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Libertà e paura (Easy rider)

18 Ago

Dopo Dennis Hopper, è morto anche Peter Fonda, l’altro ‘eroe’ del road movie ‘Easy Rider’ (in italiano, Libertà e Paura); il primo ne era anche il regista, il secondo anche il produttore, ambedue ne furono gli ideatori e gli sceneggiatori.

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Una storia da rocker, insomma. Ma chi o cosa è un rocker?

E’ uno come James Dean (Gioventù Bruciata), Marlon Brando (Il Selvaggio), Tura Satana (Kill Pussycat Kill!) o Barbra Streisand (Il gufo e la gattina) oppure Clint Eastwood (L’uomo dalla cravatta di cuoio), come Hopper e Fonda ma non Jack Nicholson (Easy Rider), come Kurt Russel (NY Escape) o – ebbene sì – Arnold Schwarzenegger (Terminator 2) ed anche Carrie-Anne Moss (Matrix 2) … fino a Vin Diesel e la saga dei Fast & Furious.

Easy Rider fu il frutto – in chiave ‘hippie’ – della cultura rocker che aveva preso piede  negli anni cinquanta in concomitanza con la maggiore disponibilità di denaro per la classe operaia.
I rocker erano soliti possedere una motocicletta che essi stessi provvedevano a modificare dopo l’acquisto e si lanciavano poi in corse che superavano le 100 miglia orarie lungo le grandi arterie stradali di recente costruzione che lambivano le periferie.

Generalmente una corsa cominciava ad un bar e finiva in un altro bar e i primi rocker (così detti Ton-up Boys per via delle moto truccate; to ton up), assimilarono il modo di vestire rockabilly e la musica rock and roll, come Gene VincentEddie CochranChuck BerryBo Diddley ,LeadbellyAlbert Ammons,  Eddie Lang.

Per questo loro “sport”, i rocker non erano ben visti dalla società, che li riteneva pericolosi li chiamava “rocker” (‘i pazzi’ nello slang di fine ‘800) e il termine venne in seguito adottato dagli stessi rocker per definire sé stessi a partire dagli Anni ’60.

Lo stile dei rocker nel vestire era ed resta ‘equalitario’, quasi una divisa che chiunque può permettersi: giubbino in pelle, spesso decorato – jeans Levi’s o pantaloni in cuoio – scarpe antinfortunistiche e scarpe di pelle appuntite (oggi i brothel creeper dalla subcultura Teddy Boy o i Dr. Martens dalla subcultura skinhead).

La cultura rocker è (stata) l’affermazione dei valori della worker class industriale della seconda metà del Novecento.
Fratellanza, competenza tecnica, innovazione, essenzialità, rispetto per la natura, responsabilità delle proprie azioni, cioè tutto quel che serve per una motocicletta.

Infatti, il titolo italiano del film (Libertà e paura) ben sintetizza il finale di Easy Rider: esistono uomini che senza la Libertà non possono vivere ed altri che della libertà hanno solo Paura, nascondendosi dietro le cose e le persone che accumulano, senza neanche avere il tempo e la tranquillità per amarle.

Demata

Non sono solo canzonette: perchè l’Ucraina ci considera una potenziale minaccia?

16 Mar

Tre giorni faceva notizia che Albano Carrisi (in arte Al Bano) è stato inserito dal Ministero della Cultura ucraino nell’elenco di coloro considerati una minaccia per la sicurezza nazionale.

Pressocchè immediato l’orrore generale del Popolo Italiano, con Al Bano che al Corriere della Sera tentava a caldo di alleggerire «Io terrorista? Piuttosto terronista …» e Loredana Lecciso sul settimanale Spy in edicola aggiungeva: «Non pensavo di avere un pericoloso terrorista o una spia in casa, è riuscito a passare inosservato», per la gioia dei lettori di rotocalchi.

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Propaganda filorussa a Donetsk (foto da sakeritalia.it)

 

Eppure, non è una novità: il 10 dicembre 2018 era accaduto a Placido Michele di ritrovarsi nell’elenco di coloro considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, cioè non ‘terroristi’, che è cosa ridicola, bensì come ‘testimonial filorussi’, che da che guerra è guerra è un problema di ‘propaganda del nemico’ …

L’allarme ucraino fu eccessivo, quando l’attore e regista italiano dichiarava che Putin “in politica estera è il numero uno in Europa, ed è più genuino rispetto alla Merkel e ai francesi: è il leader più capace, ha una statura internazionale straordinaria, può darsi che questo momento richieda persone con un pò più di coraggio, di chiarezza, capaci di assumersi delle responsabilità di fronte alla storia. Credo che uno come Putin sia più utile all’Europa di quanto possiamo pensare”?

Difficile stabilirlo, ma certamente era una notizia eclatante il suo inserimento in un elenco che costituisce una sorta di messa al bando (restrizioni nelle autorizzazioni alla diffusione radiotelevisiva e a spettacoli, come nella distribuzione cinematografica) di tutte le opere a cui l’artista ha partecipato, cioè nel caso di Michele Placido di 150 tra film e serie tv tra cui quelle molto popolari di La Piovra, Romanzo Criminale e Suburra.

Insomma, un fatto rilevante a cui i media italiani non hanno dato particolare risalto, nel caso di Michele Placido. Più o meno come Albano Carrisi, intervistato il 2 gennaio 2018 in qualità di ” star nell’Europa dell’Est” e non come judoka, alla domanda “È sempre un putiniano?confermava che: «Lo sostengo da tempi non sospetti. È un grande. Ha un senso religioso della vita. Ha il pugno di ferro e non ci vedo nulla di male. Ormai lo usano molti, a partire da Trump ma anche da noi».

Putin “utile all’Europa“, pugno di ferro “anche da noi” … essendo l’Ucraina proprio tra la Russia e l’Europa con una secessione belligerante che dura da anni … è evidente che questo genere di dichiarazioni da parte di “star italiane nell’Europa dell’Est” creino qualche problema di … potenziale ‘propaganda filorussa’.

