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Le troppe ‘manine’ di Matteo Renzi

8 Gen

Il Governo Renzi non va, non va proprio e quel che manca è il metodo, cioè l’unica cosa che non dovrebbe venire a mancare.

La ciliegina che fa traboccare il vaso è quel 3% di ‘infedeltà fiscale consentita’ che lascia alla gogna chi evadesse 4 euro su cento totali e riporta in paradiso (leggasi parlamento) chi avesse evaso 29 milioni su un miliardo.
E come dicevamo la questione non è solo nella ‘manina di Renzi’ e nel ‘ritorno di Berlusconi’, ma nella balzana idea di andare per percentuali ‘secche’ senza badare a persone e cose che ci sono dietro.

Metodo simile nel Jobs Act, dove non si considera nè la progressività per i licenziamenti disciplinari nè la fidelizzazione del lavoratore all’azienda per gli indennizzi dei licenziamenti ‘normali’.

La ‘Buona Scuola’ che il MIUR sta per varare prevede scatti stipendiali ogni sette anni da cui verrà escluso il 30% dei docenti, su base di singola istituzione scolastica e non come sistema nazionale di istruzione, così un ‘docente da 7’ avrà lo scatto se sceglie di stare in una scuola mediocre, ma non lo avrà se sta in una scuola ottima o, peius, con ‘equilibri consolidati’.

La Giustizia sulla quale non si prevedono riforme, anche se i processi son talmente lenti che per salvare appalti e servizi a Venezia, Roma e Milano c’è voluto un supercommissario. Peggio ancora riguardo la Sanità per  la quale tutto tace, anche se è evidente che dal ‘Lazio a scendere’ spendiamo un mare di soldi, si taglia di tutto fuorchè baroni e feudi vari e  aumenta il numero dei pazienti che si rivolgono dalla ‘Toscana a salire’, dove le prestazioni sono migliori e, incredibile, costano anche meno.
O le pensioni, dove il non occuparsi della questione ha comportanto ipso facto un incremento di quattro mesi di lavoro per tutti, inclusi quanti avrebbero diritto a scivoli pensonistici a causa di gravi invalidità.

Dulcis in fundo, il debito pubblico che cresce a causa – ormai – del solo debito ed è inutile continuare a tagliare la spesa (e lo Stato di diritto) se non riduciamo drasticamente il deficit, ovvero eliminiamo almeno 1.000 miliardi di ‘cambiali’ che abbiamo in giro.
Renzi sperava che durante il ‘suo’ semestre europeo la Banca Centrale Europea assorbisse in un sueprfondo una buona fetta del nostro deficit, forse tutto addirittura, ma a dissuadere Juncker e Merkel è stata proprio l’incapacità italiana a riformare i perversi rapporti finanziari originatisi con l’Unificazione.

Così non è stato: la sua ‘colpa’ probabilmente è stata quella di essere troppo rispettoso degli equilibri interni della Sinistra e poco attento nel dimenticare che il suo mandato arrivava dal Parlamento e dal Presidente, non dal partito o dagli elettori.
Una delle tante riprove di questo ‘errore’ è tutta nei nomi di alcuni ministri, finora del tutto silenti rispetto ai ‘suddetti problemi’: Andrea Orlando alla Giustizia, Stefania Giannini all’Istruzione, Università e Ricerca, Giuliano Poletti al Lavoro e Welfare, Pier Carlo Padoan all’Economia.
E la prova definitiva di una carenza di idee dello staff renziano, ultima speranza della Sinistra italiana, arriva proprio il continuo replicarsi di una eventuale elezione a presidente di un settantaseiennne, Romano Prodi.

Sarà difficile arrivare al 2016 con un governo così, se non arriverà Mario Draghi a rilevare la voragine di debiti in cui ci hanno lasciato i coetanei di Prodi e Berlusconi … o se le Cinque Stelle non decideranno di far politica per davvero, liberando Renzi dalle pressioni partitocratiche.

