Tag Archives: All Iberian

Stop Camere, Italia allo stremo

11 Lug

“Pensate che con una conferma in Cassazione della condanna per il processo Mediaset, il PdL restino tutti lì (ndr. in Parlamento) ad alzare la mano o ad astenersi? Esiste un legame indissolubile tra il Popolo delle Libertà, i suoi elettori e Silvio Berlusconi. Cosa accadrebbe se accadesse la stessa cosa per il leader del Partito Democratico?” (Enrico Bondi su La7)
Dall’altra sponda Epifani, segretario ‘precario’ del PD, annuncia che il suo partito voterà per l’applicazione della sentenza in caso di condanna di Berlusconi.

In queste poche, stringate e schiette parole sta tutta la fibrillazione politica e di governo che affliggerà l’Italia nelle prossime settimane. Intanto, oggi, il Parlamento si ferma e la Politica si accorge (dopo 20 anni e molte chiacchiere) che esiste un serio problema Giustizia.

In effetti, tutti i report internazionali confermano che l’aleatorietà e la lentezza delle nostre sentenze sono uno dei fattori causali della corruzione e della fuga dei capitali (esteri e italiani). A ciò si aggiunge la disapplicazione degli esiti del referendum sulla responsabilità dei magistrati e la non separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante con corrispettiva superlobby degli avvocati.

Edward Luttwak, noto politologo statunitense e profondo conoscitore dell’Italia, spiegava su Panorama che sarebbero tre i principali fattori penalizzanti per gli investitori nazionali e stranieri:

  1. inefficienza di un sistema caratterizzato dalla lentezza, che è incompatibile con la certezza del diritto. Il tempo, che per l’investitore è una variabile fondamentale, per loro è del tutto ininfluente;
  2. arbitrarietà dei magistrati, che sono in grado di arrestare le persone senza le prove che il principio dell’habeas corpus richiede in un paese democratico. Negli Stati Uniti il caso di Amanda Knox è percepito come un orrendo abuso e non sono rari i processi per «prosecutorial abuse»;
  3. imperialismo giurisprudenziale che a colpi di sentenze criminalizzano attività economiche e incidenti che altrove sono soggetti alla giustizia civile con risarcimenti milionari alle vittime fino alla bancarotta dell’impresa, ma nessuna condanna penale.

Dunque, che il Popolo delle Libertà sollevi la questione ‘giustizia’ e che il Partito Democratico si accodi ha il suo fondamento, ma ha anche ragione fondata il disagio manifestato da tanti che un tale macroscopico problema della nostra Nazione affiori in Parlamento solo quando si tratta di salvare il politico di turno, nella fattispecie Silvio Berlusconi.

Ma la questione dell’eleggibilità di Silvio Berlusconi e, più precisamente, della suo accesso alla leadership politica è qualcosa che doveva essere fuori discussione da molto, molto tempo.

I fatti che ne avrebbero dovuto precludere qualunque ruolo di governo risalgono tutti ad oltre 20 anni fa: l’iscrizione alla Loggia P2 ed il Lodo Mondadori. Il fatto che non avesse abbandonato le sue attività di tycoon dei media – incluse quelle erotiche e quelle offshore Mediaset – e quanto emerso su Marcello Dell’Utri dovevano bloccare ogni velleità.

Non è accaduto perchè non si è voluto sanare il conflitto di interessi – padre del Berlusconismo e madre del Consociativismo – e perchè Tangentopoli preferì condannare Craxi mandando in prescrizione tutto il resto, inclusa tanta compiacente ed inamovibile pubblica amministrazione.

Allora ha ragione Beppe Grillo a chiedere riforma elettorale e scioglimento delle Camere?
Dipende …

Infatti, che sia necessario andare al voto con regole diverse è un fatto ineludibile da anni, più volte rimarcato dal Presidente della Repubblica. I tempi sono, viceversa, da capire.

