Non è più il ’78

31 Gen

Da tre giorni, Eugenio Scalfari e Susanna Camusso, “autoconvocatisi” a nome della sinistra intera, dibattono su fronti contrapposti riguardo il ruolo del sindacato nei rapporti con il governo (tecnico) e nella gestione della crisi.
Nonostante la lungaggine delle lettere pubblicate da La Repubblica, i concetti su cui si fonda il confronto, sono pochi e possono essere racchiusi in queste tre affermazioni.

Eugenio Scalfari (29 gennaio 2012) “La riforma della cassa integrazione è uno dei tasselli. Non piace alla Camusso e neppure alla Marcegaglia ed è evidente il perché. Infatti non potrà essere adottata se simultaneamente non sarà rinnovato e potenziato il sistema degli ammortizzatori sociali. In mancanza di questo il sindacato ha ragione di dire no per evitare quella macelleria che farebbe esplodere una crisi sociale estremamente pericolosa. Ma in presenza d’un meccanismo di protezione efficiente e robusto il sindacato dovrebbe farlo proprio e accettare la riforma della cassa integrazione.

Susanna Camusso (30 gennaio 2012) “La diseguaglianza è dettata dallo spostamento progressivo dei profitti oltre che a reddito dei “capitalisti”, a speculazione (o si preferisce investimento?) di natura finanziaria. Senza investimenti, si è scelto di produrre precarietà, traducendo l’idea di flessibilità invece che nella ricerca di maggior qualità del lavoro, di accrescimento professionale dei lavoratori, in quella precarietà che ha trasferito su lavoratori e lavoratrici le conseguenze alla via bassa dello sviluppo. In sintesi: lo spostamento sui lavoratori dei rischi del fare impresa.

Eugenio Scalfari (31 gennaio 2012) “L’intervista con Lama da me citata poteva essere di grande insegnamento: un dirigente sindacale metteva l’interesse generale al di sopra del pur legittimo “particulare” e faceva diventare il sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici che andavano dalla licenziabilità alla moderazione sindacale, alla riduzione della cassa integrazione, con la principale finalità di far diminuire la disoccupazione e aprire l’occupazione alle nuove leve giovanili.

Sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici?
Ma se dagli Anni 80 ad oggi il Sindacato ha solo perso potere e capacità propositiva, mentre i contratti di lavoro si appiattivano sull’ “adeguamento all’inflazione” e si sfilacciavano con la “flessibilità dei lavoratori”?

Interesse generale? Interessi particolari?
Ma se lo stesso Scalfari ricorda che “noi siamo uno spicchio della crisi”, perchè un sindacato nazionale non dovrebbe badare all’interesse “particulare”, come del resto accade in Germania, Stati Uniti o Cina?

La cassa integrazione va, questo è certo, riformata, anzi andava fatto almeno 30 anni fa, ma “non è più il ’78”, egregio dottor Scalfari …

Oggi, quando si parla di “meccanismo di protezione (sociale) efficiente e robusto”, non ci si rivolge “sic et simpliciter” agli operai sindacalizzati ed alle aziende da sostentare del Settentrione, ma ai milioni di disoccupati e sottoccupati del Sud, finora rimasti invisibili e … senza protezione, oltre che alle aziende soffocate dall’assenza di controlli efficaci da parte dello Stato centrale.

Non sembra che l’implementazione di uno stato sociale – cosa ben diversa dall’assistenzialismo ed il clientelismo – sia nelle intenzioni del governo Monti, di questo parlamento e, soprattutto, dei poteri forti internazionali.

Non è un caso che, mentre la Sinistra “storica” litiga sui fogli di la Repubblica, quella del Sud si riunisce a Napoli con tutt’altre opinioni, come ben ha espresso Luigi De Magistris, sindaco di Napoli ed esponente liberale nell’Italia dei Valori: “questo esecutivo è un arroccamento dei poteri forti contro le istanze di cambiamento che provengono dalla società.

originale postato su demata

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