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Nuova perizia per Anders Behring Breivik

13 Gen

Dopo le diffuse proteste, il Tribunale di Oslo dovrà eseguire nuove perizie psichiatriche su Anders Behring Breivik, l’attentatore di Utoya, prima di rinchiuderlo in una struttura per malati mentali pericolosi, evitando un vero e proprio processo.

Non poche, infatti, erano state le polemiche per la diagnosi di “psicotico, affetto da una forma di schizofrenia paranoica” degli psichiatri Synne Serheim e Torgeir Husby.
Una diagnosi che avrebbe permesso al Tribunale di Oslo di recepirla in sentenza, trasformando Breivik in  un soggetto “penalmente irresponsabile” e quindi non processabile, prima ancora che punibile.

Un processo che, senza svolgimento, non permetterebbe di acclarare se Brevik fu il solo e vero autore della strage.
Un processo ed una condanna che Anders Behring Breivik chiede, affermando di aver compiuto atti “atroci ma necessari”.

D’altra parte, come può essere “incapace di intendere” un uomo che ha pianificato per anni e completato un attentato di una notevole complessità?

Allora, perchè la giustizia norvegese ha tali difficoltà a processare Anders Behring Breivik, al punto che la prima vera udienza è fissata per il prossimo 16 aprile, a ben otto mesi dalla strage?
Perchè la Norvegia è un paese non proprio perfetto … visto che “nel 2000, quando le legislazioni dei due paesi in materia erano comparabili, le persone investigate per reati correlati al traffico di droga erano 57 ogni 100.000 abitanti in Italia a fronte di ben 174 in Norvegia” e “che una ragazza su sette ha tentato il suicidio”.

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Norvegia, un paese non proprio perfetto

26 Lug

In Norvegia, il tasso di criminalità è di 70 detenuti ogni 100.000 abitanti, a fronte degli oltre 100 dell’Italia e dei circa 500 degli Stati Uniti. Il tasso di recidività è al 20%o, a fronte di un dato più che doppio (>55%) negli Stati Uniti.

Secondo gli esperti, questo è possibile grazie alla bassa densità di popolazione, alla mancanza di sensazionalismo da parte dei mass media, ai rilevanti costi del Welfare, ad un sistema penale e penitenziario che punta sul recupero, piuttosto che sulla sanzione.

Una sorta di Eden? Un modello da implementare dovunque?
Non esattamente.

Innanzitutto, c’è da rilevare che il sistema giudiziario ha sue contraddizioni. Ad esempio la prostituzione è illegale, ma è legale prostituirsi, e , a fronte di tanta umanità per i detenuti comuni, si prevede la castrazione per chi commette reati sessuali, per non parlare della ridicola pena a 21 anni di carcere per uno come Anders Behring Breivik.
Inoltre, secondo l’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), nel 2000, quando le legislazioni dei due paesi in materia erano comparabili, le persone investigate per reati correlati al traffico di droga erano 57 ogni 100.000 abitanti in Italia a fronte di ben 174 in Norvegia.
La Norvegia, secondo le statistiche, è anche uno dei paesi maggiormente afflitti dal consumo di ecstasy e boom drinks.

 Va detto che i tassi di criminalità sono altrettanto bassi in paesi dove il sistema giudiziario è molto diverso dalla Norvegia, come ad esempio in Arabia Saudita e nei paesi dove vive la Sharia.
Sono in errore, dunque, i tanti che attribuiscono la “pace sociale” norvegese alla comprovata eccellenza dei propri tribunali e delle proprie carceri.
Sono, piuttosto, la minore occasione di relazioni umane, data dalla bassissima densità abitativa, e la correttezza dei media a contribuire con certezza nel ridurre il tasso di criminalità, cosa confermata dai dati italiani e statunitensi dove è prassi comune lo “sbattere il mostro in prima pagina”.