Infatti, tra 20 giorni il Popolo delle Libertà potrebbe ‘affrancarsi’ dal centralismo berlusconiano, tra una settantina avremo l’esito delle elezioni tedesche. Poco prima o poco dopo arriverà il congresso del Partito Democratico che – lo si spera tutti – dovrà dolorosamente dirimere l’incompatibilità di ‘correnti’ popolari, sindacalizzate, post socialiste, lobbiste, post comuniste, ecoverdi e quant’altro ancora, tutte accomunate da un Porcellum che finirà.
Ed, intanto, anche il Movimento Cinque Stelle – che ha l’esigenza di avvicendare un gruppo di eletti che non sembra essere all’altezza della situazione – ha bisogno di tempo per far emergere e/o aggregare ‘cervelli’ se vuole darsi una struttura atta a partecipare al governo del Paese.

A questo aggiungiamo che, in autunno, tutto si potrà permettere l’Italia fuorchè uno stallo in nome del conflitto di interessi e delle prescrizioni (come per il trascorso Ventennio) o, a contraltare, un caos parlamentare con un governicchio nè tecnico nè di programma.
Non solo per il caos sociale di cui parla Grillo o la bancarotta nazionale, prospettata da Mediobanca in un report recente. Anche perchè in ogni sistema organizzato, se i generali vengono meno, almeno un tentativo di subentro i colonnelli lo fanno.

All’Italia non servono caos e conflitto.

originale postato su demata

La 25esima ora di Silvio Berlusconi

9 Lug

Il processo Mediaset, che vede Silvio Berlusconi condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale e a cinque di interdizione dai pubblici uffici, sarà sentenziato dalla Corte di Cassazione entro la fine di luglio, evitando ogni rischio di prescrizione, anche di una sola parte delle accuse.

Se la sentenza sarà favorevole al leader di Forza Italia, si ritornerà in Appello, ma la sentenza sarà definitiva e la ricaduta politica enorme.  Questi i motivi di una tale tempestività nell’emettere una sentenza da parte della Corte suprema, che ha il dovere di non sottoporre il Paese ad una ulteriore ‘sospensione’, ovvero ad un ennesimo rinvio.

Di cosa tratta la sentenza di condanna è presto detto: una compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset tramite altre società offshore, sempre riconducibili al gruppo di Berlusconi, per evadere il fisco e accumulare fondi neri all’estero, grazie alla lievitazione dei prezzi ad ogni passaggio, al punto che, alla fine Mediaset avrebbe acquisito i diritti pagandoli più del reale valore. Anche gli azionisti di Mediaset ne sono stati pesantemente danneggiati, vista la dimensione dell’operazione, i cui fondi neri accumulati consisterebbero in almeno 280 milioni di euro.

Un’operazione mostruosa, per il Fisco e per la Democrazia, specialmente se “di casi come questo se ne vedono abitualmente molti altri e la Suprema Corte si limita a rideterminare la pena nel caso in cui, prima del verdetto definitivo, sia intervenuta la prescrizione per una parte dei reati”, come conferma proprio l’avvocato Franco Coppi, difensore di Berlusconi, precisando che non resta che sperare di “ottenere l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna inflitta a Silvio Berlusconi”..

Tre settimane in cui, altrove, sarebbe stato ritirato il passaporto al condannato, onde evitare il rischio di fuga, visto cosa l’attenderebbe se dovesse trovarsi sul territorio italiano a sentenza confermata.
Un po’ come in quella storia di profondo travaglio psicologico in cui Ed Norton impersona un condannato che deve presentarsi al carcere per scontare la propria pena.

Ma non succederà, che nessuno si preoccupi. Da noi, in Italia, si dice: ponti d’oro a nemico in fuga.

originale postato su demata

Lodo Mondadori, la resa dei conti

9 Lug

La vicenda del Lodo Mondadori è fa parte della cosiddetta Guerra di Segrate, uno  scontro giudiziario-finanziario tra due imprenditori italiani, Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, per il possesso della Arnoldo Mondadori Editore, e la successiva vicenda giudiziaria riguardante il pagamento di tangenti per ottenere un lodo favorevole alla parte di Berlusconi, che ha visto tra gli imputati lo stesso Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori, tra cui Cesare Previti.

