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Draghi raccontato da Tito Livo, 2.500 anni fa

21 Lug

La vicenda di Mario Draghi sembra una replica quasi identica di quella avvenuta 2.500 anni fa a Roma e raccontata da Tito Livo.

Tutti, infatti, sanno che la ‘repubblica’ nacque quando Roma si ‘affrancò’ dei re etruschi. Ma uscire dalla confederazione etrusco-latina era un disastro finanziario e commerciale: perché i romani vollero questo?

Andando a sfogliare Tito Livio, è facile scoprire perchè i romani si ribellarono a Tarquinio: la città era cresciuta tanto, ognuno aveva costruito come gli pareva e c’era da risistemare le fogne ‘pubbliche’, ma nessuno ne aveva voglia ed ogni familia proteggeva i suoi.

Quando Tarquinio decretò che i cives erano obbligati verso la salute pubblica e dunque dovevano contribuire o lavorare per rifare le fogne, fu rivolta.

‘Chi si crede di essere questo qui’ (… da cui il nickname di ‘superbo’): «noi insultati»

Dopo di che da un sistema di amministrazione federale (reggenti e consiglio cittadino), Roma passò all’autarchia inventando la Res Publica, la ‘cosa di tutti’, che in suonava come quel detto partenopeo “tutti uguali, tu fatichi e io magno”, come raccontò nei capitoli successivi Tito Livo.

Ovviamente, le fogne vennero rifatte anni dopo … con gli schiavi catturati nel saccheggio delle città limitrofe ex alleate, necessario innanzitutto a rimpinguare le finanze esauste. E così andò per qualche secolo.

Ma oggi gli schiavi sono vietati, c’è rimasto ben poco da saccheggiare ed è meglio essere amici di tutti.
Mica che per mascherare il Default “quelli lì” ci infilano in qualche guerra?

Demata

Carceri senza giustizia?

18 Apr

Il rapporto Galere d’Italia di  Antigone  offre un quadro eclatante di come sia perseguito il crimine in Italia:

  1. alla data del 31 marzo 2016 i detenuti erano 53.495
  2. quasi quattromila detenuti non dispongono del posto-letto regolamentare e – se vogliamo garantire una qualità della vita minima – andrebbero costruiti diversi nuovi istituti di pena, sempre che non si vogliano riutilizzare qualcuna delle tante strutture di cui il Demanio non sembra saper cosa farsene
  3. poi ci sono quasi trentamila condannati alla detenzione con pena definitiva che – però – non la stanno scontando in carcere, dei quali più di un terzo è in detenzione domiciliare, 12.465  in affidamento in prova al servizio sociale, 6.457 in lavori di pubblica utilità, 724 in semilibertà
  4. a questi si aggiungono quelli che dovrebbero essere detenuti già durante la fase cautelare, di cui ben 7818  hanno usufruito della messa alla prova e 10.112 sono sotto indagine dei servizi sociali prima della decisione giudiziaria.
  5. infine, ci sono almeno 20.000 stranieri che hanno commesso reati ed esplusi anzichè detenuti, che permangono nel nostro territorio più o meno liberamente
  6. tutto questo apparato ha un costo per lo Stato di 3 miliardi di euro all’anno, con un costo per detenuto di circa 4.400 euro mensili, mentre nel Regno Unito  di 4.600 euro, in Francia di 3.100 euro, in Spagna di 1.650 euro.

In base al nostro Codice Penale e dei reati pervenuti a sentenza, dunque, dovrebbero essere oltre 130.000 i detenuti in Italia, di cui ben oltre la metà circola – viceversa – a piede libero o semilibero e per i quali dovremmo prevedere una spesa praticamente doppia.

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dichiara che «gli interventi legislativi verso la decarcerizzazione e la crescita significativa delle pene alternative sono gli aspetti di cui vado più orgoglioso perché modificano le condizioni carcerarie in modo strutturale: se fino a qualche anno fa per ogni quattro detenuti c’era un solo soggetto a esecuzione penale esterna, ora il rapporto è quasi di uno a uno e la percentuale di revoca di una misura alternativa per nuovo reato commesso durante l’esecuzione è dello 0,79%».

