Arrivano dal Brasile i calciatori preferiti dalle squadre impegnate nella UEFA Champions League e nella Europa League.
Ben 152 carioca con 648 presenze per un totale di oltre 47.000 minuti giocati, seguiti dai francesi (136 con 491 presenze e 34.000 minuti di gioco) e dagli spagnoli con 131 calciatori e 532 presenze con 38.000 minuti giocati.
Seguono la Germania ed i Paesi Bassi, con una novantina di professionisti del pallone, l’Inghilterra con i suoi 83 players, il Portogallo (76), l’Argentina (72) ed, infine, al nono posto, l’Italia, con i suoi 71 calciatori per 270 presenze e 19.000 minuti giocati.
Dunque, c’è poco da dire: il calcio italiano langue davvero, se persino Francia ed Olanda possono annoverare più calciatori di noi tra le fila delle squadre che rappresentano l’elite del calcio europeo moderno.
Sempre guardando all’Europa, tra le squadre più vecchie troviamo l’Inter dei preliminari, la Lazio del pareggio contro il Panaithinaikos Aten, la Juventus vincente a Londra contro il Chelsea.
Mentre, a fronte di ben nove spagnoli, tra i 45 calciatori utilizzati da squadre europee e maggiormente valutati sul mercato non c’è nessun italiano.
La causa, lo sappiamo tutti, è nella scarsa capacità di investire sui giovani, un male profondo e millenario del nostro paese, che si riflette anche sul calcio nostrano, decurtandone valori e prospettive.
Un calcio improduttivo, se non sviluppa campioni – ovvero immagine, introiti, successi – e che sopravvive tra introiti televisivi garantiti per legge e speculazioni immobiliari di belle speranze.
Anche in questo caso, è una questione tutta italiota, come la prebenda oggi e la gallina domani o l’investire sul mattone come se il cemento fosse davvero oro.
Non a caso, sono stati personaggi come Vujadin Boškov o Zdenek Zeman a lavorare sui giovani, valorizzando campioni, dimenticati, se non esclusi, dal calcio che conta.
Considerata l’affezione italica per il Dio Eupalla e l’importanza che gli italiani danno alle vicende calcistiche, potremmo quasi azzardare che un qualsiasi governo, presente o futuro, che volesse dare un segnale di rinnovamento e rigore, potrebbe agevolmente iniziare dal calcio.
Anche perchè qualcosa deve cambiare e subito, se vogliamo che il calcio non sia strangolato dai mercati come le nostre finanze, tra il miliardo di euro di concessioni televisive, garantito per legge solo fino al 2015, il fair play finanziario di Platini, che cancellerà ‘certi mecenatismi’ e ‘certi bilanci societari’, e gli stadi che vanno al più presto rinnovati ed ammodernati.
originale postato su demata
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