L’aspetto più scandaloso del disastroso sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Napoli è l’aleatorietà e la superficialità con cui è stato, di volta in volta, affrontato il problema.
La questione di fondo, irrisolta, è data dalla densità sia demografica sia criminale della provincia di Napoli: l’affollamento abitativo impedisce la dislocazione “safe” dei centri di raccolta o stoccaggio e la ramificazione camorristica ostacola una attività molto delicata che può essere gestita solo se si rimane nella legalità.
A questo livello, è evidente che le responsabilità, le miopie e le ignavie ricadono solo ed esclusivamente sui diversi Parlamenti e i Governi, che non hanno voluto e non vogliono tener conto delle peculiarità dell’area partenopea e che, a differenza di molti altri paesi, non sono mai riusciti ad attuare una strategia vincente contro le organizzazioni mafiose o quanto meno di contenimento al loro espandersi al di fuori della Calabria e Sicilia a partire dagli Anni ’70.
Vale anche la pena di prender nota che non c’è anima viva (tra redazioni, ministeri e sedi di partito) che ricordi come il problema dei siti di raccolta o stoccaggio riguardi la Provincia di Napoli e non semplicemente il Sindaco di Napoli, come anche che lo smaltimento dei rifiuti sia responsabilità della Regione Campania, prima ancora che del Comune di Napoli.
Poi, ci sono Napoli, i napoletani ed i politici che Roma decide di mettergli in lizza.
Riguardo i napoletani, c’è un aspetto che molti ignorano e che delinea tutta la faccenda sotto un’altra luce: percorrono molti metri, anche centinaia per deporre il proprio sacchetto, visto che i siti dove collocare cassonetti sono pochi, in una città millenaria con un reticolo stradale ancora medioevale, se non latino. Siti dove, tra l’altro, spesso non c’è abbastanza spazio per disporre un numero sufficiente di cassonetti.
In tutte le altre città i cittadini protestano se non hanno i cassonetti a 50 metri, mentre a Napoli gli “sporchi e disordinati” partenopei accettano tranquillamente di adattarsi al contingente.
Detto questo, quali best practices possono risolvere la situazione?
Innanzitutto, va evitato in futuro che procedure e protocolli vadano in tilt, come a Napoli, dove le competenze, le responsabilità, le infrastrutture, le burocrazie e, temo, gli intralci sono ormai di tutti: Governo, Regione, Provincia e Comune. E’ anche un problema costituzionale e, forse, la Suprema Corte potrebbe essere proficuamente coinvolta, se solo una delle istituzioni coinvolte volesse.
I sindaci, entro budget prefissati o per motivi di emergenza, devono poter spedire (o vendere) l’immondizia altrove. In Padania, se i gestori dei loro termovalorizzatori vorranno far affari, o in Europa, dove lo smaltimento è un business come altri ed opera in libero mercato. A contraltare, una giunta comunale che non riuscisse a garantire l’igiene minima nel proprio territorio andrebbe dimissionato e commissariato: il disasrtro Iervolino è un monito per tutti, a Napoli, come a Milano, Roma o Bari.
I siti di raccolta e di stoccaggio vanno posti sotto il controllo diretto dell’autorità pubblica, visti i danni ambientali ed alla salute che possono provocare o le infiltrazioni criminali che ogni tanto emergono, a Napoli come a Roma o Milano.
L’aspetto cruciale, emerso anche nella Parentopoli di Alemanno o in Padania con allarmante frequenza, è che lo smaltimento dei rifiuti genera un enorme business nel settore del trasporto su gomma. Ogni singolo sacchetto può percorrere anche centinaia di chilometri prima di essere definitivamente smaltito, tra centri di raccolta, stoccaggio, smaltimento eccetera fino al “mitologico” termovalorizzatore. Una riforma del sistema è essenziale se si vuole consentire sia l’emersione e la legalizzazione di un sommerso al momento tutto da comprendere sia una pianificazione finanziaria e gestione credibile.
Alla fine di tutto, c’è Napoli ed i napoletani.
Parlando della città, senza differenziata, non c’è via d’uscita: l’umido deve essere raccolto con quotidianita e nei giusti orari, se si vuole evitare di strabordare dai cassonetti, gli imballi dovrebbero essere accumulati e raccolti in un giorno specifico. Riguardo la plastica, visto anche che parliamodi una città e di una cultura antiche oltre 2500 anni, dovrebbero esserci gli elementi (anche a livello di normativa europea, di Unesco e chi più e ha ne metta), per regolamentarne l’immissione sul mercato come imballi ed articoli usa e getta.
Quanto ai partenopei, è inutile organizzare una raccolta dei rifiuti umidi senza tener conto delle abitudini alimentari e, soprattutto, degli orari: il sacchetto della sera, ad esempio, è pronto, spesso, a mezzanotte, non alle 19,30, e basta, come nei paesi freddi.
Ma soprattutto è impensabile che, attaccando un sindaco eletto con una forte maggioranza, l’Italia possa venir fuori da una brutta situazione che inizia a degenerare con “roghi”, “blocchi stradali” e “scorte armate”, come riportano un po’ tutti i media.
Purtroppo, nell’Italia del governo della Lega, viene quasi il sospetto che l’ipotesi di una “Napoli insorgente” appaia più come un’opportunità che una tragedia … e su questo De Magistris come Berlusconi dovrebbero davvero meditare.
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