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Operazione ‘Trasparenza: non promettere l’impossibile

5 Ago

La trasparenza comunemente viene vista come una prassi, ma è errato: nella società industriale di massa (e oggi digitale) la trasparenza è un risultato.

Non un ‘comportamento’, ma uno ‘stile’ che viene da più ‘comportamenti’ coesi.

Perché?

Per via della ‘complessità’ e della ‘velocità’, che rendono opaca anche la luce del sole agli occhi dei ‘semplici’ o dei ‘semplificatori’ (che non intravedono prospettive, opportunità e rischi secondari) e dei ‘lenti’ o dei ‘pensatori’ (che non partecipano in tempo reale al ‘processo di cambiamento’, cioè qualsiasi attività finalizzata ad uno scopo).

Questa nozione ebbe una certa diffusione con il Governo Monti ed il suo tentativo di convincere i partiti ad avere una ‘spending review’: fu allora che scoprimmo che la ‘trasparenza’ non è creare una sala dove discutere dei ‘panni’ stesi al sole man mano che arrivano, tutti ed indifferenziatamente, bensì programmare modi e tempi con cui i ‘panni’ distinti per colore e taglia vengono esposti.

Dunque, quando si parla di ‘trasparenza’, si parla di amministrazioni che tutte ed entro i termini compilano i form on line richiesti dalle istituzioni finanziatrici o controllore e pubblicano quando dovuto all’utenza interessata.
Ma … possono farlo solo se sono al passo con la previsione /programmazione e con il rendiconto /risultato di spese, servizi, organigrammi, funzioni, risultati, economie eccetera.

Detto questo, è abbastanza chiaro dove siano le resistenze che hanno fatto cadere tutti gli economisti che in questi anni hanno tentato di intervenire: Amato, Dini, Prodi, Tremonti, Bassanini, Padoa Sforza, Monti e Draghi , ma c’è dell’altro.

Facciamo conto che il Parlamento approvi in soli 12 mesi le riforme profonde che servono ad amministrare nel III Millennio una comunità di 60 milioni di persone: parliamo della Funzione Pubblica, della formazione degli Atti digitali, del sistema di revisione dei Bilanci e … dell’interesse nazionale superiore anche nel caso dei servizi in competenza a Comuni e Regioni.

A seguire, vanno emanati i regolamenti attuativi di competenza di una 40ina tra ministeri e regioni, cioè mezzo migliaio di direzioni generali e relative contrattazioni sindacali.
Ed arrivati al tal punto, cioè dopo forse altri 12 mesi o forse di più, ha inizio il tutto, ma solo dopo l’acquisizione dei dati che servono per quantificare /distribuire le risorse … e sono trascorsi altri 6 mesi, forse dodici.

Arrivati al quarto anno di legislatura (ma potrebbe essere anche già trascorso il quinto …) la programmazione e la ‘trasparenza’ iniziano a procedere nella direzione voluta dal Parlamento 3-5-8 anni prima, ma a condizione … che sia rieletta la stessa identica coalizione che aveva legiferato e stanziato.
Altrimenti, si cambia tot o tutto, che intanto passano altri 3-5-8 anni, … sempre che non ci si fermi per qualche ripensamento.

Dunque, è già molto ambizioso sperare di riformare in 5 anni la formazione degli Atti digitali, il sistema di revisione dei Bilanci e soprattutto riportare all’interesse nazionale i servizi in competenza a Comuni e Regioni. La Funzione Pubblica e la Spending Review?
… toccherà ad un altro governo l’arduo compito di contrattare con i sindacati un radicale cambiamento nel settore pubblico, introducendo – ad esempio – dei tempi di lavorazione uniformi e delle premialità aderenti ai risultati, cioè bonificando le carenze.

A.G.

Crocetta e Marino: perchè devono andar via?

24 Lug

I motivi perchè Roma e la Sicilia debbano affrontare un ricambio politico sono tanti e tantissimi, ma quelli chè allarmano per davvero sono pochi e semplici da comprendere.

Non sappiamo se Crocetta e Marino pensassero che i sindaci avessero degli incarichi ‘politici’, piuttosto che l’onere di amministrare la cosa pubblica.
Ma ad ambedue oggi si reclama di non aver denunciato nelle sedi dovute (prefetto e magistratura) il degrado professionale e funzionale degli enti cui sono preposti, come di mostrare quella cultura del diritto e delle procedure che gli consentirebbe di intervenire direttamente e di amministrare.

Due situazioni gravissime se non amministrate, considerato che sia l’Assemblea Siciliana sia Roma Capitale hanno di per se un finanziamento statale ampio ed apposito. Dieci milioni sprecati a Roma o in Sicilia magari sono un’inezia, ma se ben spesi in Molise (ad esempio) ci sistemi tutti i fondovalle …

In ambedue i casi Crocetta e Marino forse speravano che le ‘larghe’ intese con lo Stato centrale avrebbero permesso di superare gradualmente il sistema di prebende ed inefficienza del personale dipendente dai loro enti. Oppure che i loro vice ed i loro staff riuscissero a riportare a norma contratti di lavoro, organigrammi, funzioni e procedure con la bacchetta magica … trovando ampia collaborazione dei sindacalisti e dei direttivi.

Di fatto, va a finire che l’Assemblea Siciliana riesca a spendere, spandere ed assumere in ampia autonomia e che Roma Capitale si ritrovi con ennesimi buchi di bilancio, appalti bloccati, servizi esternalizzati da rifere o abrogare eccetera fino alla questione della mobilità e della sicurezza, ovvero metro, bus, polizia municipale, servizi sociali, case popolari eccetera.

Se Crocetta e la Sicilia andranno inevitabilmente a sbattere contro lo scoglio del Fiscal Compact, ben più allarmante è la situazione romana.
Marino si ostina ad andare avanti con mezza giunta defezionata ed altrettanto per le dirigenze apicali, più tot esponenti di municipi o municipalizzate agli arresti domiciliari in una Roma che dovrà garantire tra pochi mesi l’ospitalità e la mobilità che servono ad un Giubileo.
Intanto, l’astio della cittadinanza verso il personale comunale (e gli amministratori che tollerano) è crescente, come è da tempo alto lo sdegno per come viene tenuta la città e per come è stata amministrata in dieci anni.

Crocetta potrebbe anche superare l’enpasse, ma a condizione di accettare il gravoso ruolo di ‘amministratore della cosa pubblica’, diversa è la situazione di Marino, dove non basta più solo un vicesindaco illuminato per rinfrancare gli animi, interdire i prepotenti e far ripartire servizi viziati da decenni di procedure e ‘prassi’ poco legittime.

Demata