Ancora 3 mesi e le decine di migliaia di supplenti meridionali in servizio al Nord resteranno senza lavoro e stipendio, dato che il ministro Gelmini progetta di relegare ognuno nella propria provincia di residenza.
Una iniziativa, che fa seguito agli ostacoli già posti dal MIUR, da qualche anno a questa parte, ai trasferimenti del personale di ruolo da regione a regione e che ha trovato finora “ampia disponibilità” da parte del sindacato più rappresentativo del mondo della scuola, ovvero la Federazione Lavoratori della Conoscenza della CGIL.
Un approccio unico al mondo, dato che insegnamento, cultura e sapere non hanno confini ed amano la pluralità. Intanto, su circa 65mila precari della scuola 2/3 sono meridionali e la maggior parte dei posti ad incarico è nelle regioni settentrionali …
Il panico che si sta diffondendo tra i precari è giustificato anche dall’estinzione delle cosiddette graduatorie “di coda”, un coup de frode del ministro Gelmini avallato dai sindacati, che sono state giustamente dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
Per non parlare della class-action di 40 mila precari (scuola e università) annunciata dal Codacons o della sentenza del giudice del lavoro di Genova che ha condannato il ministero a pagare quasi 400mila euro come risarcimento per 15 precari, non assunti dopo 3 anni di servizio continuativo.
Il MIUR promette tante assunzioni, forse 50mila in tre anni, ma questo significherebbe far saltare i vincoli di bilancio fissati da Tremonti che sono ormai l’unica “certezza” della maggioranza al governo. Improbabile o meno che sia, la soluzione gradita a ministro e sindacati non farebbe altro che riproporci, tra pochi anni, un’eguale massa di precari tra gli attuali neolaureatiche non potranno trovare alcuna collocazione.
Una “politica del fare” piuttosto fallimentare, quella del ministro Gelmini, specie se si tiene in conto che da tre anni almeno esiste una proposta dell’on. Aprea del PdL che avrebbe evitato questo disastro “generazionale”, dotando le scuole di piena autonomia, trasferendo competenze alle Regioni, fornendo le famiglie di sussidi e libertà di scelta.
Una proposta di legge “di destra” che nasce in seno alla maggioranza, che adempie al mandato costituzionale riguardo le competenze sull’istruzione e che, seppur sgradita dall’opposizione, con qualche limatura poteva essere ragionevolmente accettabile per tanti.
Peccato che il disegno di legge equiparasse la scuola pubblica alla privata e che, nell’attuale contesto, quest’ultima goda di inestimabili vantaggi … oppure che, trasferendo le competenze alle regioni, andrebbero a federalizzarsi anche i contratti di lavoro.
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