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L’Ucraina va in guerra e i retroscena della famiglia Biden

23 Gen

Nei fatti, la Russia non obietta che l’Ucraina stia nell’UE, piuttosto che entri nella Nato. E l’Unione Europea ha una propria politica di sicurezza e di difesa comune, sovrana rispetto al Patto Atlantico e diversa da quella del Patto Aukus tra USA e UK (più Australia).

Come è un fatto che l’Europa – eccetto per la difesa aerea rafforzata anni fa – non sembra affatto preoccupata per il 170mila soldati russi che – caso mai – dovessero entrare in Dombass, il quale ha sempre chiesto autonomia dall’Ucraina, ma non di passare al sistema economico-industriale russo.

Intanto, le dichiarazioni di Biden – prima guerrafondaie, poi imbarazzate ed infine remissive in sole 18 ore – hanno disastrato le Borse mondiali, con gli analisti e gli investitori (statunitensi e non solo) ormai disorientati da una Washington ondivaga.

Perchè tutto sembra limitato ad un faccia a faccia Biden contro Putin, come se il tutto non si svolgesse nella nostra comune casa europea e come se non ci fossero altri retroscena di vecchia data?

La vicenda inizia nel 2013, quando l’Ucraina si accingeva ad integrarsi nell’Unione Europea distaccandosi dal sistema economico-industriale russo e si procedeva verso l’Accordo di associazione UE-Ucraina del 2014 da cui la richiesta della Crimea di annessione alla Russia (gioco forza essendo la base della Flotta del Mar Nero) e di autonomia linguistica per il Dombass, come avviene per l’Alto Adige o tante altre regioni europee.

Nel 2013, quando poi scoppiò la ‘rivoluzione arancione’ ucraina, era vice Segretario del Consiglio della Sicurezza Nazionale e della Difesa ucraine Mykola Zlochevsky, il plutocrate a capo della Burisma Holdings, oggi la più grande compagnia ucraina di fracking di gas naturale, dopo esser stato ministro delle Risorse Naturali dell’Ucraina e poi dell’Energia.

Intanto, alla Casa Bianca c’è Joe Biden, vice di Barack Obama, e la sua incaricata per gli affari militari in Europa, Victoria Nuland, per anni accusata dalla Federazione Russa di ‘complotto americano’ nella «rivoluzione colorata» (Euromaidan ) ucraina. La stessa Victoria Nuland che Joe Biden oggi nomina Vicesegretario di Stato con delega all’Ucraina, mentre la caponegoziatrice è Wendy Ruth Sherman, un’operatrice sociale entrata in politica come presidente della EMILY’s List – un comitato di azione per sostenere l’elezione di candidate democratiche a favore del diritto all’aborto – e più nota per gli insuccessi nei negoziati sul nucleare in Nord Corea e in Iran.
Nel febbraio 2014, furono rese note [link] le intercettazioni tra l’ambasciatore statunitense in Ucraina e Victoria Nuland, che stava fomentando la ‘rivoluzione arancione’, che dice a chiare lettere “fuck the EU”, per impedire all’Unione europea la ricerca di una soluzione alla crisi ucraina [link].

Di sicuro non sono la scelta migliore per trovare un accordo con la Russia e benchè meno con l’Europa, ma perchè allora Joe Biden sceglie un ‘vicolo cieco’?

A marzo 2014, Mykola Zlochevsky – l’uomo che controlla la bolletta del gas di noi europei tramite la Burisma Holdings – fu accusato di riciclaggio dalle autorità britanniche, con un sequestro di 23 milioni di dollari in un conto londinese.
E nell’aprile del 2014, Hunter Biden – figlio del vicepresidente statunitense – accettò l’incarico di membro del consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, insieme con Devon Archer, suo socio nel fondo d’investimento ‘Rosemont Seneca Partners’.
Le cronache rimarcano che Biden non avesse nessuna esperienza nel settore energetico né particolari conoscenze dell’Ucraina, neanche la lingua, ma a far scalpore dovrebbe essere altro.

