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Quanto costa la Quota 100?

21 Gen

Una valanga di nuove tasse, circa 73 miliardi di euro, per il triennio 2020/2022, questa è l’entità della spesa aggiuntiva per le casse pubbliche della Quota 100 e del Reddito di Cittadinanza, stimata da Claudio Romiti su L’Opinione (18 gennaio 2019). 

Una cifra attendibile, ma – come ricordava ieri Emma Bonino – nessuno sa ancora quanto costerà effettivamente ai contribuenti italiani la Legge di Bilancio, figuriamoci la Quota 100 e il Reddito di Cittadinanza. 

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Restando alle Pensioni e cercando di capire quanto saranno sostenibili per le Casse Pubbliche, cioè per pensionati, lavoratori e giovani, i dati dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (12 Novembre 2018) sono chiari e dicono che l’introduzione di quota 100 potrebbe costare allo Stato fino a 13 miliardi, ma a condizione che tutti i 437.000 contribuenti coinvolti scegliessero di andare in pensione nel 2019.

Tito Boeri, presidente dell’Inps, prospettava (11 ottobre 2018) «incremento del debito pensionistico destinato a gravare sulle generazioni future nell’ordine di 100 miliardi», cioè confermava che «ridurre i costi a 7 miliardi per il primo anno e a 13 miliardi a regime»  (23 maggio 2018).

Il Sottosegretario al Ministero del Lavoro e Politiche Sociali ed esponente della Lega Claudio Durigon (18 settembre 2018) negava la stima di 13 miliardi, ma confermava Upb ed Inps: “Siamo intorno ai 6-8 miliardi per il primo anno. Questo è il costo effettivo di Quota 100.” 

Ma come c’è riuscito il Governo?

Innanzitutto, tagliando nelle previsioni il numero dei beneficiari di un quarto (portandoli a circa 340mila) … e potrebbero essere anche meno.

Infatti, con la Quota 100 un 63enne con contribuzione inferiore ai 35-25 anni si ritrova con un taglio 40-60% rispetto all’ultimo stipendio, con buona pace del suo reddito e del suo futuro da anziano.

Tagliando adeguatamente la rendita pensionistica della Quota 100 si ottiene che molti preferiranno andare via con APE Sociale (se hanno almeno 63 anni di età) o con la Fornero (se hanno almeno 43 anni di contributi).
E così accade che da 13-15 miliardi annui per pensionare quasi mezzo milione di persone, si prevede che se ne possano spendere la metà, cioè 6-8 miliardi di euro.
Per il primo anno …

Dunque, riguardo la Quota 100 voluta dalla Lega già in campagna elettorale:

  1. un esborso di circa 5 miliardi annui era già previsto dai governi precedenti per ‘aggiornare’ le norme Fornero ed entro tale somma si tratta solo di decisioni politiche su quali categorie vanno ‘anticipate’. C’era da scegliere tra lavori usuranti, gravi invalidità, settori in crisi o da rinnovare, contribuzione insufficiente;
  2. essendo in Italia, ci saranno poi le deroghe e i ricorsi, e per i prossimi 5-6 anni peserà sui conti Inps qualcosa in più delle previsioni del Governo (credibilmente 10-11 milioni l’anno), poi – a man mano che i “pensionati quota 100” diventano over 67enni – la spesa rientrerà in quella ‘di vecchiaia’. Dunque, niente panico per i giovani: chi va via prima ora paga pegno sulla rendita pensionistica e tra sei anni al massimo inciderà di meno sulla spesa totale;
  3. nel complesso parliamo di una somma pari a circa il 3-6% della spesa pensionistica italiana totale. Non un’inezia. E parliamo di circa mezzo milione di redditi dimezzati, con ricadute sul fisco e sul commercio locali tutte da capire. Non è un caso che si parli di cessare l’iniquo blocco dei TFR pubblici, che – almeno da principio – andrebbero a sostenere  la pensione ridotta;
  4. c’era da scegliere se riformare la Fornero, a partire dall’esodo dei lavoratori senior con malattie croniche invalidanti (con minori conti del lavoro e della spesa sanitaria e assistenziale) o favorire il turn over nella P.A. (cioè i ‘concorsi’) ed a raccogliere consensi quà e là, con la speranza che i nuovi assunti porteranno con se anche l’innovazione e la semplificazione che serve da 30 anni;
  5. mantenendo in vigore sia APE sia la Fornero e tentando di restare nei parametri prefissati, è evidente che la Quota 100 così com’è rinvia il problema complessivo delle pensioni agli anni a venire, quando sapremo quanti sono questi miliardi nei prossimi tre anni, da dove saranno presi e se potevano essere spesi meglio. 

