Tag Archives: buona scuola

La Scuola può produrre diseguaglianza e degrado?

7 Apr

Pattern in inglese sta per “modello, schema, configurazione”. Purtroppo, l’abuso di questo termine fatto in psicologia l’ha reso quasi sconosciuto negli ambiti gestionali pedagogici, anche se è in uso negli ambienti di lavoro sia per la produzione sia per la progettazione.

Il pattern è uno schema, un modello specifico che viene seguito e che tende generalmente a ripetersi. Tale schema è originariamente una bozza, un piano, una linea di base su cui impostare un lavoro.

Senza pattern ‘preliminari’, nessun progetto (e nessun project management) può garantire la pianificazione, l’esecuzione, il monitoraggio e il completamento: questo è il motivo per cui è ancora molto diffusa nelle scuole e nelle università una pianificazione in corso d’opera (sic!) e la rendicontazione ex post, ambedue poco legittime e certamente disfunzionali.

Risorse, strutture e organigrammi – ad esempio – sono inevitabilmente inadeguati, se manca la definizione di un modello non solo per la didattica, ma anche per il ruolo docente, per l’accesso dei discenti al lavoro e alle professioni, per la gestione locale del disagio e delle diversità.

Oggi, rispetto alla scuola degli Anni ’50, al pattern dei Programmi Ministeriali (cogenti) si sono sostituite le Indicazioni (discrezionali), a quello dei vincitori di concorso si è affiancato quello delle immissioni in ruolo, è cessata l’omogeneità di una formazione continua nazionale in servizio, la dispersione scolastica e la carenza di lauree STEM dimostrano che il divario tra istruzione e lavoro è ritornato quello di 100 anni fa, la gestione del disagio e delle diversità è a macchia di leopardo a seconda delle diverse norme sociosanitarie regionali, anche se si tratta di diritti costituzionalmente tutelati.

E non è che a questo possa sopperire la Scuola dell’Autonomia, che Luigi Berlinguer aveva pensato per essere ‘smart’, ‘friendly’ e ‘choosy’, cioè supportata dall’introduzione di un syllabus e di prove nazionali, di scuole in rete per acquisti, sponsor e rapporti locali, di docenti con funzioni ‘quadro’ qualificate, di dirigenti pubblici preposti eccetera eccetera.
Un’Autonomia ‘didattica’ che oggi dovrebbe funzionare con 40+40 ore all’anno di orario non d’insegnamento per i docenti con la dirigenza scolastica che prima di tutto deve gestire le migliaia di atti che una scuola emette in un anno, senza che la Regione o il Comune siano direttamente responsabilizzati in Consiglio d’Istituto.

Dunque, non è certamente con un piano di assunzioni su vasta scala che si può risolvere il problema e ridarci una ‘buona scuola’. Anzi, è solo possibile peggiorarla se si dovessero assumere docenti inadeguati o di ambito non necessario, come più o meno succede dall’Unità d’Italia per scopi occupazionali: così si aggraverebbe il gap esistente tra materie umanistiche dominanti nelle scelte universitarie e quelle tecnico-scientifiche che a malapena coprono il fabbisogno aziendale nazionale con buona pace della cattedre scoperte.


Ed è ancor più probabile l’insuccesso a lungo termine, se questi docenti neo-immessi in ruolo dovessero ritrovarsi ad operare in un sistema localistico, discrezionale e non monitorato, privo di un modello, proprio negli anni in cui accumulano esperienza e competenze. Lo stesso vale per la dirigenza e il personale ATA.
L’Italia è già messa male, se leggiamo strafalcioni grammaticali sui media, se troppi si sono laureati imparando solo la “kultura” di 50 anni fa, se la Scienza è un’opinione da talk show come è stato durante il Covid.

Prima di dare corso ad ulteriori assunzioni sarebbe importante definire il ruolo docente, l’iter concorsuale standard, la formazione in servizio, i criteri di accesso a posizioni di coordinamento o di staff, i saperi minimi in sede di esame annuale. E’ dal 1999 che l’Italia attende.

Sarebbe anche importante che lo Stato pubblichi non le Indicazioni e non i Programmi, ma i Saperi minimi necessari all’accesso alle classi successive e il Questionario nazionale delle prove annuali, visto che siamo nel III Millennio da una generazione. E’ l’elemento essenziale per veder riconosciuto un diploma all’estero, come sa chi ci ha provato.