Quanto a Cutugno Salvatore, in arte Toto, finito nella lista degli indesiderati, iniziamo col dire che ha un seguito eccezionale proprio in Ucraina, dove pochi anni fa è stato eletto addirittura ‘Uomo dell’anno’.
Possiamo immaginare la reazione di alcuni ucraini quando più recentemente Toto Cutugno,  intervistato dall’Ansa, aveva dichiarato: “Ho tanti ricordi  con il Coro dell’Esercito Russo, il piu’ bello risale a quando li ho invitati al Festival di Sanremo nel 2013, in occasione del Premio alla carriera. Avevamo altri progetti insieme” ed oggi conferma che “la Rai non voleva, una cosa che invece rimarrà nella storia del Festival di Sanremo …  abbiamo pagato tutto noi, utilizzando il nostro cachet e anche di più per far venire quei quaranta soldati che erano una meraviglia. Rappresentavano la musica popolare russa: cantammo sì L’italiano ma anche un loro pezzo tradizionale”.

Dunque, l’Ucraina teme che i secessionisti ucraini usino come ‘propaganda’ l’adesione filorussa o le simpatie putiniane di alcuni nostri artisti: da quelle parti c’è una guerra, cioè una situazione dove il ‘morale’ è essenziale e le canzoni ispirano i cuori, come noto a chi si intende di cose belliche.
A partire dal timore che i loro concerti diventino un momento di aggregazione dei ‘nemici’ dello stato ucraino … come precisato durante i Mondiali di Calcio in Russia, allorchè ebbe inizio la messa al bando di artisti russi filosecessionisti.

Ricordiamo che sono al bando del Ministero della Cultura ucraino  anche il famoso attore Gerard Depardieu, come  Fred Durst cofondatore e frontman dei Limp Bizkit, per le vicende legate alle loro richieste di passaporto russo …  e l’altrettanto famoso regista serbo Emir Kusturitza, che a margine di una intervista aveva dichiarato che “la riunificazione della Crimea con la Russia e’ giunta come risultato non di una guerra ma di un referendum, e ha rappresentato un “processo naturale e organico”. Kusturica al tempo stesso aveva invitato la popolazione della Crimea a sviluppare la penisola come parte della Grande Russia”.

Per il governo ucraino è essenziale evitare che Putin venga sempre più percepito come un leader ecumenico, cioè acclamato da personaggi famosi.

Dunque, se Michele Placido, Albano Carrisi e Toto Cutugno finiscono sulla lista di coloro considerati una minaccia per la sicurezza nazionale per gli aperti apprezzamenti al presidente Putin od alla Russia, è possibile che l’Ucraina stia inviando un ‘messaggio’  alla Politica e all’Informazione italiane che simpatizzano per … il ‘nemico’?

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Strelkov – Miliziani filorussi

Ad esempio, possiamo immaginare la reazione in Ucraina (e dei suoi alleati) il 10 Gennaio 2017, quando durante la trasmissione di Dimartedì (La7), Marco Travaglio precisava che “non riesco a capire questo continuo elogio di Putin in bocca a molti esponenti del M5S e sul blog di Grillo” e Luigi Di Maio rispondevaabbiamo solo un problema: da quando abbiamo messo le sanzioni alla Russia abbiamo perso 5 miliardi di business per le nostre piccole e medie imprese. Se le sanzioni alla Russia danneggiano le nostre imprese, quelle sanzioni vanno tolte.

Riguardo Matteo Salvini, sono anni che le cronache italiane riportano delle sue simpatie e delle relazioni della Lega con la Russia di Putin, come anche delle contestazioni che ormai riceve anche all’estero per questo motivo. Anche nel suo caso – ad esempio -andrebbe compreso quali furono, il l’8 ottobre 2018 ad esempio, le reazioni dell’alleato ucraino … quando il ministro degli Interni italiano dichiarava che “il presidente russo Vladimir Putin è attualmente al governo e ritengo sia uno dei leader più lucidi e concreti da ammirare”.

Quanto al nostro Governo, di sicuro l’Ucraina (ed i suoi alleati) non avranno esultato il 24 ottobre 2018, quando Il Giornale titolava “Conte da Putin. ‘Via le sanzioni’: firmati 13 accordi commercialie La Repubblica precisava che “l’esito dell’incontro tra il presidente del Consiglio e Vladimir Putin conferma il feeling tra il governo italiano e quello russo (un rapporto visto con assai poco entusiasmo a Washington)” e sottolineava l’invito del Premier Conte a Putin: “mi auguro che lei possa venire in Italia al più presto, manca da troppo tempo: non vorrei che il popolo italiano pensasse che lei non gli presta attenzione”.

Ma chi sono gli alleati dell’Ucraina?
Il 6 dicembre 2018, il Pentagono ha annunciato un volo straordinario sotto l’Open Skies Treaty, precisando che “le tempistiche di questo volo hanno lo scopo di riaffermare l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina e di altre nazioni partner”.
Il ‘volo straordinario’ avveniva dopo l’escalation causate al passaggio di navi ucraine nello stretto di Kerch con i marinai ucraini sono ancora in stato di fermo ed il successivo annuncio russo di integrare l’area nel territorio nazionale con il dislocamento in Crimea una ulteriore batteria di missili terra-aria  S-400, quasi impossibili da localizzare ed in grado di intercettare praticamente qualsiasi cosa. 

Il Trattato per i Cieli Aperti (Open Skies Treaty) consente il pattugliamento aereo disarmato da parte di paesi sovrani o alleati, al fine di raccogliere informazioni riguardo forze ed attività militari.