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Anche le Cayman cambiano, l’Italia no

18 Gen

Il Bollettino della Bce di gennaio contiene un duro e preoccupato monito all’Italia, dove, finora, “l’accresciuta incertezza politica in Italia è stata all’origine di alcuni flussi di capitali, con l’obiettivo di ricercare investimenti più sicuri, verso i titoli emessi dai paesi con rating AAA.”
Infatti, “continuano a pesare le persistenti incertezze e gli aggiustamenti di bilancio in atto nei settori finanziari e non finanziari e solo nella seconda parte del 2013 è attesa una graduale ripresa.”

Nelle previsioni della Banca Centrale Europea, la situazione è preoccupante anche perchè “gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori finanziario e non finanziario, nonchè la persistente incertezza, seguiteranno a gravare sull’attività economica“.

Al calo dello spread dei BTP rispetto ai Bund tedeschi, corrisponde sostanzialmente una situazione di stagnazione, con ‘bassa inflazione‘ e ‘debole attività economica‘.

Non a caso, da Francoforte si ricorda che “per quanto concerne le politiche di bilancio, il forte calo dei rendimenti sui titoli di Stato evidenziato di recente dovrebbe essere sostenuto da ulteriori passi avanti nel risanamento delle finanze pubbliche in linea con gli impegni assunti nel quadro del Patto di stabilità e crescita“.

Infatti, “nell’area dell’euro il clima del mercato obbligazionario ha risentito dell’influsso negativo esercitato dalle revisioni al ribasso delle previsioni di crescita. Tra la fine di novembre del 2012 e il 9 gennaio del 2013 i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine con rating AAA dell’area dell’euro sono rimasti su livelli prossimi ai minimi storici, sebbene verso la fine del periodo siano cresciuti di circa 10 punti base, portandosi all’1,8 per cento circa.

Intanto, mentre l’Italia la crescita è ferma in nome della Casta, delle sue prebende e delle sue ipocrisie, invocando la solita caccia inutile all’untore/evasore, dalle Cayman arriva la svolta: un’ampia riforma che intende creare un database pubblico dei fondi con domicilio nell’isola.

Forse, sarebbe il momento di abbassare la pressione fiscale, grazie ad una spesa pubblia virtuosa, e, magari, avviare un condono fiscale per i fondi che rientrano in Italia, visto che stiamo per assistere ad una ‘fuga dalle Cayman’ da parte di tanti evasori.

Una questione da non sottovalutare, dato che da Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, nell’ultimo anno, sono aumentati esponenzialmente  i trasferimenti verso i paesi forti dell’Unione Europea, come Germania, Olanda e, soprattutto, Lussemburgo, che è un ‘quasi’ paradiso fiscale.

Una pressione ed invasività fiscale, in corso in Italia, cui andrebbe posto rapidamente rimedio, dato che un paradiso fiscale ce l’abbiamo alle porte (Svizzera) e, soprattutto, che un altro l’abbiamo in casa nostra e si chiama IOR, Istituto Opere di Religione, la banca vaticana che proprio non riesce a recepire le norme antiriciclaggio che l’Unione Europea richiede per accedere ai propri circuiti finanziari.

Una situazione molto ambigua, visto che la Deutsche Bank che (s)vendette i BTP italiani era governata da un banchiere svizzero, Josef Ackermann, e che, ad esempio, lo stesso governo Monti, che si è scagliato contro gli evasori fiscali, ha anche preso la ‘”decisione di tacere davanti al Consiglio di Europa sulle inadempienze di Oltretevere in materia bancaria’, mentre ‘il direttore dell’UIF Giovanni Castaldi ha ritirato i suoi due dirigenti dalla delegazione che rappresentava il nostro Paese a Strasburgo per non essere complice di una posizione sbagliata“. (Il Fatto Quotidiano – 05-07-2012)

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La leggenda della spending review

4 Mag

Difficile scrivere qualcosa di serio in giornate in cui cronaca, informazione e governance decidono di darsi all’intrattenimento ed al varietà. Stiamo parlando della spending review.

Innanzitutto, con “revisione della spesa”, si intende quel processo diretto a migliorare l’efficienza e l’efficacia nella gestione della spesa pubblica che annualmente la Gran Bretagna attua da tempo. Come riporta l’apposito sito istituzionale britannico, “The National Archives” (of spending review), la “revisione di spesa” fissa un piano triennale di spesa della Pubblica Amministrazione, definendo i “miglioramenti chiave” che la comunità si aspetta da queste risorse. (Spending Reviews set firm and fixed three-year Departmental Expenditure Limits and, through Public Service Agreements (PSA), define the key improvements that the public can expect from these resources).

