







Dopo tante dichiarazioni di pentiti e non pochi riscontri, arrivano le telefonate di questi giorni – mentre i giudici incalzano – tra l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino e il consigliere giuridico del Presidente Giorgio Napolitano.
Parole chiare, inequivocabili, quelle trascritte nei verbali in possesso dei magistrati, come quelle del consigliere giuridico del Quirinale, il dott. Loris D’Ambrosio, che risponde all’ex ministro indagato.
“Adesso probabilmente il Presidente parlerà con Grasso nuovamente… eh… vediamo un attimo anche di vedere con Esposito… (il procuratore generale della Cassazione, ndr)… qualche cosa“.
“Dopo aver parlato col Presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po’… lo vedrò nei prossimi giorni. Però, lui, lui proprio oggi dopo avergli parlato, mi ha detto: ma sai, io non posso intervenire“.
“Certo, ma io comunque riparlerò con Grasso, perché il Presidente mi ha detto di risentirlo. Però io non lo so… francamente… lui è ancora orientato a non fare niente, questa è la verità“.
Dunque, ecco una ‘bella’ trama che coinvolge il Quirinale – di oggi e di venti anni fa – che va ad aggiungersi a quella della procura di Trani, che procederà per ‘cospirazione’ contro alcune agenzie di rating per il crollo dei titoli italiani e le speculazioni successive.
Cose simili forse stupiranno il Presidente della Repubblica, ma – diciamolo – noi italiani ce l’aspettavamo, anzi ci aspettiamo di scoprire, prima o poi, molto molto peggio di quanto già pessimanente viene a galla.
Quello che stupisce è che una persona posta ai vertici dello Stato, consulente del Presidente e, si spera buon conoscitore dalla storia patria, possa dire “io l’oggetto della trattativa mica l’ho capito, no… mi sfugge proprio completamente“.
Infatti, se La Repubblica scrive di “un patto lungo vent’anni (che) fa tremare ancora oggi molti potenti“, sarebbe opportuno parlare di un patto lungo 150 anni.
Di cosa si trattava tra Stato e Cosa Nostra?
Del solito ‘tramezzino’: voi ci alleggerite la galera e ci fate fare i fatti nostri nel Meridione, evitando che arrivi ai media l’enorme messe di gravi notizie che leggiamo sui quotidiani del Sud ma non sulle ‘grandi testate’, e noi vi garantiamo, dal Garigliano a scendere, pace sociale e vi promettiamo che, dal Garigliano a salire, eviteremo di mettere autobomba, omicidi eccetera, oltra al fatto che vi faremo vivere nel benessere con l’enorme massa di denaro che abbiamo da riciclare.
Per conoscere ‘l’oggetto della trattativa’, bastava che il dott. D’Ambrosio frequentasse qualche cinema. Della ‘trattativa’ – ormai secolare – ne raccontano film come ‘I Guappi’ di Pasquale Squitieri, ‘Il Camorrista’ di Giuseppe Tornatore, ‘Salvatore Giuliano’ e ‘Le mani sulla città’ di Francesco Rosi, ‘Bronte: cronaca di un massacro’ di Florestano Vancini, ‘Gomorra’ di Matteo Garrone, ‘I banchieri di Dio’ di Giuseppe Ferrara.
Ovviamente, preso atto che il Gotha del cinema italiano ha raccontato ‘la trattativa’, non resta che chiedersi se i giornalisti italiani trovino mai il tempo per andare a cinema.
originale postato su demata
Finisce il 2010 e finisce l’epopea dei “blog dei lettori di La Stampa”.
Del resto, tutto cambia e tutto va a cambiare.
Ad esempio, con il 2011 potrebbero iniziare a cambiare “certi” equilibri italiani e potremmo iniziare a ricordare “come” è nata l’Italia e “chi” ha voluto che nascesse così.
Cose terribilmente serie che il nostro Presidente Napolitano (e napoletano) potrebbe e che La Stampa dovrebbe ricordare se si ha intenzione di rivolgersi a TUTTI gli italiani.
Qual’è il mio pensiero?
Quello di qualunque meridionale che ha ben presente come veniamo trattati da 150 anni … a partire dal milione di martiri, massacrati perchè fedeli ad un re napoletano, anzichè francese.