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Battaglione Azov filoucraino

Il comunicato confermava la partecipazione di personale militare canadese, francese, tedesco, rumeno e britannico. 
Il Governo Conte, infatti, questa estate non ha riconfermato le  missioni di Air Policing della Nato in difesa dello spazio aereo degli alleati orientali, che coinvolgevano il 36° Stormo di Goia del Colle ed  il 4° Stormo di Grosseto. Nè l’Operazione Baltic Eagle in Estonia, nè la Bulgarian Horse sul Mar Nero.
Intanto, il 20 luglio, il Pentagono annunciava lo stanziamento di 200 milioni di dollari all’Ucraina, per potenziare le comunicazioni, la mobilità militare, la visione notturna e le cure mediche militari.

Arriveranno altri “confetti” dall’Ucraina? Probabile, almeno fin quando i nostri media non inizieranno a raccontare tutta la vicenda, invece di ridurla ad una sorta di post-sequel di Sanremo … mentre sullo sfondo la vera ‘questione internazionale’ è quella di un possibile aggiramento italiano delle sanzioni alla Russia con la sigla di ben 13 accordi commerciali e, soprattutto, quella di un suo possibile ‘ingresso nella finanza pubblica italiana’ in posizione progressivamente dominante, se Putin, il 24 ottobre scorso, confermava a Conte che “non ci sono remore di carattere politico sull’acquisto dei titoli di stato italiani dal fondo sovrano russo“.

Intanto, in Donbass ci sono anche le brigate internazionali come nella Guerra civile spagnola, Kiev li ha inquadrati nel Battaglione Azov dove sono segnalati svedesi, spagnoli e americani, mentre con i “novorussi” sono stati intervistati spagnoli, francesi, serbi ed italiani.

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foto da Sputnik Italia

Non sono solo canzonette.

Demata

Anche Galli Della Loggia a volte si sbaglia

20 Lug

“Rispetto all’Europa essa non riesce ad esportare altro che automobili e frigoriferi, riesce ad associare il suo nome solo all’aspirina e ai semiconduttori elettronici. Nessun europeo ha mai cantato una canzone tedesca, letto un libro giallo tedesco, o visto, tranne quelli con l’ispettore Derrick, un film tedesco. È vero, Berlino è un mito della gioventù europea ma, sospetto, molto più per il livello dei suoi servizi, il basso costo della vita e le generose opportunità economiche verso gli stranieri, che per la bellezza architettonica della Potsdamer Platz o per altro. Tra il Tiergarten e il Central Park continua a non esserci partita.” (Ernesto Galli Della Loggia)

itp2861Caro Professor Galli Della Loggia, temo che stavolta Lei si sbagli.
Non per colpa sua, ma semplicemente perchè lei è un italiano del Baby Boom e, per almeno 30 anni, ha subito una profonda infarcitura antigermanica (dai crucchi risorgimentali ai nazisti alleati del Fascismo fino ai Bmovie ed ai comics del dopoguerra con tedeschi e giapponesi puntualmente bastardi).

Negli Anni ’80 questo approccio è cambiato, ma – purtroppo – lei a quei tempi era ancora infervorato di ideali postcomunisti per accorgersi di cosa cambiasse.

Ad esempio, nel 1982 ebbe un successo enorme la canzone Da Da Da dei Trio, ancora oggi utilizzata per sigle e pubblicità anche nel nostro paese. E, passando da una canzuncella a cose più serie, cosa ne facciamo dei Rammstein che sembra abbiano venduto oltre 200 milioni di dischi, più dei Bee Gees o di Elton John come di Celentano: nessun europeo ha mai cantato una canzone tedesca?

La Germania è il paese di Herzog, Wenders, Fritz Lang, von Trotta: nessun europeo ha mai visto un film tedesco? Torniamo a chiederci di cosa si occupasse l’intellighentzia italiana negli Anni ’80 e ’90 ….

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Central Park avrà più fascino del Tier Garten di Berlino, ma … se è rimasto molto poco della grandezza della  Germania  è stato ‘grazie’ agli USA che rasero al suolo quasi tutte le città tedesche: ad esempio fu ‘grazie’ ai russi che l’occuparono militarmente, che Berlino ha salvato parte della propria storia.
E, comunque, come andrebbe se confrontassimo Berlino non con New York, bensì con Roma o Parigi? Siamo sicuri che dei centri storici nel pieno degrado sociale rappresentino ancora una ‘grande bellezza’? Quattro giorni nella Latinitas o nella Grand Heure, questo è quanto è disposto a spendere il turista … poi dritto di filato altrove.

Ma la cecità causata dal rigurgito risorgimentale e garibaldino dell’Italia del Dopoguerra va oltre.
Chi crediamo abbiano inventato i metodi di costruzione moderni, se non i tedeschi? Chi pensate abbia creato quel funzionalismo che ammiriamo nei nostri edifici degli Anni ’50 o che scegliamo per arredare le nostre case: basta sfogliare un qualunque depliant di un mobiliere di second’ordine per notare che almeno la metà degli oggetti fanno capo – in un modo o nell’altro – al Bauhaus. Le nostre stesse case sono ‘tedesche’ …

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E se parlassimo dei milioni di italiani che sono cristiani valdesi, riformati od evangelici oppure che credono in qualcosa di pagano, esoterico, ‘spirituale’? La New Age come il Neopaganesimo od i cristianesimi diversi dal cattolicesimo o dall’ortodossia sono parte della cultura tedesca …

Come avete potuto notare, stiamo parlando di cultura ‘mondiale’.
Intanto, prendiamo atto che la Francia è rimasta alla Boheme (incluso il Chet Baker di ‘Round Midnight) e che l’Italia esporta Albano e Tatangelo …

Demata

Pinocchio: un manuale di sopravvivenza (ancora attuale) per i giovani e non solo

1 Gen

“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un romanzo pubblicato a puntate nel 1881 sul Giornale per i bambini diretto da Ferdinando Martini. In quegli anni la neonata Italia era scossa dai primi scandali derivanti dalla diffusa corruttela politica e affaristica, mentre Giuseppe Mosca, liberale, in un famoso intervento parlamentare per la prima volta parlò di Mafia e di infiltrazioni.