Quanto ai rilevanti costi del Welfare, vale la pena di ricordare che Norvegia ed Arabia Saudita sono due nazioni molto ricche, grazie all’estrazione del petrolio, e che, probabilmente, non potrebbero mantenere gli attuali livelli se il PIL dovesse essere prodotto piuttosto che “estratto”.
Vale la pena di annotare anche che l’Italia ha una spesa in servizi pubblici pro capite di gran lunga superiore alla Norvegia, ma con risultati ben inferiori, e, soprattutto, che la Norvegia ha elevati costi di gestione del crimine, sia come spesa giudiziaria e carceraria sia come welfare e prevenzione.

L’Eden scandinavo esiste solo grazie alla bassissima densità abitativa, alla finanza pubblica che attinge a ricche rendite (petrolio, esplosivi, legname), ai media che informano la pubblica opinione senza sensazionalismo.

Ma c’è dell’altro.

“(ANSA) – OSLO, 2007-02-05 19:00 Norvegia: aumentano tentati suicidi.
– Secondo uno studio pubblicato oggi, sono aumentati di un 30% i tentativi di suicidio tra gli adolescenti in Norvegia. La tendenza e’ legata all’aumento del consumo di droghe ed alcool, cosi’ come a una preoccupazione sempre piu’ crescente per l’aspetto fisico.

Lo studio mostra che un 13,6% delle ragazze ha tentato di togliersi la vita nel 2002, mentre nel 1992 era stato un 10,6%. I tentativi di suicidio tra i maschi sono stabili: 6,2% nel 2002 contro il 6,0% nel 1992.”

Un dato impressionate, se pensiamo che una ragazza su sette ha tentato il suicidio, sia riguardo la condizione giovanile e, soprattutto, femminile sia sullo stato di salute della società norvegese.

Per molti anni, allorchè negli USA si verificavano stragi nei college o nei supermercati, la stampa e gli esperti hanno puntato il dito contro il sistema giudiziario e di protezione sociale statunitense.
Addirittura, il noto e simpatico regista Michael Moore ha tentato, nel film Blowing Columbine, di “dimostrare” il nesso tra stragi, industria delle armi e governo “fascista”.

Dopo il 22 luglio norvegese, sappiamo che può accadere di molto peggio nella vecchia Europa, ammantata di welfare e di controlli, se messo a confronto con le stragi degli Stati Uniti, liberisti e bellicosi.

Evidentemente, il nocciolo della questione è che Claude Levi Strauss aveva torto e Desmond Morris aveva ragione: l’istinto predatorio è connaturato nell’Uomo.
Una società sana può solo sperare di mitigarlo.

Oslo, Utoya, Anders Behring Breivik: cosa ancora non ci raccontano

24 Lug

Non v’è dubbio che Anders Behring Breivik, 32 anni, non abbia tutte le rotelle a posto e che abbia commesso uno dei crimini più efferati della storia europea recente.

Ma questo non deve indurci a sottovalutare quello che è accaduto ad Oslo e sui media, bollando il tutto con “nazista, “serial killer”, “pazzo”.

Innanzitutto, certi media, specialmente quelli italiani, che si sono ostinati per ore ed ore nell’annuncio dell’ennesimo attacco jihadista, mentre, fin dai primi minuti, era evidente che la bomba nel centro di Oslo fosse di altra origine.
Pochi morti, poca “spettacolarità”, nessuna “azione di supporto” o di “magnificazione” dei danni, obiettivo non precisato: non è questo lo “stile” di Al Quaeda.
Non era difficile accorgersene, specialmente se i media norvegesi, inglesi e statunitensi si dimostravano molto freddi su questa ipotesi.
Eppure, anche il giorno dopo, a RAINews24 c’era chi offriva in pasto ai telespettatori l’ipotesi islamica …

Dicevamo, l’obiettivo imprecisato, o meglio, non distinguibile se si segue la pista islamica, viceversa ben evidente se annotiamo che nel blocco degli edifici coinvolti dall’esplosione c’è la sede del Arbeiderpartiet (Partito Laburista norvegese, letteralmente “partito dei lavoratori”), lo stesso che aveva organizzato il meeting giovanile ad Utoya.
Dunque, l’intenzione di Anders Behring Breivik era quella di colpire il partito, non la Svezia tutta od il suo governo.

