Mentre il mondo avrebbe bisogno di Mario Draghi per dipanare la matassa ucraino-russa e magari anche quella tedesco-ungherese, Giorgia Meloni arranca nella formazione di un governo ‘grazie’ al suo alleato Matteo Salvini.

E se Matteo Salvini come ministro in un governo è una bomba ad orologeria, come sa bene Giuseppe Conte, ritrovarselo a di fuori a fare sostegno esterno è una mina vagante, come Mario Draghi può confermare. E vediamo perchè.
Innanzitutto, Salvini è l’uomo che ha scelto di trasformare in leader politico nazionale uno sconosciuto avvocato di provincia, Giuseppe Conte, creando le premesse per la sopravvivenza del Movimento Cinque Stelle e la sua trasformazione in un partito ad personam.
Certamente, un errore politico decisivo non è di per se un ‘veto’ al ruolo di ministro, ma l’aver creato dal nulla il maggior antagonista è un demerito epocale in politica.
Poi, c’è che Matteo qualche passaggio giudiziario decisamente infelice ce l’avrebbe e non parliamo degli eccessi contro le Organizzazioni Non Governative o della violazione di diritti privati (copyright), ma dei 497 milioni di finanziamenti pubblici sottratti indebitamente allo Stato, per cui lui come segretario nazionale della Lega non si costituì parte civile … contro Bossi che ce lo ritroviamo in Senato, dopo che nel 2018 è stato condannato a 1 anno e 10 mesi proprio per quei 49 milioni.
Infine, c’è quel Salvini che ammira Putin e il suo modo di governare.
Non quello che vagava per la Piazza Rossa con Putin in divisa militare stampato sulla maglietta (pochi mesi prima della guerra), ma quello che durante la guerra e mentre la Lega appoggiava la Nato …. indossava una felpa in cui era “contro le sanzioni alla Russia”.
Poi c’è il ‘resto’ ed è tanto.
Ad esempio, c’è quello che il 12 gennaio 2022 contava che “il prossimo presidente del Consiglio sia Mario Draghi e che si continui a lavorare con lui”, ma annunciava ” una crescente insofferenza” già il 15 giugno 2022, dopo solo cinque mesi e con una guerra che a gennaio non c’era.
Come c’è stato quel Salvini che il 3 febbraio 2019 che difendeva il premier Giuseppe Conte dagli attacchi di Guy Verhofstadt, leader dei liberali europei, e quell’altro che a fine marzo 2019 invitava il premier a “fare di più” per sentirsi rispondere “si rimbocchi le maniche”, vista tra l’altro la scarsa presenza al ministero.
E, tra le tante e varie, c’è persino il Salvini che il 7 aprile 2021 si spendeva a favore di Ursula Von der Leyen e quello che ne chiedeva le dimissioni il 23 settembre 2022.
Demata
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