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Tanto per chiarire come stavano le cose ‘ai tempi di Pinocchio’, scriverà anni dopo persino uno statista del calibro di Francesco Nitti: “il governo delle province, prefetti, intendenti di finanza, generali, ecc., è ancora adesso in grandissima parte nelle mani di funzionari del Nord. … Se i governi fossero stati più onesti … cioè corromperne ancor più le classi medie a scopi elettorali, molto si sarebbe potuto fare. Le loro amministrazioni locali vanno, d’ordinario, male; i loro uomini politici non si occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio ha quasi sempre per essi meno importanza che non la permanenza di un delegato di pubblica sicurezza.” (Nord e sud -1900)

Quella di Pinocchio è, dunque, una tipica storia italiana, raccontata egregiamente da un certo Carlo Lorenzini, più famoso con il nickname di Collodi e noto libertario, e ancor meglio, se possibile, disegnata da un certo Benito Jacovitti, mitico fumettista del ‘900 italiano.

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La storia inizia con un artigiano, Giuseppe detto Geppetto, che da alla vita un ‘figlio’ – anche lui Giuseppe, detto Pino o meglio Pinocchio perchè discolo – che pare un ‘ciocco di legno’, è pigro, non gli va di studiare e non ascolta consigli.

grillo_parlante_jacovittiCosì Pinocchio decide di allontanarsi da casa e visitare i dintorni per realizzare i suoi sogni. Da qui a seguire sarà un susseguirsi di peripezie, causate tutte sia dall’incapacità di Pinocchio ad agire con buon senso (il Grillo Parlante) e sia da quella nell’educarlo di suo padre Geppetto, paziente come Giona nella Balena. Anche la Provvidenza o Buona Stella (Fata Turchina) sembraranno impotenti dinanzi all’ostinazione con cui Pinocchio tende a fidarsi di loschi figuri e correr dietro a promesse iperboliche.

E così accade che Pinocchio scopra che il ‘mondo’ in cui vive è molto pericoloso, se si preferisce – per pigrizia e superficialità – il Paese degli Acchiappacitrulli a quello delle Api Operose oppure non si accetta la protezione (e gli ordini) di un Burattinaio.

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Un vero postaccio, quello che Pinocchio si troverà a visitare.

A partire dai medici che, ad esempio, son sempre discordi e portano una sfiga letale (Corvo e Civetta).

pinocchio mediciOppure, le leggi sono un dedalo senza altra uscita se non la sanzione.

gendarmi pinocchioPeggio ancora se si ci si fa derubare, si finisce in galera per direttissima.

gendarmiE chi dovrebbe fargli da guida (il Gatto e la Volpe) è cieco, zoppo ed irrimediabilmente corrotto.

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Per non parlare del prepotente che prima lo prende per fame alla tagliola e poi lo arruola a forza come cane da guardia (Melampo) per proteggere il suo pollaio.

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Ma al peggio non c’è fine e qualcuno (l’Omino dei somari) ha messo in giro la voce che esista un sistema per vivere nel Bengodi per poi venderti sul mercato del lavoro al minor prezzo.

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Diventato servo dei servi a causa della propria ignoranza (nel Centroitalia ‘ignorante’ può significare sia ‘non istruito’ sia ‘ostinato’ o ‘di vedute limitate’) e dando ascolto allo ‘scemo del villaggio’ (Lucignolo), Pinocchio – ormai somaro definitivo – troverà scarsa fortuna al circo a far precariamente l’equilibrista.

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Infine, destinato a far da pelle per tamburi,  riesce a fuggire dirigendosi verso il mare dell’oblio, dove chi non rientra nel ‘sistema’ resta in un limbo (il Pescecane) da cui uscirà al prossimo reset del ‘sistema’ stesso, perchè il mondo del Trasformismo ricominci daccapo perchè tutto cambi affinchè nulla muti.

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Per fortuna è tutto un brutto sogno e Pino(cchio)  si svegliò al mattino e “si vide in una camerina elegante, con un vestitino nuovo, un berretto nuovo e un paio di stivaletti di pelle’.

Qualcuno pensa che Collodi, quando scrisse Le avventure di Pinocchio, si sia davvero rivolto ‘solo’ ad un pubblico di ragazzi?

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Stadio San Paolo, una storia di Comune indecenza

13 Lug

Anche quest’anno la squadra di calcio SSC Napoli si è qualificata per le coppe europee, vedremo se Champions o Europa Cup, e come al solito il Comune di Napoli si fa trovare impreparato e sta montando la questione ‘stadio San Paolo’.
Una criticità  che non dovrebbe esistere, essendo stadio a ridosso di un’area dalle potenzialità turistiche enormi, quella Flegrea che va da Bagnoli a Miseno, Ischia e Procida incluse, e che proprio l’anno scorso ha visto lo sgombero della base NATO, che lascia ettari su ettari praticamente intatti alla città.

Stadio San Paolo e dintorni

Un’area nella quale non si riesce a bonificare l’ex Cementir – nonostante condanne ventennali – e dove De Magistris – quasi all’insediamento – ha autorizzato ricerche per la produzione di energia geotermica, in piena area sismica e bradisismica, praticamente a mezzo chilometro dalle case.
Per non parlare della strana idea di ‘restituire ai cittadini’ l’ex complesso Nato, ovvero da sostenere con tasse e tributi, in una città nota per l’arte dell’arrangiarsi dei suoi poveri.

E’ possibile che Aurelio De Laurentis abbia inseguito un sogno californiano per i Campi Flegrei e lo stadio della SSC Napoli, che avrebbe portato decine e decine di posti di lavoro e miliardi di investimenti: il PIL di Las Vegas rasenta di 100 milioni di dollari e il ‘pro capite’ equivale a quello di Zurigo.