E sarebbe essenziale – se non si vuol navigare a vista – aver delineato quale sarà il rapporto Stato-Regioni per istruzione e formazione – in relazione al mondo del lavoro che è cambiato (ndr. c’è crisi da 10 anni ormai) e cambierà (PNRR e guerre). A che scopo far funzionare licei e istituti se non c’è una politica univoca per sviluppare imprese, cultura e occupazione.

Senza pattern, senza un modello o uno schema, come fa una scuola a perseguire obiettivi con efficacia?
E quanta parte del personale scolastico è formata per definire, attuare e adeguare uno schema di lavoro?

Tra concorsi in atto, immissioni in ruolo, formazione in servizio e PNRR da spendere, abbiamo un anno o forse due per riportare la docenza (e la didattica) a degli standard qualitativi uniformi in tutto in Paese, ma gli Italiani hanno davvero voglia di rimettersi sui libri e … adottare dei pattern (‘modelli’ nazionali) per i ‘docenti quadro’, per i ‘programmi’, per la verifica annuale degli alunni, per l’aggiornamento, per i libri di testo, per la dotazione minima dei laboratori e delle aule?

A.G.

La Scuola buona e la Società dei Peggiori

15 Lug

“Quando il circolo virtuoso di una democrazia si inverte, i molti, i più, smettono di accedere alla maturità morale, che è il fine del welfare e dell’istruzione.
Ma una democrazia muore senza cittadini maturi, che capiscano cosa sono i valori universali.”
(Roberta De Monticelli – filosofa)

Infatti, la kakistocrazia è nota da oltre duemila anni: è quel sistema di governo gestito dai cittadini ‘peggiori’ (κάκιστος), quelli meno qualificati, affidabili ed esperti, che si affermano quando la Democrazia degenera e sono la causa del suo sfociare nella Tirannia, secondo  Platone in La Repubblica.

Le statistiche italiane confermano che 34% degli alunni di III Media è capace di comprendere soltanto testi semplici ed espliciti in lingua italiana, il 40,1% non comprende la matematica, il 43,7% non raggiunge un livello sufficiente nell’ascolto della lingua inglese.
E probabilmente molti lo saranno per tutta la loro vita.

Infatti, ancora nel 2001, solo 1 italiano su 3 aveva studiato oltre la III Media ed oggi (fonte Uni-Parma) sono ancora 3 elettori su 5 quelli che non hanno conseguito un diploma.

Scolarizzazione+della+popolazione+italiana

Intanto, in Italia, si stimano 240mila adolescenti VG-addicted (videogiochi >4-6 ore) ed oltre 100mila casi di Hikikomori (ritiro dalla vita sociale), mentre gli adulti tra i 20 e i 30 anni che non studiano né lavorano né sono alla ricerca di un impiego (i cosiddetti NEET) sono più di 1 giovane su 4 (28,9%).

Secondo Istat, tra il 2016 e il 2017, si sono persi oltre 350.000 posti di lavoro nelle professioni “qualificate e tecniche” e circa un milione tra “operai e tecnici”, di cui quasi la metà nelle costruzioni.
Le professioni “esecutive nel commercio e nei servizi” si sono incrementate – viceversa -di oltre 850.000 addetti, il personale non qualificato è aumentato di 400.000 unità.
Nello stesso anno, il Dossier Statistico Immigrazione annunciava che oltre 250.000 italiani emigrano all’estero, quasi quanti nel Dopoguerra, e spesso a partire erano gli eccellenti ed i qualificati.

Quale Italia resta oggi e quanta ne dovremmo salvaguardare e sviluppare oggi come ieri? L’Istruzione serve davvero solo ad acculturare?
Esiste una Meritocrazia senza prove, esami e controlli?
Quale Occupazione e quale PIL in un paese di ‘esecutivi’ e ‘non qualificati?

Quale Public Opinion se la maggior parte dei lettori e dei followers comprende solo messaggi espliciti e semplici, mescola i dati come arance con le mele e non sa bene cosa accade all’estero? Quale Democrazia?