Ma i reati commessi che pervengono a conoscenza della Giustizia sono decisamente pochi in Italia, se le statistiche europee raccontano che siamo il paese con meno crimini d’Europa …e di questi sono forse la metà quelli che non restano ad opera di ignoti e ancor meno sono quelli di cui si perviene a sentenza.
Inoltre, se un detenuto su due non è in carcere, la percezione generale è certamente quella di impunità ed insicurezza.

E’ vero che Andrea Orlando non è il ministro degli Interni che è preposto alla nostra sicurezza, a lui compete il funzionamento degli istituti di pena, ma … non è neanche il ministro dell’economia e delle finanze … se le risorse mancano e tante condanne divetano poca cosa, è a lui che tocca di batter cassa.

Demata

Leopolda5: nei nomi dei presenti il manifesto del flop renziano

24 Ott

jolly jokerAlla Leopolda5 sono annunciati tanti ospiti le cui facce e i cui curricula ci racconteranno la credibilità e le intenzioni di Matteo Renzi, in vista dello scontro che si acutizzerà da gennaio in poi, nel partito e nel paese.

Ad esempio, tra i renziani rampanti, ci sarà anche Edoardo Fanucci, ex sindaco di Montecatini Terme e autore della Webtax che impone di acquistare servizi on line solo da fornitori ‘italiani’ … immancabilmente dotati di partita Iva. O Silvia Fregolent, il cui impegno in questi due anni è consistito in una solerte presenza in Parlamento ed in voti espressi sempre secondo direttiva di partito, oltre ad una proposta di legge per … semplificare le cremazioni, che la vede prima firmataria.

Ci sarà anche la ex comunista Lorenza Bonaccorsi da Roma che il 5 febbraio scorso affermava che “il rilancio di Alitalia è strategico per l’intero sistema Paese, per l’economia di Roma e del Lazio e, come veniva ricordato, per lo scalo di Fiumicino”, mentre … è la Lombardia ad avere 12 milioni di abitanti. O Luigi Famiglietti, sindaco di Frigento e primo firmatario di un disegno di legge … per la realizzazione di una rete della mobilità dolce nonché per la tutela e la valorizzazione del patrimonio stradale e ferroviario in abbandono.

Alla Leopolda5 ci sarà anche una bella fetta di governo, come Andrea Orlando, ligure spezzino, che è il ministro della Giustizia coinvolto nel caso del consigliere CSM con titoli carenti) ed era ministro dell’Ambiente nel governo di Enrico Letta, durante il quale si sarebbe ancora potuto intervenire per prevenire il disastro di questi giorni in Liguria.

assobicycleCi saranno anche Graziano Del Rio, prodiano già sindaco di Reggio Emilia e da qualche anno consigliori politico dei premier di sinistra per gli affari regionali e Giuliano Poletti, ex leader della LegaCoop ed oggi ministro del Welfare anche se di welfare non parla mai e ministro del Lavoro anche se di lavoro se ne occupano altri. Giusto per chiarire quali lobbies hanno diritto ad un posto al sole … se governa la sinistra.
Intanto, quasi per convalidare il dubbio, Corsera annuncia che ci sarà anche Rossella Orlandi, direttore generale dell’Agenzia delle Entrate … e che parteciperà anche Mike Moffo l’esperto di comunicazione politica di Barak Obama, che ha ricoperto ruoli di deputy field director nelle due campagne presidenziali di Obama del 2008 e del 2012 ed è in Italia, ospite del nuovo think tank progressista OpeNetwork.