Il 20 maggio scorso, il sindaco di Napoli dichiarava che “per lo stadio siamo ad un punto decisivo e al tavolo di discussione, insieme alla società Calcio Napoli, abbiamo invitato anche il Coni, Il progetto esecutivo lo dovrà presentare il Calcio Napoli entro il 31 dicembre 2014. Noi abbiamo chiesto che lo stadio sia vissuto 24 ore su 24, riqualificando anche il resto di Fuorigrotta. Il Calcio Napoli deve metterci i soldi. Noi non metteremo soldi, visto che non ne abbiamo.”

Ma per sistemare lo stadio San Paolo – al momento non agibile per la Champions – ci vogliono tanti soldi.

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L’anello inferiore fu deciso in corso di progetto ed è sotto il livello stradale come il campo (da cui i mille problemi del prato erboso) il terzo anello è inagibile a causa di improvvidi lavori per Euro ’90 (che l’appesantì con circa 8,5 milioni di chili di metallo e un costo  di 140 miliardi finali, triplo rispetto al previsto) e andrebbe smontato, insieme alla copertura che sorregge, prima di piazzare il display elettronico e per riportare  la capienza ad oltre 70.000 spettatori.
Inoltre, gli onerosi costi di gestione dell’impianto, che ha ormai superato il mezzo secolo di vita, hanno dato luogo a un progressivo decadimento della struttura a causa dell’ostinazione del Comune di Napoli – notoriamente povero di risorse – nel voler gestirlo in forma diretta ed esclusiva, un po’ come fosse un’ex municipalizzata.
In poche parole, occorrerebbero diversi milioni di euro solo per eliminare le “avveniristiche” strutture di Euro ’90, che tanti danni fece.

 

Per tutta l’organizzazione d Euro ’90 furono spesi 6.868 miliardi di lire, il doppio del previsto, e i danni collaterali includono anche stazioni e terminali di aeroporti semi-abbandonati, alberghi mai completati.
Riguardo gli stadi ricordiamo che gli unici due impianti costruiti ex-novo furono il “Delle Alpi” di Torino, poi demolito, e il “San Nicola” di Bari, sovradimensionato, in posizione isolata e pregiudicato dalla pista d’atletica, che era il presupposto fondamentale per accadere ai finanziamenti del CONI.
Ed, oltre al San Paolo di Napoli, anche per il Sant’Elia di Cagliari i danni di Euro ’90 alle strutture preesistenti furono notevoli: dopo soli dieci anni, rischiava il crollo.

E proprio a Cagliari accadde che il Presidente Cellino si facesse carico degli interventi provvisori (poi divenuti definitivi) che permisero alla squadra di giocare in casa per sette anni, in cambio dell’uso gratuito della parte di Sant’Elia agibile. A seguire, la Commissione di Vigilanza e il sindaco di Cagliari Zedda pretesero comunque il pagamento, il Cagliari finì per giocare a Trieste e, oggi, Cellino ha lasciato la Sardegna ed è proprietario della squadra calcistica inglese Leeds United.
Concessione gratuita in cambio di ingenti lavori? Nulla da fare.

Così succede che il rafforzamento della squadra (e della società calcistica, che rappresenta uno dei primi fatturati della città) sia frenato dall’atteggiamento del Comune di Napoli, rispetto ad uno stadio che richiederebbe forse 20 milioni per essere messo a norma e almeno il doppio per diventare lucrativo, se Inter e Milan prevedono 60 milioni per il restyling di San Siro del 2016, da ‘appoggiare’ ai tanti interventi di Expo 2015.
Comune e Sindaco in testa che farebbero bene a ricordare – specialmente mentre commemorano Ciro Esposito e la sua eroica madre – che la SSC Napoli è l’unica gioia e l’unica bandiera di una città diseredata.
Specialmente se la soluzione per lo stadio San Paolo fosse da tempo chiara e semplice.

Concessione 99ennale dello stadio e di alcune aree comunali dell’area flegrea, con diritti per il Comune sui ricavi e sulle vendite dei biglietti, oltre che su alcuni spazi riservati, e deroghe al Piano Regolatore su progetti appositi.

Aurelio De Laurentis sa far bene due cose: vendere sogni, se il padre Dino vinse l’Oscar come produttore per oltre 500 film holliwoodiani in carriera, e cavar sangue dalle rape, basta vedere i cinepanettoni che rifila in mezzo mondo.
Facciamogli fare il suo mestiere.

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Roma, la grande bellezza

17 Feb

La grande bellezza è un film del 2013, diretto e sceneggiato da Paolo Sorrentino (Napoli, 31 maggio 1970).

Nel 2014, La grande bellezza (vincitore di quattro European Film Awards 2013) ha ottenuto il Golden Globe per il miglior film straniero e vince ai BAFTA come miglior film in lingua straniera. E’ in corsa per i Premi Oscar 2014 nella categoria miglior film straniero.

Il film racconta di un grottesca mondanità capitolina, che vive a ridosso della Casta e di cui avrebbe potuto farne parte se l’indole – pigra e irresoluta – dei personaggi non avesse avuto la meglio, anche grazie allo status acquisito ed alle prebende conferite nel mondo facoltoso di cui fanno parte.

Un affresco di un gruppo d’insieme la cui inutilità sociale è conclamata dall’assenza – nella vita mondana raccontata nel film – degli onnipresenti politici, a differenza di ‘La terrazza’ di Ettore Scola, dove  «la politica e cultura erano già un pretesto di vite intaccate da indifferenza e corruzione», come scrive Mariarosa Mancuso su Il Foglio.

