Se non fossimo italiani ed europei, potremmo quasi metterci a leggere certe dichiarazioni dei “big” auropei quasi come fosse uno dei tanti spettacoli dell’esimia ditta Crozza & dolce consorte.
La migliore è quella del Commissario Ue al mercato Michel Barnier,una sorta di “proclama all’impotenza”, secondo il quale “non vale la pena discutere in profondità del taglio del rating, in quanto il punto di vista delle agenzie di rating dovrebbe essere solo uno fra tanti”.
Eh già, che ne parliamo a fare? Tanto le Borse che contano sono in Gran Bretagna, USA e Asia ed il costo del danaro non lo decidiamo noi, ma la Federal Reserve Bank, direttamente, e la Cina Popolare e lo Yuan, indirettamente.
Meno semplicistico il parere del Commissario Ue Olli Rehn: “le agenzie di rating svolgono il loro ruolo molto in linea con il capitalismo finanziario Usa”, che – dimentica di dire il politico finlandese -è allineato con quello cinese, che ne è in discreta parte il finanziatore.
Ergo, è l’Europa “fuori sistema”, non il resto del globo, al quale, ricordiamolo, dobbiamo vendere le nostre merci e da cui dobbiamo ottenere materie prime e produzione base.
“L’Italia sta andando nella giusta direzione in modo che il suo contributo possa essere a favore di una Europa più prospera” – precisa il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy “Non c’è differenza tra ciò che viene perseguito a Roma e a Bruxelles“.
Peccato che a Parigi, Varsavia e Berlino sembrerebbe proprio che badino ad interessi più “nazionali” …
Riguardo l’azione di declassament attuata da Standard and Poor’s, Mario Monti spiega che “per l’Italia si sottolinea con molta forza la positività dell’azione del governo italiano e si addita la insufficienza della governance della eurozona”.
Peccato che Standard & Poor’s abbia specificamente affermato che “il taglio riflette quella che consideriamo una crescente vulnerabilità dell’Italia ai rischi di finanziamento esterni e le negative implicazioni che ciò può avere per la crescita economica e quindi per le finanze pubbliche“ e come sussista il timore “che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”.
E’ evidente che Wall Street e gli USA, dopo aver “sacrificato” Lehmann Brothers Bank per stabilizzare il sistema e dare un esempio, non possano vedere di buon occhio il risicato salvataggio di Unicredit che Merkel e Monti stanno tentando di fare.
D’altra parte, se i nostri media europei, hanno voluto minimizzare le avvisaglie e le tirate d’orecchie all’Italia ed all’Europa, che arrivavano da un mese che dagli USA, Financial Times incluso, è evidente che la nostra intellighentzia al governo non possa improvvisamente svelare a noi comuni mortali che di dottrine e di di impostazioni di governance, nel campo della politica economica, ce ne sono diverse e non tutte amate od approfondite dai professori delle accademie e delle banche.
Niente scuse, dunque, sui declassamenti di mezza Europa: erano giorni e giorni che “dall’Atlantico” arrivavano esortazioni e moniti a non intraprendere politiche recessive, a non penalizzare più di tanto la Grecia per quattro spiccioli, ad usare le risorse esistenti per rilanciare i consumi e l’occupazione, anzichè salvare i rami morti della finanza europea …
… ed, aggiungerei, gli interessi di bottega della Germania.
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originale postato su demata
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