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Il punto sulla Movida

23 Mag

La Movida viene definita come la vita mondana notturna, caratterizzata da grande consumo di alcolici, assembramenti di massa, facilità di incontri amorosi e, non di rado, anche dallo spaccio e dal disturbo della quiete pubblica.

sballo-movida

Se parliamo di Salute, la Movida è una attività che comporta precisi rischi per alterazione del ciclo sonno-veglia, disalimentazione, consumo di alcol e sostanze, sesso non sicuro, tabagismo,  infortunistica stradale, contagi.

Se parliamo di Libertà, è difficile comprendere quale sia il diritto a svolgersi in luoghi pubblici, se parliamo di attività ‘ricreative’ private, come bere, usare droghe, fare sesso, assembrarsi rumorosamente eccetera.

Se parliamo di Città, la Movida ha trasformato alcune zone delle città  in un luna park notturno che attrae tanta gente comune, ma vede come ospiti ‘fissi’ alcolisti, spacciatori e sesso-dipendenti.

Se parliamo di Occupazione, la Movida crea un’economia fragile, perchè si regge sul superfluo, perchè offre tanto lavoro malpagato e senza futuro e perchè trasforma le città in luoghi del consumo, perdendo progressivamente la capacità di amministrarsi e di innovarsi.

Ma ormai questa economia fragile esiste e c’è chi la difende.
Chi in nome delle partite iva senza un capitale alle spalle, chi per i lavoratori in nero disoccupati, chi perchè i centri storici vuoti sono uno scempio a vedersi, chi perchè ormai non cucina più e mangia street food, chi perchè è solo come un cane se sta a casa, chi perchè … ormai non può vivere senza almeno un paio di aperitivi.

Dunque, la Movida – quella di Barcellona e della gente che riscopriva la libertà dopo la dittatura – non c’entrerebbe nulla di per se: è il business che si è sviluppato ad essere fragile e fine a se stesso.

Nicola Zingaretti dichiarava giorni fa che “I giovani non sono untori ma vittime di questo momento”.

Non di questo momento in cui il Covid esige il senso di responsabilità personale e sociale, qui la cosa dura da tanto tempo: i giovani sono vittime del Paese dei Balocchi, quello creato dalla politica italiana negli ultimi vent’anni.
E smettiamola di chiamarli ‘giovani’, se hanno più di trent’anni o sono padri e madri di famiglia.

Quanto agli untori, non è la Peste del Manzoni che dobbiamo temere, ma la Pelle di Malaparte che si profila all’orizzonte.
Una nuova escalation dei contagi nelle grandi aree urbane, ci porterebbe molto vicini ad un punto di non ritorno sia come pandemia incontrollabile sia come Lockdown e crollo dell’economia.

Demata

Italia alcolica. Etilismo e salute vs. industria del vino /aiuti pubblici: i dati

1 Giu

I dati dell’Organizzazione Mondiale per la Salute per il 2012 segnalano che a livello globale si consumano 6,2 litri annui di alcol puro a persona.
Considerato che il 38,3 per cento della popolazione mondiale non consuma alcolici e aggiungendo un altro 40% che beve poco o pochissimo, arriviamo a non meno di 15-20 litri annui di alcool puro a testa di media per i così detti bevitori abituali, moderati o esagerati che siano.
La media italiana (6,7 lt) e bielorussa (17,5 lt) sono una conferma esemplare del dato, anche se, forse, c’è qualcosa che non torna nei dati italiani: se un comune vino italiano, in bottiglia da 0,75 litri, contiene l’11 %Vol di alcool, mezza bottiglia  (o quattro bicchieri colmi) al giorno e siamo già arrivati a 15 litri annui di alcool consumato … 

A dispetto di un consume medio di alcol in Italia relativamente rassicurante, l’8% dei maschi italiani si è ubriacato pesantemente (consumando oltre 30 grammi di alcol puro) almeno una volta nell’ultimo mese. I dati dell’ISTAT indicano che il 75% degli italiani consuma alcool (l’87% degli uomini e il 63% delle donne). Il primo bicchiere viene consumato a 11-12 anni; l’età più bassa dell’intera Unione Europea (media UE 14,5 anni).

