Bondi, Tremonti ed il disastro di Pompei

7 Nov

L'on. Granata, durante la convention di Fli a Bastia Umbra, ha dichiarato che «riguardo il crollo della Casa dei gladiatori di Pompei, un partito serio deve chiedere le dimissioni di Bondi perchè non può gestire il più straordinario patrimonio culturale del pianeta con la sua attenzione a non disturbare il grande manovratore».

Una richiesta che non resterà isolata, se accade che, a Pompei, un sito, dichiarato dall'UNESCO parte del  Patrimonio Mondiale dell'Umanità. non venga manutentato adeguatamente e si arrivi al crollo  dell'intera Domus dei gladiatori.

Eppure, sarebbero bastati, probabilmente, meno di un centinaio di migliaia di euro per tamponare le infiltrazioni e puntellare l'edificio, visto che per l'intera città di Pompei servono "solo" 240 miloioni di euro.

Un edificio poco appariscente, l'Armeria dei Gladiatori, ma denso di evocazioni, visto che potrebbe essere stato la sede della consorteria militare di Spartacus, il  gladiatore ribelle, e dei suoi compagni, immortalati da uno storico film di Stanley Kubrik. Tra l'altro,  è evidente che una somma così irrisoria dovesse essere disponibile per il ministero, vista l'enormità di interventi effettuati nei siti archeologici romani, da quindici anni a questa parte.

Una vera e propria "vergogna", come ha denunciato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che accade a pochissimi chilometri da Terzigno, dove il governo vuole collocare una discarica all'interno del Parco Naturale del Vesuvio.

Dinanzi ad una tale debacle ed all'ennesima figuraccia mondiale, il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, già ieri annunciava di "provare grande amarezza di fronte alle accuse che mi vengono rivolte" senza neanche tentare di esternare un reclamo od un'indignazione verso la miopia di noti ed oscuri contabili che stanno azzerando ambiente, istruzione e beni artistici e culturali.

Come se l'ambiente ed i prodotti tipici, la cultura e l'eleganza italiana, i tanti beni artistici e culturali non siano il presupposto essenziale (lo "style") del Made in Italy o della Bella Italia, che sono l'unica cosa che abbiamo da vendere.

Nessun messaggio, da parte del ministro Bondi, ai burocrati della politica finanziaria, che annunciano economie senza distinguere, evidentemente, tra bisogni e sprechi o "dimenticando" di mettere nel conto le spese per il funzionamento e la manutenzione. Nessun segnale, se non che questa è una "occasione per capire l'importanza della salvaguardia del nostro patrimonio culturale".

Piacerebbe sapere se non si poteva trovare un'occasione "migliore" … o, meglio, se al tavolo dei ministri si sia provato a pretendere che i conti di Stato siano trasparenti e che i ministeri abbiano risorse certe.

La Pollastrini, almeno, ci prova a litigare con Tremonti e con i suoi golem, Bondi e la Gelmini no.

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