O Roberta Pinotti, cresciuta negli scout dell’Agesci e ministro della Difesa, che alla Festa dell’Unità del 7 settembre scorso annunciava la possibilità di utilizzo dei droni italiani contro l’Isis – «abbiamo deciso di dare le nostre armi a chi si deve difendere» – mentre ad oltre due anni dal sequestro dei nostri marò in India precisava che «auguro si possa aprire un dialogo col nuovo governo indiano, altrimenti c’è la strada dell’internazionalizzazione con il coinvolgimento dell’Onu» … questioni di priorità.

appesoDunque, il partito che Matteo Renzi vorrebbe con se ha delle caratteristiche ben delineate:

  • sudditanza dalle lobbies della Information Technology mentre persino Microsoft sta cercando di spostarsi in Europa a causa delle politiche obamiane di controllo del Web
  • predominio della provincia profonda e padronale sulle grandi aree urbanizzate, mentre la metà dei giovani italiani vive in Lombardia, Campania e Sicilia
  • centralità dell’asse tosco-emiliano e dereguation del lavoro senza corrispettivi ammortizzatori sociali, alla stregua di tanti ‘soci’ delle Coop
  • scarsa presenza /rappresentatività del Settentrione e del Meridione, dove vivono quasi 3/4 degli italiani, anche se questo è un problema del Partito Democratico nel suo complesso
  • forte propensione per il controllo sociale e la fiscalità a fronte di una assenza di politiche nazionali o infrastrutturali

Nulla dunque che abbia a che vedere con Silvio Berlusconi e ancor meno con il Centrodestra, bensì la prosecuzione dell’egemonia del Piemonte, della Toscana, dell’Emilia e di Roma Capitale che tanti danni hanno causato al nostro Bel Paese, credendo di portare a se risorse, professionalità e mentalità che ben attecchivano altrove e di trattenerle nel tempo, pur mantenendo equilibri sociali e interessi finanziari risalenti alla fase peggiore dell’Evo Moderno.

Dunque, non potremo meravigliarci se tra un anno o due ci troveremo con un exploit dei partiti collegati al Fronte Nazionale francese.
Non è un caso che il giovane Renzi sia sostenuto – nel partito – dalle regioni più anziane d’Italia, cioè nel Piemonte, in Emilia, in Toscana e in Liguria, dove almeno un terzo della popolazione è ultrasettantenne e – durante la Guerra Fredda – era il serbatoio di voti del Partito Comunista.

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CSM, Giustizia e Welfare: tutto tace nel Partito Democratico

1 Ott

La Costituzione (art.104) prevede che il Consiglio Superiore della Magistratura sia composto da tre membri di diritto: Presidente della Repubblica, Presidente e Procuratore generale della Corte di Cassazione.

Si aggiungono i componenti elettivi per i quali la Costituzione non indica il numero, ma prevede che per due terzi siano eletti da tutti i magistrati ordinari e per un terzo dal Parlamento in seduta comune, scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio della professione (c.d. membri laici).

Nel caso di Teresa Bene, avvocata e docente napoletana proposta dal Partito democratico, gli anni di avvocatura sarebbero solo sette e non si  comprende perchè sia stata candidata e votata dal Parlamento e perchè anche dopo il voto – durante il quale la questione dei ‘requisiti’ era già emersa – si è voluto arrivare all’estrema ratio mettendo in imbarazzo CSM e Presidente Napolitano.

Il centro della questione è quella che appare essere sempre più una ‘faida’ nel Partito Democratico, con pretese veteropartitiche, agguati e imboscate, blocchi ed ostruzionismi, fughe di notizie e levate di scudi prive di base, ottimismi spegiudicati mentre le riforme languono.

A  sponsorizzare Teresa Bene è stato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che l’aveva come consulente quando era responsabile dell’Ambiente, ma alla sua candidatura si è arrivati dopo che le Camere (ed una buona parte del PD) hanno fatto blocco sul nome di Luciano Violante.
Intanto, l’onere del Welfare e del Lavoro è scaricato dai nostri Media su Matteo Renzi e la sua compagine di quarantenni, mentre c’è anche l’uomo delle Coop, l’attuale ministro Giuliano Poletti a spiegarci che “noi non vogliamo abolire l’articolo 18. Vogliamo riformare il mercato del lavoro ma io vorrei anche una cosa più importante: che noi aiutassimo l’Italia a cambiare quel residuo di opinione sbagliata che c’è sull’impresa. Perché c’è ancora chi pensa che l’impresa è dove si sfrutta il lavoratore”. 