La ‘Rosemont Seneca Partners’ aveva un terzo socio: Chris Heinz , figlio del senatore degli Stati Uniti Henry John Heinz III e figliastro di John Kerry, il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Ebbene, Chris Heinz ha concluso il suo rapporto d’affari con loro nel 2014 dopo che Biden e Archer sono entrati a far parte del consiglio di Burisma, a causa della cattiva reputazione e dei rischi connessi [link], dato che il proprietario di Burisma Holdings, Zlochevsky, era già stato accusato un’altra volta (nel 2012) di riciclaggio di denaro, evasione fiscale e corruzione da un tribunale ucraino.

Giusto prima dell’entrata di Hunter Biden nel Cda di Burisma nel 2014 , Zlochevsky era stato prima segnalato da Deutsche Bank per 24 milioni di dollari di fondi delle sue società erano stati trasferiti da Cipro alla filiale lettone di PrivatBank, poi congelato per circa 23 milioni di dollari dal Serious Fraud Office britannico, infine indagato per concussione e autoarricchimento illegale in Ucraina.

Subito dopo l’entrata di Hunter Biden nel Cda di Burisma, Zlochevsky è fuggito dall’Ucraina con un mandato di cattura per presunta corruzione finanziaria, ma le accuse britanniche si sono incrinate pochi mesi dopo, sbloccando i 23 milioni di dollari congelati e nNel dicembre 2017 anche le indagini ucraine sulla sua Burisma Holdings si sono concluse senza alcuna accusa contro di lui.

Ma questo accadde solo dopo la rimozione del procuratore generale Viktor Shokin, per le pressioni di Joe Biden, che minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti all’Ucraina. Lo stesso Joe Biden se ne vantò [link] durante un incontro pubblico nel 2018 ad un evento della rivista Foreign Affairs: nel 2016 “li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi. Beh, son of bitch. È stato licenziato”. E il procuratore in questione stava indagando sull’azienda nel cui board figurava suo figlio Hunter.

Nel 2018, infatti, il tribunale distrettuale di Kiev ha annullato la sentenza di assoluzione per Zlochevsky e ha rinnovato il procedimento penale per aver emesso illegalmente licenze di petrolio e gas alle società che gli appartenevano, mentre era ministro dell’ambiente nel 2010–2012.
Secondo le autorità ucraine Zlochevsky è indiziato di “furto di fondi governativi su scala particolarmente ampia”.[link] Le autorità hanno affermato che l’indagine penale per sospetto di appropriazione indebita è attualmente sospesa perché è latitante. [link] [link] [link] In caso di condanna, il capitale di Burisma crollerebbe e il gas che noi europei usiamo ritornerebbe nelle decisioni del parlamento e del popolo ucraino.

Nel 2018 Devon Archer è stato condannato per frode sui titoli e accuse di cospirazione in altre sue imprese. [link] La permanenza di Hunter Biden nel board di Burisma Holdings sembra essere provata almeno fino agli inizi del 2019.

Durante il 2019 e nel 2020, i senatori repubblicani Ron Johnson e Chuck Grassley hanno indagato sul coinvolgimento di Hunter Biden con Burisma, nonché sulle accuse secondo cui i Democratici fossero collusi con il governo ucraino per interferire nelle elezioni ucraine del 2016. La commissione d’inchiesta del Senato nel 2020 ha verbalizzato che la plutocrate russa Yelena Baturina, moglie dell’ex sindaco di Mosca Yury Luzhkov, ha trasferito 3,5 milioni di dollari nel 2014 a una società di investimento collegata a Hunter Biden. Il 20 maggio 2020 una commissione del Senato ha autorizzato la citazione in giudizio di Hunter Biden per il suo ‘lavoro’ nella compagnia ucraina del gas Burisma, in relazione alle intercettazioni trapelate tra l’allora vicepresidente Biden e l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko, per ottenere la cacciata del procuratore generale, in cui si promettevano $ 900.000 in “commissioni di lobbying”. [link]