Nel 1987  muore Mario Formenton, genero di Arnoldo Mondadori e presidente della omonima casa editrice. Silvio Berlusconi, che era un socio di minoranza, acquista le azioni di Leonardo Mondadori con la conseguenza che la Arnoldo Mondadori Editore si trova ad essere contesa tra la Fininvest di Silvio Berlusconi, la CIR di Carlo De Benedetti e gli eredi Formenton, che avrebbero dovuto vendere le proprie quote alla CIR entro il 30 gennaio 1991.

Nel novembre 1989 la famiglia Formenton si schiera dalla parte di Fininvest, consentendo a Berlusconi di arrivare alla presidenza del CdA aziendale e provocando la reazione di De Benedetti.

Un collegio di tre arbitri, Pietro Rescigno (CIR), Natalino Irti (Formenton Mondadori) e Carlo Maria Pratis, (Corte di Cassazione) emette dopo pochi mesi il primo verdetto: l’accordo tra De Benedetti e i Formenton è valido a tutti gli effetti, le azioni devono tornare alla CIR, con il risultato che De Benedetti perviene al controllo del 50,3% del capitale ordinario e del 79% delle azioni privilegiate.

Berlusconi ricorre in giudizio e dopo altri sei mesi, il 24 gennaio 1991, la I sezione civile della Corte d’Appello di Roma, su relazione del giudice Vittorio Metta, sentenzia che gli accordi Formenton-De Benedetti sono in parte in contrasto con la disciplina delle società per azioni, che sono da considerarsi nulli l’intero accordo e il lodo arbitrale e, di fatto, consegna nuovamente le azioni della Mondadori in mano alla Fininvest .
Alla fine, grazie alla mediazione di Carlo Caracciolo, Giulio Andreotti e di Giuseppe Ciarrapico,  la Repubblica, L’Espresso e alcuni quotidiani e periodici locali tornano alla CIR, mentre Panorama, Epoca e tutto il resto della Mondadori restano alla Fininvest, che riceve 365 miliardi di lire come conguaglio per la cessione delle testate all’azienda di Carlo De Benedetti.

Nel 1995, mentre imperversava Tangentopoli, emergono indizi di una storia di di tangenti tra Previti e alcuni giudici romani: inizia lo scandalo All Iberian.

Tra i vari movimenti di danaro, salta fuori un bonifico di 220.000 euro, che da Fininvest va a Cesare Previti e da lui arriva nelle disponibilità del giudice Metta, che poco dopo si dimette per entrare a far parte dello studio legale Previti.

A questo punto, mentre Berlusconi “scende in campo” ed inizia il Berlusconismo, coi i fasti nefasti che conosciamo, si iniziano i processi, che trovano conclusione solo nel 2007.

Questi gli esiti:

  • 2003 Silvio Berlusconi – non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato dopo le attenuanti generiche
  • 2007 Previti, Pacifico e Acampora (avvocati Fininvest) – 1 anno e 6 mesi, Metta (ex magistrato) – 2 anni e 9 mesi

Alla sentenza penale definitiva, segue il processo civile per  il danno economico derivante dal fatto che il lodo è stato viziato.  La sentenza di primo grado, nel 2009, obbligava la Fininvest di Berlusconi a risarcire 749,9 milioni di euro alla CIR di De Benedetti per danno patrimoniale da «perdita di possibilità».

La sentenza dell’appello, del luglio 2011, conferma la condanna con un risarcimento che ammonta a 540 milioni di euro cache, più gli interessi scaturiti dal 2009 per un ammontare di 560 milioni di euro.

Viste le prove e le sentenze, non so quanti possano compiangere il Premier Berlusconi,  che sul sagrato della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, al termine dei funerali del senatore Romano Comincioli, il 15 giugno scorso, esternava un “Dove trovo i soldi se i giudici mi condanneranno?”

Il rammarico è altro.

Chissà come sarebbe l’Italia di oggi se il giudice Vittorio Metta non avesse accettato i suoi 30 denari.

Di chi sarebbero le televisioni e l’editoria, le banche e le poste, , i supermercati e le sale gioco? Quali partiti avremmo e, soprattutto, quali politici avremmo?

Quali risorse, quale fiscalità, quale corruzione, quali infrastrutture?

Quale sarebbe oggi la qualità italiana, senza una cospiracy finanziaria che solo dopo 25 anni inizia a trovare una conclusione, per ora, solo giudiziaria.