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Palestina: iniziare da Gerusalemme

30 Nov

L’Assemblea Generale con 138 voti a favore, 41 astenuti e 9 contrari accetta la Palestina, come osservatore, nel contesto delle Nazioni Unite: un plebiscito.
Finisce così, almeno dal punto di vista ‘legale’, una situazione che, ormai da più parti, veniva definita di apartheid, riguardo i palestinesi residenti in Israele, e di disconoscimento, riguardo quanti vivono da assediati od esuli nella terra dove nacquero i loro padri ed i loro nonni.

Il voto dell’ONU ed il nuovo status concesso ai palestinesi consentiranno la possibilità di chiedere al Tribunale Penale Internazionale di indagare su eventuali crimini commessi dai leader sionisti durante cinquata anni di guerra civile, in una terra che – è tutto dire – 55 anni fa si chiamava Palestina ed oggi si chiama Territori ed Israele.

Incredibilmente,  secondo il premier israeliano Benyamin Netanyahu il voto all’Onu «non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà». E, nonostante l’ombra e l’onta dei processi internazionali in arrivo, si dice sicuro che «non cambierà alcunché sul terreno», neanche dove si sono cacciati i palestinesi con modi poco od affatto legittimi per far posto a coloni arrivati da chissà dove …

Un atteggiamento israeliano, di chiusura assoluta, che preoccupa gli USA, che hanno votato contro, allineandosi sulle posizioni isrealiane.

Per l’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice, si tratta di «una risoluzione controproducente», il segretario di Stato americano Hillary Clinton è convinta che l’entrata della Palestina nell’ONU, come osservatore per il momento, «pone nuovi ostacoli sul cammino della pace».

Tutt’altri toni arrivano dalla Città del Vaticano, parte in causa nella questione palestinese, che accoglie «con favore la decisione dell’Assemblea Generale, con la quale la Palestina è diventata Stato Osservatore non membro delle Nazioni Unite».

La Germania – ancora inchiodata alle proprie responsabilità storiche verso gli Ebrei e preoccupata come sappiamo solo dell’andamento dell’Euro – si è astenuta ed il portavoce di Angela Merkel ha prontamente annunciato che il Primo Ministro d’Israele Benjamin Netanyahu ed altri membri del governo saranno a Berlino la prossima settimana.

La Francia, viceversa, che aveva sostenuto fin da principio l’ingresso della Palestina nel contesto ONU, adesso chiede con la massima urgenza che inizino dei negoziati.

Intanto, mentre Assad resiste in attesa di una nuova Siria e mentre l’Iran prosegue nella sua politica di subpotenza internazionale, l’ONU afferma il proprio potere ribadendo che l’orologio è fermo al 1967 ed alle mappe e suddivisioni che allora vennero determinate e dalle quali dovranno ripartire i negoziati.

Mappe e suddivisioni che individuano Gerusalemme come città smilitarizzata sotto controllo internazionale: un luogo di pace, insomma, e di fede nell’Unico Dio, già oggi inifluente in termini di scacchiere militare.

Si potrebbe iniziare da lì: dal Santo Sepolcro, dalla Spianata del Tempio, dal Muro del Pianto. Un sol posto con tre nomi. Se Israele ha davvero buone intenzioni, se non vagheggia una predestinazione divina, questo è il segnale che tutti attendono.

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Medio Oriente: arriva la Pace?

24 Set

Abu Mazen, in nome del popolo palestinese, ha chiesto all’ONU il riconoscimento di uno Stato di Palestina, che possa avviare i colloqui diretti di pace con Israele.
I palestinesi esultano nelle piazze, a casa loro, in Israele e nel mondo, arriva la Pace.

La Pace? Per ora proprio no.

20.000 poliziotti israeliani ed altrettanti militari sono dislocati in Cisgiordania in stato di massima allerta e questo durerà almeno fino alla fine del Capodanno ebraico.
Ci si prepara al bagno di folla (e di sangue) previsto per il ritorno di Abu Mazen in patria, nella settimana prossima.
L’entusiasmo è un potente movente e non è improbabile che ci saranno morti tra incidenti, infortuni, scontri ed azioni isolate.
Le forze di sicurezza israeliane e palestinesi sono state attivate in forze proprio per contenere queste situazioni e prevenire un’escalation.

Non è un caso che a Gaza, invece, sia tutto fin troppo tranquillo, perchè Hamas non approva l’iniziativa di Abu Manzen, che sarebbe andato alle Nazioni Unite “per mendicare uno Stato” e che sarà “costretto rinunce rispetto agli interessi nazionali dei palestinesi”.
Oppure che nei territori occupati, come nelle colonie ebraiche di Kusra ed Hebron, sono ore di massima tensione e già si contano 4 morti, due adulti e due bambini, due ebrei e due palestinesi.

Nessun vincitore …

(leggi anche Palestina-Israele: il ciclo dell’odio)

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Palestina-Israele: il ciclo dell’odio

24 Set

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un’enorme quantità di coloni ebrei si trasferì nello Protettorato di Palestina, partendo dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, dove erano approdati in fuga dalla Germania, dai Paesi dell’Est, dalla Francia e dall’Olanda.

Miliioni di europei, come gli invasori crociati, ebrei, come i traditori biasimati da Maometto: una premessa esplosiva.