Nel febbraio 2016, Joseph Cofer Black, l’ex capo del centro antiterrorismo CIA (1999-2002) e Ambasciatore per antiterrorismo presso il Dipartimento dello Stato (2002-2004), si è unito al Consiglio di Amministrazione di Burisma Group, che decide del gas e della guerra in Europa. [link]
Oltre a lui, nel Board di Burisma – al 14 ottobre 2019 ne erano parte anche Karina Zlochevska (figlia del plutocrate), Aleksander Kwaśniewski (presidente polacco dal 1995 al 2005 ed ex agente della Służba Bezpieczeństwa, la polizia segreta comunista), Bret Apter Alan (lobbista finanziario londinese), Riginos Charalampous (già borsista in Contabilità presso la Sheffield Hallam University), Marina Pericleous (laureata con master in legislazione europea  al King’s College London nel 2015) e Christina Sofocleous (una giovane russo-cipriota che solo nel luglio 2020 ha superato con successo gli esami AML della Cyprus Securities and Exchange Commission).

In un’intervista con il New Yorker pubblicata nel 2019 [link], Hunter Biden ha ammesso candidamente la dipendenza da alcol e droghe e le sue difficili relazioni con le donne.
Per il suo reddito all’estero nella partecipazione al board di Burisma e di Bohai Harvest RST, il figlio di Joe Biden ha negato qualsiasi coinvolgimento del padre, anche se l’intervento per le dimissioni del magistrato ucraino ci fu e se in Cina Hunter c’era andato a carico dei contribuenti e in veste ufficiale, cioè con l’Air Force Two, l’aereo del padre vicepresidente.

Ma forse Hunter non è un testimone affidabile, se ha raccontato al New Yorker che nel 2016, più o meno mentre il padre interveniva per far licenziare un giudice in Ucraina, era a Los Angeles alla ricerca di crack e di essersi persino fatto rapinare, figuriamoci se fosse manipolabile o ricattabile.
A proposito di affidabilità, nel 2020 Hunter Biden è stato condannato [link] a pagare una somma mensile non divulgata per il mantenimento dei figli e i premi dell’assicurazione sanitaria per la figlia Navy Joan che si rifiutava di riconoscere, avendola avuta nella relazione con una stripper – Lunden Roberts – che aveva presentato ai figli di Barack Obama come l’addestratrice di basket della figlia Maisy nata nel matrimonio.

Ad aprile 2021, durante un’intervista della CBS [link] è stato chiesto a Hunter Biden di un laptop che avrebbe lasciato in un’officina di riparazioni del Delaware. I suoi contenuti contenevano e-mail dei suoi rapporti d’affari con lui in Ucraina e altrove. “Certo di certo… Potrebbe esserci un laptop là fuori che mi è stato rubato. Potrebbe essere che sono stato hackerato.”
Secondo CBS News, Biden ha anche confermato di essere sotto indagine fiscale del Dipartimento di Giustizia sulle sue finanze e di essere “fiducioso in una ispezione professionale e obiettiva”.


Quel che è certo è che Hunter Biden proprio nel 2014 – più o meno mentre entrava in Burisma con un reddito di oltre 50.000 $ al mese, senza parlare ucraino e senza capirci di energia – fu espulso dalla Riserva della Marina degli Stati Uniti d’America dopo essere risultato positivo alla cocaina.

… e oggi sono Burisma Holdings con i suoi soci a tenere per la cravatta noi europei con la bolletta del gas e … la crisi ucraina.

