Perchè la manovra non funzionerà

6 Dic

E’ stupefacente come dalla stampa non si levi una lagnanza od una riflessione negativa riguardo la manovra che Monti & co. vogliono imporre agli italiani, oggi, ed ai francesi, domani chissà, vista la “simpatia” che mostrano i poteri forti di Francia per “Mariò”.
Il tutto mentre in televisione, tipicamente consociativa, si ascoltano, viceversa, commenti negativi autorevoli e, talvolta, caustici.

Partiamo dalle aziende per le quali c’è poco, troppo poco, visto che gli sgravi fiscali servono a qualcosa solo se la gente spende ed i lavoratori producono alacremente.
Ovviamente, non c’è da aspettarsi nulla di buono se la recessione sarà aggravata dalle misure che colpiscono duramente le pensioni, come sarà difficile che la collaboratività dei lavoratori aumenti, dopo la batosta annunciata.
Sempre riguardo le aziende, Monti è stato chiaro: sopravviverà solo chi riesce ad espandere i propri mercati all’estero … dove, ovviamente, stanno aspettando noi …

Passando alla Casta, nulla accade e nulla si promette. Di questo passo, i costi della politica, almeno come budget annuale del 2012 restano ipotesi ed il malcontento potrebbe trasformarsi in ira.
Riassetto dei comuni e delle provincie, infatti, significa solo un passo indietro rispetto alla “volontà generale” di cassare le provincie ed i piccoli comuni, valorizzando le comunità montane.
E sempre restando alla Casta, nulla è in vista riguardo sindacati e “sistema giustizia”, che equivale a rimanere impastoiati nelle lungaggini delle procedure e delle contrattazioni.

Infrastrutture e pubblica amministrazione restano anch’esse al palo, nonostante vaghe promesse, e questo significa che sprechi e declino continueranno. Ma non solo, dato che una buona parte delle norme attuative della manovra Monti dovranno superare lo scoglio ed il salasso della Conferenza Stato-Regioni.
Il Sud è come se non esistesse, cinque miliardi sono un’elemosina, neanche si menziona Napoli (e Roma) per la questione discariche, incentivi ed infrastrutture neanche a parlarne. Figuriamoci la lotta alla mafia che richiede grandi investimenti.
Quanto al pubblico impiego, basta rilevare che le norme sulle pensioni non avranno altro effetto che incrementare l’età media del personale.

Arriviamo alle pensioni, il de profundis. La “promessa” è di far cassa per circa 6 miliardi di euro l’anno su un arco decennale, in tutto una sessantina di miliardi. Una somma decisamente infima rispetto all’incertezza sociale che produce. Una somma anche alquanto aleatoria.
Per l’esattezza, di miliardi si conta di risparmiarne solo 3-4 al netto del prelievo fiscale e, così andando, l’apporto effettivo si riduce davvero ad una manciata di spiccioli.
Infatti, dato che parliamo di ultracinquantenni non di rado sofferenti di qualche malattia ormai cronica, non è dato sapere di quanto incrementerà la spesa per tutte le assenze che faranno e, soprattutto, quanto spenderemo in più di sanità, visto che le patologie non potranno che peggiorare.
Per non parlare del fatto che questi lavoratori saranno sempre più lenti e meno flessibili nelle loro mansioni e che non sono più “upgradabili” nè in carriera, ormai.
Secondo i conti della serva, la manovra sulle pensioni potrebbe rivelarsi un boomerang, visto anche che sul contributivo andranno concordati con i sindacati gli incrementi inflattivi “a due cifre” di 30 anni fa.

Per concludere, non si parla di nuova legge elettorale, senza la quale questo governo si ritrova ad incassare un assegno in bianco. Un problema di democrazia effettiva, che si assomma alla scelta dello strumento del decreto legge, che scavalca a pie’ pari il parlamento per 60 giorni, per non parlare dei tanti e seri conflitti di interessi, che affliggono questo esecutivo. Gravi e gravissimi, come quella del Presidente degli editori di giornali che è anche sottosegretario all’editoria.

Forse, è per questo che sui giornali si legge molto poco di quello che apprendiamo dalla televisione dai commenti di tecnici e politici.

Nel consegnare “l’asso di picche” a questa impostazione di governo e di governance,  ricordando che questo esecutivo non ha alcuna esperienza politica e sociale, resta solo da dire una cosa.

Se qualcosa non andasse per il verso giusto, secondo le ipotesi dei professori, noi italiani rischiamo di pagare una parte del default dell’euro che toccherebbe, viceversa, a tedeschi e francesi, come è gia accaduto per la Grecia e per Unicredit sulle quali è stato riversata una parte del flop polacco.

originale postato su demata

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