30 aprile, il count down delle Provincie inizia? E Monti, avrà coraggio e tempestività?

23 Apr

L’art. 23 del Decreto ‘SalvaItalia’ prevede che “lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 30 aprile 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.

 Non è dato sapere cosa accadrà il 30 aprile prossimo venturo, ma una cosa è certa: le Regioni non hanno legiferato granchè nè s’è sentito un qualche dibattito politico a riguardo.

Dunque, inizia il conto alla rovescia: tra una settimana ci si aspetta che Mario Monti presenti e si faccia approvare in quattro e quattr’otto il decreto che “sicuramente” deve avere già pronto.

Anche perchè ci sono i Comuni che attendono … il bel fiume di denaro che prima prendeva altre vie.

In caso contrario, sarà evidente a tutti – media e Presidente Napolitano inclusi – che Monti non è in grado di rendere vigenti le leggi che propone e firma, con buona pace della governabilità, visto che il taglio dei costi della Politica è atteso dalla totalità dei cittadini ed anche dagli analisti internazionali.

Certo, i partiti “storici” e le forze – ad esempio i sindacati – che li affiancano da sempre potrebbero preferire che Mario Monti cada prima di aver chiuso “le Provincie”, visto che abbiamo davanti dieci giorni di “antifascismo” e “sindacalismo”.

I costi della politica: una irrinunciabile responsabilità diretta, che da Natale  attendiamo che Mario Monti risolva, ed una terribile distrazione, in cui Napolitano, Fini, Camusso e Di Pietro – si spera almeno loro – non vorranno cadere.

Giusto per connotare i termini della “questione Provincie”, è opportuno ricordare il Rapporto del Centro Bocconi, presentato il 12 dicembre 2011.

Lo studio focalizza cinque funzioni “core”, fondamentali, attribuite alle Provincie e che rappresentano la maggior parte della spesa. In particolare, gestione del territorio e istruzione pubblica richiedono una spesa di oltre di due miliardi di euro annui “a testa”. Trasporti e sostegno allo sviluppo economico assorbono tra 1 e 1,5 miliardi di euro, mentre la tutela ambientale e il settore “sociale, cultura, turismo e sport” circa 800 milioni di euro ciascuno. Sproporzionate le spese di amministrazione, gestione e controllo, che superano i 3 miliardi di euro annui (il 26% del totale).

Buona parte di queste spese non verrebbero cassate con le Provincie, secondo lo studio sponsorizzato proprio dall’Unione Provincie Italiane, ma anche le economie del 2-3%, come prefigurato dallo studio, sono necessarie.  Tra l’altro, i risultati sono pessimi (strade rotte, trasposti rari, scuole al tracollo, welfare all’amatriciana eccetera) e un passaggio politico o burocratico “in più” implica almeno mesi se non anni per “transitare”.

Viceversa, la dimensione ed il “taglio” della Provincia sono particolarmente influenti sulla spesa.

Infatti, la quasi totalità delle provincie con una elevata “Spesa corrente per abitante e densità della popolazione” – praticamente una spesa doppia – hanno tutte una bassa densità di popolazione, meno di 200 abitanti per kmq, ma è anche vero che una quantità di Provincie poco popolate spendano come o meno di quelle  più grandi.
La densità o l’impoervietà dei luoghi non influenza l’efficienza della spesa, ovvero non tende ad incrementarla.

Il fenomeno si conferma, in parte, andando a guardare la “Spesa corrente delle province in funzione della dimensione demografica”, dato che le Provincie più piccole sono anche quelle più spendaccione. E la cosa è ancora più vistosa se andiamo alla “Spesa totale delle province in funzione della popolazione residente”.

Quasi il 30% delle Provincie rientra nei 250.000 abitanti (Ogliastra, Isernia, Medio Campidano, Aosta (anche Regione a statuto speciale), Carbonia-Iglesias, Gorizia, Olbia-Tempio, Nuoro, Rieti, Verbano-Cusio-Ossola, Oristano, Vibo Valentia, Enna, Crotone, Fermo, Vercelli, Sondrio, Biella, Matera, Massa e Carrara, Belluno, Ascoli Piceno, Asti, Imperia, La Spezia, Lodi, Grosseto, Campobasso, Terni, Trieste, Rovigo, Prato).

Il 10% della popolazione ed il 20% del territorio che per essere amministrato necessita di ben 32 Consigli Provinciali, 32 organi decisionali, con tutto il codazzo di amministrazioni periferiche dello stato, sedi sindacali e confindustriali e di enti eccetera.

Sarebbe da capire perchè, sempre per il 10% della popolazione ed il 20% del territorio, altrove  di Provincie ne bastano solo 12 con condizioni orografiche e urbane ben rappresentative (Cuneo, Foggia, Messina, Perugia, Cosenza, Verona, Bologna, Catania, Salerno, Palermo, Bari, Brescia).

Una questione di campanili? A leggere i dati, sembra di si. Peccato che, almeno i piccoli, sembra proprio che ci costino il doppio di quanto dovrebbero.

Adesso basta.

originale postato su demata

Una Risposta a “30 aprile, il count down delle Provincie inizia? E Monti, avrà coraggio e tempestività?”

  1. rfomain aprile 23, 2012 a 6:31 PM #

    intanto occorre fare una legge che non permetta di creare nuove province, perchè come se non bastassero le ultime sciagurate sette nuove province (Monza, Fermo!, Barletta!, ben 4 sarde), si sta meditando di crearne un’altra, Gela, e ancora ancora…..

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