Demata

Cambiare la Scuola per salvare il Pil (e l’Ambiente)

5 Dic

(tempo di lettura: 5-7 minuti)

In Italia il fabbisogno di energia elettrica lordo annuo è nell’ordine di 330mila GWh (“gigawattora”), che attualmente arrivano da:

  • 150 mila Gwh = centrali idroelettriche, eoliche, fotovoltaiche, a biomassa
  • 85mila Gwh = centrali a gas naturale acquistato in Russia, Algeria e Libia
  • 35mila Gwh = centrali a carbone acquistato in Russia
  • 24mila Gwh = acquistati dalla Svizzera
  • 16mila Gwh = acquistati dalla Francia
  • 10mila Gwh = centrali a petrolio acquistato in Libia
  • 5mila Gwh = acquistati da Austria e Croazia.

Dunque, oltre a 60mila Gwh da Svizzera, Francia eccetera, l’Italia acquista anche 21 miliardi di metri cubi di gas per produrre energia elettrica, oltre ai 31 miliardi di metri cubi che vanno acquistati per consentire a 24 milioni di famiglie di cucinare, lavare e riscaldarsi. E non solo: la produzione nazionale di gas, infatti, copre poco più della metà dei soli così detti “fabbisogni industriali”.

In altre parole, tra materie prime ed energia elettrica ‘già pronta’, l’Italia importa il 77% del suo fabbisogno energetico, equivalente a più di 2 tonnellate di petrolio per ciascun abitante ogni anno.

In termini di saldo negativo, la spesa annua italiana per l’energia è di:

  • petrolio e derivati = 28 miliardi €
  • gas naturale = 12 miliardi €
  • energia elettrica = 1,8 miliardi €
  • carbone = 1 miliardo €

In totale si tratta di 43 miliardi di euro che spendiamo all’estero ogni anno e che non producono occupazione né crescita in Italia.

Il punto è che ogni tre anni il debito pubblico italiano si affonda di altri 2-300 miliardi: viene spontaneo chiedersi se questo non dipenda ‘direttamente’ dal buco di 120 miliardi di euro in energia ogni tre anni, che – se speso in casa nostra – certamente produrrebbe un volume di Pil almeno raddoppiato o triplicato, cioè andremmo ad invertire la tendenza dell’indebitamento.

Specialmente se, a guardare i grafici, è dalla crisi del petrolio degli Anni ’70 che il debito italiano ha preso questo andamento, nonostante si cerchi di consumare sempre di meno.

Questa constatazione mette in luce un altro aspetto dell’Italia: per cambiare le cose nel corso degli ultimi 10 anni avremmo potuto impiantare turbine eoliche da 2.5-3 MW, pannelli fotovoltaici da 500 W e centrali a biomassa , almeno per eliminare le centrali a carbone e petrolio che pesano non solo sulla spesa ma anche sul bilancio delle emissioni.

Infatti,

  1. la Germania entro 10 anni conta di arrivare a produrre 10mila Gwh l’anno con le centrali eoliche offshore con soli 2.000 km di coste e non vi è motivo per cui non possa anche l’Italia che ne ha oltre 8.000 chilometri oltre ad un profilo montano lungo quasi 2.000 km
  2. non dovrebbe essere difficile produrre ben oltre i 10mila Gwh con una media di 3 pannelli fotovoltaici per ognuno dei 14 milioni di edifici censiti da Istat
  3. una centrale elettrica a biomassa da 100 kW (es. Colleferro – RM) produce 0,5 Gwh l’anno, smaltendo 1.050 tonnellate di biomassa ogni anno, tante quante i rifiuti organici differenziati che oggi riusciamo a raccogliere da 10mila abitanti

Cosa servirebbe per riportare in Italia 40 miliardi di euro in spesa energetica per “reinvestirla” affinché produca innovazione, industria, occupazione e reddito?

Qui viene in luce il secondo aspetto dell’Italia che è causa non solo di un gap tecnologico ed energetico diffuso, ma soprattutto di indebitamento, degrado e declino: le ormai scarse istruzione e formazione superiori – soprattutto scientifica – degli italiani.

