Roma declassata da S&P’s

31 Gen

Standard & Poor’s non ha declassato solo l’Italia, come aveva già fatto per gli USA, ma anche diverse regioni e comuni italiani che operano sui mercati finanziari.

Forse, l’agenzia di rating ha le sue finalità “politiche”, ma, anche se fosse, è piuttosto improbabile che queste “interferenze” arrivino a manipolare il rating di realtà locali, relativamente esigue e certamente particolari, rispetto ai grandi flussi dell’economia mondiale.

Tra le regioni declassate da S&P’s, troviamo Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Umbria accomunate con Campania e Sicilia.

Se il declassamento venisse confermato da studi di settore, dovremmo preder atto sia dei pregiudizi, comunemente avversi al Sud, sia dei luoghi comuni imperanti, sulla buona gestione dei settentrionali e/o delle sinistre.

Interrogativi che diventano impellenti sa, leggendo la lista ci troviamo i comuni di Genova, Firenze, Roma e Bologna, oltre alla provincia di Roma.
Stiamo parlando del “core”, del “nocciolo duro” delle gestioni “rosse”, visto che il deficit romano è stato già ascritto, dalla contabilità di Stato e dalla Storia, non a Gianni Alemanno ma a Walter Veltroni e visto che alla Provincia di Roma c’è Zingaretti, astro nascente del Partito Democratico.

Il declassamento pone, inoltre diversi quesiti che richiederebbero un’urgente risposta da parte del governo.
Quanto si sono esposti, nel corso di un decennio, questi enti locali in investimenti e fondi mobiliari? E quanto continuano a detenere come quote “passive” nelle ex-municipalizzate?

Quanta esposizione finanziaria esiste per sostenere il welfare? E quanta ne verrebbe di ulteriore se gli enti locali quantificassero le manutenzioni di competenza e le ascrivessero pienamente a bilancio?

Quanto l’assenza di interesse verso la cittadinanza “neutra”, che ha sempre caratterizzato il Partito Democratico, contribuisce, in un’epoca di trasformazione della politica, alla “necessità” di spese insostenibili per un’attività “reazionaria”di aggregazione  del consenso fine a se stesse, impropriamente chiamata, di volta in volta, “welfare”, “rappresentanza”, “cultura”, “emergenze”, “comunicazione pubblica”?

Un problema che investe tutti i partiti, ma che evidentemente è maggiormente pressante in alcune realtà …

originale postato su demata

Rispondi

Effettua il login con uno di questi metodi per inviare il tuo commento:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: