I due beduini, nel bel mezzo dell'Europa, credevano di poter maltrattare impunemente due domestici tunisini, per giunta in un lussuoso hotel di Ginevra, come se si fosse trattato della tenda nel deserto e delle botte ad un cammello.
Tre mesi dopo il fermo di Cannibal Gheddafi, Tripoli proclamò, per rappresaglia, il ritiro dei depositi libici dalle banche svizzere, la sospensione delle forniture di petrolio e della cooperazione economica.
La Svizzera reagì pubblicando una «lista nera» di 188 libici «non graditi», tra cui il Colonnello Gheddafi e la numerosa famiglia, cosa del tutto ovvia, se pretendono di poter picchiare i domestici proprio nella patria del Calvinismo.
La Libia, a quel punto, contraccambiò in perfetto stile sahariano, accusando di frode un innocuo funzionario svizzero ed arrivando ad assediare l'ambasciata svizzera, dove il poveretto s'era rifugiato, tra le proteste dei principali paesi europei, eccetto l'Italia i cui industriali hanno ampi interessi nella nostra ex-colonia.
Pochi giorni fa, il pittoresco ed autoproclamatosi emiro libico ha lanciato un appello per la Jihad contro la Svizzera senza , per altro, ottenere particolari reazioni dalla galassia jihadista, che sappiamo essere piuttosto attiva e volenterosa, e ricevendo anche qualche reclamo dagli islamici, che la Repubblica Elvetica ha accolto per decenni come rifugiati in fuga dalle peggiori dittature.
Di fatto in fatto, è di ieri la notizia che Gheddafi ha proclamato l'«embargo economico e commerciale totale» verso la Confederazione elvetica.
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