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Italia: ritorna l’anafabetismo

27 Nov

Tullio De Mauro, noto glottologo ed ex ministro dell’istruzione, non ha dubbi sulla formazione degli italiani: “non più del 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Ce lo dicono due recenti studi internazionali, ma qui da noi nessuno sembra voler sentire“.

Ad essere esatti, “il 71% della popolazione si trova al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà. Il 5% non è neppure in grado di decifrare lettere e cifre, un altro 33% sa leggere, ma riesce a decifrare solo testi di primo livello su una scala di cinque ed è a forte rischio di regressione nell’analfabetismo. Un ulteriore 33% si ferma a testi di secondo livello“.

Un dato devastante, che conferma una lunga serie negativa, su cui si sono sollevate solo le lagnanze di qualche blogger od addetto del settore.
Eh già, perchè non stiamo parlando di ortografia, grammatica e sintassi, bensì di comprensione di ciò che è scritto e della capacità di operare per ipotesi, come richiesto da un testo di terzo livello a salire.

Ma a cosa equivale una tale “ignoranza”?
All’incapacità, per circa il 40% di noi, di ben comprendere cosa preveda il codice della strada, per esempio, che richiede competenze almeno superiori al primo livello.
Oppure, all’impossibilità, per il 70% della popolazione, di comprendere ed eseguire con affidabilità le istruzioni indicate su un manuale, che è un testo almeno di terzo livello.
L’impedimento, infine, per moltissimi di noi, almeno il 20% e forse molti di più, di comprendere i termini di una proposta politica, ovvero di conformarsi un’opinione consapevole, e di votare opportunamente.

L’istruzione ed in particolare la capacità di lettura sono il primo passo per l’esercizio dei diritti.

Come “riparare” a questo danno epocale?
Serve una nuova deontologia per la scuola, visto che quella che abbiamo si valuta da sola, ormai, in base a questi infimi risultati.
Una deontologia che si basi sulla meritocrazia, sulla collaboratività e sul senso dello Stato.

Ma serve anche, e soprattutto con urgenza, un radicale cambiamento nelle politiche del welfare e della formazione professionale, fermando sprechi e prebende degli enti locali su “cultura e diritto allo studio”, visto che almeno un terzo degli italiani non è nelle condizioni, culturali e professionali, necessarie ad affrontare il Terzo Millennio.

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Ratzinger ed il post-moderno

27 Nov

“L’uomo post-moderno crede di essere diventato il padrone di ogni aspetto della vita, Dio sembra assente. Ma il vero padrone del mondo non e’ l’uomo, e’ Dio.” Questo è quanto riportano dell’Angelus in San Pietro, pronunciato da Benedetto XVI oggi.

In realta, il Papa ha detto qualcosa di diverso e di “più importante”, non una critica all’uomo post-moderno, sostanzialmente una vittima, ma al “mondo delle cose”, come l’avrebbe chiamato Wim Wenders.

“Anche Isaia, il profeta dell’Avvento – ha detto Ratzinger – ci fa riflettere oggi con una preghiera accorata, rivolta a Dio a nome del popolo. Egli riconosce le mancanze della sua gente, e a un certo punto dice: ‘Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità”’ .

”Come non rimanere colpiti da questa descrizione? – ha aggiunto il Pontefice.

Sembra rispecchiare certi panorami del mondo post-moderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l’uomo l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l’economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall’uomo”.

Tutto molto giusto, anche se definire “post-moderno” tutto ciò non è propriamente corretto.

Infatti, se una tendenza del post-moderno è vanamente edonista e materialista, ve ne è un altra che ci invita a considerarci “una caccola nell’Universo”, come espresso egregiamente nella dicotomia di Durden Tyler nel film “Fight Club” o nel quesito di Morpheus a Neo nel film Matrix.

Il post-moderno è nichilista proprio perchè è consapevole di esistere in un mondo dove alcuni di noi umani, i potenti, vedono nell’uomo “l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto”.

Anche il Chiesa Universale vive nel “post-moderno” e può essere vittima delle contraddizioni di un mondo dove vale l’esteriorità e non l’essenza delle cose, ma al di là di cosa includa nell’espressione “post-moderno” Ratzinger, un papa “filosofo”, è importante prendere atto che il Vaticano è forse l’unica istituzione del mondo occidentale che richiami la nostra attenzione sul fatto che abbiamo costruito un mondo “dove la vita diventa anonima e orizzontale”.

E questo è un merito.

