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Dehors a Roma: le pretese degli esercenti

27 Ott

Il 31 dicembre scadranno le autorizzazioni per bar e ristoranti per occupare con tavolini e transenne il suolo pubblico in deroga ai regolamenti locali.

Infatti, cessata l’emergenza pandemica viene meno l’esigenza di favorire gli esercizi commerciali penalizzati dalla misure sul distanziamento che ne riducevano la capienza e dovranno essere rimosse le strutture collocate su vie, piazze, strade e spazi all’aperto.

Una vicenda complessa, a Roma.

Infatti, questa estate, su 448 ispezioni, sono state trovate irregolarità in 308 casi e una decina di locali sono stati addirittura chiusi. Secondo i dati comunali erano 3.961 i metri quadrati occupati indebitamente da tavolini, sedie e ombrelloni nelle piazze più famose del centro storico.
Una situazione eclatante, confermata dall’assessora alle Attività produttive Monica Lucarelli: “la task force speciale della polizia locale ha riscontrato che l’80% degli esercizi commerciali verificati rilevano irregolarità o abusi sulle occupazioni di suolo pubblico”.

E di ritorno alla normalità proprio non se ne parla: “noi chiediamo innanzitutto la sospensione del canone unico per tutta Roma – dice il presidente della Fiepet Confesercenti Claudio Pica – e chiediamo di mantenere le occupazioni emergenziali. … riteniamo necessario un lavoro sinergico tra Amministrazione, associazioni di categoria e Sovrintendenza che porti alla realizzazione di nuovo catalogo degli arredi, a un regolamento ex-novo delle Osp e ad un superamento dei piani di massima occupabilità (Pmo)”.
Papale papale.

I residenti? In subordine: “meglio un tavolino che una automobile”, dicono gli esercenti … dimenticando che di notte le auto non fanno rumore, ma i tavolini si.

Intanto, “la prima attività che stiamo portando avanti come assessorato è un tavolo di confronto per monitorare la “malamovida”, mica reprimerla, come … spiega Monica Lucarelli, assessore alle Attività produttive, intervenuta al festival dell’Architettura di Roma.

Intanto, a causa di dei tavolini su strada di un noto bar, a Via Condotti i negozi di Cartier, Damiani e Prada si ritrovano con le vetrine senza la “via libera” e minacciano una causa per danni … al Comune che ha autorizzato l’occupazione del suolo pubblico.

A Roma, nel periodo post covid, sono state presente circa 6.000 domande di occupazione di suolo pubblico, di cui ben 3.300 circa nel municipio centrale. Un esercito di partite Iva, dopo quello dei tassisti e dei concessionari già ben noti per la loro capacità di ‘pressing’ sul Sindaco di Roma.

Ma se i posti a sedere fossero 20 a testa, si tratta di 120mila ‘coperti’ al giorno, ben oltre il mezzo milione di clienti: siamo proprio sicuri che Roma abbia un flusso turistico tale da reggere questo livello di strutture e occupazione?
Se non i turisti, chi dovrebbe alimentare il pubblico di caffè, trattorie e ristoranti: i pubblici impiegati del centro storico nei 20 minuti di pausa che gli son concessi?

E chi dovrebbe pagare per gli arredi urbani per incanalare il traffico, i rifiuti extra degli esercizi da rimuovere e i vigili urbani da assegnare fino alle 2 di notte: chi si alza alle 5 di mattino nella suburbia per andare a lavorare ad 800 euro al mese o poco più?

A proposito, visti i risultati degli ultimi 50 anni, Roma Capitale è proprio sicura che coccolare esercenti, tassinari e concessionari sia un bene per il reddito e per il benessere dei romani (e anche dei turisti)?

Demata

Alassio, bar vietato ai marocchini. Perchè?

5 Set

Alassio è la città che Ghalfi El Mohammed, immigrato marocchino trentenne, aveva scelto per il suo soggiorno in Italia.
Non aveva scelto il duro, ma onesto lavoro in fabbrica o nei campi, come tanti altri immigrati. Aveva preferito vivere alla giornata grazie a piccoli business illegali.

Ghalfi El Mohammed aveva già avuto a che fare con le forze dell’ordine per vendita di prodotti con marchio contraffatto, spaccio di stupefacenti, ricettazione. Ma non solo: era stato denunciato anche per porto abusivo d’armi e stalking.

Nessuno di questi processi è ancora pervenuto a sentenza definitiva e, pertanto, Ghalfi El Mohammed circolava liberamente per Alassio, spesso abbrutito dalla sua dipendenza, e,comunque, continuando nella sua vita borderline.
Certo, qualcuno avrebbe potuto notare un declino morale ed una escalation criminale, ma questo accade solo nei film e nei paesi diversi dal nostro.

Fatto sta che per l’italiano medio Ghalfi è “un po’ una testa calda”, “tutt’al più un po’ fuori”, ma questo non implica che il costosissmo ed inefficiente welfare si sia occupato del caso. Diamo una marea di soldi alle Onlus, ma non c’è un assistente sociale od un consultorio se si tratta di “una vita da bere”, figurarsi se straniero.
Nè è accaduto, seguendo la strada opposta, che sia stato espulso per “reati contro il soggiorno sul territorio”, anch’essi, sembra, in attesa di giudizio.

Intanto Ghalfi sta sempre peggio e viene denunciato, poche settimane fa, per resistenza durante un controllo contro l’abusivismo commerciale: aveva infatti spintonato e morso due vigili, che gli sequestravano 63 paia di occhiali contraffatti.
Era esasperato, era la quarta volta in una settimana che accadeva, ma non c’era verso di fargli capire che i “tempi d’oro” dei “vu cumprà” erano finiti e che la contraffazione di merci era duramente perseguita, visto che impoverisce il nostro paese.
Neanche si era reso conto della grande clemenza del giudice che gli sospendeva la pena dopo aver patteggiato 6 mesi di reclusione, con la condizionale, come se le altre denunce non esistessero e come se fosse un cittadino italiano od europeo.

Cosa fare? Ritornare in Marocco, evitando guai peggiori, o restare in Italia, in attesa di una dura condanna?
Ghalfi El Mohammed sceglieva la seconda e, nel fine settimana, tornava ad Alassio per vendere merce contraffatta.

Sabato notte, era completamente ubriaco e, mancava solo questa, molesta una ragazza di 21 anni che rientrava a casa dal lavoro presso il bar dei genitori.
Al suo rifiuto, l’aveva afferrata per palpeggiarla, forse stuprarla, e, quando la giovane si era divincolata, l’aveva ferita con un fondo di bottiglia ad un braccio e al collo.
Dopo di che fuggiva via, mentre la gente accorreva e, fortunatemente per lui, veniva rapidamente intercettato da una pattuglia dei carabinieri, quando parenti della vittima e cittadini qualunque stavano per scatenare una caccia all’uomo.

Ghalfi El Mohammed non doveva essere lì. Uno Stato civile non avrebbe permesso che restasse sul proprio territorio, che restasse in libertà, che restasse privo di cure.

Nel bar dove lavorava la vittima, quello di proprietà dei genitori, da oggi, c’è un cartello: “Vietato l’ingresso ai marocchini”. Sarà razzismo, ma cosa dire all’accorata madre che campeggia dal bancone, a caldo, dopo quello che è accaduto alla figlia?

E poi, perchè solo i marocchini? Al posto loro, vista la storia di Ghalfi El Mohammed, io ce l’avrei con gli italiani tutti.