«La grande bellezza sta a La dolce Vita come la Via Veneto di oggi sta alla Via Veneto del 1959. Adesso è solo una strada di hotel di lusso dove è vano ricercare il clima notturno di un tempo: i caffè affollati di artisti e intellettuali, le scorribande di divi e fotografi, i night-club frequentati da una variegata fauna di nobili, perdigiorno e letterati». (Alessandra Levantesi, La Stampa)

Un film che racconta i luoghi e la ‘gentry’ di Fellini, ma con un ‘occhio’ non molto diverso da quello di Scola in ‘Brutti, sporchi e cattivi’ … in una Roma che, nel III Millennio, non sembra essere molto cambiata da quel ‘Marchese del Grillo’ del buon Mario Monicelli …

Non a caso il film non è piaciuto a Roma, non alla Roma che ‘conta’.

«Magari La Grande Bellezza si accontentasse di essere un brutto film. È piuttosto “un’esperienza emotiva inedita”, come ha scritto Walter Veltroni sul Messaggero di ieri.» Nanni Delbecchi, Il Fatto Quotidiano)

Forse è Roma ad essere diventata un ‘brutto film’ e ad offrire ogni giorno ‘un’esperienza emotiva inedita’ … ed a quanto pare servono film come Gomorra o La grande bellezza per racontare – all’estero – quello che i nostri media nazionali dimenticano di riportare.

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Vanity Fair USA accusa Woody Allen di pedofilia

14 Gen

In occasione del premio alla carriera ‘Cecil B. DeMille’ conferito ad Allen durante la cerimonia dei Golden Globe, il figlio Ronan Farrow ha twittato: “Mi sono perso il tributo a Woody Allen: hanno messo la parte in cui una donna ha confermato pubblicamente che l’ha molestata all’età di 7 anni, prima o dopo Io e Annie?”

Un’accusa che fa seguito allo scandalo causato dalla relazione con la figlia adottiva allora appena ventenne, l’orfana coreana Soon-Yi  Farrow Previn, e alle accuse della moglie Mia Farrow di abusi sessuali sulla figlia adottiva Malone, di sette anni,  la quale ha recentemente dichiarato che “nessuno vuole rendersi conto che questo leggendario regista è il mio peggiore incubo”. (Daily Mail)

Malone – che ha cambiato il suo nome da bambina, che era Dylan – racconta di un’infanzia che  è stata rovinata quando aveva sette anni e  fu molestata dal pluripremiato regista.

“Rompere il silenzio lo scorso anno, a novembre su Vanity Fair, è la cosa migliore che mi sia mai capitata. Non mi è mai stato chiesto di testimoniare. Se potessi parlare con Dylan, la bambina che ero a sette anni Dylan, le direi di essere coraggiosi e di testimoniare.”

Ronan Rarrow, in realtà figlio di Frank Sinatra e non di Woody, si riferisce a quanto pubblicato nel novembre scorso su Vanity Fair USA da Maureen Orth, autorevole biografa di Mia Farrow: “nell’agosto del 1992, dopo essersi appartata con Allen nella casa di Mia nel Connecticut e ritornata senza le mutandine, Dylan raccontò alla madre che Allen l’aveva ‘toccata’ (ndr. l’espressione riportata dal magazine è molto più ‘cruda’) e baciata in ‘tutto’ il corpo.”

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Il solito scandalo dei finanziamenti pubblici al cinema italiano

27 Dic

La Direzione Generale per il Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, come recita il sito istituzionale, “è stata istituita nel maggio del 2001, quando – a seguito della riforma del Ministero per i Beni e le Attività culturali – ha ereditato, insieme alla direzione generale per lo Spettacolo dal vivo funzioni e competenze del dipartimento dello Spettacolo. Il Cinema italiano ha avuto, così, per la prima volta una specifica struttura operativa di riferimento.”
“Il mandato istituzionale della Direzione generale per il Cinema consiste nella promozione, sviluppo e diffusione del cinema italiano e dell’industria cinematografica nazionale.

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Cinema italiano che vede, oggi, il suo ‘prodotto di punta’ in “Colpi di fortuna” di Neri Parenti, un cinepanettone di Aurelio De Laurentis, e – ‘a ribadire’ – ecco quali ‘fortunati’ troviamo nelle delibere del 9 dicembre (link)riguardanti i progetti di lungometraggio presentati rispettivamentre entro il 31 maggio e il 30 settembre 2013” di “interesse culturale” per l’Italia e gli italiani.

  • Paolo e Vittorio Taviani – “Meraviglioso Boccaccio” – 1.000.000
  • Matteo Garrone – “Il racconto dei racconti”    1.000.000
  • Ferzan Ozpetek – “Allacciate le cinture” – 900.000
  • Ermanno Olmi – “Cumm’è bella ‘a montagna stanotte” – 800.000
  • Francesca Archibugi – “Il nome del figlio” – 500.000
  • Michele Placido – “La scelta” – 400.000
  • Cristina Comencini – “Latin lover” – 400.000
  • Marco Bellocchio – “La prigione di Bobbio” – 400.000
  • Abel Ferrara – “Pasolini” – 350.000
  • Gautam Ghose – “Lala – Incontro a Bombay” – 350.000
  • Carlo Verdone – “Sotto a una buona stella” – 300.000
  • Saverio Costanzo – “Hungry Hearts” – 250.000
  • Gianni Di Gregorio – “Buoni a nulla” – 250.000

Secondo la Direzione Generale per il Cinema sono risultati di ‘interesse culturale’, ma senza contributo, anche i film:

  • “Margherita” di Nanni Moretti
  • “Sapore di te” di Carlo Vanzina
  • “Un matrimonio” da favola di Enrico Vanzina
  • “Un boss in salotto” di Luca Miniero
  • “Indovina chi viene a Natale?” di Fausto Brizzi
  • “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese
  • “Soap opera” di Alessandro Genovesi
  • “E fuori nevica” di Vincenzo Salemme

Sola menzione di ‘interesse culturale’ per le opere prime di Diego Bianchi, alias Zoro, per “Arance e martello” e – incredibile ma vero – Walter Veltroni per “Quando c’era Berlinguer”.