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Agenda Monti: i rapporti con la Libia …

27 Nov

Il Comando Generale delle Capitanerie di porto ha rilasciato un comunicato che i pescherecci ‘Asia’ di Mazara del Vallo e ‘Astra’ di Siracusa sono stare sequestrate da naviglio militare libico e condotte nel porto di Misurata.
A bordo dell’Asia ci sono cinque nostri connazionali, mentre sulla Astra gli italiani sono quattro insieme a tre tunisini.

Una vicenda paradossale, visto che in zona ci sono ancora squadre operative della NATO.
Una storia aspettata, che conferma come i metodi negoziali della Libia, qualunque Raiss governi, sono sempre gli stessi: violazione dei trattati e ricatti energetici.

Uno scherzo da ragazzi, poi, quello di profittarsi di un debole governo tecnico, che ha appena pagato o lasciato pagare un riscatto per la nave “Rosalia D’Amato”, in mano ai signori della guerra somali.

Si spera che i libici abbiano fatto male i loro conti, visto che adesso l’atifona dovrebbe cambiare con un fior d’ammiraglio NATO, il comandante Gianpaolo di Paola, a dirigere il Ministero della Difesa ed, alla Farnesina, un diplomatico del calibro di Giulio Terzi di Sant’Agata, ex Rappresentante Permanente d’Italia alle Nazioni Unite a New York.

Anche questo è un banco di prova per il governo Monti.

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La Protezione Civile ritorna agli Interni

27 Nov

“Il presidente del Consiglio Mario Monti “lasci la Protezione civile dov’e’, e’ un modello, con buona pace dei denigratori che non sopportano realta’ indipendenti e abituate a parlare chiaro e metterci la faccia, che stanno copiando ovunque nel mondo!”. (Guido Bertolaso, ex capo del Dipartimento della Protezione civile, coinvolto in diversi scandali di corruzione)

Un “modello”, su questo siamo d’accordo tutti, che è costato ben 160.070,00 euro, nel 2009, solo per quanto riguarda la Comunità Montana del Casentino, che ha pubblicato il budget on line (link).
Figuriamoci il resto …

La Protezione Civile gestisce un’enorme quantità di soldi e di piccoli appalti.

Ben venga dunque “la restaurazione del sistema di Protezione civile nell’ambito del Viminale”, come lamenta Bertolaso, e che siano Carabinieri, Vigili del Fuoco e Genio Civile (regionale) ad occuparsi di ciò che gli compete per la sicurezza di tutti.

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Pensioni, quel che propone Confindustria

27 Nov

Il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, commenta, in un’intervista a “La Repubblica”, la tesi sulla manovra pensionistica del ministro del Welfare, Elsa Fornero, scritta, però, prima della sua nomina a ministro e, dunque, migliorabile o peggiorabile.
Questo, nella sostanza, l’apporto di Confindustria: “Noi vorremmo che l’assegno pieno sia erogato solo a 65 anni. Chi si ritira prima dovrà avere un assegno attuarialmente equivalente a quello di chi resta fino a 65 anni. In questo modo il disincentivo ad anticipare la pensione sara’ maggiore“.

Bene la prima, da capire la seconda, non formulata la terza (che non c’è).

Infatti, è prioritario ripristinare il principio di diritto all’esodo volontario anticipato, specialmente se si sono versati contributi per almeno 20-30 anni.

Come non è corretto non valorizzare chi ha iniziato a lavorare prima dei 25 anni d’età e che, a partire dai 57, si ritrova con quaranta anni della propria esistenza, i migliori, dedicati al lavoro, infimo o megagalattico che sia. Persone che, anzi, andrebbero premiate, se il sistema fosse equo e che, nel frastornante dibattito sulle pensioni, vanno quantomeno menzionate e garantite.

Non è condivisibile, infine, l’idea di continuare a non considerare, neanche in ipotesi, l’idea di toccare i cosiddetti “diritti acquisiti”, di cui andrebbe rivisto, oggi, non il merito, ma certamente l’entità e l’estendibilità.

Se vogliamo applicare il contributivo ai lavoratori “nati tra il 1950 ed il 1962, come propone la Fornero, è necessario applicarlo, senza eccessi, almeno a tutti coloro che sono andati via dal 1998 ad oggi. E’ lo stesso ministro ad aver evidenziato che i “principi sono stati spesso largamente disattesi … in modo particolare con la scelta di tutelare i “diritti acquisiti” dei lavoratori meno giovani, scaricando invece sulle nuove generazioni l’onere dell’aggiustamento”.
Ovviamente, dopo aver cassato le pensioni d’annata ed i privilegi.

