modena), Francesca Caponetto (Messina), Emanuela Fozzi (Rebibbia) e Katiuscia Favero (Castiglione Stiviere).

In effetti, nel 1987 Roma ratificò la convenzione Onu che vieta la tortura, ma in Italia non è mai stata fatta la legge in materia, nonostante già nel dicembre 2006 la bozza di legge era stata approvata alla Camera  e  nel luglio 2007 era stata licenziata dalla Commissione Giustizia del Senato. Intanto, nelle carceri italiane muoiono in media 150 detenuti l’anno: un terzo per suicidio, un terzo per “cause naturali” e la restante parte per “cause da accertare”.

«Avrebbe dovuto approdare in aula nei giorni della crisi ma è stata lasciata morire. È necessario che il prossimo Parlamento metta tra le sue priorità l’approvazione del provvedimento che introduce il reato di tortura in Italia» auspica”. (Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone per i diritti nelle carceri)

Il ‘prossimo parlamento’ c’è e nel Padiglione detenuti dell’Ospedale Sandro Pertini sembra siano rimasti solo tre medici, visto che i loro colleghi degli altri reparti hanno il diritto di rifiutare il trasferimento, , come accade per tanti altri servizi necessari ai cittadini.

Intanto, prendiamo atto che per Stefano Cucchi un intero ospedale non è riuscito a fornire un cucchiaio di zucchero (meglio una flebo di glucosio), che le lesioni gravi e l’abuso di potere ci sono state, ma non si sa chi le abbia perpetrate e, soprattutto, che nessuno dei medici le ha denunciate.

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