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Michelle Bolsonaro: una storia d’amore che non può passare inosservata

27 Ago

Ieri, un social brasiliano pubblicava il post “adesso capite perché Macron perseguita Bolsonaro?”, mettendo a confronto le foto dei due leader con le mogli e la differenza di età non banale dal marito, e poco dopo riceveva il plauso di Jair Bolsonaro: “Non la umiliate. Molte risate”.

Infatti …

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Michelle e Jair Bolsonaro

Bolsonaro si è sposato tre volte e ha cinque figli, la moglie attuale è Michelle de Paula Firmo Reinaldo, nata il 22 marzo 1982, promotrice di eventi e modella prima di trovare nel 2006 un impiego alla Camera dei Deputati brasiliana, studi superiori conseguiti da adulta.

Dopo un breve periodo nell’ufficio del parlamentare Vanderlei Assis (PP-SP), finito nello scandalo “Sanguessugas, la ‘mafia delle ambulanze’, a giugno 2007 Michelle viene impiegata nella direzione del Partito Progressivo (PP), dove conosce Jair Bolsonaro, lei venticinquenne, lui già oltre la cinquantina.

“Tutto è cominciato quando ci siamo visti per la prima volta, nella stanza di Jair. Non ci è voluto molto tempo che fosse certo di voler vivere una vita insieme”.

Infatti, il 18 settembre 2007, a solo un anno dalla sua assunzione alla Camera dei Deputati, Michelle Reinaldo diventa segretaria parlamentare di Bolsonaro, solo nove giorni più tardi firma un accordo prematrimoniale e solo due mesi dopo ne diventa ufficialmente la terza moglie.
Un anno dopo è licenziata dalla Camera dei Deputati brasiliana, avendo la Corte federale suprema vietato l’assunzione di parenti fino al terzo grado nella pubblica amministrazione.

Michelle_Bolsonaro_em_8_de_março_de_2019.jpgMichelle Reinaldo ha finora avuto un ruolo defilato e la sua prima apparizione pubblica avviene solo il 25 ottobre 2018, ma, già tre gioni dopo, nella prima intervista da first lady, ha confermato di voler essere coinvolta in “tutte le possibili cause sociali” e – dall’attentato al marito del 6 settembre 2018 – sembra che sia lei a gestire l’agenda del presidente brasiliano. 

La polemica con Macron – viceversa – nasce dal fatto che Bolsonaro è accusato a livello mondiale di aver nascosto per settimane uno dei più grandi incendi della Foresta amazzonica,  scoperto dopo circa quattordici giorni dai primi focolai solo grazie alle immagini del 20 agosto 2019 con San Paolo completamente al buio alle tre del pomeriggio a causa del fumo.

E se Macron ha auspicato che “i brasiliani abbiano presto un presidente all’altezza”, anche lo Stato del Vaticano ha richiamato Jair Bolsonaro per diretto intervento del Pontefice: “siamo tutti preoccupati per i vasti incendi che si sono sviluppati in Amazzonia. Preghiamo perché, con l’impegno di tutti, siano domati al più presto. Quel polmone di foreste è vitale per il nostro pianeta”.

Dunque, le mogli non c’entrano nulla ed ognuno ha quella che … si merita.

Intanto, in Amazzonia (ed in Brasile) c’è poco da ridere.

Demata

Il Brasile deforesta il 5% dell’Amazzonia?

11 Feb

Dilma Vana Rousseff Linhares (64 anni) è un’ex guerrigliera marxista-leninista brasiliana, attuale membro del Partido dos Trabalhadores e divenuta presidente del Brasile, dopo una campagna elettorale macchiata da numerose irregolarità.

In questi giorni, Dilma ha autorizzato il proseguimento della più grande speculazione immobiliare e industriale del secolo, dando l’approvazione per costruire un grande impianto idroelettrico (il terzo più grande del mondo ), tagliando praticamente  uno spicchio dell’Amazzonia, sommergendo oltre 400.000 ettari di foresta pluviale.

