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La CIA nei guai a Beirut

22 Nov

Maurizio Molinari, accreditato corrispondente da New York per il quotidiano La Stampa, racconta del disastro dell’intelligence statunitense in Libano ed Iran, causato dall’individuazione di decine di migliaia di agenti e spie.

In poche parole, Hezbollah, con il supporto iraniano,  ha utilizzato strumentazioni di intelligence “made in USA” per monitorare il popolare Pizza Hut di Beirut, la capitale libanese, che era, in realtà, un ufficio di copertura della CIA, individuando un enorme numero di agenti operanti in Libano, Siria e Iran. Praticamente l’intero network CIA.

Gli Hezbollah sono arrivati alla centrale grazie ai messaggi di testo che un gruppo di agenti della CIA si scambiava tramite il messenger dei propri cellulari, facendo cenno dei luoghi dove si trovavano o dove sarebbero andati. La facile intercettabilità dei messenger e, soprattutto, il riferimento “pizza”, piuttosto inusuale in Medio Oriente, avevano messo sulla buona strada per cancellare la rete di intelligence.

Era lì, scrive Molinari, “che la Cia incontrava non uno, due o tre informatori ma dozzine di libanesi e cittadini di altri Paesi che consegnavano, o più spesso vendevano, notizie sul Partito di Dio.

“Il risultato è uno dei più pesanti bilanci per l’intelligence americana in Medio Oriente perché lo sceicco Hassan Nasrallah lo scorso giugno ha annunciato in tv la «cattura di due agenti della Cia» e ieri fonti statunitensi hanno confermato che gli agenti «smascherati e catturati» sono molti di più, «dozzine di persone».”

“E se la notizia trapela sui media degli Stati Uniti è perché l’amministrazione Obama non ha idea di che fine abbiano fatto. I miliziani hanno ascoltato, fotografato e schedato chiunque entrava e usciva per settimane, forse mesi. Il risultato è stata una mappa del network della Cia in Libano nonché la scoperta di una rete parallela di spie, questa volta in Iran.” (link all’articolo integrale)

Non poche critiche “dall’interno del Pentagono” sono arrivate sia per il grave errore di incontrare molti agenti in un solo luogo, che ha fatto compromettere l’intero network, sia per quello di aver usato gli stessi telefoni per chiamate dirette negli Stati Uniti, cosa “sospetta” da quelle parti e rilevabile di tracciati delle celle telefoniche, sia per aver confidato in una leggenda metropolitana, come quella dell’inviolabilita dei messenger.

La vicenda si trascina da mesi, dato che sembra siano stati catturati anche cittadini americani, è l’amministrazione USA vuole attendere di avere il quadro completo dei danni e, soprattutto, che i rapitori si facciano avanti.

Ad ogni modo, agiugno, lo sceicco Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, si era vantato in televisione di aver scoperto due spie della CIA, infiltrate nella sua organizzazione e l’ambasciata americana a Beirut aveva negato.

Oggi, inizia ad emergere la verità sull’ennesimo flop libanese della Central Inteligence Agency e, come da standard, i media statunitensi riportano la dichiarazione di un portavoce della agenzia d’intelligence statunitense: “La CIA non rilascia dichiarazioni, di regola, per accuse inerenti attività operative.”

Oltre a danneggiare pesantemente la possibilità per gli Stati Uniti e la Nato di acquisire informazioni in Libano, Siria ed Iran, lo smacco subito dalla CIA crea non pochi problemi e non solo per  un eventuale intervento militare in Iran.

Gli eventuali “ostaggi” americani potrebbero essere usati per influenzare l’opinione pubblica durante la corsa presidenziale di Obama, visto che i, come accade, per l’appunto in Iran, per Jimmy Carter.

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Roma violenta: maxirissa in tribunale

22 Nov

Questa volta la donna violentata era rumena, sedicenne, e gli sturpatori sono italiani; il fatto accaduto nei dintorni di Roma, a Torvajanica nel 2010.

Non c’erano stati clamori di stampa nè comitati civici indignati, come accade quando gli autori del crimine sono rumeni e le vittime italiane, ma la giustizia faceva il proprio corso.

Si individuavano i responsabili, tre maggiorenni, ed, in poco più di un anno, si arrivava a sentenza.

Otto anni e mezzo per ognuno dei tre “bruti”, questa la pena,  per altro prevedibile, visto che si parla di sequestro e violenze contro una minorenne, caricata a forza in auto, imprigionata in un luogo e violata in gruppo.

Una pena giusta, a differenza di altre di cui si sente, purtroppo, raccontare, quando sono le donne a soccombere.

In altri tempi, i responsabili del grave fatto sarebbero stati messi all’indice per il “disonore” che avevano causato. Oggi, invece, accade che i familiari di due dei tre condannati, una ventina di persone, abbiano reagito con violenza alla lettura della condanna, trasformando in un’enorme rissa l’aula del tribunale di Velletri, dove si svolgeva il processo.

Da una parte polizia, carabinieri e funzionari della questura, dall’altra la tribe familiare scatenata:  si sono registrati diversi agenti feriti e medicati al pronto soccorso e 20 arresti, con l’accusa di sequestro di persona, danneggiamento, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.

Italiani, brava gente …

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