Il Distretto di Kollam è parte dello stato federale indiano del Kerala, che si affaccia sul Mare Arabico. Un territorio di antica civilizzazione (pre-indoeuropea), con una popolazione dalla marcata indole commerciale, dato che furono in “affari” con i Fenici ed Portoghesi collocarono fin dal 1502 una base commerciale a Tangasseri, non lontano dall’attuale porto di Kollam. Non a caso il comandante del peschereccio colpito dai marò italiani si chiama Fredy John Bosco.
La diffusione araba, storica, si fonde con la presenza di popolazioni dravidiche, che abbracciarono l’Islam per sottrarsi al dominio delle caste hindu, cosa che oggi si connota con una forte presenza della “cultura” Tamil sul territorio, comprovata dalla primarietà linguistica di un suo dialetto, il Malayalam e dalla presenza di un partito comunista, fortemente egemone.
Un partito comunista indiano che rappresenta l’unico effettivo oppositore del “sistema Gandhi”, ovvero di quel populismo che, avviato dal Mahatma e dopo un iter palesemente “dinastico”, oggi vede al potere Antonia Edvige Albina Maino, vissuta a Torino prima di sposare Rajiv Gandhi, assumere il nome di Sonia Gandhi, restare vedova ed prendere il potere divenendo la nona persona più potente del mondo secondo Forbes.
Un partito comunista dal Kerala, che possiamo immaginare “amico della Cina Popolare” e che, in possimità di elezioni, non esita a mettere in gioco il sistema di protezione contro la pirateria che esiste praticamente su tutte le navi che attraversano il Mare Arabico: militari o contractors a bordo e fuoco a volontà, dopo il segnale d’avvertimento.
Iniziamo, dunque, col dire che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono, oggi e non nelle prime fasi dell’approdo a Kollam, degli ostaggi di un non si sa quale gioco o, più probabilmente, intreccio di giochi. E’ evidente che, dopo le turbolenze di Borsa delal fine del 2011, c’è un “attacco all’Italia”, che, ricordiamolo, è l’unico paese UE a sostenere “senza se e senza ma” la politica militare USA ed è, allo stesso tempo, il tallone d’Achille del sistema germanocentrico dell’Eurozona.
Buon senso avrebbe voluto che il governo italiano intervenisse in altro modo.
Far fuggire, anche senza azioni di forza, i due militari al primo sentore di “stranezze”, liquidare una extralarge “beneficenza” e chiudere la partita lì, rifiutare la consegna delle armi, portando il caso all’attenzione dell’Unione Europea e del Governo Centrale indiano, eccetera.
Ciò che è incredibile è che la via del risarcimento non sembra essere stata affatto perseguita, nonostante la possibilità data dalla presenza storica di chiese cristiane e cattoliche e, soprattutto, dal fatto che è padre Richard Regison, segretario del vescovado di Kollam, ad assistere i familiari delle vittime, che sono dei cattolici.
Infatti, fin dai primi giorni, la questione era chiara, per come posta dal comandate del peschereccio St. Anthony: «Nel pomeriggio di mercoledì 15 febbraio ero sotto coperta a riposarmi. L’equipaggio è composto in genere da 11 uomini, tra cui alcuni parecchio anziani. Io generalmente sto al timone ma quel pomeriggio invece c’era Valentine, che era bravo quanto me. Valentine era un marinaio esperto, conosceva i segnali, tendo ad escludere che non li abbia visti. Come è stato possibile confondere il peschereccio con i pirati? I nove sopravvissuti dell’equipaggio non riescono più a lavorare, alcuni sono ancora in ospedale …».
Una richiesta “in denaro” non di “giustizia”.
Il nulla nel nulla da parte di un governo “apprezzato” da Obama, Merkel, Sarkozy, che avrebbe riportato in auge (e si vede ..) il nome dell’Italia.
Per chi lo desiderasse, ricordiamo anche che non possiamo “bombardare” il Kerala, perchè l’India ha una marina decisamente superiore alla nostra, anzi, per l’esattezza, che non ne abbiamo una vera e propria, né civile né militare, grazie ai trattati della Seconda Guerra Mondiale ancora vigenti.
Dunque, l’unico esito chiaro di questa storia e, soprattutto, di come questo governo l’ha gestita è che si sconsiglia alle nostre navi mercantili di oltrepassare Suez …
Aggiornamento.
Aggiungo la “testimonianza” ricevuta da un amico con una lunga eseprienza di imbarco come ufficiale di marina mercantile.
“Concordo e aggiungo:
1) la gravità del fatto di consentire l’ispezione a bordo da parte delle autorità marittime indiane quando la tragedia e avvenuta in acque internazionali;
2) il Governo e la politica italiana deve ricordarsi che gli indiani, insieme ai filippini, costituiscono la comunità più numerosa degli equipaggi di navi italiani, che a bordo godono di massimo rispetto ricoprendo anche ruoli di comando anche se non sempre sono all’altezza dei compiti a loro assegnati.
3) che incrociare i pescherecci dei paesi del terzo mondo in mare aperto è sempre pericoloso perchè non sempre rispettano le norme del diritto internazionale della navigazione e della prevenzione degli abbordaggi in mare.“
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originale postato su demata
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