Niente tagli, semplicemente un sistema di pianificazione triennale con aggiustamenti annuali, che si rende possibile, anche e soprattutto, perchè la Camera dei Lord e la Corona britannica non vengono eletti, interrompendo eventualmente il ciclo gestionale o rendendosi esposte (nel cambio elettorale) a pressioni demagogiche o speculative.

Di cosa stia parlando Mario Monti è davvero tutto da capire, di cosa parli la stampa ancor peggio.

Venendo al super-tecnico Enrico Bondi, la faccenda si fa ancor più “esilarante” a partire dal fatto che, con tutti i professori ed i “tecnici” di cui questo governo si è dotato (utilizzandoli molto poco a dire il vero), è necessario un esterno per fare la prima cosa che Monti-Passera-Fornero avrebbero dovuto fare per guidare il paese: la spending review e cosa altro?
Il bello è che, dopo 20 anni di “dogma” – per cui di finanza ed economia potevano occuparsene solo economisti, matematici e statistici (ndr. i risultati si son visti) – adesso ci vuole un chimico (tal’è Enrico Bondi) per sistemare le cose, visto che sono gli ultimi (tra i laureati italici) ad avere una concezione interlacciata dei sistemi, una competenza merceologica e, soprattutto, la capacità di fornire stime affidabili con sveltezza.

Dulcis in fundo (al peggio non c’è mai fine) l’appello ai cittadini a segnalare sprechi.

Quante decine o centinaia di migliaia di segnalazioni arriveranno? Quanti operatori serviranno solo per catalogarle e smistarle? Quale è il modello (se è stato previsto) con cui aggregare il datawarehouse delle segnalazioni?

E quanto tempo servirà per un minimo di accertamenti “sul posto”? E chi mai eseguirà gli accertamenti?
Quante di queste segnalazioni saranno doverosamente trasmesse alla Magistratura, visto che nella Pubblica Amministrazione italiana vige ancora l’obbligo di denuncia, in caso di legittimo dubbio riguardo reati?

Una favola, insomma.
Beh, in tal caso, a Mario Monti preferisco Collodi: fu decisamente più aderente alla realtà italiana.

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L’agenda politica di maggio

2 Mag

Arriva il mese di maggio, quello maggiormente funesto, insieme all’autunno, per governi iniqui e regimi infausti. Niente paura, siamo in Italia, l’andamento è lento.

Giorni fa, si accennava alle “provincie” ed al nulla di fatto delle Regioni, nella non riposta speranza che Mario Monti si attenesse a tempi, leggi e promesse. Ed infatti, salvo una BCE (ovvero Mario Draghi?) che suggerisce di “accorpare” anzichè eradere, nulla s’è detto o s’è sentito.

Intanto, l’agenda c’è, l’ha fissata Monti stesso per decreto, ed è scaduta.

Non a caso, a fissare il viatico dei 30 giorni futuri, arrivano segnali di insofferenza dal Senato, dove una leggina “salva pensioni d’annata” è caduta su un emendamento della (nuova)Lega con 124 voti a favore, 94 contrari, 12 le astensioni.

Esiste, almeno al Senato, una “maggioranza” diversa dall’attuale non disponibile (in parte) a votare le mattanze sociali della Fornero o gli F-35 di Finmeccanica, ma propensa a legiferare in favore di minori prebende per la Casta e minore spesa pubblica?

Sarebbe interessante saperlo e, forse, lo sapremo a breve, con quello che c’è da votare in Parlamento.

Una “congiuntura interessante”, perchè un cambio di passo di Mario Monti – con rimpasto di governo, visto che stragiura da mesi che “i conti sono a posto” – rappresenterebbe un’ottima via d’uscita per Mario Monti, Giorgio Napolitano ed i partiti per restare saldi in sella mentre si avvia la tornata elettorale del 2013, per licenziare qualche ministro “ingombrante” e, soprattutto per noi, metter mano a quello che spread, default e speculatori hanno interrotto: la nascita della III Repubblica.