Esempio di pubblicità di alcolici con bambini testimonial

In condizioni simili, i dati spagnoli fissano l’inizio del consumo di alcol tra i minorenni a soli 13,9 anni di media, il che significa che molti iniziano ben prima, e, infatti, l’82% degli adolescenti ha bevuto alcol nell’ultimo anno e il 74% nell’ultimo mese. Sei su 10 ragazzi tra i 14 e 18 anni si sono ubriacati più di una volta, e di questi uno su cinque afferma di averlo fatto negli ultimi trenta giorni.

I bevitori a rischio in Italia sono oltre 3 milioni (> 5% popolazione, almeno il 10% dei maschi adulti), che vanno ad aggiungersi ad un milione di alcolisti classificati.

Nel 2000 817.000 giovani di età inferiore ai 17 anni hanno consumato bevande alcoliche e circa 400.000 bevono in modo problematico. Nel 2012, il 7% dei giovani dichiara di ubriacarsi almeno tre volte alla settimana ed è in costante crescita il numero di adolescenti che consuma alcool fuori dai pasti (+ 103% nel periodo 1995-200 tra le 14-17enni).

Anche i dati sul Binge Drinking sono in crescita come nel resto dei Paesi europei e, presumibilmente, sottostimati, specialmente per  gli adolescenti, dato che consiste nel restare alticci per ore e ore, bevendo almeno 5 drinks per i maschi e 4 per le femmine in un breve lasso di tempo.

Danni dell’alcol

Un ‘bravo’ binge drinker evita di passare da brillo a ubriaco, ma il binge drinking – nonostante quanto credano i bevitori che lo praticano – è comunque associato a tutti i problemi cognitivi e comportamentali, anche a lungo termine, di tutti gli etilisti, oltre a quelli connessi con la gravidanza.

L’etilismo durante la gravidanza è associato alla sindrome alcolica fetale, complicazioni alla nascita e disturbi di tipo neurologico del nascituro. Scompensi nella memoria e nei modelli cognitivi possono riscontrarsi in tutti gli etilisti critici, così come l’incapacità a controllare gli impulsi, specialmente nelle ragazze. In aggiunta, la percezione delle informazioni per via orale o visuale risulta ritardata. Gli studi compiuti sugli adolescenti dimostrano che il consumo etilico critico continuato può causare scompensi cognitivi a lungo termine.

In Italia, il 10% dei ricoveri totali è attribuibile all’alcool. Nel 2000 si stimava fossero  326.000, di cui 100.000 con diagnosi totalmente attribuibile all’alcool (relazione al Parlamento del Ministro della Salute) e, ogni anno, sono circa 40.000 le persone muoiono a causa dell’alcool per cirrosi epatica, tumori, infarto del miocardio, suicidi, omicidi, incidenti stradali e domestici e per incidenti in ambienti lavorativi. Nel mondo la stima è di un morto ogni dieci secondi per cause derivanti o correlate all’alcol, praticamente un decesso ogni 20 è dovuto a consumo di alcol: più vittime di Aids, tubercolosi e omicidi messi insieme.

In Inghilterra, l’etilismo costa al Welfare circa 20 miliardi di sterline l’anno, pari a 17 milioni di giorni di lavoro perduti dovuti alle patologie alcol-correlate, con un costo annuale sul sistema sanitario nazionale di circa 3 miliardi di sterline l’anno.
Nel 2013, uno studio pubblicato dal British Medical Journal, The Lancet, e finanziato dal Centre for Crime and Justice Studies (UK) ha certificato l’alcol come la droga più dannosa di una lista di 20 sostanze diverse. Contrariamente alla percezione popolare, l’alcol è stato posizionato come più distruttivo rispetto sostanze di “classe A” come l’eroina e crack. Lo studio, condotto da un gruppo di esperti del Comitato scientifico indipendente sulle droghe, considera gli effetti nocivi di ciascuna sostanza in base ad una serie di criteri per ricaduta fisica, impatto psicologico e sociale.

