I dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio parlano chiaro: la riforma dell’Irpef combinata con la revisione degli scaglioni e delle detrazioni garantisce il saldo zero per 14 milioni di italiani e porterà una piccola riduzione fiscale per circa 27,8 milioni di contribuenti.
Considerato che il Debito pubblico è sprofondato oltre i 2.700 miliardi di euro, mentre Lazio, Campania e Sicilia sono paralizzate da ingenti piani di rientro finanziario, c’è solo da parlare di ‘miracolo’: di norma in una situazione del genere le tasse aumentano e tanto.
Perché, allora, a cose fatte scoppiano le polemiche e leggiamo che “i maggiori vantaggi vanno ai redditi medio-alti”?
Perché, in realtà, Silvia Giannini e Simone Pellegrino, che avevano lanciato l’allarme per lavoce.info, si riferiscono ai lavoratori dipendenti e non agli autonomi quando scrivono che “come si osserva dalla Figura 3, … i benefici individuali sono concentrati sopra i 35 mila euro di reddito complessivo, dove ci sono solamente il 13,5 per cento dei contribuenti”. E’ sotto gli occhi di tutti, è un grafico.
E perché “il vincolo è stato quello politico di non aumentare l’aliquota marginale legale massima” e per questa scelta dei partiti “si è dato maggior peso all’efficienza rispetto all’equità”.
Infatti, Mario Draghi non mentiva, affermando che “i principali beneficiari della riforma fiscale sono lavoratori e pensionati a reddito medio basso”, cioè la razionalizzazione delle aliquote marginali effettive che nello studio di lavoce.info risulta:
- no tax area (8.145 euro); 23% (-4,5%)
- fascia 8.145-15.000; 31,5% (-2,6%)
- fascia 15-28 mila euro; 43,7% (+1,3%)
- fascia 28-45 mila euro; 61% (+19,4%)
- oltre 45 mila euro; 43% (+1,4%)
Non sono certamente i redditi medio-bassi ad essere colpiti, come sentiamo dire, che alla peggio resteranno con il carico fiscale solito.
Anche lavoce.info confermava che le aliquote medie sarebbero rimaste invariate e che ad essere ‘colpiti’ – mentre il debito pubblico sprofonda – sono coloro che hanno un reddito superiore alla media, a partire da 28.000 euro annui, insomma.

Tenuto conto che oltre alle tasse ci sono anche i contributi statali per energia e gas, specie per chi non è benestante, siamo proprio sicuri che gli autonomi, gran parte dei pensionati e tutti i sottoccupati – di tutt’altra fascia reddituale – sono d’accordo con Sindacati e Confindustria e trovino la manovra fiscale del Governo Draghi svantaggiosa e iniqua?
Perché mettere in dubbio la credibilità di un candidato presidenziale, dimenticando che è la Politica che ha scelto in Parlamento e nei Partiti di “non aumentare l’aliquota marginale legale massima, neanche sotto forma di un temporaneo contributo di solidarietà”?
Demata
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