“L’idea che il rapporto lavoro-impresa si risolve con il conflitto  e il contratto non ci arriva più, è troppo banale, è inadeguata. Dobbiamo uscire di qui. Perché l’impresa possa crescere bisogna che gli riduciamo il livello di rischiosistà, l’incertezza allontana le imprese. Dobbiamo fare un’operazione che sarà difficile, perché in questo paese abbiamo costruito più o meno consapevolmente un nesso tra lavoro e posto di lavoro che è diventato tossico. Se guardiamo bene dentro la delega ci troveremo cose splendide”.
new jobs

Ben detto, ma dato che l’unico timore verso la riforma del Lavoro è che non è accompagnata da una equivalente riforma del Welfare, il ministro Poletti potrebbe contribuire a far chiarezza ed a tranquillizzare gli italiani, speigandoci se per lui la riforma Fornero va bene, se le forche caudine per gli invalidi al lavoro sono costituzionali, se il salario minimo è da farsi, se l’Inps può andare avanti così o va riformata, eccetera eccetera …

Quanto ad Andrea Orlando – nato a La Spezia l’8 febbraio 1969,  diploma di liceo scientifico; dirigente di partito – non resta che valutare se presentare le proprie dimissioni da ministro della Giustizia o fare un cambio di passo, superare le logiche di partito e farci capire – alla stregua di quanto detto per il Welfare – dove ‘collocare’ e come ‘gestire’ l’incrementale quantità di delinquenti che ci troviamo e come concludere i processi in cinque anni cinque.

Altrimenti, davvero le chiacchiere stanno a zero e – senza chiarezza – il 2015 si prefigura difficilissimo.

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Governo Renzi: le riforme promesse e i dettagli inconfessabili

25 Feb

Non ci si aspettava che il cambio della guardia tra Enrico Letta e Matteo Renzi fosse una rivoluzione, ma neanche che – alla fine – si dimostrasse un pranzo di gala, con qualche gaffe e poco più.

Le avvisaglie erano nei nomi di alcuni ministri, a partire dalla rimozione (inspiegabile e non dovuta) di Emma Bonino agli Esteri o dalla vistosa assenza di Pietro Ichino e di Mario Mauro.

Nomi come quello dell’evergreen Dario Franceschini al Turismo, di Giuliano Poletti, presidente delle Coop, al Lavoro e Welfare oppure di Stefania Giannini, glottologa e rettore dell’università di Perugia, all’Università ma anche all’Istruzione.
Gli auguriamo tanta buona fortuna, perchè è saranno loro a decidere se l’Italia riparte oggi e per davvero oppure se dopodomani si vedrà: dismissione della pachidermica macchina pubblica che costa un occhio, riorganizzazione del sistema di istruzione (scuola) dopo 20 anni di riforme alterne ed in-finite, raddoppio dei flussi turistici.

Nomi su cui già si animano polemiche, come Federica Guidi (Ducati Energia) allo Sviluppo Economico e del conflitto di interessi che ne viene, Gianluca Galletti (UDC) all’Ambiente, del quale è noto il favore alla localizzazione della produzione di energia nucleare in Emilia Romagna purché il sito sia considerato sicuro e conveniente [1], di Marianna Maida, ministro della Pubblica Amministrazione, membro del comitato direttivo dell’AREL fondata da Beniamino Andreatta e componente del comitato di redazione della rivista Italianieuropei, che vide Massimo D’Alema tra i promotori.

Tutti tosco-emiliani, come lo sono Maria Elena Boschi e Graziano Del Rio o lo stesso Matteo Renzi. In pratica, nove su sedici ministri, che – in termini di di Centroitalia – diventano 12, con i romani Padoan, Lorenzin e Lupi. Intanto, di campani e piemontesi o veneti non se ne vede neanche l’ombra.
Di meridionali se ne conta uno su otto: Angelino Alfano di Agrigento all’Interno e la calabrese civatiana Maria Carmela Lanzetta agli Affari Regionali, ministero notoriamente senza portafoglio. Pochi, pochissimi i ministri che provengano dalle aree fortemente urbanizzate del paese dove vive almeno 1/3 degli italiani e dove si produce buona parte del PIL.
Se si voleva dare un pungolo al Parlamento per approvare un Senato federale, forse Renzi – in negativo – c’è riuscito …

Per non parlare di alcune ‘perle’ di Matteo Renzi, ieri, al Senato, come riportate dal Corsera.