Una dimensione ‘culturale’, una ‘mentalità’, che incide a vari livelli:

  1. popolare e tecnico, dove i non diplomati sono troppi,
  2. manageriale e decisionale, dove le competenze STEM sono rare,
  3. commerciale e finanziario, dove si preferisce la rendita all’investimento
  4. sociale, dato che così è impossibile sostenere i consumi di una nazione avanzata, mentre sono sempre di più quelli che restano indietro.

A dire il vero, di cause del disastro finanziario, tecnico-produttivo ed occupazionale dell’Italia ce ne sarebbe un’altra, prettamente politica, dato che è impossibile:

  • investire in energia, se gli Enti locali e territoriali si disinteressano
  • istruire maggiormente la popolazione, se la Scuola e l’Università mancano di uniformità e meritocrazia
  • dotarsi di una mentalità coesiva e pro-attiva, se i Media pubblici diventano un vettore commerciale e propagandistico.

Difficile credere che la maggioranza degli italiani decida di fare un passo indietro per affidarsi a quella che ormai è una minoranza, ma il senso di responsabilità verso le future generazioni potrebbe smuovere molte coscienze spingendole a rinnegare i tanti complottismi e negazionismi del Novecento, che affliggono l’Umanità da oltre 100 anni.

L’unica cosa certa è che se domattina l’Italia avviasse un piano per uscire dal gap e dall’indebitamento energetico, alla società (enti, media, università e scuola) serviranno non meno di 3-5 anni per ottenere amministratori, professionisti, maestranze e utilizzatori adeguatamente formati.

Dunque, l’importante è iniziare.

Dove?

Dalle scuole, in cui lo Stato ha ancora poteri decisivi, dove crescono le nuove generazioni e dove da molti anni si registrano carenze di istruzione tecnica-scientifica di base e di meritocrazia nell’avanzamento degli studi, anzi addirittura difficoltà diffuse ad assicurare per le diverse discipline il numero di ore minimo, che consentirebbe il riconoscimento del titolo da parte di altri stati UE e non.

Come?

Ritornando a formare annualmente i docenti riguardo i programmi, la didattica e la valutazione ed a valutare periodicamente gli alunni in base a delle prove di esame uguali per tutti con commissari diversi dai docenti della classe.

Perchè?

Perché l’apprendimento è sociale ed è incentrato sul processo di imitazione e perché necessita di un sistema di memoria strutturato e della abitudine di rivedere il proprio modo di pensare.
E i numeri dell’ultimo decennio sono decisamente al ribasso.

Tra Ambiente, Energia, Import-Export, Debito, Istruzione e (dis)Occupazione bisogna fare delle scelte: vogliamo ritornare al Bel Paese investendo sulle sue qualità oppure c’è solo da rassegnarsi al declino culturale pur di ‘valorizzare’ diseguaglianze?

A.G.
N.B. tutte le cifre sono arrotondate e variano in base ai consumi annui effettivi

Come risparmiare tanti soldi sul riscaldamento

21 Ott
I termosifoni non sono pensati per innalzare rapidamente il calore di una stanza, quanto per mantenerlo costantemente a temperature accettabili.
Dunque, per le prime due ore il nostro impianto a gas lavora solo per alzare la temperatura.
Un bello spreco.
 
Se, invece, usiamo un altro mezzo per portare la temperatura a 20 gradi rapidamente, l’impianto a gas con i termosifoni lavora molto molto meno per mantenere calda la casa.

In poche parole ‘investendo’ in una stufa ventilata (a cherosene o elettrica) da accendere per una decina di minuti, nel giro di un paio di anni vi trovate ad aver risparmiato migliaia di euro per un appartamento tra i 70 e i 100 mq.
Ed avremo anche il vantaggio di una casa calda in pochi minuti.

Demata