L’alternativa sarà quella di costruire un muro tra chi è nato prima/dopo il 1950 e di consegnare al futuro parlamento un’Italia travagliata da una drastica frattura generazionale.

(leggi anche Pensioni, quelle d’annata non si toccano e Pensioni – Fornero, pessime idee)

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Monti ed il “coraggio”

27 Nov

Abbiamo un presidente del Consiglio che ha autorevolezza tanto in Italia quanto in Europa. Dobbiamo chiedergli di usarla su entrambi i fronti, con il coraggio che non gli è mai mancato“.
Un invito al “coraggio” per Mario Monti certamente non esagerato, dato che arriva da un personaggio noto per la sua cautela: l’ex Premier Giuliano Amato detto, per l’appunto, “il dottor Sottile”.

Ma cosa accade di tanto grave, se l’intervento di Amato pubblicato sul Sole24ore spiega che “abbiamo assoluto bisogno di urgenti soluzioni comuni. In loro assenza rischiano di essere inutili i sacrifici fatti dai greci e quelli che si accingono a fare gli italiani”?

Cosa è cambiato neli scenari economico-finanziari dell’Eurozona e quanto è possibile una disintegrazione dell’euro?
Quella che si era manifestata ed è tuttora trattata come una crisi dei debiti sovrani -scrive Amato- è ormai diventata una crisi di liquidità dell’intera Eurozona“.

Finalmente se ne parla.
E’ successo che, siccome nessuno voleva i titoli di Stato dei vari stati europei, ce li siamo dovuti ricomprare, abbattendo forse il debito, ma rimanendo anche senza liquidità e senza la possibilità di una svalutazione controllata, visto che l’euro è una moneta “mercantile”.

Un “problema” che può essere risolto in diversi modi e che va chiarito prima, e non dopo, aver sottoposto gli italiani ad un salasso, che potrebbe, a breve, rivelarsi iniquo, immeritato e troppo impegnativo.

(leggi anche Gli europei non amano le crisi)

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Gli europei non amano le crisi

27 Nov

Ormai la crisi dell’euro inizia ad aggredire anche la Germania.

Uno solo il motivo per cui possa accadere questo: l’unificazione europea è fallita e non si è venuto a creare un sistema economico unico atto a fronteggiare le macroeconomie cinesi, indiane, russe e statunitensi.

Le cause sono essenzialmente da ricercarsi:

  • nella malformità del progetto messo in piedi dalla Commissione diretta da Romano Prodi: l’Europa delle banche e della moneta unica.
  • nelle “regole” così “politically correct”,  in un mondo di corrotti e mafiosi, e così simili alle fallimentari politiche del WTO, ma noi non siamo il Burkina Fasu od il Guatemala.

E qui sta il punto della questione, quello che tutti i media vogliono accuratamente evitare.

La questione “modello di sviluppo” sta toccando nel vivo gli (indo)europei, proprio quell’etnia che si è distinta, nei secoli, per la capacità di ribellarsi, organizzarsi e boicottare, muovere guerra, essere irriducibili.
Europei che, non dimentichiamolo, sono anche piuttosto acculturati e che hanno una classe di tecnici ed esecutivi che può ampiamente valutare (ed eventualmente bocciare) le proposte che i “modellisti della politica” avanzano.

Sarà del tutto inutile, dunque, tentare di convincere gli europei, tra cui gli italiani, che si possa andare avanti in questo modo: senza cambiare metodo e regole e senza un repulisti dei corrotti.
Tra l’altro, la “pancia” dell’elettorato, la “gente qualunque”, percepisce a pelle che professori e banchieri sono davvero improponibili, soprattutto se c’è da fronteggiare il “grande fratello” cinese e sostenere un “amico americano” in difficoltà.
Specialmente, poi, se i leader “avversari” si son fatti “dal basso”, mentre i “nostri” arrivano dai sempreterni “salotti buoni”.

Andare a votare,tra un paio d’anni, un parlamento di migliaia di deputati è, poi, pura follia.
Sarebbe lo spreco degli sprechi in un continente che cade a pezzi per mancanza di governance ed eccesso di Casta.

O l’Europa di Sarkozy, Merkel e Monti prende atto di un “problema” che si chiama democrazia oppure la  protesta che monterà potrebbe essere molto poco governabile.
Gli (indo)europei non amano le crisi, le risolvono. In un modo o nell’altro.

(leggi anche Monti ed il “coraggio”)

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