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Pinocchio: un manuale di sopravvivenza (ancora attuale) per i giovani e non solo

1 Gen

“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un romanzo pubblicato a puntate nel 1881 sul Giornale per i bambini diretto da Ferdinando Martini. In quegli anni la neonata Italia era scossa dai primi scandali derivanti dalla diffusa corruttela politica e affaristica, mentre Giuseppe Mosca, liberale, in un famoso intervento parlamentare per la prima volta parlò di Mafia e di infiltrazioni.

Pinocchio Serie Francobolli Jacovitti San Marino

Tanto per chiarire come stavano le cose ‘ai tempi di Pinocchio’, scriverà anni dopo persino uno statista del calibro di Francesco Nitti: “il governo delle province, prefetti, intendenti di finanza, generali, ecc., è ancora adesso in grandissima parte nelle mani di funzionari del Nord. … Se i governi fossero stati più onesti … cioè corromperne ancor più le classi medie a scopi elettorali, molto si sarebbe potuto fare. Le loro amministrazioni locali vanno, d’ordinario, male; i loro uomini politici non si occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio ha quasi sempre per essi meno importanza che non la permanenza di un delegato di pubblica sicurezza.” (Nord e sud -1900)

Quella di Pinocchio è, dunque, una tipica storia italiana, raccontata egregiamente da un certo Carlo Lorenzini, più famoso con il nickname di Collodi e noto libertario, e ancor meglio, se possibile, disegnata da un certo Benito Jacovitti, mitico fumettista del ‘900 italiano.

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La storia inizia con un artigiano, Giuseppe detto Geppetto, che da alla vita un ‘figlio’ – anche lui Giuseppe, detto Pino o meglio Pinocchio perchè discolo – che pare un ‘ciocco di legno’, è pigro, non gli va di studiare e non ascolta consigli.

grillo_parlante_jacovittiCosì Pinocchio decide di allontanarsi da casa e visitare i dintorni per realizzare i suoi sogni. Da qui a seguire sarà un susseguirsi di peripezie, causate tutte sia dall’incapacità di Pinocchio ad agire con buon senso (il Grillo Parlante) e sia da quella nell’educarlo di suo padre Geppetto, paziente come Giona nella Balena. Anche la Provvidenza o Buona Stella (Fata Turchina) sembraranno impotenti dinanzi all’ostinazione con cui Pinocchio tende a fidarsi di loschi figuri e correr dietro a promesse iperboliche.

E così accade che Pinocchio scopra che il ‘mondo’ in cui vive è molto pericoloso, se si preferisce – per pigrizia e superficialità – il Paese degli Acchiappacitrulli a quello delle Api Operose oppure non si accetta la protezione (e gli ordini) di un Burattinaio.

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Un vero postaccio, quello che Pinocchio si troverà a visitare.

A partire dai medici che, ad esempio, son sempre discordi e portano una sfiga letale (Corvo e Civetta).

pinocchio mediciOppure, le leggi sono un dedalo senza altra uscita se non la sanzione.

gendarmi pinocchioPeggio ancora se si ci si fa derubare, si finisce in galera per direttissima.

gendarmiE chi dovrebbe fargli da guida (il Gatto e la Volpe) è cieco, zoppo ed irrimediabilmente corrotto.

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Per non parlare del prepotente che prima lo prende per fame alla tagliola e poi lo arruola a forza come cane da guardia (Melampo) per proteggere il suo pollaio.

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Ma al peggio non c’è fine e qualcuno (l’Omino dei somari) ha messo in giro la voce che esista un sistema per vivere nel Bengodi per poi venderti sul mercato del lavoro al minor prezzo.

pinocchio omino dei somari

Diventato servo dei servi a causa della propria ignoranza (nel Centroitalia ‘ignorante’ può significare sia ‘non istruito’ sia ‘ostinato’ o ‘di vedute limitate’) e dando ascolto allo ‘scemo del villaggio’ (Lucignolo), Pinocchio – ormai somaro definitivo – troverà scarsa fortuna al circo a far precariamente l’equilibrista.

Pinocchio-Lucignolo

Infine, destinato a far da pelle per tamburi,  riesce a fuggire dirigendosi verso il mare dell’oblio, dove chi non rientra nel ‘sistema’ resta in un limbo (il Pescecane) da cui uscirà al prossimo reset del ‘sistema’ stesso, perchè il mondo del Trasformismo ricominci daccapo perchè tutto cambi affinchè nulla muti.

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Per fortuna è tutto un brutto sogno e Pino(cchio)  si svegliò al mattino e “si vide in una camerina elegante, con un vestitino nuovo, un berretto nuovo e un paio di stivaletti di pelle’.

Qualcuno pensa che Collodi, quando scrisse Le avventure di Pinocchio, si sia davvero rivolto ‘solo’ ad un pubblico di ragazzi?

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La Costituzione italiana non è una comica

18 Dic

Tutti inneggiano alla Costituzione Italiana, ma non è chiaro quanto essa sia conosciuta dai suoi estimatori.

Infatti, non sono pochi i passaggi costituzionali di cui – prendendoli alla lettera come dovuto – noi cittadini non possiamo far altro che restarne turbati. Vediamo alcuni esempi.

In Italia, “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1), ma “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” (art. 7). Un territorio, quello italiano, con tre sovrani: il popolo, lo Stato e la Chiesa?

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 8).
Tutti i lavoratori? Solo loro? E le casalinghe, i pensionati, i disoccupati, niente pari opportunità come dimostrano l’assenza di un salario minimo e delle pensioni da fame per 20 milioni di anziani?

I rapporti tra lo lo Stato e la Chiesa cattolica “sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale” (art. 7), viceversa “le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano” (art. 8). Due pesi e tre misure, non c’è che dire.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4). Dovere? Caso mai diritto … visto che “la libertà personale è inviolabile” (art 13).

“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili” (art. 15), ma siamo il paese delle intercettazioni telefoniche e degli atti riservati sbattuti in prima pagina.

I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi” (art. 17) ed, infatti, abbiamo ben presente come vadano in corteo i soliti devastatori e come vadano allo stadio i soliti ultras.

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume” (art. 19), come inteso dalla morale postcattolica imperante.

Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative” (art. 20), ma di pagare l’IMU ed altre tasse e tributi per il clero cattolico proprio non se ne parla.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (art. 21), ma per fare il giornalista non basta scrivere e pubblicare: bisogna essere iscritti all’Ordine.

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” (art. 30), ma non è fatto obbligo ai figli di prendersi cura dei genitori.

La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose” (art. 31). Quanto sia stato applicato questo articolo è comprovato dall’invecchiamento demografico subito dall’Italia negli ultimi 20 anni.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32) ed, infatti, registriamo decine di migliaia di casi annui di malasanità ed enormi sprechi senza che governi e parlamenti alzino un dito.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” e nega la libertà di istruzione imponendo che “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” (art.33).

Questa è la nostra Costituzione, lo è da 60 anni ed i risultati si vedono.
Sarà un caso che mandano un comico, Roberto Benigni, a spiegarcela dalla televisione di Stato?

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