Demata

Le gambe corte del contratto Salvini-Di Maio

14 Mag

Proprio mentre Matteo Salvini tentava di formulare con i Cinque Stelle il suo governo leghista, allo Stadio Marassi di Genova riecheggiavano quei cori razzisti antipartenopei, che lo stesso Salvini cantava anni fa ad un convegno della Lega.

Intanto, prendiamo atto che  nei Cinque Stelle sono napoletani Luigi Di Maio, Roberto Fico e Carla Ruocco , mentre sono meridionali Barbara Lezzi, Nicola Morra, Carlo Sibilia, Manlio Di Stefano, Alfonso Bonafede, Vito Crimi, Giulia Grillo, Riccardo Fracarro e Mario Michele Giarrusso.

Salvini definì quei cori una ‘goliardata’, ma sta di fatto che nel Meridione la Lega continua a non essere particolarmente gradita agli elettori, più o meno quanto l’elettorato settentrionale non ha votato i Cinque Stelle.

E proprio nelle ore in cui Salvini si appresta a governare tramite un ‘premier terzo’ e con i Cinque Stelle al seguito, al Marassi la questione Nord-Sud si ripresenta, non come momentaneo coro da curva, bensì come litania razzista urlata per decine di minuti da decine di migliaia di persone a reti unificate.

Cosa accadrà quando Salvini (e Di Maio) dovranno metterci la faccia per le norme  potenzialmente inique o sprecone se non dannose che si profilano all’orizzonte, alcune più gradite a Nord ed altre più volute a Sud ?

Inique, se la flat tax fosse ‘uguale per tutti’, sapendo che il reddito disponibile al Sud è di un quarto sotto la media, se  si attesta a 20.800 euro per abitante sia nel Nord-ovest che nel Nord-est, è pari a 19.300 euro nel Centro, mentre scende a 13.400 nel Mezzogiorno.

Sprecone, se il reddito di cittadinanza sarà superiore all’assegno con cui ‘campa’ un invalido o di un pensionato minimo e se è concesso per due anni anche a chi il lavoro non lo cerca, finanziandolo con il divieto di cumulo pensionistico dei redditi autonomi e dipendenti, altri tagli alla spesa della P.A., eliminazione del Fondo per il sostegno alla povertà, eliminazione di ogni contributo pubblico all’editoria.

Dannose, se il combinato flat tax / reddito di cittadinanza finisse per stabilizzare lavoro nero ed evasione fiscale, e/o povertà e criminalità, andando non solo ad incrementare spesa e debito, ma anche a contrarre il PIL e la produttività nominale.

Muhammad Yunus, l’economista inventore del microcredito, ricorda che: «I salari sganciati dal lavoro rendono l’uomo un essere improduttivo, ne cancellano la vitalità e il potere creativo».

Se si finisse per stabilizzare lavoro nero ed evasione fiscale, povertà e criminalità, in un paese dove già esistono sostanziosi sussidi agli agricoltori, enormi facilitazioni per le cooperative e persino la ‘cassa integrazione’, cosa ne sarà del divario Nord-Sud nel 2020, non appena l’effetto delle riforme leghiste a cinque stelle si sarà fatto sentire?

I cori di Marassi annuncio di una Nemesi? Speriamo davvero di no, ma Salvini e la Lega dovrebbero opporsi apertamente al razzismo, se vogliono (loro e i Cinque Stelle) credibilità e consenso il giorno che ci sarà il popolo scontento. Specialmente al Sud.

Intanto, tra i problemi più urgenti ci sono le pensioni e non sarà una grande svolta pensionarsi a quota 100 dal 2020, se la rendita si aggira intorno ai mille euro dopo una vita di lavoro, e ci sono l’istruzione e la formazione, con una Buona Scuola incompiuta e le Università da riformare (insieme alla Sanità), mentre nel 2020 sarà ufficiale che l’Italia ha meno laureati e diplomati d’Europa, senza parlare dei voti e della quantità di anni serviti per conseguire i titoli e di quanti tecnici ci ritroviamo.

Cosa pensano, di arrivare giusto giusto al 2019, dopo aver speso e spaso con la flat tax, il reddito di cittadinanza più tot norme a pioggia per mille casi particolari e poi si vede? E – senza parlare della miriade di cose in cui Lega e Cinque Stelle sono in disaccordo – quale Italia vogliono realizzare?