Del resto, i tempi sono pronti.

Tra qualche giorno conosceremo gli esiti delle elezioni locali e gli pseudomaghi di partito consulteranno le loro sfere di cristallo e detteranno alleanze e strategie.

Tra un mese circa esploderà (è il caso di dirlo) il “panico” da IMU, che verrà incassato anche da enti che la legge ha già cassato, pur senza attuare. E dopo un po’, con la chiusura delle scuola, le grandi città inizieranno ad esser piene di gente disoccupata e ragazzini senza meta, mentre le località turistiche dovranno aspettarsi i minimi storici.

Entro luglio bisognerà capire come uscire dallo “spremiagrumi fiscale impazzito” che Prodi, Visco, Padoa Schioppa, Tremonti e Monti hanno creato in questi 20 anni, portando la leva fiscale sul “cittadino onesto” ben oltre il 60% del PIL da lui prodotto.

Da settembre, forse prima, saremo in campagna elettorale per le politiche e bisognerà trovare soldi da spendere per rattoppi e ripristini, se i partiti vogliono le urne piene.

Dulcis in fundo, l’idea – cara ad una certa Roma – di riaggregare intorno Pierferdinado Casini la vecchia Democrazia Cristiana ed i comitati d’affari d’altri tempi, sembra inabissarsi dopo le esternazioni del leader dell’UDC ed il proseguire delle sue frequentazioni con Totò Cuffaro, detenuto per mafia a Regina Coeli. Dopo il fondo il “de profundis” con l’ennesima caduta del Partito Democratico che votava a favore delle “pensioni d’oro”, mentre il PdL sosteneva l’emendamento di Lega e IdV.

Mario Monti non sembra un uomo da “cambio di passo”, come non sembra anteporre l’italianità a tutto tondo, quella “popolare” come quella “laica”, agli ambienti bocconiani e “protagonisti” dai quali proviene.

Ma, d’altra parte, sono già sei mesi sei che l’Italia non ha un ministro dell’economia a tempo pieno, quello del welfare sembra quasi che levi ai poveri per dare ai ricchi, agli esteri “vorremmo vincerne una”, alla giustizia serve sempre, da 20 anni almeno, una legge per snellire, semplificare, accelerare le procedure giudiziarie, dateci un ministro delle infrastrutture che faccia costruire o manutentare qualcosa.

Mai dire mai, però. Il trasformismo è un’arte italiana.

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Il debito non è pubblico: è dello Stato

20 Apr

Ferdinando Imposimato, 76 anni portati bene, è il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Nella sua lunga carriera si è occupato della lotta alla mafia, alla camorra e al terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro (1978), l’attentato al papa Giovanni Paolo II (1981), l’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione.

Di seguito, sono riportati ampi stralci di una lunga disanima pubblicata dal “cittadino” Ferdinando Imposimato sulla sua pagina Facebook, che dovrebbero davvero far riflettere non solo l’Italia – lo “Stato” italiano non i cittadini esausti – ma l’Unione Europea tutta.

“Il debito non e’ pubblico: e’ dello Stato. Riguarda il complesso delle spese sostenute dallo Stato, che costituiscono un insieme da definire con precisione: investimenti diretti quali grandi opere pubbliche, infrastrutture nei settori strategici, costate cento volte piu’ di quello che sarebbe stato giusto spendere.”

“Il debito pubblico e’ cresciuto enormemente per alimentare la corruzione e finanziare la criminalita’ organizzata, che si e’ aggiudicata il 90 per cento degli appalti di grandi opere pubbliche.
E non e’ giusto che quel debito debba essere pagato da poveracci che di quelle spese non hanno goduto minimamente.

“Non sono state costruite scuole pubbliche, non sono stati creati fondi per i non abbienti, non sono state sostenute le piccole e medie imprese, non sono stati migliorati i servizi pubblici, non sono stati assicurati salari tali da garantire una vita libera e dignitosa.”

