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Gianfranco Fini e l’assordante silenzio dei media

21 Lug

Nel marasma generale che attraversa il paese, pochi ricordano che esiste anche Futuro e Libertà e, se questo accade, è per spettegolare sui fatti familiari o per rammentarne le origini fasciste.

Nessuno ricorda che Fini ed i suoi lasciarono il partito a causa del chiacchierato stile di vita berlusconiano e dell’inazione governativa dinanzi alla crisi ed ai problemi strutturali del paese. Quanto al “fascismo”, prendiamo atto che nel PD, pur avendo abiurato il comunismo, continuano a chiamarsi compagni e che Fini è stato ricevuto in Israele con chiara cordialità, mentre per D’Alema ricordiamo come è andata …

Un conto sono le trame da salotto ed i mal di pancia del popolo-bue, un altro le contingenze storiche, sociali e d economiche. Ambedue contribuiscono al verificarsi dei noti “corsi e ricorsi”, ma i primi sono eventi casuali che attivano altri eventi, i secondi sono cause strutturali e congiunturali.

E’ evidente che la “scomparsa” di FLi dipenda, anche e soprattutto, da un gioco mediatico, dove Mediaset berlusconiana e RAI partitocratica possono permettersi di oscurare un partito che ha in parlamento lo stesso peso dell’UdC di Casini così in voga.

E’ altrettanto evidente che l’ostracismo che gli altri partiti mostrano verso FLi sia dovuto al fatto che lo “strappo di Fini” abbia violato le regole consociative della Casta, mettendo a rischio la longevità delle poltrone e la dinamica “governo impotente – opposizione sterile” così cara ai Trasformisti.

Eppure, tra le poche certezze che abbiamo in questo avvio di III Millennio c’è che:

  1. l’Italia non è più cementificabile ed è ridotta ad uno sconcio
  2. i mercati finanziari ed il sistema euro-dollaro non sono più in grado di sostenere le nostre scelleratezze, visto che rappresentiamo 1/4 dell’intero debito pubblico europeo
  3. il valore della produzione agricola cresce nel mondo e non possiamo più permetterci di affossare il Sud per sostenere l’agroalimentare (cooperativo) del centronord
  4. la strutturazione della pubblica opinione tramite i media televisivi e telematici è diversa da quella dell’epoca dei giornali, delle radio e dei comizi e non possiamo permetterci un sistema di informazione della pubblica opinione che somigli ad un continuo comizio

Dunque, il partito dei palazzinari e delle opere pubbliche non dovrebbe avere più mucche da mungere, come quello delle quote latte, delle coop e delle onlus, e  la comunicazione politica ed istituzionale (RAI inclusa) deve rientrare nei limiti e nella correttezza che la caratterizzano negli altri paesi democratici.

Fini, Bocchino e Della Vedova questo l’avevano capito ed hanno agito di conseguenza, tanti altri parlamentari, gli editori e molti italiani no: credono ancora nel partito trasversale del mattone, del sussidio e dello sgravio.

Intanto, i mercati incalzano.

Brandelli di governo

21 Lug

Ieri, la Camera votava l’autorizzazione a procedere per Alfonso Papa (PdL), presunto lobbista e corruttore, mentre, quasi in simultanea, il Senato la negava per Alberto Tedesco (PD), indagato anche lui per reati di corruzione.

Due pesi e due misure? E’ evidente, specialmente se consideriamo che la stessa Camera, un anno e mezzo prima, non concedeva la stessa autorizzazione per Nicola Cosentino, sottosegretario di governo e parente acquisito di diversi camorristi, su richiesta della Direzione Antimafia, nonostante la Corte di Cassazione avesse confermato le misure cautelari a carico di Cosentino.

Dunque, non illudiamoci: l’eccezionale istanza di legalità che ha spinto i deputati ad autorizzare le richieste della magistratura è, piuttosto, l’effetto di un patto trasversale, finalizzato a mettere fuori gioco il PdL di Berlusconi ed a favorirne la trasmigrazione verso l’UdC e la Lega.

D’altra parte, sono i volti ed i nomi dei “moderati” Maroni e Casini a mostrarsi sempre più spesso nei commenti e nei servizi d’approfondimento: la voglia di un governo tecnico con Tremonti per votare entro novembre del 2012 è forte, anzi fortissima.

Se così non fosse, ci toccherebbe, nella primavera del 2013, andare a votare in successione, mentre c’è da eleggere il Presidente della Repubblica, per il Parlamento europeo, per quello italiano e per governi locali di primo piano, come Roma ad esempio.

Sarebbe follia andare a votare in quelle condizioni, con Lega, UdC, PD e IdV arroccati sulle poltrone parlamentari, FLi e SeL emarginate dal dibattito e gli italiani imbufaliti, specialmente se, nel frattempo, c’è ricollocare cariche e prebende in comuni e provincie.

Sarà, dunque, governo tecnico, ma quale?

E’ molto difficile, grazie al niet dalemiano verso FLi, che si possa seguire la “via istituzionale”, con Fini a capo di un governo che scriva una legge elettorale “efficiente” e ci porti al voto e con Tremonti a capo del MEF, a tal punto obbligato a mantenere ciò che ha promesso, per nostro conto, all’Europa.

E’ molto probabile, stante la palese convergenza di interessi e territori tra Lega e PD, che si opti per un governo “di transizione”, in modo che sia guidato da un premier molto più “innocuo” di Fini, che provveda a ripristinare il Mattarellum, che, ricordiamolo, consentiva ogni tipo di ribaltone. Anche in un governo “di transizione”, Tremonti continuerebbe a restare al MEF, ma libero di proseguire una politica finanziaria che, dopo 15 anni possiamo iniziare a rilevarlo, procede a tentoni, senza una strategia generale, delle linee guida, degli interventi coordinati, il reinvestimento di parte delle economie (caso mai realizzate).

Questo è il timore dei mercati: la possibilità che resti in sella l’Italia del trasformismo, dell’assistenzialismo e del consociativismo, così ben rappresentata dalla Lega delle quote latte e dei vini doc, dal PD  delle coop e delle onlus e dall’UdC dei palazzinari e delle acque minerali.

A dire il vero, più che una possibilità sembra una catastrofica certezza, visto che i media continuano a dare spazio agli scandali, quasi fossero una giostra fatale, e non a quello che non funziona ed alle riforme che dovremmo affrontare.