Matteo Salvini sta avendo un notevole successo mediatiche, incarnando temi che la pubblica opinione, evidentemente, sente propri e che altri non sanno rappresentare.
In un paese in declino fatto di anziani, giacobini e parrocchie, lui dossa un look da ‘cittadino’ da fare invidia agli ingiaccati parlamentari di Beppe Grillo e raccoglie ogni genere di revanchismo e nostalgia italofrancese, incluso tanto statalismo populista ed operaista su cui i comunisti, caduti Mussolini e Petain, costruirono un trentennio di successi.
Pragmatico e mitteleuropeo (grazie al patto con Le Pen) può contare, in un certo qual modo, sull’appoggio di una parte di ‘chi conta tra Torino e Milano’, visto che Maroni, Zaia e Tosi non si vedono granchè sulle reti La7, e per ora ha il ‘nulla osta’ della ‘destra storica’ da Roma in giù.
Il suo tallone d’Achille è la Lega, dove la triade Zaia, Tosi, Maroni confidavano di profittare notevolmente dal nuovo senato regionale renziano, controllando Piemonte, Lombardia e Veneto, se non fosse stato per Beppe Grillo che gli ha portato via un mare di elettori.
Una Lega che avrebbe rischiato di chiudere i battenti – dopo che Berlusconi ha fermato i ‘gentili contributi’ allo scandaloso Umberto Bossi (Fatto Quotidiano) – se proprio Salvini non avesse innalzato notevolmente i consensi alle Europee, superando il 4% di sbarramento (e di rimborsi elettorali), visto che il patrimonio netto al 31 dicembre 2013 era di circa 21 milioni in immobili e oltre 4 milioni di fondi e debiti.
Certo Berlusconi potrebbe riparare i conti della Lega, sostenendo Flavio Tosi – che definì «rozzo ma efficace» – ma deve pur tener conto dei consensi in forte calo dopo la vicenda delle spese pazze dei consiglieri regionali della maggioranza Lega-Pdl piemontese, come gli scandali Expo e Mose che hanno segnato la Lombardia e il Veneto.
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