Lancet Drugs Risks Ranking Chart The Lancet, Volume 376, Issue 9752, Pages 1558-1565, 2010/11/05

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni. Per questo motivo, per i minori di 11-15 anni viene considerato come comportamento a rischio già il consumo di una sola  bevanda alcolica durante l’anno.
La stessa OMS stima che i costi annuali sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati all’alcool sono pari al 2-5% del Prodotto Interno Lordo (PIL), il che significa che in Italia staremmo parlando di 30-100 miliardi di euro annui per i costi sociali e sanitari, derivanti dal consumo critico di alcol.

BERTOLDO BERTOLDINO CACASENNOAndando all’industria del vino, La Repubblica racconta come “l’Italia si conferma anche nel 2013 il principale produttore di vino al mondo con 44,9 milioni di ettolitri contro i 44,1 milioni della Francia e i 40 della Spagna”.
Il valore della produzione italiana di vini nel 2012 “è stimabile in 9,1 miliardi di euro e quello del consumo apparente in 4,7 miliardi, assorbiti principalmente da alberghi e ristoranti con oltre sei decimi del totale”. CANTINE RIUNITE & CIV (Campegine – Re) sono il primo produttore di vini con 204,3 milioni di bottiglie. (fonte Mediobanca del 2014)

Un’industria del vino ‘primaria’, che tiene nonostante gli italiani negli  ultimi 10 anni abbiano quasi dimezzato il consumo di vino e che da lavvoro ad oltre 200.000 addetti, ma che ci costa anche molto se Agrinotizie ci spiega anche che, oltre alle normali misure di ‘aiuto’ all’agricoltura, per l’industria del vino italiano è previsto un Programma Nazionale di Sostegno (PNS) abbastanza provvido ed esteso:

  • Ristrutturazione e riconversione dei vigneti – 110 milioni di euro
  • Promozione dei vini sui mercati extra-Ue – 82,4 milioni di euro per il 2011-2012 e di 102 milioni per il 2012-2013
  • Investimenti – fondo di 15 milioni di euro per il 2010-2011 e di 40 milioni per il 2011-2012
  • Vendemmia verde – 30 milioni di euro all’anno
  • Assicurazione del raccolto – fondo di 20 milioni di euro
  • Distillazione dei sottoprodotti – 1,1 euro/grado/hL per le vinacce e in 0,5 euro/grado/hL per le fecce, senza dover pagare un prezzo minimo di acquisto a favore dei produttori, come invece era in passato
  • Distillazione di vino per la produzione di alcol alimentare – 400 euro/ha per il 2010/2011 e a 350 euro/ha per il 2011/2012, per un volume minimo di vino di 25 hL e massimo di 30 per ogni ettaro richiesto
  • Aiuto all’utilizzo di mosti – 1699 euro/grado ettolitro per l’uso di mosto concentrato, e a 2206 euro/grado ettolitro per il mosto rettificato ai produttori della zona mediterranea
  • Consulenza aziendale – rimborso dell’80% delle spese sostenute per i servizi di consulenza aziendale atti a migliorare il rendimento dell’impresa agricola (con un limite massimo di 1500 euro)
  • Politiche per il ricambio generazionale – contributi massimi di 70 mila euro per gli imprenditori new entry con età minore di 40 anni
  • Politiche strutturali – contributo dal 40 al 60% agli investimenti che migliorano il rendimento globale dell’azienda agricola in conformità con le norme comunitarie in materia, tra cui l’acquisto di terreni per un costo non superiore al 10% del totale delle spese ammissibili
  • Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli – 40 al 50% sugli investimenti atti a migliorare il rendimento globale dell’impresa agricola
  • Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie – contributi, che possono toccare il 100% dei costi ammissibili
  • Politiche per la qualità – contributo annuale per cinque anni di 10,000 euro all’anno per azienda
  • Sostegno alla partecipazione a sistemi di qualità – contributo massimo di 3000 euro per azienda agricola
  • Sostegno all’attività di informazione dei consumatori e di promozione dei prodotti alimentari di qualità- cofinanziamento al 70% le attività di informazione dei consumatori e quelle di promozione dei prodotti agroalimentari di qualità che si tengono sul mercato interno europeo (eventi fieristici inclusi)
  • Politiche agroambientali – indennità a favore degli agricoltori che producono nelle zone montane, nelle aree svantaggiate o in altre aree con vincoli ambientali e naturalistici, con un limite massimo di 250 euro/ha
  • Contratti di filiera e di distretto – investimenti (dai 5 ai 50 milioni di euro, senza alcuna percentuale massima per regione) senza parametri minimi per gli investimenti di filiera e del rapporto minimo tra investimenti e produzione agricola
  • Contratti di sviluppo – finanziamento dai 7,5 milioni di euro (per programmi riguardanti solo le attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) ai 30 (per programmi di sviluppo industriale o commerciale)
  • Agevolazioni Invitalia (in qualsiasi settore) – lavoro autonomo (fino a 25.823 euro iva esclusa per chi vuole avviare una ditta individuale, microimpresa (fino a 129.114 euro per chi vuole avviare una piccola attività imprenditoriale in forma di società di persone
  • Agevolazioni Ismea – fino a un milione di euro per progetto ai giovani imprenditori agricoli che vogliono subentrare nella conduzione di un’azienda
  • Promozione dei prodotti agricoli – finanziamento fino al 90% dellle spese ammissibili di chi promuove e valorizza le caratteristiche qualitative dei prodotti agroalimentari italiani

Ecco perchè un litro di vino qualunque in tetrapack, al supermercato, costa meno  di 2 euro e vini decenti si trovano anche a meno di cinque euro: praticamente li paghiamo noi con le nostre tasse.

Ed, a fronte degli oltre 200.000 addetti e un valore 4,7 miliardi di euro in consumi interni, c’è da considerare – quando si esulta per la crescita dell’industria del vino – che gli alcolisti sono un milione, gli etilisti critici arrivano a tre e che i costi sociali e sanitari dell’alcol in Italia sarebbero di diverse decine di miliardi di euro, mentre gli under40 alticci (e i ragazzini ubriachi) aumentano.

Qualcosa su cui dovremmo seriamente riflettere.

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Europa 2020: nel Lazio c’è tanto da fare

20 Feb

1959842_10152168796154034_2121530092_nArriva Europa 2020 (PSR del Lazio 2014 – 2020), la strategia per la crescita economica e sociale dei Paesi dell’UE lanciata dalla Commissione europea nel 2010, che individua 3 priorità – crescita intelligente, sostenibile e inclusiva – mira a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e competitività.

La Regione Lazio, nel corso del 2013, aveva avviato le attività finalizzate alla predisposizione degli strumenti operativi, in particolare l’analisi di contesto socio-economico dell’agricoltura regionale e la procedura di Valutazione Ambientale Strategica del PSR 2014-2020.
E, proprio in questi giorni, ha aperto un sito apposito (link) dove si legge “fino al 28 febbraio, grazie ad una pagina web dedicata, raccoglieremo le osservazioni di chi vuole contribuire. Quando aumenta la partecipazione e la condivisione, si prendono decisioni migliori“.

Beh, la pagina web dedicata è questa (link) e di spazio per la ‘consultazione on line’ proprio non ce n’è … ma si precisa che “la consultazione online è aperta sia ai componenti del Tavolo di Partenariato che a tutto il pubblico interessato“. A scartabellare un po’, si scopre un file excel destinato a soggetti che abbiano un “ruolo svolto in relazione allo sviluppo rurale” con tanto di Ente di appartenenza o qualifica professionale.