“L’ozio avvilisce ed il lavoro nobilita: perché l’ozio conduce uomini e nazioni alla servitù; mentre il lavoro li rende forti ed indipendenti: questi buoni effetti non sono già i soli. L’abitudine al lavoro modera ogni eccesso, induce il bisogno, il gusto dell’ordine; dall’ordine materiale si risale al morale: quindi può considerarsi il lavoro come uno dei migliori ausiliari dell’educazione.” (Massimo d’Azeglio)

Demata

Bonus docenti: come funziona

20 Apr

 Il MIUR ha emanato la ‘circolare’ sul Bonus Docenti, che ha prodotto immediate lagnanze dei sindacati., che a loro avviso, “ha disatteso nella sostanza gli impegni che si era assunto al fine di evitare contenzioso e conflitto nelle scuole”.
Ma di cosa si tratta?

La Buona Scuola (Legge 13 luglio 2015, n. 107) prevede:

  1. uno stanziamento di 200 milioni di euro annui “per la valorizzazione del merito del personale docente” (art. 1 comma 126)
  2. l’assegnazione annuale al personale docente di una somma (bonus) avviene sulla base di motivata valutazione  sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti. Il comitato e’ costituito da tre docenti, due rappresentanti dei genitori /studenti (art. 1 comma 127)
  3. il bonus e’ destinato a valorizzare il merito del personale docente di ruolo e ha natura di retribuzione accessoria (art. 1 comma 128).

Il CCNL Scuola (lettera l) dell’articolo 6 comma 2) include tra le materie di contrattazione integrativa la “retribuzione accessoria” e, precisamente, “i criteri per l’attribuzione dei compensi accessori al personale docente, educativo ed ATA”, ma indica anche (lettera n) che “i nominativi del personale utilizzato nelle attività e progetti retribuiti sono materia di informazione successiva”.

Dunque,

  1. in base alla Buona Scuola, il comitato di valutazione individua i criteri di valutazione dei docenti che conferiscono, altresì, un merito per l’accesso ad una retribuzione accessoria
  2. in base al Contratto di lavoro, i criteri con cui viene ripartita questa retribuzione accessoria sono materia di contrattazione integrativa, dato che il bonus NON ha una cifra minima o massima a cui attenersi per ogni docente
  3. il Collegio dei Docenti (come il Consiglio d’Istituto) – nel conferimento del mandato a chi li rappresenterà nel Comitato – possono formulare proposte in materia di criteri, entro le competenze di indirizzo attribuitegli dalla norma (T.U. Norme Istruzione)
  4. il Dirigente scolastico garantisce la regolarità e la puntualità di questo iter, cioè la legalità, l’efficacia e l’efficienza.

I criteri per la valorizzazione dei docenti ammissibili per l’accesso ai compensi accessori denominati ‘bonus’ – e, dunque, da ripartirsi in contrattazione integrativa – sono (comma 129 p.3. Legge 13 luglio 2015, n. 107):

  1. la qualita’ dell’insegnamento
  2. il contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica e del successo formativo e scolastico degli studenti
  3. il potenziamento delle competenze degli alunni e l’innovazione didattica e metodologica
  4. la collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche
  5. le responsabilita’ assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.

E le scuole che vorrebbero premiare la presenza in classe o alle riunioni? Qui parliamo di ‘meriti’ e quelli sono doveri …

Demata

Ocse istruzione: l’Italia in coda, what else?

25 Nov

L’aggiornamento Ocse (Education at a Glance 2015) sullo stato dell’istruzione dei 34 paesi più industrializzati del mondo, offre un panorama nitido quanto imbarazzante della situazione a casa nostra.

What else … se la Scuola dal 1995 non attua politiche di turn over ed ha sprecato vent’anni di innovazione tecnologica e semplificazione oppure se l’Università preferisce vivere in subordine di scelte regionali – spesso dimostratesi velleitarie – piuttosto che indirizzarle.

FATTI

Solo il 17% degli adulti (25-64 anni) ha conseguito una laurea, come in Brasile, Messico e Turchia.

Solo il 42% dei diplomati si iscrive “all’università”, siamo terzultimi dopo il Lussemburgo e il Messico, mentre il 35% dei 20-24enni non ha un lavoro, non studia, né segue un corso di formazione.

