The Economist e l’Italia

4 Apr

Caro The Economist

non è la prima volta che ci parli di Berlusconi e dell’Italia, ma il punto di vista resta ai fenomeni e non arriva alle cause, come la difficoltà di molti nel votare Veltroni che è stato comunista per molti anni e che è il “secondo” di Prodi fin dall’inizio, nel 1996.
Abbiamo (ndr. noi italiani) anche altre difficioltà a votare Veltroni, se promette cose come “ridurrò /compatterò 5000 leggi in sei mesi” oppure “Aumenterò le pensioni di 7,69 Euro la settimana” oppure ancora “Costruirò 100.000 case popolari”.

In un paese con gravi problemi di mobilità la gente vota chi promette ponti e ferrovie come Berlusconi. Dove i giovani non hanno un futuro, votiamo chi parla di “lacrime e sangue” come Tremonti e Dini.
Se gli anziani non hanno come comprare il cibo, gli adulti sono sempre fuori per lavoro ed i bambinisono soli, votiamo chi sostiene la famiglia come Fini.
In un paese dove la Costituzione è molto lunga da leggere e le leggi sono migliaia su migliaia, si vota i partiti locali, come ovvio che sia.
Se i tuoi servizi pubblici sono un “traballanti e malconci” e tu sei un dipendente pubblico od un suo familiare (almeno il 20-30 % della popolazione), vai a destra e difendi la bandiera, o no?

Perchè, caro Economista, non vedi anche questa realtà?
Non è bello, ma è il mio paese “reale”.

I regret for my not correct English, have a nice day.

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