  • Europa: “non saremo credibili se noi non riusciremo ad arrivarci senza sistemare quello che dobbiamo sistemare noi” … in soli tre mesi o basteranno tre anni?
  • Scuola:  “restituire il valore sociale agli insegnanti, e questo non ha bisogno di riforme, denaro, commissioni di studio” … ma senza denari non si cantano messe e senza commissioni /riforme il quadro normativo resta incompleto e sfilacciato come è oggi.
  • L’economia: “rinnovato utilizzo della Cassa depositi e prestiti, per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito” … praticamente una nuova IRI.
  • Lavoro: “uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto di lavoro attraverso regole normative anche profondamente innovative” ed “attrarre investimenti in questo Paese”. Come parlare di aspirine per malati che richiedono l’antibiotico …
  • Pubblica Amministrazione: “trasparenza assoluta sulle spese della Pa”. «Ogni centesimo deve essere visibile da parte di tutti» … in un paese dove i quotidiani sono tappezzati da anni e decenni delle descrrizioni particolareggiate di malversazioni e scandali pubblici.
  • Fisco: “inviare a tutti i dipendenti pubblici e ai pensionati direttamente a casa, magari attraverso uno strumento di tecnologia, la dichiarazione dei redditi precompilata” … dopo di che firmare e pagare?
  • Giustizia: “a giugno metteremo all’attenzione del Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente”. Dalla giustizia amministrativa – che “negli appalti pubblici lavorano più agli avvocati che i muratori, i Tar possono discettare di tutto e un provvedimento di un sindaco è comunque costantemente rimesso in discussione” – ai “tempi lunghissimi della giustizia civile”, alla giustizia penale, che spesso rischia “di arrivare troppo tardi e colpire male”. Vedremo … il problema era denunciato già dal buon Collodi nel romanzo Pinocchio …
  • Cittadinanza e Unioni Civili: “il contrario di integrazione è disintegrazione, un paese che non si integra non ha futuro”, ma di diritto al voto amministrativo per gli immigrati non se ne parla. “Sui diritti si fa lo sforzo di ascoltarsi, di trovare un compromesso anche quando questo non mi soddisfa del tutto” … tanto diversi ministri sono dichiaratamente contrari …
  • Cultura: “distretti tecnologici insieme a quelli culturali”, “un piano industriale specifico del lavoro che coinvolta proprio i settori culturali” … praticamente quello che serve alla Toscana (e all’Emilia) per rilanciare la propria macchina agroalimentare e manifatturiera e il proprio business turistico cultural-pop.

Di crash generazionale (e pensionistico) neanche a parlarne, di (mala)Sanità colabrodo idem, di rilancio industriale pure. Di infrastrutture (centrali, porti, aereoporti, ferrovie, reti, turismo e mobilità locale, rifiuti …) nessun cenno. Forse, in Emilia si son convinti che sia una questione  (business?) regionale tutta loro …

Intanto, il neoministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, avvisa: “intendo far incrociare il più possibile Expo e agroalimentare” … chissà se Padoan, Maroni, Pisapia e Camera di Commercio di Milano saranno d’accordo, visto che l’Expo 2015 viene finanziato dal MEF (48%), dagli Enti Locali (37%) e da Privati (15%) …

Non sembra un governo dalla gambe lunghe e non sarà una legislatura ‘tranquilla’, ma se Renzi dovesse riuscire a riformare davvero gli apparati e la giustizia prima del voto del 2015, salirebbero nettamente le sue chanches di vittoria in una contesa elettorale ‘vera’ e con ‘par conditio’.

Ma potrebbe davvero rivelarsi un disastro, se dovesse dimostrarsi l’ennesimo approdare al governo delle piccine liti e dei noti interessi di bottega della Sinistra italiana … abbandonando il Meridione ad una (si spera non incauta) riforma Stato-Regioni e – come con Prodi – martirizzando i ministeri ‘non amici’ come la Sanità, le Infrastrutture e gli Interni …

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