Il vero enigma (sociale ed economico) è il Reddito di Cittadinanza, ma ne riparleremo.

Demata

Fallimento Renzi: rating al ribasso, troppo fisco, troppi tagli, troppe spese

22 Ott

Halloween si avvicina, l’elezione del nuovo Presidente USA pure ed anche il Dia del Los Muertos sarà festeggiato a breve. Intanto, il 30 ottobre – il giorno dei conti da portare in UE – è alle porte. A seguire il 2017 con le sue centinaia di miliardi in BOT e BTP da saldare e ricollocare.

E non dobbiamo meravigliarci se l’agenzia di rating Fitch ha benevolmente confermato la sua valutazione del debito italiano ‘BBB+’, seppur rivedendo al ribasso l’outlook da ‘stabile’ a negativo: non ci siamo ritrovati in ‘C+’ – cioè in stato di dichiarato fallimento – solo grazie ad Obama che appoggia Matteo Renzi e lancia indagini su Moody’s, sperando che vinca Hillary e che arrivi qualche ‘aiutino’ proprio mentre stiamo contrattando BTP e BOT di cui sopra … sennò – poco male – si fa una ‘bella’ patrimoniale agostana …

A condizionare la revisione – comunque e doverosamente – al ribasso, sono le bugie / gli errori del Governo Renzi e l’incapacita a riformare la struttura amministrativa e finanziaria dello Stato italiano, con un calo del Pil nel 2016, che crescerà solo dello 0,8% con il debito pubblico, che aumenterà fino /oltre il 133,3% nel 2017.

Inoltre, il Belpaese è arrivato al 64,8% di prelievo fiscale annuale sul profitto delle imprese (contro una media europea del 40,6%) e queste perdono ben 269 ore all’anno per adempimenti fiscali, a fronte di una media europea di 173 ore e mondiale di 261 ore.

Se di tasse e di prebende si finisce male, questo accade anche perchè, di taglio in taglio, l’Inps annuncia che le pensioni liquidate nei primi 9 mesi sono scese del 26,5% rispetto allo stesso periodo del 2015 e lo stesso presidente Boeri contesta il ministro del Lavoro Poletti sulla “scelta politica di aiutare bassi redditi” e le persone che “sono già in pensione”.
Intanto, la Sanità è talmente agli sgoccioli da dover introdurre di fretta e furia un incremento dell’accisa tabacchi per poter almeno pagare i vaccini, la copertura per le malattie rare e i sussidi agli invalidi gravissimi … dato che i denari stanziati servivano per nuove assunzioni senza però pensionare medici iper-retribuiti che si sono laureati quando farmacologia, genetica, gestione clinica e diagnostica erano all’Età della Pietra rispetto ad oggi.

Il tutto con Equitalia che è stata ‘soppressa’ annunciando miliardi di economie (ma come non era lucrativa? ma come le cartelle non erano gonfiate?), ma subito ci affrettiamo a garantire posto e lauto stipendio agli oltre settemila che resterebbero senza lavoro. Ma … anche ci ritroviamo le scuole ed i musei come al solito a combattere con i posti vacanti.
E, con tutte le riforme istituzionali fatte, non ce ne è una che permetta allo Stato di commissariare per un po’ di anni Roma Capitale e/o qualche Regione dissestata …

Queste sono le capacità espresse da Matteo Renzi e dal suo Governo. Il pasticcio dell’Italicum e i copia-taglia-incolla della Riforma Costituzionale da referendare sono solo la punta dell’iceberg.

Chi li stesse appoggiando – per tornaconto personale o per una speranza mal riposta – farebbe bene a rivolgere altrove il proprio opportunismo od i propri ideali ‘as soon as possible’.

Demata

L’attacco alle pensioni che dura da 25 anni

15 Ott

giuliano_polettiUna persona nata nel 1960 potrebbe da un lato aver già cumulato 40 anni di diritti previdenziali ed, allo stesso tempo, dovrà attendere il compimento di 66 anni e sette mesi, cioè altri DIECI ANNI, per poter fruire della pensione.

