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Nuovo Codice della strada: Roma come Pechino o Bombay?

25 Lug

motoring-graphics-2_835489aLa bozza di riforma del Codice della Strada, in corso di approvazione nella Commissione apposita al Senato, sembra che consentirà a ciclisti e motociclisti di percorrere le corsie preferenziali riservate agli autobus e ai taxi.

E, secondo i media, questa ed altre importanti novità saranno l’effetto di precise richieste della Confindustria Ancma, che – ricordiamolo – rappresenta i nostri produttori di biciclette e motocicli, ovvero le categorie che si batterono per quasi 50 anni contro le targhe per i motorini e oggi contro quelle alle biciclette.

Paolo Gandolfi, Pd, relatore del provvedimento, è entusiasta: “La sicurezza stradale in città è possibile anche per i pedoni e i ciclisti. Per farlo occorrono più educazione, più controlli e una riforma profonda delle regole di comportamento e dei nuovi criteri di costruzione delle strade. Questa riforma del codice della strada, quando sarà approvata definitivamente, sarà uno straordinario cambiamento verso una realtà diversa, verso città più sicure. Un cambiamento possibile, basta volerlo.”

Ma volere non è potere e neanche dovere.

Foto di Van and Stew  fitbikeco.com/7895/

Foto di Van and Stew
fitbikeco.com/7895/

Innanzitutto, iniziamo col dire che “più controlli e una riforma profonda delle regole di comportamento” significano più vigili e più multe. Cosa forse credibile se qualcuno volesse sbloccare il Patto di Stabilità e consentire ai Comuni di assumere e se qualcun altro decidesse di perseguire adeguatamente i reati contro i pubbblici ufficiali, raddoppiando ipso facto il numero di detenuti.

beijing_traffic_koon_afp_getty_smAggiungiamo che “nuovi criteri di costruzione delle strade” significa almeno la responsabilità civile per gli  amministratori locali (o ANAS) che consentissero l’accesso a determinate strade o corsie per ciclisti e motociclisti se esistono condizioni di rischio. Non a caso ‘in Europa’ gli enti preposti  tengono statistiche aggiornate delle infrazioni e degli incidenti adattando la segnaletica e i semafori secondo bisogna.

E cosa dire dell’ennesima incredibile promessa di “straordinario cambiamento verso una realtà diversa, verso città più sicure”, se si vive a Roma con i suoi 6.000 km di strade di cui almeno 4.000 di buche, cordoli, tombini e sconnessioni, con corsie preferenziali dove di norma si affollano – oltre ai taxi, le auto blu e gli  autobus – migliaia di autovetture diplomatiche e centinaia di pattuglie e ambulanze?

Per non parlare dei pericolosi ostacoli fissi a bordo strada, come i pali dei cartelli stradali, di cui la Capitale abbonda oltre ogni limite e da cui il Comune incamera in abbondanza.
Una nuova tegola per il sindaco Ignazio Marino?

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Influenza A, emergenza a Roma?

14 Gen

Arriva l’influenza A (ceppo H3N2 come raccontato in un altro post link) e se altrove, in Italia ed all’estero, ci si prepara ad un paio di settimane di emergenza influenzale, a Roma i cittadini e le infrastrutture sanitarie non possono altro che preoccuparsi, dopo che addirittura si sono bloccate le ambulanze, giorni fa, perchè mancavano lettighe e letti nei pronti soccorsi.

Ovviamente, non ci si pone – in termini generali – il problema di ampliare e rinnovare i pronti soccorsi, magari a carico di qualche reparto poco blasonato o frequentato, come non ci pone l’evidenza che un’epidemia influenzale, se non si vuole l’assalto agli ospedali, va gestita a livello di ASL e di medici di base.
In tutto ciò, Gianni Alemanno annuncia che “il sistema sanitario romano rischia di saltare”, come se non fosse evidente, al confronto con Milano od una città europea, che è ‘già saltato’.

Un equivoco che persiste nelle dichiarazioni del senatore Domenico Gramazio, vicepresidente della Commissione Sanità, secondo il quale “il rischio è che se nelle strutture private non si pagano gli stipendi, si arriva a febbraio con un sistema fortemente compromesso e un sistema pubblico sottomesso ai tagli. Le due cose insieme fanno saltare il sistema”.

Il punto, però, è che i tagli sono di mesi ed anni fa, che le strutture private convenzionate sottraggono utenza a quelle pubbliche, portandole alla chiusura, e che finora nessuno a fatto nulla, se non attendere ulteriori contributi statali, e la riprova è nel fatto che – pochi o solo mal dislocati che siano posti letto e reparti – non esiste neanche quel livello minino di organizzazione necessaria per gestire una seria influenza, ovvero garantire che ambulanze e pronti soccorsi fungano da HUB di accesso alla rete ospedaliera romana e che i medici di base visitino a domicilio i pazienti che ne necessitano.

Due cose, queste, che potrebbero essere garantite subito, visto che sono ‘già pagate’, già rientrano nelle funzioni istituzionali per le quali paghiamo tasse e ticket e, dunque, non richiedono ulteriori finanziamenti.
Due disastri che nulla hanno a che vedere con epidemie e pandemie.

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Calcio, stadi non sicuri

16 Apr

Piermario Morosini, calciatore del Pescara, è morto durante una partita di calcio.

Abbiamo visto tutti che quanto tempo ha impiegato l’ambulanza per soccorrerlo.

Se tale è il tempo di intervento nel “piccolo” stadio di Pescara per un giocatore che si accascia in campo nell’allarme generale, quali sono i tempi negli “enormi” stadi di Serie A, se a sentirsi male è uno spettatore o peggio se c’è una rissa con qualche ferito grave?

Comuni, regioni e prefetture cosa fanno?

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