Peccato che l’agroalimentare sia quello che mangiamo e quello che spendiamo. Forse, tra ‘tutto il pubblico interessato’ ci sono anche i cittadini. O no?

Un disguido, una frase fraintendibile, ma, parlando di ‘crescita intelligente, sostenibile e inclusiva’ dell’agricoltura nel Lazio, c’è ne sarebbe da discutere anche come cittadini /consumatori e non solo come operatori.

Come, ad esempio, per gli unici olii d’oliva DOP del Lazio, il Sabina e il Canino, noti per il loro pregio e coltivati su un’area equivalente almeno alla provincia di Siena. Prodotti eccellenti che trovano poca traccia come commercializzazione su internet, di sicuro non sono venduti nei supermercati laziali e, con tanti ulivi in bella vista, non sembrano contribuire particolarmente alla leva fiscale regionale …

Sempre in termini di ‘anomalie’ sarebbe da ricordare almeno quella dei tanti (troppi?) vini DOC del Lazio, quasi uno per campanile e di blasone diverso, come raccontano i nomi: Aleatico di Gradoli, Aprilia, Atina , Bianco Capena superiore, Castelli Romani , Cerveteri , Cesanese di Affile DOC , Cesanese di Olevano Romano DOC , Circeo , Colli Albani , Colli della Sabina , Colli Etruschi Viterbesi, Colli Lanuvini superiore, Cori , Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, Frascati, Genazzano, Marino, Merlot di Aprilia, Montecompatri Colonna , Nettuno, Orvieto , Roma, Sangiovese di Aprilia, Tarquinia , Moscato di Terracina, Trebbiano di Aprilia, Velletri , Vignanello , Zagarolo superiore‏  

Quale possa essere la loro ascesa ed affermazione sui mercati è presto detto, se c’è da competere con intere province, come il Chianti o il Montalcino, od aree regionali, come per i vini californiani e spagnoli.
Intanto, i contributi (soldi pubblici) per questa bella lista di vini li spendiamo …

Il tutto senza tenere conto che esistono anche i costi sanitari non irrilevanti per le patologie da consumo alcolico, mentre il Ministero per le Politiche Agricole e l’Assessorato regionale del Lazio per  Agricoltura e Sviluppo Rurale, Caccia e Pesca – sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica – non mancano di patrocinare eventi come “La cultura del vino in Italia” nel Complesso del Vittoriano, in un paese che evita di scrutare il fenomeno alcolismo, ma che nel 1965 vedeva oltre 120 litri di vino come consumo pro capite annuale tra i maschi (bambini inclusi) e che nel 1994 presentava percentuali allarmanti tra le donne di alcune regioni ed oggi conta nel Lazio il 22,1% di bevitori maschi ‘a rischio’  (Rapporto Istisan 2012).

E c’è la questione dei costi dei prodotti sui banchi dei supermercati, con una “filiera del commercio che finisce per avere sempre la stessa conseguenza: a rimetterci è il consumatore che va a comprare. «C’è un ricarico del 200% in media, ma con punte anche del 300%», affermano alla Coldiretti sulla base di un loro studio“, mentre ” il Mercato Ortofrutticolo di Fondi è molto più di un mercato. E’ una città, 335 ettari, 120 aziende, 2 mila produttori locali, 800 milioni di fatturato l’anno. E’ il più grande mercato italiano, il secondo in Europa dopo quello di Parigi.” (Flavia Amabile – La Stampa).

Ce ne sarebbero di cosa da ‘consultare’, visto che lo scopo di un governo regionale dovrebbe essere quello di garantire, innazitutto, che la merce che arriva ai cittadini sia di buona qualità ed a prezzi decenti.

Anche in questo caso, come per il frammentato e opaco mercato dell’olio e del vino laziali, Roma e il Lazio dovrebbero badare alla “competitività” che – guarda caso –  è tra le priorità  di Europa 2020.