A differenza di quelle di Vanzina, Salemme e gli altri, ben diciotto opere sono state ritenute “non in possesso dei requisiti” per il riconoscimento dell’interesse culturale. Quelle dei registi  Davide Barletti e Lorenzo Conte (Fluid Video Crew), Antonio Capuano, Anna di Francisca, Angelo Orlando, Giancarlo Bocchi, Marina Spada, Enrico Lando, Pierfrancesco Campanella, Stefano Calvagna, Andrea Barzini, Sabina Guzzanti, Asia Argento, Isabella Sandri, Davide Marengo,  Alessandro Piva, Rodolfo Bisatti, Giorgio Serafini, Ago Panini.

Utile sapere che la corsa ad ottenere la qualifica di ‘interesse culturale‘ è probabilmente data dall’automatismo che prevede che a questi film venga poi attribuita anche la qualifica «d’essai» in base al Decreto Legislativo n. 28 del 22 gennaio 2004.

Lo stesso decreto assegna un contributo alle ‘sale d’essai’ – ovvero quella “sala cinematografica il cui titolare, con propria dichiarazione, si impegna, per un periodo non inferiore a due anni, a proiettare film d’essai ed equiparati per almeno il 70% dei giorni di effettiva programmazione cinematografica annuale”.
Gli ultimi dati ufficiali (2010) resi noti dalla Direzione Generale per il Cinema dichiarano una spesa ‘folle’ di 2 milioni di euro per le ‘sale d’essai’, che, divisi tra 871 sale, fanno ‘ben’ 2.290 euro anni di contributo medio per ogni sala che, intanto, ha proiettato i film di sicuro interesse culturale di cui sopra …

Considerato che Costanza Quatriglio, autrice del docufilm “Terramatta” nel 2012, ha ricevuto nel 2013 100.000 euro per “87 ore”, il suo nuovo lavoro, e che almeno altrettanto poteva essere dato anche alla ventina di esclusi, non resta che chiedersi quanti giovani registi avremmo potuto finanziare nel 2013 con i contributi milionari assegnati a Ozpetec, Olmi e quant’altri, che dovrebbero essere già ben inseriti nell’industria cinematografica per aver bisogno di contributi statali.
Dovrebbero …

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L’anacronistica Francia contro Google

23 Nov

In un mondo dove ormai solo i fratelli Wachowski od i Coen riescono a scrivere/girare film che trattino tematiche sociali, dove imperano i Bmovie (si fa per dire) di Tarantino e Rodriguez, dove il cinema inglese ‘vende’, arriva la ‘figlia della classe operaia’ Aurélie Filippettì, ministro francese, a spiegarci che così non va.

Non finanziamo film di nicchia senza mercato. Il cinema francese è fatto di pellicole d’autore, molti film di budget medio (sui 3 o 4 milioni di euro) ma anche film di cassetta come Asterix“.
Che bravi questi francesi … peccato che Luc Besson, Kassowitz ed altri ormai vadano ad Hollywood da anni per girare qualcosa di buono.

All’ultimo Festival di Cannes i cineasti di tutto il mondo in competizione erano quasi sempre co-finanziati dalla Francia“.
Qualcuno ci spieghi perchè a Cannes non vanno i film prodotti fuori della Francia, forse perchè non hanno alcuna possibilità di vincere? Protezionismo culturale o cosa?

Chiarito quanto sia bello (o meno bello) il cinema francofono, il ministro Filippettì ci spiega che, “se gli editori francesi, italiani e tedeschi non troveranno un accordo con Google entro la fine dell’anno, a gennaio la Francia varerà una legge per obbligare la società di Mountain View (ndr. Google) a remunerare i giornali dei quali elenca i contenuti. Vogliamo ribadire un principio: chi fa profitti distribuendo i contenuti deve contribuire a finanziarne la creazione.”

La Filippettì, evidentemente, non conosce Walter Benjamin, autore nel 1930 di L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, e si arrampica con precarie riflessioni affermando che “non è vero che i prodotti culturali sono prodotti come gli altri. Le leggi del mercato hanno difficoltà a funzionare in generale, come si vede, figurarsi nella cultura. Non è una questione morale, semplicemente a mio avviso solo così il sistema può funzionare, anche dal punto di vista economico“.

Lasciamo perdere la ‘strana idea’ di far pagare a Google l’indirizzamento verso i quotidiani ed i magazine on line, che, inevitabilmente, provocherebbe sia il definitivo trasferimento dell’informazione on line a favore dei blog (liberi e gratuiti a differenza dei media) sia serie difficoltà per i governi mitteleuropei, nei cui paesi i Piraten hanno conquistato anche il 10% dei consensi.

Lasciamo perdere anche perchè Aurélie Filippettì si dice «molto preoccupata per come Amazon si comporta in Europa. Ha un peso tale che rischia di trovarsi ben presto in posizione ultradominante. Sono andata a parlarne alla Commissione di Bruxelles, ma trovo il loro atteggiamento deludente».
Forse, se qualcuno del suo entourage le spiegasse che ormai esistono gli Ebook ed i formati pdf, la Filippettì si sarebbe risparmiata qualche delusione.

Parliamo della cultura e dell’arte, forse è meglio.

Il cinema, come la carta stampata, è industria ed intrattenimento, non cultura.

Solo una minima parte dei libri circolanti possono dirsi effettivamente originali, solo una parte, effimera, dei film esistenti può dirsi arte. Ed, in ambedue i casi, ‘arte’ è un canone fissato durante la seconda metà dell’Ottocento, partendo da una supposta creatività ed originalità dell’autore.
Peccato che Michelangelo, Delacroix e gli altri dipingessero quasi esclusivamente su commissione, che la ‘sequel’ degli artisti maledetti è durata la generazione di Van Gogh e Rimbaud, dopo la quale son diventati tutti miliardari, e che cosa diventi arte o cultura lo decidono i distributori, ovvero editori e produttori.