Solo il 34% dei ragazzi italiani (uno su tre) consegue una laurea od un diploma di III livello, mentre la media Ocse è uno su due.

I docenti sono molto più anziani di qualsiasi altro Paese industrializzato: nel 2013 il 57% di tutti gli insegnanti della scuola primaria, il 73% degli insegnanti della scuola secondaria superiore e il 51% dei docenti dell’istruzione terziaria avevano compiuto o superato 50 anni.

L’Italia e la Repubblica Ceca sono i soli Paesi dove il tasso di occupazione tra 25 e 34 anni è più basso (di poco) tra i laureati che tra i diplomati. In particolare, nel 2014 il 62% dei nostri laureati tra 25 e 34 anni era occupato (cioè come la Grecia) e risultava il fanalino di coda dei Paesi dell’Ocse (di media all’82%).

In Italia, nel 2012, le istituzioni dell’istruzione terziaria hanno speso solo lo 0,9% del Pil nazionale e più esattamente 10.071 dollari USA per studente, cioè due terzi della spesa media Ocse.

RISULTATI

I redditi dei laureati in Italia sono superiori solo del 43% a quelli dei diplomati, mentre la media Ocse è del 160%.

Nel 2013, gli insegnanti guadagnavano due terzi del salario medio dei lavoratori con qualifiche comparabili degli altri paesi Ocse.

I nostri giovani laureati registrano anche uno dei punteggi più bassi in termini di lettura e comprensione (literacy) di un testo, ovvero molti “hanno difficoltà a sintetizzare le informazioni provenienti da testi complessi e lunghi”.

Nel 2013, meno di 16.000 studenti stranieri (N.B. immigrati permanenti inclusi) risultava iscritto a un ateneo italiano mentre – senza contare gli immigrati permanenti – la Francia vedeva ben 46.000 studenti stranieri iscritti come la Germania superava i 68.000.

CONCLUSIONI

La regressione continua e non potrà cambiare, se i docenti saranno sempre più anziani e se manco un registro elettronico si riesce a varare. Oppure se la formazione professionale e quella permanente continuerano ad essere ‘materia condivisa’ cioè terra di nessuno.

E’ davvero difficile immaginare un’inversione di tendenza sulla base delle sole assunzioni che il Governo Renzi e le Regioni stanno attuando, senza un ampio turn over del personale, avviando un percorso che incrementi in parallelo le competenze tecnologiche di base e la spesa per studente e che semplifichi la gestione amministrativa di queste risorse.

Per non parlare dello scarso appeal di una laurea che permarrà se non si andrà almeno a ridurre la pressione fiscale e/o previdenziale esistente sui già striminziti redditi dei lavoratori dipendenti laureati …

Demata

Scuola: dieci domande per Renzi, Camusso & co.

6 Mag

Con uno sciopero così massiccio del personale scolastico, ci sono dieci domande alle quali i sindacati della scuola dovrebbero rispondere.

sciopero scuola

1- Se un medico di base, pagandosi studio e personale ma svolgendo non meno di  1.500 ore annue  con 1.500 assistiti, percepisce un reddito reale di poco  superiore ai 2.000 euro, vi sembra uno stipendio da fame percepire da laureati 1.200 – 1.700 euro al mese per 7-900 ore di lavoro annuo (18-24 ore setttimanali per 33 settimane + 80 ore funzionali) con circa tre mesi di ‘vacanze’, che potrebbero e dovrebbero essere destinati a turno a quel recupero degli alunni che le famiglie salatamente pagano?

2- Se le scuole ‘crollano’ perchè manifestare una tantum sotto il ministero e non everyday sotto il Comune o la Regione che ne sono responsabili?

3- Come si pensa di funzionare senza un dirigente, se il personale della Scuola risulta essere quello a maggiore conflittualità interna?

4- Quale è l’iter per diventare docenti dopo aver chiuso le SISS e scavalcato concorsi su concorsi: una laurea e tanto praticantato?

5- Cosa dovrebbe insegnare una ‘buona scuola’, se ancora oggi le ore di matematica o scienze sono in tutto 5-6, mentre arte, musica e presportiva sono un miraggio, specialmente se il docente non ha un tutor d’aula compresente?