Frammentato anche in Regione Lazio, dove la ‘Programmazione Comunitaria’ è affidata ad un ufficio (Dirigente Roberto Aleandri), le ‘Politiche di mercato e l’organizzazione delle filiere con progettazione integrata’ ad un altro ufficio (Dirigente Stefano Sbaffi), la ‘Promozione, comunicazione e servizi per lo sviluppo agricolo’ ad un altro ancora (Dirigente Cristiana Storti) …

Non è in discussione la professionalità dell’Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca Sonia Ricci, che è stata amministratrice e direttore generale di alcune aziende agricole fino alla nomina di Zingaretti, oltre a essere impegnata politicamente sin da giovanissima.

Ma la sfida di Europa 2020 passa una volta sola e troppi interessi localistici e micragnosi hanno pesantemente influenzato – finora – la nascita di un’immagine e la conseguente affermazione di un ‘prodotto laziale’, come viceversa avviene per tutte le regioni limitrofe. Persino nel piccolo Molise.

Cerchiamo, dunque, di scoprire su quali scaffali e quali tavole finisce l’olio sabino, dopo essere stato venduto (si spera). Proviamo a sviluppare due vini due che abbiano abbastanza ‘forza produttiva’ per sviluppare campagne di marketing massive.
Miglioriamo la filiera e facciamo in modo che i prezzi dell’ortofrutta a Roma siano più bassi per i consumatori e i ricavi più alti per i produttori … forse spenderemmo meno in Welfare e aiuti all’agricoltura, mentre la gente sarebbe più ottimista.

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Haschish, tabacco ed alcool

27 Gen

Riferendosi sia alle lobby del tabacco sia, indirettamente, a quelle dell’alcool, Sirchia, ex ministro della salute ed autorevole medico, ha anche precisato che “fa piu’ male un pacchetto di sigarette che uno spinello”.

Figuriamoci una bottiglia di vodka a digiuno …

Da notare che la vodka la vendono nei supermercati a chiunque, controllare è impossibile, per uno spinello o poco più si finisce in galera, a marcire in mezzo a criminali professionisti, mentre le sigarette le venderanno, da domani, anche i benzinai, grazie alle liberalizzazioni di Mario Monti.

Eppure, la salute è la prima cosa …

Perchè un cotal governo di “tecnici” non legifera anche in materia di salute pubblica e, soprattutto, non lo fa seguendo dei criteri scientifici e le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità?

Leggi anche Alcol? Molto peggio di eroina e cocaina …

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Alassio, bar vietato ai marocchini. Perchè?

5 Set

Alassio è la città che Ghalfi El Mohammed, immigrato marocchino trentenne, aveva scelto per il suo soggiorno in Italia.
Non aveva scelto il duro, ma onesto lavoro in fabbrica o nei campi, come tanti altri immigrati. Aveva preferito vivere alla giornata grazie a piccoli business illegali.

Ghalfi El Mohammed aveva già avuto a che fare con le forze dell’ordine per vendita di prodotti con marchio contraffatto, spaccio di stupefacenti, ricettazione. Ma non solo: era stato denunciato anche per porto abusivo d’armi e stalking.

Nessuno di questi processi è ancora pervenuto a sentenza definitiva e, pertanto, Ghalfi El Mohammed circolava liberamente per Alassio, spesso abbrutito dalla sua dipendenza, e,comunque, continuando nella sua vita borderline.
Certo, qualcuno avrebbe potuto notare un declino morale ed una escalation criminale, ma questo accade solo nei film e nei paesi diversi dal nostro.

