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Roma inerme: la Mafia è alle porte

24 Nov

Secondo il criminologo Francesco Bruno, «il segnale è inequivocabile: vi è la presenza evidente di una struttura mafiosa a Roma di grosso calibro». Mentre le organizzazioni locali «non sono bande classiche ma vere organizzazioni clandestine».

E Gianni Alemanno conferma che «ci siano o possano esserci contatti tra il grande crimine che ha comprato pezzi di economia romana e che per ora si è limitato al riciclaggio di capitale sporchi e le bande che operano sul territorio nell’ambito per ora del solo controllo dello spaccio della droga».

La ricetta del Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, è quella che si aspettava da tempo e che Mastella e Maroni avevano negato: più uomini, più mezzi, più controllo del territorio. Speriamo che basti.

Purtroppo, nonostante la gravità del contesto che vede le organizzazioni mafiose impossessarsi sanguinariamente di Roma, il PD romano, per voce di Ileana Argentin, non esita a criminalizzare il Sindaco di Roma, per «aver perso tre anni a minimizzare anche i più evidenti fenomeni di criminalità nella Capitale, sollecitando media e organi di informazione a non dipingere Roma come terra di conquista di organizzazioni malavitose».

Eppure, i “veri” problemi che inficiano la sicurezza di Roma sono di vecchia data.


Innanzitutto, il Lazio accoglie quasi metà dei collaboranti di giustizia esistenti in Italia, se solo una piccola parte di costoro continua a delinquere, a Roma c’è l’equivalente di una cupola.
Inoltre, a causa del rischio di incappare in qualche VIP, i controlli sui locali pubblici sono scarsi e poco incisivi, come lo sono i controlli antialcol ed antidroga all’uscita.
Infine, essendo la Capitale dipendente dagli snodi logistici di Fondi e di Civitavecchia-Gioia Tauro, è improbabile che, tra Veltorni e Storace, si potesse NON prevedere “cosa” si sarebbe impossessato di questi gangli vitali per l’economia locale.

Andando in “profondità”, dobbiamo rilevare che 18 anni di politiche “de sinistra”, dopo quelle cinquantennali del centrodestra democristiano, consegnano alla città:

  • oltre un milione di persone, tra cui poveri ed anziani, ma anche malviventi e sussidiati, che vive in case popolari
  • un livello di istruzione dei maschi adulti spaventosamente basso: circa il 40% degli under50 è non è in possesso di un diploma.

Se parliamo delle case popolari ricordiamo anche che le pertinenze non possono essere pattugliate dalle forze dell’ordine, come sono impattugliabili le borgate totalmente abusive che assediano la città.
Giusto per non mancare, ricordiamo anche che i servizi sociali, notoriamente clientelari e/o esternalizzati, non sono in grado di organizzare gli interventi (giudiziari e sociali) che servirebbero per l’enorme massa di bulli, persone prive di requisiti e famiglie allo sbando.

Gianni Alemanno passerà alla storia come il “sindaco immobile”, questo è probabilmente nell’essere dei fatti, ma è del tutto errato affrontare il problema “mafia a Roma” come fosse una delle quotidiane sterili polemiche capitoline in cui si “diletta” il nostro Consiglio Comunale.

Come lo è continuare a guardare solo all’immagine, alle clientele ed ai potentati locali senza tentare di “emancipare la suburbia” e di innovare, dopo due millenni, questa città nei servizi come nelle sanzioni.

E’ inconcepibile che in una Capitale circa un quarto della popolazione viva di sussidi o sia assistita in vario modo: la città deve essere produttiva e deve avere abbastanza cittadini in grado di esserlo.

Come anche, a Roma, non possiamo continuare ad amministrare le pene come ai tempi del Papa Re: le carceri devono essere moderne e lontane, altro che Regina Coeli sul Lungotevere, come fosse casa e bottega.

originale postato su demata