E prendiamo anche atto che, oggi, chi scrive un romanzo all’anno – come quelli che invadono librerie, scaffali e case – è considerato un artista ed una persona di cultura, mentre fino a 30-40 anno fa si intendeva ben altro, si parlava di feuilleton e romanzi d’appendice ...

L’arte non è di chi la fa, ma di chi se la compra. O, meglio, di chi la vende.

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Firenze, non povera ma non bella?

12 Ott

Firenze è un comune italiano di circa  370.000 abitanti, che secondo il Sole24Ore ha un reddito medio per abitante di 16.468 euro e di 33.989 euro per famiglia (dati 2007).

Che sia una città piccola, come sostiene Marchionne, è inoppugnabile, ma definirla povera, con i redditi medi degli italiani, è difficile, specie se il reddito medio pro capite a Pomigliano d’arco, dove c’è la FIAT, è di 8.575 euro pro capite (dati 2010).

Il punto, però, secondo i fiorentini – tra cui certamente il sindaco Matteo Renzi – è che la città, povera o piccola che sia, è oltremodo bella. Purtroppo, con tutto il rispetto e la simpatia per gli amici fiorentini, c’è solo da constatare che le cose non stanno esattamente così.

Firenze ‘era’ bella, ma oggi sembra essere diventata un luna park per turisti ‘usa e getta’ ed un bivacco per desperados che alimentano – al ribasso – commercio ed occupazione locali.

Una situazione ‘esemplarmente’ alimentata dal Comune di Firenze, che applica lo ZTL in modo da avere un flusso di turisti-pedoni fino alle 19,30 ed un rombate afflusso di movidari nel corso  della notte, evitando con gli opportuni balzelli che qualche vero amante di Firenze resti per più di 3-4 giorni, occupando per troppo tempo la camera d’albergo ed intasando il ricambio dei festanti giostranti finto-cult. In caso di bisogna, son ben accetti convegnisti e congressisti, sempre di 3-4 giorni si tratta.

Una cannibalizzazione della ‘bella e colta Firenze’ che emerge quà e là dalle cronache fiorentine.

Ad esempio, la situazione di Piazza Brunelleschi, denunciata da alcuni giovani fiorentini allo stesso Renzi, che, ricordiamolo, su LA7, giorni fa, ha annunciato testualmente di voler “rivoluzionare la scuola”.

Oppure La Repubblica (vedi foto sotto) quando parla di “Cibo andato a male, lattine e bottiglie, flaconi di Metadone, siringhe, spacciatori e drogati, disperati da marciapiede che dormono nei cartoni. Persino escrementi e un odore terribile”.

Il Corriere della Sera scrive, ancora, di “combattere il degrado e la sporcizia che derivano dalla movida notturna e che affliggono la aree intorno alle basiliche fiorentine”.

Il prefetto Varratta – dopo che l’arcivescovo ha raccolto il grido di aiuto di alcune chiese fiorentine – parla «di comportamenti incivili e di mancanza di attenzione verso i luoghi e di considerazione per le persone. Il nostro obiettivo è di contenere questi fenomeni per evitare che degenerino in fatti più gravi».

L’Espresso denunciava (pochi giorni fa) la storia di “Michelle D. che passa le sue giornate tra i monumenti di Firenze che tutto il mondo ci ammira. Ha cominciato a consumare eroina a 13 anni, quando ancora frequentava la scuola media. Così come sua sorella, Camilla, 20 anni, e i loro amici”.

E sempre L’Espresso raccontava di “Saverio L., 24 anni, finito al pronto soccorso per un arresto cardiaco dopo un malore. Ed è morto. Secondo la polizia, l’ha ucciso una nottata passata con amici. A sniffare eroina e cocaina. Il giorno del funerale, le pagine di cronaca locale descrivono un ragazzo appassionato di moto, cresciuto tra il catechismo e l’oratorio dei salesiani”.

Il quadro di uno sfascio sociale,  che si rende necessario perchè riportare la città al ‘turismo colto’ (e spesso facoltoso) implica – evidentemente – qualcosa che non è nelle corde del Partito Democratico, visto cosa sono diventati Perugia, Rimini e Bologna, diversamente da Montecarlo o Venezia.
Un disastro culturale, che si rende possibile perchè la ‘Firenze che conta’ abita più a Fiesole e molto meno in città (dati ISTAT sul PIL).

Una contraddizione politica, se nella ‘democratica’ Firenze circa il 20% dei residenti dichiara un reddito superiore ai 33.500 euro, pari al 50% circa del totale dei redditi ‘prodotti’, mentre ‘nell’elitaria Venezia’ più o meno la stessa percentuale di ‘benestanti’ rappresenta – come volume finanziario ‘prodotto’ – all’incirca il 40% del totale. Una Firenze ‘che arriva alla fine del mese’ per tanti e ‘diffusamente benestante’ per altri.

«Firenze non può vivere con il coprifuoco, ma non è possibile usare le strade come propaggini dei locali», dice Matteo Renzi, dinanzi alle “rimostranze dei gestori dei locali, all’indomani del sequestro preventivo di alcuni esercizi in via dei Benci, ma anche di residenti e comitati” (metronews.it).
Praticamente tutti contro tutti, my compliments.

Al di là di come vadano effettivamente le cose nella città del Savonarola, però, certo è che Firenze è molto meno bella di quello che potrebbe essere, come è probabile che vada sempre peggio, visto che genere di turismo si predilige attrarre e quanto sia difficile arrivare in città senza prendere una TAV,  che ormai è quasi l’unico modo per entrarvi, aereoporto o limousine esclusi.

Mi dispiace per i fiorentini, che meriterebbero di meglio, come lo meriterebbero tutti i residenti dei centri storici italiani, ormai invasi da oggetti sintetici, devoluzioni culturali ed esistenze anonime.
L’opposto di quello che storia, racconti e cinema di testimoniano della città sull’Arno e della nostra civilizzazione italica.

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Sarebbe ora di cambiare e di ritornare un po’, solo un po’, se stessi.

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