Cosa porterà il 2011?
Godetevi il video, nella speranza che vi strappi una lacrima ed un sorriso.
Happy New Year.
Che a Napoli, durante i Mondiali, sventolino abitualmente bandiere argentine era cosa nota da anni, come è noto che tra Italia ed Argentina i partenopei preferiscano tifare la seconda.
È, però, una novità la nuova bandiera borbonico-argentina che il Movimento Neoborbonico e il Movimento VANTO (Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio) stanno distribuendo in città ai tifosi napoletani.
Infatti, la squadra allenata da Maradona incarnerabbe il «simbolo ancora forte, a sua volta, di una Napoli e di un Sud vincenti in Italia e all’estero, contro tutto e tutti».
Proprio nell’anno delle celebrazioni per i 150 anni dell’Italia unita, «più volte, e in maniera infausta, richiamate dagli stessi calciatori di Lippi – riporta Il Mattino – Napoli e il Sud devono ritrovare simboli che possono contribuire a superare complessi di inferiorità che durano ormai da un secolo e mezzo».
Tra l’altro, l’Argentina è uno dei Paesi in cui sono andati a vivere molti di quei milioni di emigranti veneti e meridionali, costretti a partire dopo il 1860 per le conseguenze di un’unificazione-conquista-colonizzazione che, «le celebrazioni di questi giorni dovrebbero ricordare con meno retorica e più verità storica».
Per ora, è un’innocua bandiera, domani vedremo … e c’è anche quella con l’emblema di Murat.
Irene ci parla delle dita nel naso, ecletticamente, la questione è: “Esistono occasioni “tipiche” nelle quali ci turiamo il naso con le dita?”.
La risposta è “Si”, noi italiani abbiamo una tradizione sul campo ed siamo perpetuarla ai posteri attraverso la pratica annuale del voto.
Si iniziò con l’Unità d’Italia al “profumo del soldi facili”, come quelli che furono ricavati dalla vendita delle terre papali e borboniche sequestrate oppure quelli “trovati” nelle casse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia.
Dopo la conquista di Roma si passò alla “puzza di fame” e non tutti sanno che una ventina di milioni di italiani emigrarono proprio in quel periodo.
Con il ‘900 passammo alla “puzza di fregatura”, con la stampa di banconote false proprio a cura della Banca Romana che “doppiava” le emissioni del Banco di Sicilia.
La “puzza di fregatura” divenne “puzza di incendio” quando l’accesso al voto di tutti i cittadini maschi adulti si comportò in una fregatura come nel 1921.
Grazie a Dio non siamo solo Italioti, ma anche italiani e qualche volta abbiamo anche provato a cambiar qualcosa, in tema di naso ed odori.
In diverse epoche si sono tentate delle innovazioni, ad esempio nel 1923 con l’imposizione del Partito Unico, “che tanto nel tempo puzza uguale”.
Una generazione dopo, dal 1948, si cambiò di nuovo tutto e si tornò al sistema delle “più puzze”, un lotto al “vapore d’incenso e di martiri cristiani”, un altro irradiante “vero sudore dell’Armata Rossa”, un altro ancora al “tanfo di mazzetta distillato al 5%”.
Di contrabbando si trovavano anche calzini usati, appartenuti a qualche mistico del partito unico, per anziani nostalgici.
Un’altra generazione dopo, tra consumismo sfrenato stile Anni ’60/70 e faccioni di Che Guevara, s’inventa l’unica cosa che non s’era mai fatta: ad ognuno una puzza ed a tutti la puzza di ognuno.
Un successone … come dislocare un ratto morto in un’aiuola di margherite, tanto per redistribuire un po’.
Così, dal 1992 si iniziò a notare che ormai c’era una puzza unificata: la “puzza di bruciato”.
Questo sistema, quello della famosa “puzza di bruciato”, con le elezioni del 1994 fu cassato per andare incontro al “profumo del nuovo” che avanza e, soprattutto, non puzza.
Una roba svedese meglio dell’IKEA (sic!).
Molti osservatori politici hanno usato la parola declino, per descrivere questi ultimi 15 anni.
Puzza di cadavere ?
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