6- Come valutare la qualità di docenti in un contesto di ‘posto fisso’, se gran parte dei libri di antropologia, sociologia e psicologia – su cui fondano saperi, competenze e convinzioni – si sono dimostrati errati secondo le scoperte ormai ventennali della genetica, dell’archeologia e della sistemica?

7- Come evitare sprechi e sovracosti alla popolazione se trovano le scuole aperte per 6-8 ore al giorno, mentre altrove funzionano (a carico degli enti locali) fino a sera inoltrata, per corsi, convegni e manifestazioni, come anche offrono on site i servizi di sportello comunali e di supporto sociale o genitoriale?

8- Quale turn over e quale innovazione se in Italia i docenti vanno per i cinquanta, ma hanno spesso solo una ventina d’anni di contribuzione, mentre nell’Ocse almeno un quarto sono under30 e vedranno la pensione prima dei 55 anni?

9- Quale Scuola e Amministrazione 2.0, se molti che scioperano sono quelli ‘contro’ il registro elettronico e le prove telematiche unificate?

10- Quale logica del servizio pubblico può animare una Scuola dove – se si tratta del personale – si torna indietro alla scuola fascista e statalista del Ventennio e degli Anni ’50 – ’60, mentre – se parliamo di programmi e valutazione – pare di stare ai tempi di ‘nessuno mi può giudicare’ della Beat Generation?

11- Se abbiamo docenti e dirigenti che hanno poca dimestichezza con una lingua straniera e/o con internet, perchè lasciamo correre se i nostri figli e nipoti aspettano ormai da un decennio il futuro che gli appartiene?

Demata (blogger since 2007)

Scuola, infrastrutture, legge elettorale, pensioni: mutare tutto per cambiare nulla

5 Mag

E’ o non è un ‘inciucio’ approvare una riforma elettorale con soli 19 voti di vantaggio (334 su 630) in una Camera dei Deputati eletta con un premio di maggioranza incostituzionale e un voto blindato dalla fiducia al Governo o tutti a casa?

renzi boschi

E’ o non è una vergogna trovare una dozzina di miliardi per i diritti di chi è già gode di una pensione tre volte superiore al minimo, mentre persino gli invalidi gravi che dovevano andare in pensione da quest’anno si troveranno ad attendere il 2018 o forse mai?

E’ pura demagogia convocare i soliti scioperi per ‘salvare la scuola italiana’ dalla cancellazione del precariato, come dal diritto dei presidi di scegliersi i diretti collaboratori (ed essere sostituiti se si ammalano) oppure dal diritto degli alunni ad essere valutati uniformemente su tutto il territorrio nazionale?

E’ tutta ‘una chiacchiera’ quella dei conti dello Stato, se manco sappiamo quanto costerebbero sanità, pensioni e welfare ‘a regime’ o – peggio ancora – quanto costa rinnovare e manutentare le ‘infrastrutture’ lasciateci da 40 anni di saccheggio e spreco?

E’ sbagliato prendere atto che ormai siamo governati da partiti che non abbiamo eletto (Renzi senza Bersani e Letta ma con i Montiani; Alfano con i transfughi di UDC e Lega)?

E, soprattutto, è il caso di dirlo, se i media si preoccupano di cosa faranno i pensionati con il gruzzoletto che gli arriverà, mentre ignorano del tutto percchè e per cosa serva una ‘buona scuola’, dimenticando che l’Inps è ormai un ‘crollo annunciato’ e che risistemare il Belpaese significa prima ripristinarlo?

Demata (blogger since 2007)

La Buona Scuola e le contraddizioni del mondo della scuola

20 Apr

Tra pochi giorni, grazie al Jobs Act, qualunque famiglia – a prescindere dal reddito – potrà ottenere fino a 7.000 euro annui di voucher per pagare la  baby sitter.

Anche l’anno venturo, grazie al ‘veto’ di chi vuol ‘salvare la scuola italiana’, nessuna famglia riceverà un voucher per pagare l’istruzione dei figli, anche se basterebbero 2.500 euro ad alunno, che tanto è quanto spende lo Stato nelle proprie scuole.

A chi giovi una tale assurdità è davvero difficile da capire, ma è abbastanza evidente da dove derivi.

