Lavoro: una settimana decisiva

19 Mar

Arriva, finalmente, una settimana “intensa” per l’attività dei nostri parlmentari: Elsa Fornero ha annunciato che “il governo presenterà lo stesso al Parlamento la riforma del lavoro” e precisato che le “mie dimissioni non sono all’ordine del giorno”.

Fornero ha sottolineato anche che sulla riforma allo studio del governo “c’è un carico eccessivo di aspettative”. E, riguardo l’impossibilità di raggiungere un accordo con le parti sociali (Confindustria, CISL, UIL, CGIL, CONFSAL, COBAS) il ministro ha aggiunto di non voler “considerare questo aspetto: sono impegnata a realizzare un accordo”.

Il tutto contornato da speech in “Condoreeza Rice style”, come “siamo abbastanza maturi sui contenuti”, “non possiamo andare avanti a discutere all’infinito”, “la settimana prossima, è questo su cui io sto lavorando”, “non ho nessun interesse a fare la riforma solo sull’articolo 18”.

Come anche, in un paese dove intere regioni sono relegate al sottosviluppo e l’emigrazione, Elsa Fornero, novella Tatcher, riesce a dire che  “dal mercato del lavoro si può uscire, ma chi esce deve essere assistito con un reddito monetario”. Bisogna però “aiutare chi gode dell’indennità di disoccupazione a cercare un altro lavoro”.

 Un discorso piuttosto strano quello che Elsa Fornero vuole propinarci, specialmente se consideriamo che i sussidi sono solo per chi perde il lavoro e solo per un anno e mezzo. Difficile credere che i nostri parlamentari – avezzi a raccogliere a mani basse il consenso popolare promettendo “lavoro, infrastrutture, sviluppo” – possano votare di tutta fretta un cambiamento così “socialmente pericoloso”, specialmente dopo i danni spaventosi della Riforma Bassolino, che introdusse i contratti a termine..

Dunque, in caso di presentazione dei decreti in parlamento senza che le parti siano arrivate ad un accordo, le cose sono due: votarli con la fiducia o senza.

Nel primo caso, ponendo la fiducia al governo, un voto negativo costerebbe le “dimissioni” non solo a Fornero, ma a tutto l’esecutivo, mentre un voto positivo sarebbe una forzatura bella e buona, visto che il discorso di Monti per l’insediamento precisava “con il consenso delle parti”. Nel secondo caso, viceversa, senza porre il voto di fiducia, è difficile pensare che i nostri parlamentari non deformino a furia di emendamenti il senso originario della norma.

Si approssima l’ora, dunque, che i nostri partiti si assumano le responsabilità delle proprie azioni ed è inutile – visto che al passaggio di Elsa Fornero durante la visita alle ex Officine Grandi Riparazioni di Torino si sono levate grida di “Vergogna!” –  che il premier Mario Monti pensi di cavarsela con un’ovvietà come: “Se le posizioni non fossero ancora abbastanza distanti vorrebbe dire che la riunione conclusiva ha già avuto luogo con successo”.

Il ministro Fornero, dunque, non dovrebbe avere molte possibilità di prevalere, presentando un decreto con mezzo sindacato e la maggioranza dei lavoratori contro, tra la diffidenza generale, visto l’intervento sulle pensioni del tutto ingiustificato, mentre anche  una buona parte di Confindustria sarà insoddisfatta della bassa macelleria necessaria per cooptare, eventualmente, CISL e UIL.

Dunque, le certezze di Elsa Fornero sono fondate sulla garanzia ottenuta da Mario Monti che PdL, FLì, UdC e PD voteranno qualunque cosa lei presenterà in Parlamento.

In ambedue i casi, tra una settimana o poco più staremo tutti a contare i giorni che mancano dalle “loro”, e non sue, dimissioni sia nel caso che questa prova di forza volga al peggio per il “governo dei professori” sia, soprattutto, che prevalga ancora il “Fornero pensiero”, cosa che, più o meno gradualmente, porterà il paese in una situazione di elevata tensione sociale.

originale postato su demata

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