Nella voragine-debito bisogna inserire i fondi per gli appalti con spese dilatate a dismisura a favore delle imprese del post terremoto, la costruzione di grandi ed inutili infrastrutture per i mondiali di nuoto del 2009, la moltiplicazione per mille delle spese per le autostrade e l’Alta Velocita’, il pagamento dei debiti contratti dall’Alitalia, e gli investimenti indiretti come i finanziamenti pubblici dei partiti (usati anche per acquisti di immobili privati), crediti agevolati, le assunzioni clientelari nelle Autorithy, la pletora delle burocrazie inutili nelle Regioni, nelle provincie e nei comuni, oltre che nel Parlamento italiano. Fino alle spese per gli impegni militari in Afghanistan, in Iraq e in Libano.

Tutte spese che non producono alcun vantaggio per la comunita’ nazionale nel suo insieme, ne’ assicurano la pace nel mondo.”

“Intanto la crisi travolge milioni di persone, i dati testimoniati dalle ricerche della Caritas sono drammatici: piu’ di 8 milioni di poveri e un aumento del 20 per cento della poverta’ tra i giovani sotto i 35 anni. E le speranze di lavoro si riducono sempre piu’. “

“Nessuno ci dice la verita’ su quello che sta accadendo e sui nuovi sacrifici che ci vogliono imporre con il pretesto di dovere ridurre il debito pubblico, con il pericolo del fallimento, della bancarotta che travolgerebbe solo i piu’ deboli.”

“Il movimento degli indignati e’ stato oggetto dell’attacco di persone estranee ad esso, ed e’ stato ingiustamente delegittimato dalla violenza di pochi mascalzoni, che sono i principali alleati di questa maggioranza, responsabile di una politica scellerata e ingiusta. Noi siamo solidali con le Forze dell’Ordine e condividiamo la loro protesta, ma sarebbe un errore confondere i delinquenti che hanno sconvolto Piazza San Giovanni e altre vie di Roma mediante aggressioni e incendi, con coloro che stavano protestando pacificamente.”

“Orbene una minoranza di teppisti non puo’ oscurare le ragioni del dissenso. Essi fanno solo gli interessi di questo Governo che se ne deve andare a casa.

I movimenti, nell’assenza dei partiti, sono oggi i protagonisti di una democrazia diretta, mobilitano milioni di cittadini a sentirsi protagonisti e a spingere il governo verso scelte che non penalizzino ancora una volta i poveri e i diseredati.”

leggi anche Eroi civili? No, colonnelli

broken English version Italy? A cleptocracy, as a Supreme Court judge wrote

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Pareggio di bilancio? Una norma che garantisce solo banche e speculatori

18 Apr

Il pareggio di bilancio diventa obbligo costituzionale per la già misera Italia, afflitta da interessati vicini (Francia e Germania) e da orribili demagoghi e cleptocrati. Il decreto ha ottenuto oggi il via libera definitiva a Palazzo Madama, dopo essere stato approvato dalla Camera.

Una decisione  foriera, secondo i suoi sostenitori, di un “nuovo ordine mondiale”, visto che si basa sull’indimostrato presupposto che svalutare la moneta sia sempre e comunque errato per la stabilità dei mercati e la pace nel mondo. Un po’ come dire che la salvaguardia degli interessi delle banche è premessa essenziale per l’esistenza del nostro “mondo”, cosa forse verosimile, ma inaccettabile.

Una decisione, quella di aderire al Fiscal Compact “senza se e senza ma”, che danneggerà ulteriormente l’Italia, mettendola in balia dei sistemi finanziari mitteleuropei – ovvero svizzeri ed alsaziani – e danneggerà l’Europa che si spacca in due: quella dell’Eurozona germanica e postcomunista e quella  angloscandinava liberale e solidale.

Fissare il pareggio di bilancio come presupposto di “buona salute” è come ammettere che non sono più gli Stati a battere moneta, ma le banche e che stiamo parlando di “limite massimo di esposizione debitoria”.

Infatti, se c’era da porre un limite all’indebitamento di uno stato, perchè non fissarlo intorno al 50% del PIL, come accade un po’ in tutto il mondo, quando si parla di nazioni libere ed in buona salute?

