Gigafactory: Roma arranca, Torino spinge e Termoli perde?

28 Gen

L’8 luglio 2021 era arrivato l’annuncio di Stellantis (Fiat-Chrysler-Peugeot) di investimenti per “oltre 30 miliardi di euro entro il 2025” nella Gigafactory di batterie per le auto elettriche che si farà a Termoli, in Molise. [link]

Infatti, Termoli è una cittadina che ha ormai una solida tradizione industriale, da quando – 50 anni fa – venne inaugurato uno stabilimento della Fiat. Una fabbrica ‘gloriosa’ dove si producevano gli innovativi motori ‘Fire’ e dal 2005 quelli della Alfa Romeo Giulia. Da quel 1972, a Termoli sono stati prodotti oltre venti milioni di motori e oltre tredici milioni di ricambi, con un’occupazione che oggi sostiene circa 2.400 dipendenti e un indotto di circa 20mila abitanti.

All’epoca dell’annuncio, però, la FCA di Termoli faceva un abbondante ricorso alla Cassa integrazione e c’erano rallentamenti per l’avvio della produzione di motori ibridi, e non a caso il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti esprimeva soddisfazione ma anche cautela: “come ministero dello Sviluppo economico abbiamo lavorato affinché questo accadesse. Ora deve proseguire il confronto sul piano industriale con le parti interessate”.

Infatti, oggi, la Stellantis corregge il tiro: “Stiamo negoziando con il governo, ma non abbiamo ancora concluso” e si dice pronta a restituire in anticipo il prestito con garanzia Sace, che prevedeva impegni su stabilimenti e personale in Italia.

Quale sia il problema è ben chiaro e non è nel Governo e – forse – neanche in Fiat..

Ieri, l’AD di Stellantis Tavares ricordava a tutti che “se l’elettrificazione non verrà sostenuta ci sarà un impatto sulla crescita del mercato dell’auto elettrica e questo genererebbe altre conseguenze”, dato che la “brutalità del cambiamento crea rischi sociali“, a proposito del passaggio a motori solo elettrici nel 2035

In altre parole, Roma è motivata e competente per innovare l’Italia, se ha avuto enormi difficoltà per eliminare le auto Euro 0, non sa ancora come gestire i propri rifiuti e solo da poco si stanno diffondendo i pagamenti elettronici per servizi pubblici?

Ed, a suo tempo, il presidente della Regione Alberto Cirio e la sindaca di Torino Chiara Appendino non gradirono (a nome della cittadinanza tutta) la scelta di Termoli: “questa decisione tradisce Torino. Tradisce il Piemonte, la sua storia, i suoi lavoratori, le sue Università e in generale una terra che ha inventato l’auto, ha investito, ha rischiato e che ha un credito enorme verso questa azienda e verso questo Stato”.

Come anche sul fronte sindacale è ben chiara la posizione del segretario generale della Fiom torinese Edi Lazzi: “continuo a pensare che l’allocazione ideale era proprio Mirafiori per le ragioni ricordate durante la nostra manifestazione di lunedì. Adesso bisogna immediatamente iniziare a ragionare su quale missione produttiva per gli stabilimenti italiani complessivamente e in particolar modo per quelli torinesi”.

Una fabbrica con una solida tradizione nella produzione di motori vale quanto una che verniciava le carrozzerie?

Termoli e il Meridione dovranno sacrificarsi (ancora una volta) per tutelare gli interessi piemontesi come avvenne nella vicenda della fabbrica degli F-35?

Anche se, senza sviluppo industriale, ma con una ricca capacità idroelettrica, il futuro di Termoli e dintorni sarà quello di farsi succursale di Foggia e della Puglia, inevitabilmente?

E per quale ragione tutto queso, se il decentramento strategico delle strutture Fiat piemontesi va avanti e, a luglio scorso, è arrivato l’annuncio che verrà venduto l’edificio torinese di via Nizza 250 (Lingotto), completato nel 1926 e dove avevano sede gli uffici di Gianni Agnelli, Vittorio Valletta e Sergio Marchionne?

Piuttosto, Roma riuscirà a riformare il mercato ‘pubblico’ dell’energia e le competenze esclusive delle Regioni e dei Comuni che tanto ostano con l’elettrificazione ‘su strada’ che serve per ricaricare le auto elettriche?

A.G.

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