La chiave della questione è nel fatto che la nostra Costituzione fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, praticamente un anno prima del 10 dicembre 1948, data in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che all’art. 26 punto 3 precisa che, non gli Stati, ma “i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”.

L’Italia non votò a favore e la sottoscrisse solo il 14 dicembre 1955, il Vaticano mai.
L’Italia non ha mai abrogato, perchè in contrasto con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quella parte dell’art. 33 della Costituzione che prevede che “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Niente paura, mica siamo i soli che hanno firmato e giurato, ma poi si son tenuti il ‘vecchio’.

Ma … settemila euro per la baby sitter, ma neanche un centesimo se vuoi esercitare il diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire?

E come fa ad esistere una Buona Scuola, se la Dichiarazione Universale afferma che “l’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” e poi si nega la pari opportunità ad abbienti e meno abbienti di eseritare il diritto di priorità nella scelta?

originale postato su Demata (blogger dal 2007)

 

Scioperi selvaggi: i privilegi dei dipendenti pubblici e i rischi per la salute dei cittadini

19 Apr

Si parla tanto del ‘solito’ blocco selvaggio di Roma in caso di agitazione da parte di dipendenti pubblici od affini.
‘Solito’ perchè accade sempre, solo che stavolta la gente ha reagito, qualcuno ha dovuto far qualcosa e, incredibile a Roma, si parla di licenziamenti.

Vi è mai capitato di trovarvi semiesangui in un’ambulanza bloccata nel traffico causato da qualche corteo che ‘devia dal percorso’?
Oppure di stare bloccati in auto o nella metro mentre andate a fare una terapia salva vita, dato che neanche i servizi minimi garantiscono?
O peggio di vivere da invalidi gravi e dovervi confrontare con strutture che – dnanzi a marchiani disservizi – non riescono ad applicare una sanzione, fosse solo un richiamo scritto, per non parlare di orari di lavoro e compensi privilegiati, grazie ai contratti che i loro sindacati tutelano?

Vi mai capitato di vivere in una città dove un Municipio da un milione di abitanti (III) è privo di pronti soccorsi e dove il Sindaco, un famoso medico, non ha nulla da chiedere al Commissario regionale per la Sanità, neanche una postazione mobile come a Milano, e continua ad autorizzare cortei e manifestazioni che puntualmente bloccano mezza città e il suddetto municipio (tutto al di là del fiume Aniene) si trova puntualmente semi-isolato?

Bene, se amate l’avventura, Roma può offrirvi questo ed altro.

Qui nella Città Eterna è ‘bello’ e ‘trionfale’ sfilare in corteo tra i palazzi del potere e le archittetture storiche, ma nessuno sembra essersi chiesto a chi devono rivolgersi i parenti del morto, se un’ambulanza rimane bloccata.
Agli organizzatori del corteo ed a chi l’ha autorizzato … chi mai sennò?

originale postato su Demata (blogger dal 2007)