Questa persona si è già trovata a dover permanere al lavoro più di quanto le fosse stato precedentemente assicurato nel 1992 (Amato), nel 1995 (Dini), nel 2004 (Maroni), nel 2011 (Fornero). Ogni volta promettendo che sarebbe stata quella risolutiva.

Oggi, in Italia, in una repubblica “fondata sul lavoro”, con la Riforma Poletti – Renzi non ci si pensiona in base agli anni di contribuzione, cioè di prestazione lavorativa: tutti via a 66 anni e 7 mesi a prescindere da quanto si sia lavorato o di come vada la salute.

Dopo gli esodati di Elsa Fornero lasciati senza protezione dalla disoccupazione forzata, è nei fatti  che il Partito Democratico (con il silenzio assenso dei Cinque Stelle e della Destra) NON intende adempiere all’articolo 38 della Costituzione Italiana nel provvedere ad assicurare mezzi adeguati in caso di vecchiaia o di invalidità.
Anzi, addirittura, li sottrae, invitando chi per l’ennesima volta e con ben 41 anni di lavoro sulle spalle vede allontanarsi il giusto riposo a sottoscrivere indebitamenti capestro (APE) per 20 anni pur di andare via.

Riepilogando, abbiamo una generazione che gode di pensioni discrete od ottime pur avendone contribuita minima parte, ne abbiamo un’altra che – contribuendo poco – non cumulerà una rendita sufficiente e … un’altra ancora che dovrà lavorare il doppio per percepire la metà, onde garantire le prime e le seconde. Tra questi gli invalidi gravi con ben 41 anni di contribuzione previdenziale.

Evidentemente, in una repubblica fondata sul lavoro e sulle pari opportunità, esistono generazioni che pagano (e lavorano) per tutti e si pretende che gli invalidi gravi abbiano la stessa capacità lavorativa e la stessa aspettativa in vita di chi in salute.

Resta da chiedersi – e potrebbero iniziare a farlo almeno le associazioni dei malati – quanto la Costituzione Italiana permetta tutto questo.

Demata

Pensioni, al peggio non c’è mai fine: dopo Fornero, arriva Poletti

14 Ott

Le pensioni di Elsa Fornero potrebbero rivelarsi una ‘passeggiata di salute’ a confronto con quelle di Giuliano Poletti.

Riepilogando in breve, sembra che le cose andranno così:

  • l’età pensionabile è fissata per tutti a 66 anni e 7 mesi
  • chi vuole andare via si troverà con un debito ventennale (APE) di non poche centinaia di euro
  • non è chiaro per quanto tempo il TFR /TFS sarà trattenibile o rinviabile
  • lo Stato interverrà per le pensioni “anticipate” medio-basse, colpendo duramente quelle medio-alte
  • questo avverrà anche per i lavoratori gravemente disabili che abbiano 41 anni di contributi.

Una vergogna: malati gravi con una minore aspettativa in vita che, dopo 40 e passa anni di duro lavoro quotidiano,  pur di tutelare la propria salute devono indebitarsi per 20 anni, con la triste prospettiva che tale debito verrà trasferito ai figli, in caso di prematura dipartita.

giuliano_polettiE, visto che l’agenda politica tratta di Costituzione, di Referendum e di Matteo Renzi ‘uomo solo al comando’, proviamo a capire se Poletti, dopo Fornero, possa avere il diritto di colpire così duramente anziani e meno anziani con una vita di lavoro (quello vero) e di sacrifici sulle spalle, illudendo le nuove generazioni e proteggendo chi gode  già da 10 o 20 anni di una  pensione tanto lauta quanto poco contribuita.

L’art. 38 della Costituzione è ben chiaro:

  • I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
  • Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
  • L’assistenza privata è libera. Stop.

Dunque,

  • lo Stato emana leggi che prevedano casistiche e soluzioni.
  • Il cittadino può scegliere liberamente l’assistenza privata, onde assicurarsi mezzi adeguati.
  • Lo Stato provvede o integra con propri organi ed istituti, nei casi in cui non siano assicurati mezzi adeguati.

Non il contrario, come avviene dal 1992.

Ed aggiungiamo che la ‘vecchiaia’ è un dato individuale, essendo definibile solo come la “fase più avanzata del ciclo biologico, nella quale si manifestano vistosi fenomeni di decadimento fisico e un generale indebolimento dell’organismo”.

