Lo scontro tra l’assessore al Bilancio del Comune di Roma, Daniela Morgante, e il sindaco Marino con tutto il Partito Democratico al seguito si era manifestato nelle scorse settimane con posizioni, metodi e stili diametralmente opposti.
Da un lato, una magistrata della Corte dei Conti che ben sa che è atto dovuto ufficializzare la proposta di bilancio in forma pubblica, dall’altro lato il primo cittadino che pretendeva come “le cifre e le scelte rese note preventivamente dall’assessore al Bilancio devono essere ancora sottoposte al sindaco, alla giunta e all’assemblea capitolina” … come se si trattasse di materiali secretati.
Secondo La Repubblica, si era trattato di “una riunione-fiume durata più di sei ore, in cui la titolare del Bilancio ha presentato ai suoi colleghi di Campidoglio il piano per risanare i conti della capitale, cercare di far fronte ai nuovi maxi-buchi di bilancio (circa 60 milioni di euro). Una riunione in cui il sindaco Marino ha bollato le proposte dell’assessore Morgante per i conti della capitale come “un puffo informe” …
A nulla erano serviti “linea dialogante, compromesso sulle tasse, concessioni sul salario accessorio dei dipendenti. … Anche se il pensiero della Morgante è noto: abbiamo perso un’occasione, potevamo tagliare le tasse e ridurre la spesa, come sta facendo Renzi.” (Il Messaggero)
Significativa la nota congiunta di Fabrizio Panecaldo, coordinatore della maggioranza in Campidoglio, Francesco D’Ausilio, capogruppo del Pd in Campidoglio, Gianluca Peciola (Sel), Luca Giansanti (Lista civica per Marino) e Massimo Caprari (Cd): «Apprendiamo dalle agenzie la notizia della decisione condivisa dal Sindaco Marino e dall’assessore al Bilancio Daniela Morgante di interrompere la loro collaborazione. Auspichiamo che il lavoro per dare il bilancio alla città prosegua».
Ancor peggiori i commenti dell’opposizione, come la nota del coordinatore romano di Forza Italia, Davide Bordoni, che prende atto del “fallimento di questa amministrazione e del suo sindaco, che appare ogni giorno di più in balìa di se stesso, incapace di elaborare e avviare un piano e una strategia a lungo termine. Anche la Morgante si è resa conto dell’incapacità politica e amministrativa di questo sindaco e lo ha abbandonato alla sua fine“.
E come dargli torto se fosse vero quello che scriveva Il Messaggero del 14 aprile, ovvero che “entro il 4 luglio va scritto il piano di rientro con la cabina di regia di cui fanno parte Legnini (sottosegretario) e i parlamentari Causi e Melilli, tutti del Pd: quindi hai già la squadra pronta a darti una mano nella stesura della manovra. «Ci aspettiamo la rottura», dicevano fiduciosi ieri pomeriggio quelli del Pd prima dell’inizio della giunta che doveva trasformarsi in una resa dei conti” … specialmente se il segretario romano del Pd, Lionello Cosentino, tiene a precisare – sulla falsariga delle anticipazioni del quotidiano capitolino – che “al sindaco Marino offro la collaborazione piena di tutto il Pd per affrontare, con spirito di squadra, la nuova fase. A Roma serve un bilancio che unisca rigore ad equità sociale. Un bilancio non solo di tagli, ma capace di guardare al futuro con due obiettivi: un salto di qualità nel funzionamento della macchina capitolina e delle aziende comunali e una politica di rilancio degli investimenti per lo sviluppo” …
Lapidario il tweet di Sveva Belviso in proposito: «Dopo le dimissioni dell’assessore Morgante il sindaco dovrebbe togliere il disturbo. Siamo in mano a gente irresponsabile».
Emblematico il comunicato di Unindustria: «Siamo molto rammaricati per l’uscita di Daniela Morgante dalla Giunta del Campidoglio. Vigileremo per contrastare qualunque tentativo di bilanci che non vogliano affrontare i problemi indicando comodi pareggi. Ci auguriamo che le dimissioni di Daniela Morgante non comportino facili vittorie del partito trasversale della spesa e delle tasse che, purtroppo, ci appare ancora maggioritario in questa città».
Utile sapere che l’on. Fabio Melilli (ex presidente UPI) è uno strenuo difensore del mantenimento delle provincie e dei piccoli comuni, mentre l’ex senatore Lionello Cosentino faceva parte – con Ignazio Marino – della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale (sic!) … e che il deputato Marco Causi fu assessore alle Politiche economiche, finanziarie e di bilancio proprio nella giunta del Comune di Roma in cui si venne a creare l’enorme ‘buco’, quella guidata da Walter Veltroni …
Una No Exit Strategy per Ignazio Marino, visto che, come commenta Alfio Marchini, «la scelta del sindaco di avocare a sè la delega al bilancio è invece semplicemente suicida, perchè se non riuscirà ad approvare la manovra entro aprile non avrà altra scelta che dimettersi».
A meno che la componente dalemiana, debole nel Paese, ma ancora forte in Parlamento e a Roma, non riesca a far approvare – tra un ponte pasquale e le rimembranze di una Liberazione dimenticata – qualche ignobile Salva Roma Ter od, ancor più probabilmente, riuscire a sottoscrivere uno scomputo dei ‘debitucci’ capitolini ancora più favorevole di quelli precedenti … in nome di “un bilancio non solo di tagli, … un salto di qualità nel funzionamento della macchina capitolina e delle aziende comunali … una politica di rilancio degli investimenti per lo sviluppo” …
Ovviamente, il modo e lo stile dei vari consiglieri e parlamentari ‘democratici’ presuppone una visione di Roma e dell’Italia molto simile a quella della capitale di un vicereame coloniale, in cui la nazione paga per qualunque spreco e bisogna della sua capitale, in cui lo Stato recede nel porre leggi che ledano interessi ‘di casta’, in cui il popolo stesso ha diritti diversi se è capitolino o meno … senza rendersi conto che gli occhi della nazione sono sulla capitale, sui suoi intrallazzi e sul suo nefasto immobilismo.
originale postato su demata
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