Fatto sta che per l’italiano medio Ghalfi è “un po’ una testa calda”, “tutt’al più un po’ fuori”, ma questo non implica che il costosissmo ed inefficiente welfare si sia occupato del caso. Diamo una marea di soldi alle Onlus, ma non c’è un assistente sociale od un consultorio se si tratta di “una vita da bere”, figurarsi se straniero.
Nè è accaduto, seguendo la strada opposta, che sia stato espulso per “reati contro il soggiorno sul territorio”, anch’essi, sembra, in attesa di giudizio.

Intanto Ghalfi sta sempre peggio e viene denunciato, poche settimane fa, per resistenza durante un controllo contro l’abusivismo commerciale: aveva infatti spintonato e morso due vigili, che gli sequestravano 63 paia di occhiali contraffatti.
Era esasperato, era la quarta volta in una settimana che accadeva, ma non c’era verso di fargli capire che i “tempi d’oro” dei “vu cumprà” erano finiti e che la contraffazione di merci era duramente perseguita, visto che impoverisce il nostro paese.
Neanche si era reso conto della grande clemenza del giudice che gli sospendeva la pena dopo aver patteggiato 6 mesi di reclusione, con la condizionale, come se le altre denunce non esistessero e come se fosse un cittadino italiano od europeo.

Cosa fare? Ritornare in Marocco, evitando guai peggiori, o restare in Italia, in attesa di una dura condanna?
Ghalfi El Mohammed sceglieva la seconda e, nel fine settimana, tornava ad Alassio per vendere merce contraffatta.

Sabato notte, era completamente ubriaco e, mancava solo questa, molesta una ragazza di 21 anni che rientrava a casa dal lavoro presso il bar dei genitori.
Al suo rifiuto, l’aveva afferrata per palpeggiarla, forse stuprarla, e, quando la giovane si era divincolata, l’aveva ferita con un fondo di bottiglia ad un braccio e al collo.
Dopo di che fuggiva via, mentre la gente accorreva e, fortunatemente per lui, veniva rapidamente intercettato da una pattuglia dei carabinieri, quando parenti della vittima e cittadini qualunque stavano per scatenare una caccia all’uomo.

Ghalfi El Mohammed non doveva essere lì. Uno Stato civile non avrebbe permesso che restasse sul proprio territorio, che restasse in libertà, che restasse privo di cure.

Nel bar dove lavorava la vittima, quello di proprietà dei genitori, da oggi, c’è un cartello: “Vietato l’ingresso ai marocchini”. Sarà razzismo, ma cosa dire all’accorata madre che campeggia dal bancone, a caldo, dopo quello che è accaduto alla figlia?

E poi, perchè solo i marocchini? Al posto loro, vista la storia di Ghalfi El Mohammed, io ce l’avrei con gli italiani tutti.

Alemanno, Roma ed i nostalgici

26 Apr

Durante la notte tra Pasqua e Lunedì in Albis, qualcuno ha saldato ad un ponte una grossa insegna metallica con la scritta  scritta «Work will make you free», ovvero «Arbeit macht freì» come all’ingresso del lager di Auschwitz. Abominevole: come dire “ci siamo ripresi la città, vi è rimasto solo questo quartiere”.

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha, ovviamente, fatto rimuovere l’oggetto e ha dato dei «pazzi scellerati» agli autori, senza spiegare come sia possibile saldare di notte un’insegna, lunga ben 4 metri e non incappare in almeno un’autopattuglia.

Come se fossero casi isolati, in una città dove il giorno prima erano apparsi manifesti in diversi quartieri con fasci littori e foto d’epoca di camerati, in armi e con il saluto romano, e le scritte  «25 aprile» e «Buona Pasquetta».

Utile anche sapere che, non appena rimossa l’insegna, è spuntato al suo posto uno striscione con le stelle a cinque punte in bella vista.

Il tutto nella capitale italiana e nella città del Papa, dopo una ininterrotta e spesso impunita serie di atti analoghi.

Tutto molto esecrabile ed indecente, ma come non comprenderne le cause? Se la Sinistra romana ha costruito solo enormi blocchi di case popolari, prima, ed enormi centri commerciali, poi, senza prendersi cura della mobilità e dell’aggregazione, è difficile evitare lo scenario di alienazione metropolitana che Roma ormai rappresenta.