E sarebbe stato possibile farlo se la BCE di Mario Draghi avesse finanziato gli stati anzichè le banche che poi hanno fatto credito agli stati e se, contestualmente, la Banca Centrale Europea avesse battuto maggiore valuta.

Svalutare per risanare nazioni e governi, rovinando banche e speculatori, o garantire il “bravo creditore” per consentire alla “mano dei mercati” di governare il mondo?

Oggi, il nostri partiti hanno scelto la seconda opzione.

Leggi anche Fiscal Compact, un trattato difficile da digerire

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Fiscal Compact, i dettagli

17 Feb

Ripubblico oggi, in forma sintetica, un post di qualche tempo fa relativo al Fiscal Compact, dove si spiegava quali fossero le “clausole” previste e quali scenari potessero aprirsi.

In due parole, il Fiscal Compact è un trattato internazionale che ridurrà notevolmente i poteri dei parlamenti in materia economica e che vorrebbe coinvolgere tutti i paesi dell’Unione, pur precisando che le adesioni dovranno essere “almeno dodici” …

Il Fiscal Compact è, sulla carta, il “patto di bilancio” tanto voluto da Angela Merkel e Mario Monti, con  un tiepido sostegno da parte di Mario Draghi e l’apparente indifferenza di Sarkozy, tutto preso dalle elezioni, vagheggiato, forse, anche da Obama e gli USA. In realtà, è un trattato internazionale che vincolerà pesantemente i poteri dei singoli parlamenti e che spezzerà l’Europa in due.

Ecco di cosa si tratta (link bozza integrale):

  • obbligo di pareggio di bilancio delle pubbliche amministrazioni, dopo un “percorso di avvicinamento”
  • durante la fase di convergenza a medio termine, il deficit strutturale annuo non può essere superiore a 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
  • le parti contraenti possono temporaneamente deviare dal loro obiettivo a medio termine solo in un periodo di grave recessione economica
  • le parti contraenti decono introdurre adeguate norme nel diritto nazionale entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato mediante disposizioni vincolanti e con carattere permanente, preferibilmente costituzionale
  • quando il rapporto tra il debito delle amministrazioni pubbliche e prodotto interno lordo supera il 60% del valore di riferimento le parti contraenti devono attuare la procedura per i disavanzi eccessivi, ovvero un “meccanismo di correzione” automatico
  • l’Unione Europea deve mettere in atto un programma di partenariato economico e di bilancio coordinato (contenente una descrizione dettagliata delle riforme strutturali) per le le parti contraenti che sono oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi
  • le parti contraenti dell’Eurozona riferiscono ex-ante sui loro piani di emissione di debito pubblico e si impegnano a sostenere le proposte o raccomandazioni presentate dalla Commissione europea riguardo uno Stato membro che violi il criterio del disavanzo eccessivo
  • le parti contraenti garantiscono che tutte le riforme di politica economica che intendono intraprendere saranno discusse ex-ante ed, eventualmente, coordinate tra di loro.

Di cosa discuteranno, a partire, dal 2013, i parlamentari dei tanti stati e staterelli europei è difficile capirlo, visto che la spesa sarà definita altrove ed “ex ante”.

L’aspetto, però, più “innovativo” di un trattato di tal genere è un’altro.

Infatti,

  • i capi di Stato o di governo delle parti contraenti la cui moneta è l’euro si riuniscono a titolo informale nelle riunioni del “Vertice Euro”, al quale possone essere invitati (sic!) il Presidente del Parlamento europeo e il Governatore della banca Centrale Europea
  • il Presidente del “Vertice Euro” è nominato dai capi di Stato o di Governo delle parti contraenti la cui moneta è l’euro a maggioranza semplice
  • le Parti contraenti definiscono l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle commissioni bilancio dei parlamenti nazionali

La scelta è molto ambiziosa, visto che il “legante” con Gran Bretagna ed i paesi scandinavi andrebbe ad allentarsi ulteriormente e che in Italia, Portogallo, Irlanda e Grecia potrebbero verificarsi serie, se non irreversibili, problematiche.