Le premesse, tra l’altro, furono diverse: da un lato la “promessa”, più americana che inglese, per la creazione di uno stato sionista, dall’altra la politica interna britannica che non sapeva cosa fare di quei milioni di rifugiati, che avevano accolto per quasi dieci anni durante gli orrori del Nazismo.

Chi di noi può immaginare cosa fosse il melting pot siriano post grecofenicio post bizantino post cristiano post musulmano di quel Medio Oriente degli Anni ’30 che fa da sfondo ai film di Indiana Jones?

Di sicuro, convivevano pacificamente.

Quanto sarebbe ancor più splendida oggi la città dei Pellegrini ancora affidata agli antichi e pacifici “consegnatari” (da parte di Gesù-Jahvè-Allah, naturalmente).

Non è andata così e dopo 60 anni dobbiamo constatare che è il luogo sulla Terra dove si sono verificati più conflitti che altrove.

Molti di più, quasi quotidianamente.

Le politiche militari, da ambo le parti, non hanno prodotto alcun miglioramento territoriale, se non a favore della popolazione ebraica edhanno compresso le rispettive fasce di sicurezza e reso invivibili aree che lo erano.

Nella cieca retorica dei belligeranti, nè le popolazioni nè i leader si sono accorti dell’inutilità “de facto” di tutti i tentativi di “eliminare” l’avversario.

Il mondo non si è fermato nel 1947, come avvenuto in Palestina, quando tutto ebbe inizio con un gruppo di sionisti (cosa diversa da Ebrei o da Israele) arrivati dall’Europa (la “Banda Stern”) che si mise in testa di scacciare gli Inglesi alla maniera dell’IRA in Irlanda, invece di integrarsi nel contesto che li accoglieva benevolmente: arrivarono a far esplodere un albergo di Gerusalemme dove risiedevano i corrispondenti e gli attaché britannici per la Palestina.

E’ quella strada che ha portato, oggi,  i nipoti di persone scacciate dalle case che avevano costruito con le proprie mani, a mandare madri di famiglia a farsi esplodere tra i ragazzini.


E’ esclusivamente per fare un consuntivo dell’annosa questione che vale la pena di ricordare i principali “fatti militari” che hanno coinvolto Israele e Palestina da allora.

  • 1948 Prima guerra arabo-israeliana
  • 1951 Guerra siro-israeliana ed occupazione militare di Gerusalemme
  • 1956 Seconda guerra arabo-israeliana “di Suez”
  • 1967 Terza guerra arabo-israeliana “dei Sei Giorni”
  • 1973 Quarta guerra arabo-israeliana “del Kippur”
  • 1978-1983 Guerra civile libanese
  • 1987 Rivolta di Gaza (Prima Intifada)
  • 2001 Intifada di  al-Aqsa
  • 2002 Assalto ed assedio della sede dell’Autorità Palestinese a  Ramallah
  • 2004 Elicotteri israeliani sparano 4 missili contro manifestanti a Rafia alla frontiera con l’Egitto
  • 2006 Attacco contro gli Hezbollah (scarsi risultati) e vasta devastazione del Libano
  • 2008-09 Bombardamento e rastrellamento di Gaza (per ora almeno 500 di morti  e diverse migliaia di feriti tra la popolazione civile)

Diversi dati sono evidenti:

– la degenerazione del conflitto con il coinvolgimento sempre più feroce o brutale della popolazione civile, come a Gaze due anni fa circa, dato che nè lo Stato israeliano nè l’Authority palestinese hanno il controllo della situazione nè sono in grado di conseguirlo

– la progressiva indisponibilità, per la parte araba della popolazione certamente più esposta, a recepire gli eventi fuori da  un quadro millenaristico e jiadista, con il conseguente imbarbarimento dei metodi di lotta e di indottrinamento

– l’incapacità, da parte di Israele, a perseguire soluzioni diverse dall’intervento militare con armamenti pesanti e, soprattutto, utili a favorire, a permettere la nascita di un Governo e di uno Stato Palestinese.

Nelle future, si spera, negoziazioni sarà fondamentale capire cosa sarà dei territori che Israele ha occupato illegalmente, dato che erano riservati alle Nazioni Unite (Gerusalemme, campi profughi, zone smilitarizzate).

La nuova fase che porta Abu mazen all’ONU, si è avviata, ricordiamolo, anche grazie all’incombente Tribunale per i criminidi guerra dell’Aja, in relazione ai fatti di Gaza, ed alla ripresa della linea clintoniana alla Casa Bianca, che aveva già dato successiin passato.

Vedremo come andrà e vedremo se una ridotta armata europea, su mandato ONU, potrà intervenire in Palestina a separare i contendenti, visto che gli Israeliani proprio non potrebbero attaccarli e che i Palestinesi già guardano a noi e ci accoglierebbero come hanno fatto i loro cugini Libanesi.

La Filistina, insieme alla vichinga Helgoland e alla celtica Stonenghe, è la terra d’origine anche degli Europei, greci o fenici che fossero, non solo degli Ebrei.

Siamo coinvolti molto più di quanto vorrebbero i Governi di mezza Europa ed i pacifisti israelo-palestinesi guardano a noi.

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