Un invalido grave, un lavoratore usurato o precoce possono essere già vecchi a 55 anni ed avere un’aspettativa in vita ben inferiore, specialmente se hanno lavorato ogni giorno per 35-40 anni. A prescindere se fossero minatori o autonomi, dirigenti o liberi professionisti.

Infatti, chi si occupa sul serio di previdenza – le Compagnie Assicuratrici private – ne tiene ben conto, specie perchè poi tocca a loro (come da noi allo Stato) sprecare somme assurde in cure, farmaci e giornate lavorative perse pur di tenere in attività over55 con più di una patologia cronica ed in condizioni di salute non buone.

Sembra proprio che abbiamo smarrito la nostra Costituzione e che – inseguendo il punto percentuale di aliquota fiscale o congiunturale – abbiamo dimenticato come si amministra la Cosa Pubblica.

Invocando il Fiscal Compact, le norme pensionistiche di Elsa Fornero non furono referendabili.
Ma nel Fiscal Compact non c’è mica scritto che ogni qual volta il Governo falla le proprie promesse e rinnova le solite prebende, si debba andare a colpire i prossimi pensionandi, specialmente se qui c’è sempre la stessa gente che si è vista allontanare l’età pensionabile già 3-4 volte negli ultimi vent’anni.

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”: se la previdenza è una competenza esclusiva dello Stato, perchè chi ha lavorato più anni (i pensionandi di oggi) deve attendere, finendo per lavorare anche per 49 anni, dai 17 e mezzo ai 66 e sette mesi) pur di non vedersi decurtato quanto faticosamente accumulato?
E quale equa norma implica che debba farlo per sostenere i pensionati attuali, che raramente sono arrivati ad oltre i 35 anni contributivi, ed i tanti giovani e meno giovani che iniziano a contribuire molto tardivamente, se alla ricerca del lavoro che piace e che sia vicino casa?

La riforma pensionistica di Poletti e Renzi è contraria allo spirito della Costituzione Italiana ed è un ennesimo esempio dell’opportunismo politico di Renzi ed i suoi nel continuare ad illudere le nuove generazioni.

Demata

Pro e contro della riforma pensionistica (in sintesi)

28 Set

La Repubblica riporta che “il verbale del governo” prevede di consentire:

  1. persone con disabilità = accesso alla pensione con 41 anni di contributi
  2. lavoratori precoci (con 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età) = eliminare le penalizzazioni sul trattamento pensionistico in caso di pensione anticipata prima dei 62 anni
  3. lavori gravosi (da definire con i sindacati) = accesso alla pensione con 41 anni di contributi
  4. lavori usuranti = anticipo pensionistico di 12 o 18 mesi rispetto alle attuali norme
  5. pensioni inferiori ai 1000 euro = quattordicesima
  6. pensioni anticipate (Ape) = tagli alle pensioni superiori ai 1500 euro fino al 25% sull’importo dei successivi vent’anni

In parole povere:

  1. bene per i disabili, ma sarebbe stato più equo fissare il limite a 35 anni contributivi
  2. bene per i lavoratori precoci, ma solo a condizione che valgano anche le ricongiuzioni – salatamente pagate – che adesso sono escluse dal computo
  3. male per i lavori gravosi = sarebbe stato più umano fissare il limite a 35 anni contributivi
  4. peggio per i lavori usuranti, = sarebbe stato più umano fissare il limite a 30 anni contributivi
  5. bene le pensioni più basse = è praticamente quanto serve a garantire l’alimentazione di una persona per due settimane / un mese
  6. malissimo le pensioni anticipate = chi mai vorrà lasciare il lavoro perdendo fino al 25% di un buon reddito – conquistato nell’arco di una vita – per anticipare di un anno o due?

C’è, dunque, da vigilare, perchè, tra il dire e il fare, la furbaggine dei nostri attuali governanti potrebbe -alla fine – risolversi con un fico secco, salvo i ‘pacchi alimentari’ per le semi-minime (3,3 milioni di italiani) e l’ennesima mattanza del ceto medio (tra i nati 1952-1963) … visto che “saranno previste misure ad hoc per le uscite dovute a crisi aziendali  con oneri a carico delle imprese”.

Fico secco utilissimo a raccattare voti tra i ‘poverelli’ come al solito ed a rinviare di altri due o tre anni il blocco delle pensioni attuato da Monti, Fornero e il Pd che li sosteneva nel silenzio assoluto dei sindacati.

Demata