Buona Scuola: i dettagli che NON vorremmo sapere

13 Mar
Buona Scuola, se ne parla tanto anche se il decreto in Gazzetta Ufficiale ancora non c’è, e – forse – sarebbe meglio attendere di conoscerne la versione definitiva.
Infatti, gli sgravi fiscali alle scuole non statali, come l’entità effettiva degli organici supplenze incluse oppure l’eliminazione delle ‘classi pollaio’ e tante altre belle cose dovranno passare al vaglio di molti ‘casellanti’, tra costituzionalità del finanziamento indiretto alle private, reale disponibilità di risorse per il Miur, aule ed edilizia accettabili che per ora non ci sono, enti ed imprenditori locali pronti a raccogliere la sfida’, cioè ad investirci di proprio, eccetera eccetera.
.
Ma soprattutto l’ennesima riforma epocale della scuola (ne abbiamo di media una a governo) presenta tre elementi  che in prospettiva rappresentano ipotesi e risultati tutti da chiarire.
.
old teacherInnazitutto, l’età media anagrafica di un docente, che spesso si avvicina o supera la cinquantina, ma con solo una ventina d’anni di servizio (ergo resteranno fino a 67 anni), mentre nell’Ocse gli over50 sono meno – spesso molto meno – del 30%. Evidentemente altrove li pensionano ben prima di noi.
Cosa accadrà nel periodo medio-lungo, allorchè è prevedibile – specie con una maggiore meritocrazia e controllo di gestione – che ci ritroveremo con decine (centinaia?) di migliaia di docenti over60 non pensionabili e più o meno invalidi o inidonei … tutti per strada esodati?
.
Inoltre, a parte le ricadute sulla salute dei lavoratori e quelle sulla didattica, di cui parleremo dopo, sarebbe molto interessante sapere se i 100.000 incaricati e supplenti che saranno immessi in ruolo andranno a sbilanciare ulteriormente il sistema previdenziale rispetto all’assunzione degli idonei del concorso Profumo, mediamente più giovani di loro.
I dati Ocse dimostrano che che altrove i docenti li reclutano giovani (almeno il 10% ha meno di 30 anni) e noi per innovare il Paese andiamo ad assumere in blocco (100.000 sono oltre il 10% del totale) un esercito di quarantenni per tenerli fino a 67 e poi pagargli una pensione praticamente minima?
.
don boscoInfine, la didattica, dato che una buona scuola la fanno i docenti e i libri. Riguardo i primi, arriva un voucher di 500 per libri e aggiornamento in proprio, mentre con tutto quel che cambia e con la meritocrazia che si reclama dovrebbe essere il datore di lavoro a definire percorsi e riferimenti per la formazione del personale.
Quanto ai libri, è difficile credere che un testo integrativo di una cinquantina di pagine pieno zeppo di figure possa invogliare lo studio e l’approfondimento, specie se ha un costo di produzione di qualche euro, ma al cittadino costa magari 20 euro e allo Stato che contribuisce pure … per non parlare di quanto poco costerebbe al Miur distribuire testi base per tutte le classi e tutte le discipline, come dovunque, anzichè ‘affidarci agli editori’ …
.
Sullo sfondo, poi, la questione edilizia scolastica che mai si risolverà se non faciliteremo le demolizioni, visti i tanti edifici cotruiti con materiali di scarsa qualità e molto costosi da manutentare, ma soprattutto suddivisi in modo fortemente difforme dalle norme tecniche per l’edilizia scolastica ed oggi inservibili a causa di aule piccole, corridoi e androni enormi ed inutili, servizi sanitari mal dislocati, sicurezza ingestibile eccetera.
.
Certamente, il ministro Stefania Giannini è animata da ottime intenzioni – come del resto lo furono i suoi predecessori e riformatori Fiorentino Sullo, Riccardo Misasi, Franco Maria Malfatti, Franca Falcucci, Giovanni Galloni, Rosa Russo Iervolino, Luigi Berlinguer, Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni, Mariastella Gelmini, Francesco Profumo – ma questa è la quinta riforma ‘importante’ della scuola italiana dal 1996 ad oggi e sembra sia solo l’incipit, vista la delega al governo in materia di semplificazione del Testo Unico e degli organi collegiali della scuola, valutazione degli insegnanti e requisiti per l’abilitazione all’insegnamento, diritto allo studio ed alunni diversamente abili o con bisogni educativi speciali, sistema integrato 0-6 anni.
.
Insomma, quel che conta del DDL Buona Scuola sono soprattutto le norme delegate al governo che dovranno arrivare che trasformeranno gli organi collegiali, il ruolo docente, l’accesso e i servizi complementari per gli svantaggiati.
.
pazienza1Un bel trambusto, specie a voler ricordare che in una scuola per prima cosa va “garantito il sereno andamento delle lezioni”. Una gran bella somma da spendere per decenni, specie considerato che ci sarà – in un modo o nell’altro – da prepensionare … l’enorme massa di ‘giovani quarantenni’ che abbiamo assunto nell’ultimo trentennio che a breve inizieranno a compiere sessant’anni e che resteranno in servizio per almeno altri quindici anni …
Un bell’azzardo … a mettere nelle mani di un governo non eletto l’intero ‘pacchetto’ del diritto allo studio, della partecipazione e dell’accesso degli studenti eccetera eccetera … specie se consideriamo che sono diritti privati e doveri pubblici che dal 1968 ad oggi sono soltanto calati, visto il lento declino culturale del Bel Paese e il de profundis dei dati Pisa-Ocse sull’istruzione e di quelli Reuters sull’informazione.
Che la Santa Madre li (e ci) accompagni?

originale postato su demata