Infine, venendo alla nostra Italia, è davvero improbabile che un governo non eletto, un parlamento che non riesce a riformarsi ed dei partiti in fase di riassetto possano legittimamente votare, quanto meno agli occhi dei cittadini, un impegno internazionale così “innovativo”, sia dal punto fiscale sia, soprattutto, per quanto riguarda i poteri del parlamento e degli Stati, ovvero la democrazia effettiva.

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Un Fiscal Compact difficile da digerire

20 Gen

La questione del debito nazionale continua ad essere il principale punto di cedimento dell’Unione Europea in quanto tale. In questi giorni, il Consiglio Ecofin sta portando a conclusione la Fiscal compact, il patto di bilancio tanto voluto da Merkel e Monti.

Un trattato internazionale che ridurrà notevolmente i poteri dei parlamenti in materia economica e che vorrebbe coinvolgere tutti i paesi dell’Unione, pur precisando che le adesioni dovranno essere “almeno dodici” …

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Ecco di cosa si tratta (link bozza integrale):

  • l’obiettivo a medio termine è che il bilancio delle amministrazioni pubbliche debba essere (o pervenire dopo un “percorso di avvicinamento”) in pareggio o in avanzo
  • durante la fase di convergenza a medio termine, il deficit strutturale annuo non può essere superiore a 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Le parti contraenti garantiscono un rapido rientro
  • le parti contraenti possono temporaneamente deviare dal loro obiettivo a medio termine solo in circostanze eccezionali
  • per “circostanze eccezionali” si intende un periodo di grave recessione economica od un evento inconsueto non soggetto al controllo delle Parti contraenti
  • in caso di significativi scostamenti dall’obiettivo a medio termine, un “meccanismo di correzione” deve attivarsi automaticamente e le parti contraenti hanno l’obbligo di predeterminarlo
  • le parti contraenti decono introdurre adeguate norme nel diritto nazionale entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato mediante disposizioni vincolanti e con carattere permanente, preferibilmente costituzionale
  • le parti contraenti garantiscono l’indipendenza degli enti responsabili a livello nazionale del monitoraggio il rispetto delle regole
  • viene istituito un “Report Annuale del saldo strutturale delle amministrazioni pubbliche” al netto di misure una tantum e temporanee
  • quando il rapporto tra il debito delle amministrazioni pubbliche e prodotto interno lordo supera il 60% del valore di riferimento le parti contraenti devono attuare la procedura per i disavanzi eccessivi, come da regolamento UE
  • l’Unione europea deve mettere in atto un programma di partenariato economico e di bilancio coordinato (contenente una descrizione dettagliata delle riforme strutturali) per le le parti contraenti che sono oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi
  • l’attuazione del programmaed i piani annuali di bilancio saranno monitorati dalla Commissione e dal Consiglio d’Europa
  • le parti contraenti riferiscono ex-ante sui loro piani di emissione di debito pubblico
  • le parti contraenti la cui moneta è l’euro si impegnano a sostenere le proposte o raccomandazioni presentate dalla Commissione europea riguardo uno Stato membro che violi il criterio del disavanzo eccessivo
  • se una Parte contraente ritenga, indipendentemente dalla Relazione della Commissione, che un’altra parte contraente non ha rispettato i termini dell’accordo, può portare la questione alla Corte di giustizia, con sentenza vincolante
  • le parti contraenti garantiscono che tutte le riforme di politica economica che intendono intraprendere saranno discusse ex-ante ed, eventualmente, coordinate tra di loro
  • i capi di Stato o di governo delle parti contraenti la cui moneta è l’euro si riuniscono a titolo informale nelle riunioni del “Vertice Euro”, al quale possone essere invitati il Presidente del Parlamento europeo e il Governatore della banca Centrale Europea
  • il Presidente del “Vertice Euro” è nominato dai capi di Stato o di Governo delle parti contraenti la cui moneta è l’euro a maggioranza semplice
  • le Parti contraenti definiscono l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle commissioni bilancio dei parlamenti nazionali
  • il trattato sarà ratificato dalle parti contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali ed entra in vigore il 1° gennaio 2013, a condizione che vi siano almeno dodici contraenti

Di cosa discuteranno, a partire, dal 2013, i parlamentari dei tanti stati e staterelli europei è difficile capirlo, visto che la spesa sarà definita altrove ed “ex ante”.