Il tutto accade, nonostante un magistrato brasiliano abbia impugnato l’Atto 788/2005 del Congresso Nazionale, che autorizzava la costruzione della diga senza la consultazione anticipata delle popolazioni indigene della città di Altamira e delle aree confinanti, che, viceversa, è un diritto degli indios sancito dall’articolo 231 della costituzione brasiliana.

Il progetto, infatti, prevede lo sbarramento del fiume Xingu, uno dei maggiori affluenti del Rio delle Amazzoni, e la creazione di un lago enorme, stravolgendo almeno 500 chilometri quadrati di territorio.

La zona pluviale di Belo Monte, dove verrà costruita la centrale ad oriente della Tierra del Medio, nello Stato del Parà,  era stata dichiarata , nel 2004, “riserva estrattiva” con decreto presidenziale allo scopo di salvaguardare la flora, la fauna e le popolazioni indigene, oltre ai “siringueros”, che estraggono con metodi tradizionali e non invasivi il “lattice” dall’albero del caucciù.

Il presidente brasiliano, autorizzando l’Agezia per l’Ambiente a dare il via all’operazione speculativa, porta a conclusione il progetto avviato dal governo del suo predecessore, Lula, per aggredire l’habitat dell’Amazzonia e renderlo accessibile alle attività industriali e speculative.

Infatti, la quantità di foresta (circa 500mila kmq circa) che scomparirà all’apertura della diga – tra quella che andrà sommersa e quella che verrà privata dell’afflusso ordinario d’acqua –  equivale ad almeno il 5% circa dell’intera Amazzonia (oltre 7 mln kmq totali) e la deforestazione risultante equivale a 50 volte quella prodottasi nel solo 2010 (circa 8500 kmq) e ad almeno il doppio di quella avvenuta nel decennio 2001-2010.

A questa area, inizalmente invasa o depauperata dalle acque, andrà progressivamente ad aggiungersi un territorio equivalente all’intera Francia, dove andranno progressivamente a convergere implementazioni industriali e speculazioni immobiliari, intorno ad una serie di dighe, laghi e centrali di cui Belo Monte è la prima di una lunga serie.
Un territorio, che il Brasile fu costretto, suo malgrado, a tutelare dopo le forti proteste e pressioni internazionali, dato che gli agricoltori avevano già eroso una parte importante di foresta, costringendo gli indios ad allontanarsi dal fiume Xingu, arretrando nella foresta e perdendo la fonte del proprio sostentamento.

Non è un caso che il FUNAI (Dipartimento brasiliano agli affari indiani) nel mese di maggio, abbia vietato a Azelene Kaingang, portavoce dei popoli indigeni, di partecipare al Forum delle Nazioni Unite sulle questioni indigene per denunciare le violazioni del governo brasiliano alle direttive della Commissione Inter-Americana per i diritti umani, che la costruzione della diga andrà a causare e la tragedia dell’etnia Kayapo, che sarà cancellata dalla Storia.

Infatti, la centrale idroelettrica di Belo Monte produrrà circa 11.233 megawatt, a regime, ma renderebbe solo il 40% del proprio potenziale a dato che nella stagione secca il flusso d’acqua è solo il 5% di quello della stagione piovosa e, per risolvere questa “piccola difficoltà”, il progetto prevede la costruzione di un’altra enorme diga per creare un altro invaso – un enorme lago – che faccia da riserva d’acqua.

Difficile comprendere come noi europei si possa essere, correttamente ma costosamente, così “attenti all’ambiente” di casa nostra e così “politicamente corretti” nelle relazioni internazionali, se, poi, continuiamo ad intrattenere relazioni commerciali e finanziarie con uno stato, come il Brasile, che intende ridurre sensibilmente la produzione planetaria di ossigeno, cancellando un almeno il 5% di foresta amazzonica, tra diga, controdiga e dighe futuree, invasi, logistica ed impianti, industria, indotto, servizi, insediamenti e tutto quello che dovrà arrivare per trasformare Altamira – ed il suo territorio – da una modesta cittadina ad una città tecnologicamente avanzata, avamposto dell’umanità robotizzata e lucrativa.

Questo, infatti, è il progetto complessivo che Cardoso, prima di Lula, mise in campo e che Dilma sta rilanciando.

testo originale postato su demata