Come? Attirando tutte le forze speciali al centro di Oslo, per avere più tempo a disposizione per compiere il massacro di Utoya ed azzerare la futura classe dirigente laburista norvegese, uccidendone una buona metà e traumatizzandone il resto.
Non è un caso che dalla Norvegia, a quasi 48 ore, dai fatti non si abbiano ancora notizie precise sul numero di morti rinvenuti e su quello dei superstiti accertati. E’ evidente che il numero dei dispersi è elevato e che il conto dei 98 morti è destinato ad accrescersi.

Ecco descritto il freddo delirio di Anders Behring Breivik: cancellare, o quanto meno depotenziare, l’Arbeiderpartiet, un partito che, dal 1935,  governa senza quasi nessuna interruzione la Norvegia, che, non a caso, è stata chiamata per molti anni “one party state” (il paese con un solo partito).
Una forza politica che aveva vinto le  elezioni con un risicato 24% e che, fino ad oggi, è rimasto al potere grazie ad una “fusion” con i Verdi, che li ha riportati oltre il 34%, ed a spegiudicate coalizioni di governo, che assemblano centristi e postcomunisti.
L’attuale governo, che nel 2008 è stato coinvolto in gravi scandali di corruzione, aveva ricevuto il 47,6% (1.280.440 voti), contro il 49,5% (1.331.416 voti) totalizzato dal “centro-destra” (progressisti, cristiani, liberali e conservatori).

Anders Behring Breivik è sicuramente uno squilibrato, ma qualunque analista politico (come anche chiunque abbia voglia di leggere o scrivere cosa c’è “dietro” le notizie) non puo evitare di prendere atto che, in Norvegia, c’è una palese assenza di ricambio politico e, probabilmente, una forte omologazione culturale “a sinistra” da cui il paese si sta risvegliando con evidenti sussulti, visto l’incubo che si è concretizzato ad Utoya.
Non è un caso che Jens Stoltenberg, primo ministro e leader del Arbeiderpartiet, stia cercando in tutti modi di minimizzare la tragedia, ad esempio, non fornendo il numero dei dispersi o quello dei danni e degli obiettivi della bomba: è sua l’incredibile gaffe di ieri, stigmatizzata dai media norvegesi, allorchè ha annunciato che l’anno venturo si sarebbe tenuto di nuovo il meeting di partito di Utoya, per sentirsi ribattere da uno dei sopravvissuti un “non se ne parla proprio.

Ma c’è dell’altro:  tutte le prime notizie pervenute riportano di una (seconda) esplosione in piazza Yougstorget, antistante la sede del Arbeiderpartiet ed a pochi metri dai palazzi governativi colpiti. Certo, era il caos dei primi momenti, ma la stessa BBC riportava alle 15.44 (pochi minuti dopo l’esplosione) una testimonianza diretta: “la bomba è esplosa a  Youngstorget e che la polizia stava evacuando i feriti e concentrando le ambulanze lì (The bomb went of at Youngstorget, … injured people are taking care of by a huge amount of police and medical forces. … The police is now evacuating all people from Youngstorget).

Questa è la storia dell’ “attentato di Oslo del 22 luglio” ed è possibile trovarlo sui media norvegesi, in particolare proprio quel VG Tabloid di Oslo “attaccato dai jihadisti” …  resta solo da chiedersi perchè la stampa ed i media italiani non se ne siano ancora accorti, visto che il traduttore di google “norvegese (Bokmal)-italiano” non funziona troppo male …