L’aspetto, però, più “imminente” di un trattato di tal genere è un’altro.

La scadenza per la firma è a breve e tra dodici mesi è prevista l’entrata in vigore. Una scelta molto ambiziosa, visto che il “legante” con Gran Bretagna ed i paesi scandinavi andrebbe ad allentarsi ulteriormente e che in Italia e Grecia potrebbero verificarsi serie, se non irreversibili, problematiche.

Infatti, venendo alla nostra Italia, è davvero improbabile che un governo non eletto, un parlamento che non riesce a riformarsi ed dei partiti in fase di riassetto possano legittimamente votare, quanto meno agli occhi dei cittadini, un impegno internazionale così “innovativo”, sia dal punto fiscale sia, soprattutto, per quanto riguarda i poteri del parlamento e degli Stati, ovvero la democrazia effettiva.

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Eurozone: va changer le budget de l’Etat

1 Dic

Alors que les Monti gouvernement se prépare à soumettre au Parlement un plan financier pour 200 milliards d’euros, malgré la possibilité que la récession va submerger tous, une voix de bon sens vient de Francfort.

Nous avons besoin d’une structure équilibre unique feuille, comme la BCE est unique. Il est Mario Draghi sur la parole, gouverneur de la Banque Centrale Européenne.

«Un des objectifs est urgent de parvenir à un système d’imposition de l’Union européenne».

Un «signal important», qui, comme ce blog a longtemps appelé, permettra de surmonter le  obsolètes du le système public d’équilibre financier , qui caractérise l’Italie et la France. Les pays où la rigidité de la dépense et l’imprévisibilité des budgets publics sont «normales», avec la lenteur de la dépensela complexité de étapes de la procédure.

Une réforme qui va toucher, de façon prévisible, les traités européens et la soi-disant «pacte fiscal», mais, surtout, aura un impact non seulement sur les systèmes budgétaires nationaux et locaux, mais aussi sur le contrôle financier et d’audit, comme le processus , judiciaire ou extrajudiciaire, qui sera suivie pour les déficits et dettes publics.

Une révolution, si elle s’enracine dans les pays latins, où, jusqu’à présent, le pouvoir discrétionnaire accordé aux fonctionnaires publics a toujours été «négative» plutôt que «proactive».
Un système de castes où qui rien ne change (et n’avez pas dépenser ou produire des ressources) est récompensée et ceux qui ont vraiment de gérer sont cent fois vérifié.

Un monde où il est presque un péché d’innover et de s’améliorer. Un monde qui doit changer.

d’origine affiché sur demata

Draghi, bilancio unico per l’Eurozona

1 Dic

Mentre il governo Monti si appresta a sottoporre al Parlamento una finanziaria da 200 miliardi, nonostante la possibilità che la recessione travolga tutto, ecco una voce di buon senso che arriva da Francoforte.

E’ necessaria una “struttura di bilancio unica, come è unica la Bce”, queste le indicazioni che arrivano da Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea.

Uno degli obiettivi è arrivare all’unione fiscale.

Un “segnale importante”, che, come questo blog chiede da tempo, porterà al superamento del sistema ordinativo che caratterizza Italia e Francia, dove rigidità della spesa ed imponderabilità dei bilanci pubblici sono la norma, insieme alla lentezza procedurale nelle fasi di spesa ed attuazione.

Una riforma che toccherà, prevedibilmente, i trattati europei ed il cosiddetto “Patto di bilancio”, ma, soprattutto, inciderà non solo sui sistemi di bilancio nazionali e locali, ma anche sul sistema degli apparati di controllo e di revisione dei conti, come sulla procedura, giudiziale od extragiudiziale, da seguire per disavanzi e crediti pubblici.

Una rivoluzione, se dovesse attecchire nei paesi latini, dove, finora, la discrezionalità data ai pubblici funzionari era sempre “negativa” e non “propositiva”. Un sistema di caste dove chi non spende è premiato e chi fa management deve render conto cento volte, quasi che sia una colpa innovare e migliorare.

(leggi anche Disanima del debito italiano)

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