Il vero scandalo dell’AMA e le sorti di Roma

17 Feb

AMA S.p.A. è il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali. Costituita in società per azioni nel 2000, ha un unico socio, il Comune di Roma, che ne detiene l’intero capitale sociale. Con 7.800 dipendenti, l’azienda serve un bacino di utenza di quasi 3.300.000 persone. La lunghezza totale delle strade raggiunte è di 3.370 km, mentre l’area di operatività si estende su una superficie di 1.285 kmq, da cui annualmente si raccolgono circa 1.780.000 tonnellate di rifiuti.” (fonte AMA)

A Milano e dintorni, l’ “Amsa s.r.l. tiene pulita un’area di 272 chilometri quadrati, lavorando per oltre 2,3 milioni di persone: 1.300.000 abitanti e 800.000 city users nella città di Milano e circa 245.000 residenti nei comuni della provincia serviti. Può contare su circa 3.300 dipendenti dei quali oltre 2.800 impegnati nelle attività di raccolta rifiuti, pulizia e spazzamento.
Uno dei numerosi fiori all’occhiello dell’Azienda è il suo parco automezzi a metano, uno dei più ampi in Europa, con oltre 350 mezzi, pari a circa il 30% dell’intero parco aziendale.

Oltre che a Milano, opera in 11 comuni della provincia: Basiglio, Bresso, Buccinasco, Cormano,Novate Milanese, Pero, Rho, Segrate, San Donato Milanese, Settimo Milanese e Trezzano sul Naviglio. Nel gennaio 2008 Amsa è entrata a far parte del gruppo A2A, la multiutility nata dalla fusione tra AEM e ASM, le due aziende storiche di Milano e di Brescia. A2A, leader nazionale nel settore ambientale, grazie agli oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti trattati”.

Dunque, riepilogando:

  • AMA S.p.A. -> Proprietà: Comune di Roma, Dipendenti: 7.800, Utenti: 3,3 mln, Rapporto Dipendenti /Utenti: 2,4 x mille, Superfice coperta: 1.285 kmq
  • AMSA s.r.l. -> Proprietà: Multiutilility, Dipendenti: 3.300, Utenti: 2,3 mln, Rapporto Dipendenti /Utenti: 1,4 x mille, Superfice coperta: 272 kmq

I romani devono reggere un costo del lavoro quasi doppio rispetto ai milanesi, se valutato in base al numero degli utenti, a fronte di un territorio smisurato che, però, dovrebbe essere in larga parte destinato a ‘parchi’ e ‘agro romano’, non ad ‘area urbanizzata’, con costi per i rifiuti pressochè nulli.

A questo aggiungiamo il problema primario, ovvero che l’AMA S.p.a. vede come unico socio il Comune di Roma e che – a differenza di gran parte delle ex municipalizzate – non sono mai stati immessi ‘soldi freschi’ e ‘mentalità d’impresa’, indispensabili per rinnovare il parco macchine, per formare il personale e razionalizzare i processi, per attuare politiche di raccolta differenziata realmente incisive.

Dunque, la questione è se il sindaco in carica, Ignazio Marino, intenda o meno aprire l’AMA S.p.a. ad una partecipazione azionaria e ad una ricapitalizzazione, visto che Roma è stretta nella morsa dei debiti contratti e delle allegre assunzioni che arrivano dalle precedenti amministrazioni.

Qualcosa di cui a Roma proprio non se ne parla e su cui doveva intervenire Consob da molto tempo, quando – nel 2008 – La Repubblica scriveva “Il bilancio dell´Ama? È da libri in tribunale. La situazione finanziaria dell´azienda della pulizia e dello smaltimenti rifiuti è più che a un passo dal collasso. Ha azzerato il capitale sociale, contravvenendo a precise norme legislative. Inoltre ha un buco di 600 milioni di conti a breve, con debiti nei confronti di banche e fornitori e sulla voragine finanziaria paga 35 milioni di interessi l´anno.
A partire da gennaio 2008 a oggi, dunque a cavallo delle due diverse amministrazioni Veltroni e Alemanno, la sua gestione arranca a colpi di anticipazioni di cassa del Campidoglio.”

Un’AMA che dichiarava a Bilancio 2012 un utile di 2 milioni e 336 mila euro, ai tagli da 700 milioni in due anni per Ama (e Atac ), mentre c’è la storia degli arbitrati contro Ama – raccontata da Libero Quotidiano – che condannano l’azienda a pagare 78,3 milioni di euro, mentre i debiti con le banche ammontano a 670 milioni di euro.

Un’AMA che tra il 2008 e il 2010, con un bilancio in quelle condizioni, ha assunto 1.518 persone, cioè un quinto degli attuali dipendenti …

Millecinquecentodiciotto persone son tante, difficile sostenere un incremento del personale di tal genere senza aumentare il capitale ed espandere l’impresa.
E dovremmo chiederci tutti chi è che li ha assunti, chi non ha monitorato, chi non ha reclamato o denunciato. Non perchè i 1.518 siano colpevoli di qualcosa, ma un dissesto del genere non può ricadere sulle tasse dei cittadini, mentre chi l’ha causato o lasciato accadere si ricandida o si ricicla.
Infatti, qualcuno dovrebbe spiegarci perchè, se per Parentopoli all’Ama, il Cda chiede i danni a Panzironi e 7 manager per le 841 assunzioni pilotate del biennio 2008-2009, possa accadere che questi si ritrovino ai vertici di altre società controllate da AMA S.p.a., come nel caso di Franco Panzironi, Presidente di Roma Multiservizi.

Poi, solo poi, c’è l’ottantina di dirigenti per i quali la pubblicazione online degli stipendi si è rivelata un disastro, visto che si aggirano tra gli 80 mila ai 220 mila euro (lista).
Ovviamente, l’attenzione della cittadinanza è attratta da questo pruriginoso caso, piuttosto che dal problema AMA nel suo complesso e, non dimentichiamolo, dalla questione Malagrotta che, con l’annunciata chiusura, non si è affatto chiusa, ma solo aperta.
Per non parlare del fattto che Atac, Ama e Acea contano 31.000 occupati, Roma ha più dipendenti della Fiat, ma ha il deficit è a quota un miliardo, mentre il gettito fiscale non .può più incremetarsi.

E mica possiamo pensare, a Roma, di gestire i rifiuti (e i trasporti o il welfare) come nell’ultimo decennio … ma dal Campidoglio tutto tace.

originale postato su demata

 

 

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