Era il 15 giugno 2016, quando Roma Capitale approvava la delibera per concedere in comodato d’uso ad Ama 32 aree per “un’adeguata dotazione delle strutture fisiche funzionali alla gestione del ciclo dei rifiuti (Centri di Raccolta Comunali, Aree Intermedie Attrezzate, Sedi di zona, Stabilimenti aziendali, ecc.). In particolare, il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata rende indispensabile, contestualmente all’attivazione di nuove modalità di raccolta, una capillare distribuzione delle strutture fisiche sul territorio a servizio del cittadino/utente (Centri di Raccolta), un’estensione degli attuali orari di apertura delle stesse, nonché l’utilizzo di personale formato sotto il profilo della accoglienza/informazione al cittadino utente”.
Finalmente, Roma iniziava a dotarsi delle ‘isole ecologiche’, cioè – come precisava AMA – di “nuovi Centri di Raccolta per rifiuti ingombranti, elettrici, elettronici e per quei materiali particolari (come materassi, suppellettili, batterie al piombo, pile, oli, ecc.) che non debbono essere conferiti nei normali contenitori per i rifiuti né, ovviamente, abbandonati sul suolo pubblico.”
Ma, terminato il mandato del Prefetto Francesco Paolo Tronca, nominato Commissario Straordinario per Roma Capitale, la delibera rimaneva sulla carta, nonostante fosse essenziale per gestire proprio quei rifiuti che erano stati il cavallo di battaglia in campagna elettorale.

Infatti, la Giunta Raggi si impantanava in cavilli burocratici come quelli dell’istruttoria sotto il profilo urbanistico e dei pareri tecnici allegati quello del Dipartimento di Attuazione Urbanistica, per quelli che in sostanza sono solo dei piazzali con i cassoni per la raccolta, ebbene si.
Dopo di che le varie conferenze di servizi per ‘la partecipazione e la comunicazione civica’, cioè la solita babele di opinioni e critiche, dall’ipotetico rischio idrogeologico alla destinazione per futura edilizia di residenza pubblica o anche solo per parcheggi, pur di bloccare la conformità urbanistica.
E restava tutto in stallo anche anche quando la situazione del TBM Salario diventava sempre più insostenibile – tra le proteste dei cittadini ma non del Municipio – fino al’11 dicembre del 2018, giorno dell’incendio che lo distrusse. Eppure, AMA stimava che, con 32 centri servizi, il tragitto dei mezzi Ama sarebbe ridotto di oltre 400mila km all’anno, con un abbattimento di circa 50 tonnellate di C02 immessa in atmosfera.
Solo il 19 marzo 2021, quattro anni e mezzo dopo la delibera commissariale, la Giunta Capitolina individuava i Centri di raccolta territoriali, ma non i 32 centri servizi concessi nel 2016 e neanche le 22 aree proposte dall’assessorato, bensì soltanto 17 siti “per la realizzazione dei centri servizi, che possono comprendere al loro interno i centri di raccolta.”
Ad oggi, il Comune di Roma Capitale parla di una “rete di 12 impianti attualmente in funzione, due dei quali riaperti dopo lunghi lavori di manutenzione straordinaria”, ma non è chiaro se fossero preesistenti o si tratti di quelli nuovi che il Commissariamento aveva tentato di istituire.
Ad ogni modo, le isole ecologiche di Roma sono solo 12 e i Municipi sono 15, di cui 4 grandi come Milano che però di ‘isole ecologiche’ ne ha ben 5 e da tanto tempo.
Eppure, Ama stimava che – con le 32 isole ecologiche previste inizialmente – “le distanze annue percorse dai romani potranno essere così ridotte di oltre 3 milioni di chilometri, con un conseguente abbattimento di 380 tonnellate di CO2” e tanto traffico e tempo sprecato in meno.
Fa, dunque, un po’ impressione che la Giunta Capitolina annunci trionfalmente che il 5 gennaio 2022 “ha approvato la delega ad AMA S.p.A. per la presentazione di proposte finalizzate al miglioramento della rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da finanziare nell’ambito del PNRR (Linea di intervento A). … Gli otto progetti porteranno alla realizzazione di impianti … per la raccolta di tutte quelle tipologie di rifiuto che normalmente non possono essere conferite nei cassonetti stradali”.
Se, per stessa ammissione della Giunta Capitolina, questi rifiuti giocoforza “spesso invece vengono abbandonati sui marciapiedi, lungo le strade e le aree verdi”, quanto tempo servirà al Sindaco per dotare di un centro di raccolta i 35 quartieri di Roma, che hanno una superficie totale dieci volte quella di Napoli, che a sua volta è già dotata di 10 isole ecologiche fisse e una dozzina di unità mobili?
Se l’assemblea dei soci di Ama S.p.A. ha approvato il bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2020 con un utile pari a euro 27.807.522, perchè Roma Capitale finanzia dei centri deliberati nel 2016 solo oggi e con risorse del PNRR?
Se le isole ecologiche di Roma saranno nel numero totale di venti – si spera tutte in funzione prima del 2026 visti i precedenti – la Commissione PNRR capitolina prevede ulteriori isole ecologiche, sapendo dal 2016 che ne servono di più per servire 1.285 km² di superficie , 2,873 milioni di residenti (2017) e 486.284 imprese inclusa la provincia (2016)?
Cosa prevederà la Commissione PNRR capitolina riguardo la ‘realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti nel territorio comunale‘, affinché Roma Capitale smetta di arricchire le altre regioni?
Ad esempio nel 2018, quando “centocinquantamila tonnellate di combustibile da rifiuti sono state trasportate in Lombardia ed Emilia Romagna, mentre 200mila tonnellate di organici sono finite in Friuli Venezia Giulia, in Lombardia e in Veneto. Duecentocinquantamila tonnellate di rifiuti da interrare sono andate in Emilia Romagna, Toscana e Puglia”, e, poi, l’anno dopo leggiamo che “i maggiori 110 player operanti nella selezione di carta, plastica, metalli, legno, vetro, FORSU e RAEE, aventi volume d’affari superiore ai 5 milioni di euro, hanno registrato un valore della produzione di 2,3 miliardi di euro (+4% sul 2018)”?
Demata
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