Una città con mezzo milione di inquilini in “edilizia popolare”, due sole linee di metro per 4 milioni di persone su 800 kmq, zero piazze fuori dal centro storico, enormi centri commerciali che hanno cancellato i negozi preesistenti, sostituiti da sale giochi e centri estetici.

Perchè le intellighenzie capitoline non riescono a giubilare chi ha realizzato questo orrore e perchè si meravigliamo se i neonazisti ed i neoBR ci sguazzano?

Alemanno, punto e accapo?

4 Apr

Il sindaco postfascista di Roma, Gianni Alemanno, si cimenta da un po’ di tempo con il blogging, con l’apertura di “Alemanno 2.0”, aggregato tra i “fogli elettronici” dei Tea Party non si sa bene per quale affinità intellettuale con il mondo liberale.

A dire il vero, non è l’ex-ministro Alemanno a scrivere sul blog, ma il suo staff e, dunque, più che di un blog sarebbe corretto parlare di un ufficio stampa e sarebbe interessante sapere se questo staff è pagato e da chi.

Ad ogni modo, quel che conta è la sostanza dell’informazione che il sindaco di Roma intende diffondere. E qui viene il bello: basta visitarlo per comprendere che la politica romana attuale non è assolutamente all’altezza di quella che dovrebbe essere una capitale internazionale, un distretto capitolino e, comunque, una metropoli.

Oggi, ad esempio, si parla di:

“nuovo servizio di fluidificazione del traffico”, ovvero di «Stiamo facendo un grande sforzo per rimettere i vigili in strada nei punti più caldi e strategici della città. Giorno dopo giorno miglioreremo il progetto, la collocazione dei vigili nei punti più critici della città, anche a seconda delle segnalazioni dei cittadini. Insomma un work in progress» … Resta da capire se parliamo di 500 solerti vigili “finora imboscati negli uffici”, di 500 anziani marescialli ormai alle soglie della pensione oppure di … 500 ulteriori assunzioni.

“chi è contro il restauro o è matto o nemico giurato di Roma”, ovvero di «Siamo riusciti a fare un miracolo e finalmente a prevedere un restauro da 25 milioni di euro, integralmente pagato da privati» … che bisognerà vedere quanto spazio e quanta invasività nel centro storico pretenderanno, fermo restante che la manutenzione del Colosseo dovrebbe essere ordinaria e non un “miracolo” e che trovassero gli sonsor per sistemare un po’ meglio le “celebri” periferie romane.

“movida: alcol a quindicenne? E’ da sciagurati!”, ovvero di «Bisogna trovare chi ha somministrato l’alcol a questa quindicenne, non è ammissibile che un minorenne trovi chi gli da dell’alcol» … che, ad esempio, può trovare in qualunque supermercato tra quelli aperti fino a tardi o tutta la notte, mentre si reca alla bolgia di Campo dè Fiori, dove da anni si tollera che ogni notte migliaia di giovani si ubriachino oltre ogni limite.

Certo, c’è da fare qualcosa per il traffico, qualc’altra per il Colosseo ed altre ancora per i giovani.

Altrettanto certamente si potrebbero ricercare sponsor anche per iniziative di aggregazione giovanile, si potrebbe trasformare il turismo a Roma in una macchina produttiva e non solo clientelare, si dovrebbero costruire dei centri direzionali e ricollocare alcuni ospedali, che è lì che si dirige il traffico in città.

Thomas DiBenedetto vuole costruire uno stadio, lo vuole Lo Tito, lo vogliono tanti … e se invece di qualche tempio del far nulla ed una marea di villini, con un sindaco all’altezza della situazione non si trovasse il modo per ricollocare polarità ed aggregazione, turismo ed ‘urbanistica e  ridare vita e dignità a Roma ed una speranza ai suoi giovani?